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LICENZIAMENTI SECONDO IL JOBS ACT

 

 

                                                                      Spettabile clientela

 

 

OGGETTO: LE NOVITA’ IN FATTO DI LICENZIAMENTI: Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183.

 

Con la presente circolare, vogliamo aggiornare tutta la spettabile clientela, circa le novità in fatto di licenziamenti, per i nuovi contratti a tutele crescenti che partiranno con l’entrata in vigore del decreto in oggetto. In data 24 dicembre 2014, è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, il decreto legislativo recante le disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti; l’indicato decreto entrerà in vigore tra gli ultimi giorni di gennaio ed i primi di febbraio 2015.

 

Premettiamo che se anche l’articolo 18 non è stato esplicitamente abrogato, sostanzialmente, non si applicherà più ai nuovi assunti, fatti salvi i casi che indicheremo di seguito, mentre l’art. 18 resterà operativo per gli assunti prima della riforma.

 

In sintesi, di seguito, le principali novità:

LE TUTELE CRESCENTI NEI LICENZIAMENTI:

Per tutte le aziende:

In caso di licenziamento DISCRIMINATORIO (esempio licenziare la lavoratrice rientrata dalla maternità, anche se il bambino ha già compiuto un anno di vita; questo tipo di licenziamento rischia di rientrare in questa tipologia; mi prendo la responsabilità di quello che dico anche se altri non avranno mai il coraggio di scriverlo):

Se il giudice verifica che il licenziamento è discriminatorio, il lavoratore ha diritto alla reintegra (c.d. tutela reale che per i nuovi assunti non è più l’articolo 18) e ad un risarcimento minimo di n. 5 mensilità di retribuzione globale di fatto;

Per le aziende fino a 15 dipendenti:

Licenziamenti per giusta causa, per giustificato motivo oggettivo/soggettivo:

 

Se il giudice stabilisce che non ricorrono gli estremi del licenziamento, non  è prevista la reintegra, ma un’indennità risarcitoria di 2 mensilità di paga per ogni anno di servizio, tra un minimo di 2 mensilità ed un massimo di 6 mensilità. L’indennità risarcitoria che viene erogata non è soggetta a contributi ma solo all’aliquota Irpef secondo la tassazione separata del t.f.r.. Facciamo notare alla spettabile clientela come ci sia un leggero miglioramento rispetto alla previgente normativa, per quanto riguarda il minimo dell’indennità risarcitoria. In precedenza, infatti, l’indennità minima era di 2,5 mensilità.

Per le aziende oltre i 15 dipendenti:

In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo:

Se il giudice stabilisce che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, non è prevista la reintegra ma il risarcimento che consiste in un’indennità di 2 mensilità di paga per ogni anno di servizio, tra un minimo di 4 mensilità ed un massimo di 24 mensilità.

In altre parole, la regola diventa che il licenziamento di tipo economico genera sempre e soltanto il diritto ad un risarcimento di tipo economico e mai alla reintegra, anche laddove dovesse essere infondato. Questo è l’aspetto più importante della riforma: è evidente che alle aziende converrà d’ora in poi percorrere sempre e soltanto questa strada, anche perché in questo caso al lavoratore licenziato spetterà la NASPI, la nuova indennità di disoccupazione che decorrerà dal 1 maggio 2015 e di cui parleremo diffusamente in circolare successiva. Alle aziende non converrà più percorrere la strada del licenziamento disciplinare o per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo perché rimarranno soggette altrimenti al rischio reintegra.

In caso di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (licenziamento disciplinare):

In caso di insussistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo di licenziamento, dimostrata  in giudizio, è prevista la reintegra nel posto di lavoro ed un’indennità risarcitoria fissata dal giudice fino ad un massimo di 12 mensilità di paga, ma il lavoratore può optare al posto della reintegra per un’indennità di 15 mensilità in aggiunta al risarcimento (15 + fino ad un massimo di 12).

CONCILIAZIONE VOLONTARIA: ART. 6 DELLO SCHEMA DI DECRETO

Di importantissima rilevanza è la possibilità per i datori di lavoro di evitare il giudizio e di conseguenza di evitare anche l’arricchimento degli avvocati.

All’articolo 6 del decreto, infatti, è previsto quanto segue: il datore di lavoro può offrire al lavoratore entro 60 giorni (vale a dire i termini per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento), in sede di conciliazione sindacale o commissione di conciliazione della DTL, un importo che non costituisce reddito imponibile né ai fini previdenziali né ai fini fiscali, di un’indennità che va da una mensilità di retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, che, in ogni caso, non può essere inferiore a due mensilità e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di assegno circolare.

Abbiamo sottolineato l’importanza della novità, perché è la prima volta che nel ns. ordinamento viene prevista la possibilità di erogare un’indennità netta, vale a dire non soggetta a contribuzione e a tassazione. L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.

ULTERIORI PRECISAZIONI:

DIRIGENTI: ai dirigenti non si applica il nuovo regime e rimangono valide le previgenti disposizioni dei contratti collettivi.

LICENZIAMENTI COLLETTIVI: in caso di licenziamento collettivo (art. 4,5 e 24 della Legge n. 223/1991), per i lavoratori assunti dopo l’entrata in vigore del decreto sulle tutele crescenti, sia la violazione della procedura (art. 4), che dei criteri di scelta (art. 5), comporta l’applicazione del nuovo regime e non dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Tale previsione non modifica la procedura in sede sindacale, ed eventualmente amministrativa, prevista dalla legge per il licenziamento collettivo, né le regole afferenti ai criteri di scelta.

Sul piano delle conseguenze, essa distingue tra lavoratori assunti prima della entrata in vigore del decreto e i lavoratori assunti dopo, come avviene del resto anche per i licenziamenti individuali.

Torneremo più volte su questo argomento. Rimaniamo a disposizione per chiarimenti.

MONICA MELANI