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Il telefono in ufficio e’ tabu’

IN UFFICIO IL TELEFONO E’ TABU’

L’uso privato dell’apparecchio telefonico in dotazione presso l’ufficio della pubblica amministrazione, quando tale utilizzo non riveste il carattere della sporadicità e dell’urgenza, configura l’addebito per peculato in capo al dipendente pubblico.
Lo ha stabilito la sesta sezione penale della Corte di cassazione, nel testo della sentenza n. 21165/2009, confermando nel merito una sentenza della Corte d’appello di Palermo che aveva condannato un impiegato amministrativo di una locale azienda ospedaliera, “beccato” a effettuare numerose telefonate personali non riconducibili a ragioni d’ufficio.

IL FATTO. L’imputato, segretario amministrativo in un ospedale di Palermo, aveva effettuato, tra l’aprile del 2000 e il maggio del 2002, numerose telefonate private, alcune anche in paesi esteri, spinto non da “pressanti esigenze di relazione”, come si legge nella sentenza, ma “per soddisfare la sue sfera ludica” (frequenti contatti, anche internazionali, con appassionati di caccia), accumulando una bolletta, a carico ovviamente dell’azienda ospedaliera, di più di 2 mila euro. Il tribunale di Palermo in primo grado e la Corte d’appello in secondo grado avevano condannato il dipendente per il reato di peculato continuato. Contro la sentenza di appello l’imputato aveva proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra l’altro, che l’utilizzazione a fini privati di un’utenza telefonica assegnata in uso non comporta appropriazione di bene pubblico, ma dà luogo soltanto all’addebito alla pubblica amministrazione delle somme corrispondenti all’entità della utilizzazione, e lamentando che non fosse stato considerato dai giudici se, dato il lungo lasso di tempo in considerazione, le telefonate contestate potevano rientrare nella categoria di quelle fatte per infrequenti e occasionali esigenze private, per le quali v’è una deroga al generale divieto di uso personale del telefono di ufficio.

LA DECISIONE. Niente da fare. Il supremo collegio ha respinto le tesi del dipendente. Qui, stando agli atti depositati in giudizio, non si verte in quella utilizzazione episodica ed economica del telefono, fatta per contingenti e rilevanti esigenze personali, che rende la condotta inoffensiva. Piuttosto, ci si muove nell’alveo dell’impiego privato del telefono della pubblica amministrazione.

Per cui, ogni volta che il dipendente alza la cornetta per effettuare una telefonata privata, deve farlo per motivi urgenti e che rivestano il carattere della sporadicità, poiché, diversamente operando, c’è il rischio di beccarsi una denuncia per peculato, oltre che a provvedere al rimborso del maggior costo dell’utenza telefonica sopportato dalla pubblica amministrazione titolare del contratto telefonico.
Secondo il Palazzaccio, l’uso privato dell’apparecchio telefonico comporta l’appropriazione (che non è restituibile) delle energie necessarie alla comunicazione, di cui l’impiegato ha la disponibilità per ragioni d’ufficio, per cui costituisce reato l’uso smodato e non episodico del telefono aziendale per fini esclusivamente privati.
Pertanto, secondo quest’ultimo orientamento della Suprema corte, dall’ufficio pubblico si può telefonare anche per motivi che esulano dal contesto lavorativo. Ma ci sono due paletti che il dipendente pubblico deve osservare se non vuole essere “richiamato” dal suo dirigente. Innanzitutto, il motivo della telefonata deve essere collegato ad un’urgenza inderogabile e poi non deve essere un evento “ricorrente”, vale a dire che una volta tanto è possibile parlare con i propri cari a spese della collettività per un motivo di urgenza, ma che non si ci faccia l’abitudine…

DOTT.SSA MONICA MELANI