Permessi per gravi motivi di famiglia
GRAVI MOTIVI DI FAMIGLIA
Ai sensi dell’art. 4, L. n. 53/2000, ogni lavoratore ha diritto ad un permesso retribuito (a carico del datore di lavoro, senza alcun tipo di partecipazione da parte dello stato) di tre giorni lavorativi all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge (anche legalmente separato), di un parente entro il secondo grado (anche non convivente) o del convivente (purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica; il convivente di mero fatto non ne ha dunque diritto). Il successivo regolamento ministeriale ha precisato che “i giorni di permesso devono essere utilizzati entro sette giorni dal decesso o dall’accertamento dell’insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere a conseguenti specifici interventi terapeutici. Con nota n. 16/2008 il ministero del Lavoro ha precisato che la documentazione sanitaria (per individuare la grave infermità) dovrà provenire da strutture sanitarie pubbliche.
Vista la particolare delle fattispecie, il dipendente è tenuto esclusivamente a comunicare al datore di lavoro l’evento, precisando i giorni di permesso di cui intende usufruire.
Nei giorni di permesso non sono considerati i giorni festivi e quelli non lavorativi”.
In alternativa, nei casi di documentata grave infermità, il lavoratore può concordare con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa. “Nell’accordo sono indicati i giorni di permesso che sono sostituiti dalle diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa; dette modalità devono comportare una riduzione dell’orario di lavoro complessivamente non inferiore ai giorni di permesso che vengono sostituiti. La riduzione dell’orario di lavoro conseguente alle diverse modalità concordate deve avere inizio entro sette giorni dall’accertamento dell’insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere agli interventi terapeutici”. Questi permessi sono cumulabili con quelli previsti dalla L. n. 104/92.
DUE ANNI DI CONGEDO NON RETRIBUITO
I lavoratori dipendenti, inoltre, per gravi e documentati motivi familiari (il ministero della Solidarietà sociale con un decreto ha individuato anche specifiche patologie) possono richiedere un periodo (continuativo o frazionato) di congedo non superiore a due anni.
Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro (il datore di lavoro può assumere con contratto a termine un lavoratore in sostituzione), non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il limite dei due anni è computato secondo il calendario e include i giorni festivi e quelli non lavorativi compresi nel periodo. In caso di utilizzo frazionato si considera raggiunto il mese quando la sommatoria dei periodi corrisponde a trenta giorni.
Salvo quando sia stabilita una durata minima del congedo, il lavoratore potrà chiedere di rientrare anticipatamente al lavoro, dando un periodo di preavviso di sette giorni nel caso sia stato assunto un lavoratore in sua sostituzione. Al termine del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a certificare i periodi usufruiti, di cui dovrà necessariamente tenere conto il datore di lavoro successivo.
Il regolamento applicativo elenca alcune casistiche che possono dar luogo al congedo:
Il congedo non è computato nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero ai versamenti volontari (se in possesso dei requisiti contributivi richiesti per l’autorizzazione).
Modalità di richiesta, concessione, diniego (il datore di lavoro può opporre “ragioni organizzative e produttive che non consentono la sostituzione del dipendente”) e contraddittorio sono demandati ai contratti collettivi. Il Dpcm indica comunque tempi e modi per la concessione soprattutto per i casi in cui i Ccnl non li abbiano definiti. Questo congedo non va confuso con quello retribuito, sempre per un massimo di due anni, stabilito dall’art. 42, c. 5, D.lgs n. 151/2001, per l’assistenza al figlio (oppure dopo la morte dei genitori, al fratello o alla sorella) con handicap grave (si veda capitolo sull’handicap).
CUMULABILE CON QUELLO PER ASSISTERE UN FIGLIO CON HANDICAP GRAVE
Il Consiglio di stato, con parere n. 6924/2005 ha stabilito il congedo complessivo di due anni non retribuito “per gravi e documentati motivi familiari” (ex art. 4, c. 2, L. n. 53/2000), ove non riguardi lo stesso figlio ma sia già stato utilizzato per altri motivi espressamente previsti dalla disposizione o nei confronti di altri figli o di altri familiari, non impedisce, in via di principio, la possibilità per la lavoratrice madre o, in alternativa, per il lavoratore padre, anche adottivi, o dopo la loro scomparsa (o per loro incapacità fisica), ad uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità di usufruire di un ulteriore periodo di due anni di congedo retribuito di cui all’art. 42, c. 5, D.lgs. n. 151/2001.
PERMESSI RETRIBUITI PER GRAVE INFERMITA’ (tre giorni all’anno, ex art. 4, c. 1., L. n. 53/2000) Le patologie “sintomatiche” della grave infermità secondo il ministero del Lavoro Art. 2, comma 1, lett. d) Dm n. 278/2000
Nota min. n. 16754/2008 |
DOTT.SA MONICA MELANI