ELABORAZIONE DELLE PAGHE CON HR PORTAL

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CONSULENZA DEL LAVORO E SINDACALE

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È ARRIVATO IL PORTALE CENTURION!

Autore: syrus

Voucher, denunce per telefono

Voucher, denunce per telefono

VOUCHER, DENUNCE PER TELEFONO

A partire dal 23.09.2009 i committenti di lavoro accessorio possono effettuare la comunicazione preventiva all’Inail (la dna) anche tramite call center (al numero 803.164 del Contac center Inps-Inail). Ne dà notizia l’istituto assicuratore nella nota protocollo n. 8625 del 22.09.2009.

VOUCHER A MAGLIE PIU’ LARGHE.

L’implementazione arriva in risposta ai recenti interventi normativi che hanno ampliato la platea si soggetti interessati dal lavoro accessorio, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo. Infatti, queste prestazioni, che inizialmente erano previste come attività lavorative occasionali svolte da soggetti a rischio di esclusione sociale o, comunque, non ancora entrati nel mercato del lavoro o in procinto di uscirne, sono oggi praticamente accessibili da tutti i lavoratori e non più soltanto dalla categoria di “soggetti deboli”.

DNA AL TELEFONO.

Dal 7 settembre, l’Inail ha predisposto un’apposita procedura telematica per l’acquisizione delle denunce nominative (dna) al fine di semplificare gli adempimenti all’utenza. I committenti, di prestazioni accessorie, infatti, hanno l’obbligo di comunicare all’Inail, prima dell’inizio della prestazione, i dati relativi al luogo e al periodo della prestazione,nonché i dati anagrafici propri e relativi al prestatore, anche in caso di variazioni del periodo di lavoro (per cessazione o modifica del periodo).
Nella nota si legge che l’Inail, in considerazione dell’esigenza di potenziare ulteriormente i canali di comunicazione delle denunce (on-line, Call center integrato, fax) e comunque nell’ottica di una semplificazione degli adempimenti ai committenti, ha attivato un’applicazione telematica che permette agli operatori del Contac center di accedere alla procedura relativa alla comunicazione preventiva ed alle eventuali, successive variazioni.

La novità consentirà ai committenti di lavoro occasionale accessorio, a decorrere dal 23 settembre 2009, di rivolgersi direttamente agli operatori del Contac center integrato Inps-Inail, raggiungibile al numero 803.164 nei consueti orari di servizio, al fine di effettuare, per il loro tramite, la comunicazione preventiva e le successive variazioni dei dati relativi alle prestazioni occasionali accessorie.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Lavoratori WEB, meno controlli

Lavoratori WEB, meno controlli

LAVORATORI E WEB, MENO CONTROLLI

MONITORARE I SITI VISITATI E’ UNA ILLECITA VERIFICA A DISTANZA

Il controllo sistematico e continuo dei siti internet visitati dai lavoratori è un illecito controllo a distanza. Viola la privacy e contrasta con lo statuto dei lavoratori, proprio in quanto realizzato con sistematicità e per lungo tempo. Questo il principio formulato dal garante della privacy, accogliendo il reclamo di un lavoratore, dipendente di una società, che ha monitorato per nove mesi la navigazione on-line la postazione di un suo dipendente attraverso un software di memorizzare in “chiaro”, tra l’altro, le pagine e i siti web visitati, il numero di connessioni, il tempo trascorso sulle singole pagine.
Il provvedimento (di cui dà notizia la newsletter 328 del garante del 22 settembre 2009) ripropone la questione dei limiti dei controlli sui lavoratori.
In materia il garante ha elaborato linee guida, che il datore di lavoro deve applicare con completezza. Tuttavia non si deve ritenere che i controlli sull’uso delle postazioni internet siano sempre e comunque vietati. Lo stesso garante nelle sue linee guida subordina la liceità dei controlli a una serie di presupposti: elaborazione di un regolamento aziendale, informativa al lavoratore sulle modalità di utilizzo dei computer e degli elaborati e della posta elettronica, informativa sulle modalità di controllo e soprattutto programmazione di controlli graduali (prima impersonali per unità produttiva e solo quando non è possibile altrimenti risolvere l’inconveniente, allora, controlli sulle singole impostazioni).
Nel caso specifico il datore di lavoro, bacchettato dal garante, si è preoccupato di una sola cosa e cioè fornire le istruzioni sull’uso della posta elettronica e di internet, sottoscritte dai dipendenti per presa visione e accettazione.
Tuttavia è risultato che lo stesso datore di lavoro ha installato un software che traccia sistematicamente e continuativamente gli accessi ad Internet, con la conseguente memorizzazione di tutte le pagine web. Questo costituisce violazione dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, che vieta l’impiego di apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

È risultato, anche, che la società non ha neanche effettuato le trattative sindacali, sempre previste dall’articolo 4 citato, nel caso di installazione di software necessario per esigenze organizzative e produttive. A ciò si aggiunga la sovrabbondanza di registrazioni (effettuate per ben nove mesi) in violazione del principio di non eccedenza previsto dal Codice della privacy (articolo 11). Da qui il blocco del trattamento da parte del garante.
Si noti, però, che il provvedimento non vieta in maniera assoluta il controllo sui siti internet visitati dal lavoratore se estranei alle mansioni svolte: occorre, però, rispettare le condizioni previste dalle sopra riportate linee guida e occorre altresì attivare la trattativa sindacale prevista dall’articolo 4 della legge 300/1970. Si ricorda a quest’ultimo proposito che in mancanza di accordo ci si deve rivolgere alla Direzione provinciale del lavoro e ottenere il benestare. In ogni caso ciò che il garante ha voluto colpire è stato anche la continuità, la sistematicità e quindi la invasività del monitoraggio.

TELECAMERE E BULLISMO

Con altri due provvedimenti il garante si è occupato di telecamere e bullismo a scuola e di dati biometrici nei luoghi di lavoro.
Con la prima pronuncia il garante ha stabilito che contro teppismo e atti vandalici nelle scuole le telecamere possono rappresentare uno strumento di prevenzione e deterrenza, ma vanno rispettate precise condizioni a tutela di ragazzi, docenti e personale scolastico. Le telecamere devono riprendere esclusivamente le mura esterne e funzionare solo negli orari di chiusura degli istituti.
Quando ai dati biometrici il garante ha vietato l’uso, in forma centralizzata, dei dati biometrici raccolti da un importante centro orafo e ha imposto alla società che gestisce la struttura di adeguare anche il sistema di videosorveglianza e gli altri trattamenti dei dati personali alla normativa sulla privacy.
Il garante ha indicato eventuali misure alternative per l’identificazione delle persone: ad esempio, attraverso l’uso di un codice numerico tratto dalle impronte digitali, registrato solo su una smart card in possesso esclusivo del singolo utente.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Stretta sul mobbing

Stretta sul mobbing

STRETTA SUL MOBBING

Stretta sul mobbing. Le testimonianze dei colleghi possono inchiodare il capo che, con le sue intemperanze, stressa a tal punto il dipendente da fargli venire la depressione e l’ansia, e che per questo rischia, oltre al carcere, di dover risarcire il sottoposto.

Lo ha stabilito la Cassazione che, con la sentenza n. 23923 del 10 giugno 2009, ha condannato definitivamente un dirigente di un ufficio giudiziario della Liguria a risarcire gli stati ansiosi e depressivi provocati dal suo comportamento aggressivo nei confronti di una cancelliera. I reati di cui era stato inizialmente accusato, fra cui le lesioni colpose, si sono invece prescritti.

Il mobbing, la parola più inflazionata negli uffici italiani, ha trovato, in attesa di una legge, una tutela sul piano civilistico e su quello penalistico nei principi generali del nostro ordinamento: anche se non esiste un reato chiamato mobbing gli atteggiamenti prevaricatori tipici di questa fattispecie possono essere puniti con altri reati come le lesioni o addirittura i maltrattamenti in famiglia. Ma c’è sempre un problema: il mobbing è difficilissimo da provare. Questo caso giudiziario spiana però la strada per una dimostrazione delle prevaricazioni in ufficio che sia meno impossibile. I colleghi della signora ligure che si sentiva mobbizzata dal capo sono stati ascoltati dai magistrati di merito e la decisione è stata condivisa dalla Cassazione. In particolare, si legge in sentenza, “la decisione impugnata ha dato atto che i numerosi testimoni sono stati concordi e non contraddittori nel ricostruire le modalità dell’ingiuria e la dinamica della stessa e ha anche sottolineato che non è stata fornita alcuna prova di uno spaventevole complotto ordito ai danni dell’imputato, per cui tutti gli impiegati della pretura avessero deciso di costruire sulla personalità fragile della lavoratrice un castello di menzogne”.

Anche per questo motivo la quarta sezione penale ha respinto il ricorso del capo contro la condanna emessa della Corte di appello di Genova. Al dirigente è stato contestato di aver offeso l’onore e il decoro dell’impiegata, pronunciando contro di lei espressioni come “è una falsa, non finisce qui, gliela farò pagare, è un’irresponsabile”.
Durante il processo i colleghi di lavoro avevano testimoniato che il dirigente aveva un “atteggiamento quotidiano violento, aggressivo, alimentato da intemperanze, gesti di violenza e prevaricazione”.

Questi comportamenti avevano provocato nella donna “uno stato ansioso depressivo, con tachicardia in stress emotivo”, malattia che valse alla donna circa 20 giorni di riposo. Ad avviso dei giudici della Cassazione non c’è dubbio che si tratta di mobbing e al dirigente prepotente spiegano che la sua colpa consiste nel fatto di non aver azionato i “conseguenti poteri inibitori” per tenere a bada le sue intemperanze, una precauzione che ogni “uomo medio, dotato di comuni poteri percettivi e valutativi avrebbe dovuto fare per evitare le conseguenze dannose”.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Tossicodipendenza

Tossicodipendenza

TOSSICODIPENDENTI

Il ministero del Lavoro ha emanato la circolare applicativa del Dpr n. 309/90 che disciplina tutta la materia degli stupefacenti e contiene anche disposizioni per tutelare i lavoratori tossicodipendenti.
Il lavoratore dipendente con contratto a tempo indeterminato che intenda uscire dalla tossicodipendenza, può chiedere di allontanarsi dal lavoro per un periodo massimo di tre anni: non ha diritto alla retribuzione ma l’azienda dovrà conservargli il posto di lavoro.
Il ministero del Lavoro ha precisato che debbono ricorrere le seguenti condizioni:
a) Lo stato di tossicodipendenza deve essere accertato dal Servizio per la tossicodipendenza, istituito presso la locale Azienda sanitaria;
b) La durata e la natura del programma personalizzato di recupero deve essere certificata sempre dal Servizio per la tossicodipendenza;
c) Il programma può essere suddiviso in più periodi, per la durata che comunque non può superare tre anni e pertanto anche le assenze dal lavoro possono essere frazionate entro tali limiti.
Anche i familiari del tossicodipendente hanno diritto a sospendere le prestazioni lavorative senza perdere il posto di lavoro. L’agevolazione riguarda esclusivamente quei familiari per i quali il Servizio per la tossicodipendenza dichiari che è necessaria la presenza per realizzare il recupero del malato. Poiché la legge non dice nulla sulla durata delle assenze dei familiari, il ministero del Lavoro ha precisato che i limiti sono uguali a quelli stabiliti per il tossicodipendente e quindi anche i familiari possono astenersi dal lavoro fino ad un massimo di tre anni. Ovviamente i periodi di assenza debbono coincidere con quelli previsti per il tossicodipendente.
Se il servizio per la tossicodipendenza non precisa la durata dell’assenza, valgono le clausole del contratto di lavoro riferite alle aspettative o in generale ai permessi non retribuiti. I contratti collettivi, anche aziendali, possono prevedere clausole più favorevoli e quindi stabilire non solo la facoltà di assentarsi dal lavoro, ma anche la corresponsione di un trattamento economico per i periodi di assenza.

Il contratto di lavoro può anche stabilire la durata dell’assenza dei familiari nel caso in cui il Servizio per la tossicodipendenza non lo abbia precisato.
L’azienda può assumere con contratto a termine un altro lavoratore per il tempo di assenza del tossicodipendente in fase di terapia. La stessa facoltà deve essere accordata all’azienda – precisa il ministero del Lavoro – anche per coprire i vuoti lasciati temporaneamente dai familiari impegnati nell’opera di recupero del tossicodipendente.
La Cassazione, con la sentenza n. 5614/2000, ha dichiarato legittimo il licenziamento intimato per assenza ingiustificata a un lavoratore che, interrotta la permanenza nella comunità terapeutica presso cui era stato indirizzato dal competente servizio, non si era presentato al lavoro.

EFFETTIVA INCAPACITA’ AL LAVORO

Nell’ipotesi di certificati di malattia con diagnosi riconducibili a stati di tossicodipendenza comportanti, o meno, soggiorno in comunità terapeutica (fattispecie non equiparabile a ricovero ospedaliero) – precisa l’Inps con circ. n. 136/2003 -, la relativa prestazione economica a carico dell’istituto potrà essere corrisposta, secondo i criteri, le modalità ed entro i limiti erogativi normalmente previsti a seconda delle diverse categorie di aventi diritto, soltanto in presenza di effettiva incapacità lavorativa dei soggetti interessati, debitamente documentata nei modi di legge, da confermare, anche con riferimento alla durata della prognosi, attraverso i controlli sanitari ritenuti opportuni.
Nell’ambito di quanto precede si sottolinea, in particolare, che anche per tali soggetti vale l’obbligo di reperibilità durante le previste “fasce orarie” (se del caso presso la “comunità”), a nulla rilevando di per sé la particolare condizione di tossicodipendenza.

A disposizione per chiarimenti, porgiamo distinti saluti.

DOTT.SA MONICA MELANI

Co.co.co. all’estero, norme.

Co.co.co. all’estero, norme.

CO.CO.CO. ALL’ESTERO, NORME AD HOC

Anche l’iscritto alla gestione separata Inps, se presta attività di lavoro autonomo o dipendente in un altro stato Ue, è tenuto a osservare la regolamentazione comunitaria sulla sicurezza sociale. Ai fini dell’individuazione del regime applicabile, il parasubordinato va ricondotto alla figura del lavoratore “dipendente” o “autonomo” in funzione delle disposizioni di carattere previdenziale e non in base alla nozione giuslavoristica del rapporto di lavoro. A stabilirlo è l’Inps, nella circolare n. 90/2009, in cui riassume le disposizioni per la determinazione della legislazione previdenziale applicabile ai lavoratori che svolgono attività in più stati membri dell’Ue.

UN VADEMECUM UE. Il vademecum diffuso dall’Inps riguarda, in particolare, le disposizioni per la determinazione della legislazione applicabile ai lavoratori che:
· Svolgono attività come lavoratori dipendenti normalmente in due o più stati membri dell’Ue;
· Svolgono attività come lavoratori autonomi normalmente in due o più stati membri dell’Ue;
· Lavorano normalmente in due o più stati membri come dipendenti e come autonomi;

OBBLIGHI DI COMUNICAZIONE. L’Inps, ricorda innanzitutto, che il datore di lavoro con sede o domicilio in Italia deve comunicare all’istituto di previdenza tutti i casi in cui i suoi dipendenti lavorano normalmente in due o più stati comunitari e ogni cambiamento intervenuto. Medesimo obbligo ricade sul lavoratore autonomo che svolge la sua attività normalmente in due o più comunitari e per il lavoratore dipendente che svolge in due o più stati comunitari le sue attività alle dipendenze di più aziende: anche tali soggetti sono tenuti a informare l’istituzione dello Stato di residenza, in merito al normale svolgimento della attività in due o più stati comunitari e le successive relative modifiche.

PRINCIPI GENERALI. In via di principio, il lavoratore dipendente o autonomo che svolge attività in più stati membri e che abbia la residenza in uno di questi è assoggettato alla legislazione di quest’ultimo stato (cioè quello di residenza). Nel caso di un lavoratore che svolga la propria attività alle dipendenze di un datore di lavoro in due o più stati membri e che abbia la residenza in altro stato membro è assoggettato alla legislazione dello stato in cui il datore di lavoro abbia sede o domicilio.
Laddove svolga la propria attività anche presso il suo stato di residenza, si applicherà la legislazione vigente presso tale ultimo stato così come quando dipenda da più datori di lavoro con sedi in diversi paesi dell’Ue. Il lavoratore autonomo che svolga la propria attività in più stati membri e risieda in un altro Stato è assoggettato alla legislazione dello Stato dove svolge l’attività principale.

I LAVORATORI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA INPS. La regolamentazione comunitaria prevede i criteri per determinare la legislazione applicabile solo con riferimento ai lavoratori dipendenti o a quelli autonomi; nulla prevede invece per le nuove figure di lavoratori disciplinate dalle legislazioni nazionali. In Italia, per esempio, è il caso dei co.co.co. e di tutti i lavoratori iscritti alla gestione separata Inps (articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995) che, in via generale, rappresentano la cosiddetta area di parasubordinazione.
In questi casi, pertanto, è necessario assimilare queste categorie di lavoratori ai lavoratori dipendenti oppure ai lavoratori autonomi; per l’operazione va fatto riferimento al punto di vista previdenziale, sulla base del principio enunciato dalla Corte di giustizia Ue nella sentenza n. 221/195. La suprema corte ha avuto modo di chiarire che la natura dell’attività esercitata in ciascuno stato deve essere valutata in funzione delle norme previdenziali dello stato membro nel cui territorio l’attività è esercitata e non già in funzione della nozione che ne viene data secondo le disposizioni giuslavoristiche (in Italia varrebbero le nozioni legate all’esistenza o meno del vincolo di subordinazione).
Vale una particolarità infine: quando ai lavoratori parasubordinati siano applicabili simultaneamente le legislazioni di due stati Ue, la contribuzione da versare alla gestione separata Inps sarà calcolata in base all’aliquota prevista per i soggetti iscritti a altra forma pensionistica (attualmente il 17%).

LAVORATORE DIPENDENTE O AUTONOMO CHE RISIEDE NELLO STATO IN CUI LAVORA. Il lavoratore che svolga la propria attività in più stati Ue, in uno dei quali risiede, vedrà applicarsi la legislazione di quest’ultimo stato (quello di residenza). Il lavoratore deve dare comunicazione all’istituto di previdenza dello stato di residenza la circostanza che svolge attività lavorativa anche in altri stati Ue e l’istituto rilascerà apposito modello (è il modello E101) dal quale risulterà che il lavoratore è soggetto alla legislazione dello stato di residenza in tutti gli stati i cui svolge l’attività lavorativa.

LAVORATORE DIEPENDENTE NON RESIDENTE IN UN O DEGLI STATI IN CUI LAVORA. Il lavoratore che svolga attività lavorativa in più stati Ue e risieda in un differente stato Ue è assoggettato alla legislazione dello stato dove ha sede o domicilio il datore di lavoro.
In tal caso, dovrà comunque comunicare allo stato Ue di residenza lo svolgimento dell’attività svolta negli altri stati Ue e sarà lo stato dove ha sede o domicilio il datore di lavoro che questa volta rilascerà il modello E101.

LAVORATORE AUTONOMO NON RESIDENTE IN UNO DEGLI STATI IN CUI LAVORA. Il lavoratore autonomo che svolga la propria attività in due o più stati Ue e risieda in un altro stato Ue è soggetto alla legislazione dello stato in cui svolge l’attività principale. Il lavoratore deve comunicare all’istituto previdenziale del paese di residenza dove svolge la propria attività che ne darà notizia alle altre sedi estere.

LAVORO AUTONOMO CONTEMPORANEAMENTE A LAVORO DIPENDENTE IN DUE O PIU’ STATI UE. Il lavoratore che svolga contemporaneamente in più stati Ue lavoro autonomo e lavoro dipendente è assoggettato ala disciplina vigente nel paese dove svolge l’attività dipendente. Se invece risiede in uno di questi stati, verrà applicata la legislazione dello Stato di residenza.

GLI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA (1)
Sono assimilabili ai lavoratori dipendenti, i soggetti titolari dei seguenti tipi di co.co.co.
· Dottorato di ricerca, assegno, borsa di studio erogata da Muir
· Lavoratore a progetto
· Mini co.co.co.
· Co.co.co. pure (co.co.co. dei titolari di pensione di vecchiaia o ultrassessantacinquenni)
· Co.co.co. presso la pubblica amministrazione
· Medici in formazione specialistica
· Associato in partecipazione di apporto di solo lavoro
· Volontari del servizio civile
Sono assimilabili ai lavoratori autonomi, i soggetti titolari dei seguenti tipi di co.co.co.
· Amministratore, sindaco, revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, liquidatore di società
· Partecipante a collegi e commissioni
· Collaboratore di giornali, riviste, enciclopedia e simili
· Venditore porta a porta
· Lavoro autonomo occasionale
· Professionisti senza cassa
(1) L’equiparazione vale esclusivamente ai fini dell’applicazione del regime di sicurezza sociale in ambito Ue (corte Ue, sentenza n. 221/1995)

QUANDO C’E’ DOPPIA CONTRIBUZIONE
– esercizio di attività autonoma in Italia e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Belgio e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Bulgaria e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in repubblica ceca e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Danimarca e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Danimarca
– esercizio di attività agricola autonoma in Germania e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Estonia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Estonia
– esercizio di attività autonoma in Grecia e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Spagna e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Spagna
– esercizio di attività autonoma in Francia e di attività subordinata in altro stato Ue (ad eccezione del Lussemburgo)
– esercizio di attività agricola autonoma in Francia e di attività subordinata in Lussemburgo
– esercizio di attività autonoma a Cipro e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente a Cipro
– esercizio di attività autonoma a Malta e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Portogallo e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Romania e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Finlandia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Finlandia
– esercizio di attività autonoma in Svezia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Svezia
– esercizio di attività autonoma in Slovacchia e di attività subordinata in altro stato Ue

DOTT.SSA MONICA MELANI

Rls, comunicazione una-tantum

Rls, comunicazione una-tantum

RLS, COMUNICAZIONI UNA TANTUM

Via libera alla comunicazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Con circolare n. 43, ieri l’Inail ha fornito le istruzioni operative per adempiere all’obbligo in base alle modifiche introdotte dal correttivo al T.u. sicurezza (DLgs n. 106/2009 di modifica del DLgs n. 81/2008). Tra le novità, la comunicazione diventa una tantum fino a modifiche (non ha più cadenza annuale), e non è più dovuta dalle aziende in cui non sia presente un Rls. Resta in stand-by, invece la comunicazione dei rappresentanti territoriali (Rlst) su cui l’Inail fa riserva di successive istruzioni.

La comunicazione. L’obbligo è stato introdotto dal T.u. sicurezza con cadenza annuale il cui termine era fissato al 16 Agosto scorso. Tuttavia poiché il correttivo ha modificato in più parti l’adempimento, la scadenza è stata sospesa rinviando la decorrenza dell’obbligo alle nuove (e ora pronte) istruzioni dell’Inail. L’adempimento è disciplinato dall’articolo 18 del T.u. La norma stabilisce che il datore di lavoro e i dirigenti che organizzano e dirigono attività secondo attribuzioni e competenze loro conferite, sono tenuti a comunicare all’Inail (all’Ipsema per il settore marittimo) i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

Soggetti obbligati. Rientrano nell’obbligo della comunicazione tutti i datori di lavoro (ovvero i dirigenti, se delegati) di qualsiasi settore privato o pubblico. Sono escluse le amministrazioni, gli istituti e le organizzazioni individuate dall’articolo 3, commi 2 e 3-bis (forze armate, vigili del fuoco, cooperative sociali ecc.) del T.u.

Chi, quando e come. In via di principio, l’adempimento è dovuto in occasione di nomina di uno o più Rls. Al riguardo, l’Inail evidenzia che tale elezione non costituisce un obbligo per il datore di lavoro ma una facoltà dei lavoratori, ai quali e solo ai quali spetta dunque di esercitarla. In sede di prima applicazione, l’adempimento riguarda i nominativi dei Rls già eletti o designati. L’Inail spiega che nessun obbligo ricade sulle aziende che non hanno Rls eletti; in tal caso, l’obbligo scatterà alla prima nomina o designazione. Per le aziende o unità produttive in cui già sia presente un Rls, invece, l’adempimento va osservato se non già adempiuto in base alla vecchia procedura, per essere ripetuto in occasione di modifiche (per chi ha già fatto la denuncia, le modifiche rilevano dal 1° Gennaio 2009, poiché il vecchio adempimento riguardava la situazione in essere al 31 Dicembre 2008).
La denuncia va fatta on-line sul sito dell’Inail (www.inail.it), al quale occorre essere registrati. Eccezionalmente, è consentito inviare la denuncia anche via fax al numero 800657657

LA COMUNICAZIONE
L’ADEMPIMENTO Comunicazione all’Inail dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Resta ancora in stand-by la comunicazione dei rappresentanti territoriali (Rlst)
LA NOVITA’ Il T.u. aveva dato cadenza annuale all’adempimento. Il correttivo ha previsto invece che la comunicazione va effettuata solo in caso di nuova elezione o designazione.
PRIMO APPUNTAMENTO In caso di prima applicazione del correttivo (dlgs n. 106/2009), l’obbligo di comunicazione riguarda i nominativi dei Rls già eletti o designati
ISTRUZIONI OPERATIVE Aziende o unità produttive in cui SIA presente uno o più Rls:
· Se la comunicazione è già stata fatta (la vecchia scadenza era fissata al 16 agosto, poi sospesa, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2008), non è necessario fare nuovamente la comunicazione salvo che, dal 1° gennaio 2009, non siano intervenute variazioni;
· Se la comunicazione non è stata fatta è necessario farla secondo le nuove modalità.
Aziende o unità produttive in cui NON SIA presente uno o più Rls:
· La comunicazione non è dovuta: l’obbligo scatterà in occasione della prima elezione o designazione del Rls.
SANZIONE La mancata comunicazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50 a 300.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Amministratore di sistema, outsourcing a due via

Amministratore di sistema, outsourcing a due via

AMMINISTRATORI DI SISTEMA, OUTSOURCING A DUE VIE

Contratti ad hoc o nomina di responsabili esterni per avere in outsourcing il servizio di amministrazione del sistema. E controllo sui singoli tecnici affidato ai gestori esterni.
Sono le novità previste dal provvedimento del garante del 25 giugno 2009, che ha modificato il provvedimento del 27 novembre 2008 recante prescrizioni ai titolari dei trattamenti effettuati con strumenti elettronici relativamente alle attribuzioni di amministratore di sistema e che ha prorogato i termini per il loro adempimento al 15 dicembre 2009.
La proroga (il termine originario era il 30 giugno 2009) è stata ritenuta necessaria per dare tempo di adeguarsi alle modifiche introdotte.
Modifiche che toccano soprattutto il caso in cui il servizio di amministratore di sistema è affidato in outsourcing a un operatore esterno, magari di grandi dimensioni, che si avvale di numerosi addetti con funzione di amministratore di sistema.
Il provvedimento del garante indicava una sola forma di nomina dell’amministratore di sistema e cioè la nomina individuale di una persona fisica. La nomina, persona per persona, se è semplice in una piccola organizzazione, diventa oggettivamente complicata quando ci si rivolge a una società esterna che ha un numero alto di dipendenti.
Secondo il provvedimento nella versione originaria bisognava lo stesso osservare la regola della nomina individuale, anche se non vi era nessuna garanzia di scelta effettiva da parte del titolare del trattamento, pur responsabile dell’operato dell’amministratore di sistema e tenuto al controllo della attività di quest’ultimo.
Nel testo modificato del provvedimento è stato inserito, il n. 3-bis, con il quale il garante dispone che l’eventuale attribuzione al responsabile del compito di dare attuazione alle prescrizioni di conservazione dei nominativi delle persone fisiche amministratori di sistema e di monitoraggio sulle stesse avvenga nell’ambito della designazione del responsabile da parte del titolare del trattamento, ai sensi dell’articolo 29 del Codice della privacy, o anche tramite opportune clausole contrattuali.
In sostanza il titolare del trattamento (impresa, ente pubblico, professionista) nominano amministratore di sistema un soggetto esterno (ad esempio la società di grosse dimensioni) e vi sono due possibilità: o il soggetto esterno è nominato responsabile del trattamento oppure si stipulano con lo stesso “opportune clausole contrattuali”.
Se il soggetto esterno è nominato responsabile del trattamento, allora, in questa veste terrà l’elenco delle persone fisiche che svolgono in concreto le attività di amministratore di sistema e ne controllerà l’operato; se il soggetto non è nominato responsabile del trattamento, comunque, occorrono clausole e impegni contrattuali, che obblighino il soggetto esterno a tenere l’elenco delle persone fisiche, che svolgono in concreto le attività di amministratore di sistema, e a effettuare vigilanza e monitoraggio sulle stesse.
Insomma, se si nomina una società esterna responsabile del trattamento o se si stipula un contratto di amministrazione di sistema, i compiti (conservazione elenchi e controlli periodici) sono assegnati al soggetto esterno. Occorre, però, appunto fare una nomina di responsabile del trattamento ad hoc o stipulare clausole contrattuali apposite. Questi adempimenti iniziali permangono sempre (peraltro sono compiti ragionevoli perché in sostanza si fa “entrare qualcuno in casa propria” e occorre prendere tutte le cautele del caso).

Con un altro intervento si elimina l’obbligo di inserire nel documento programmatico sulla sicurezza gli estremi identificativi delle persone fisiche amministratori di sistema, con l’elenco delle funzioni ad essi attribuite: è sufficiente che tali informazioni siano riportate in un documento interno da mantenere aggiornato e disponibile in caso di accertamenti da parte del Garante.
Inoltre si consente di rendere nota o conoscibile ai propri dipendenti l’identità degli amministratori di sistema tramite “procedure formalizzate a istanza del lavoratore”. Questo significa che sarà il lavoratore a chiedere l’informativa e il datore di lavoro sarà tenuto a fornirla. In sostanza si trasforma l’informativa da tradizionale “atto” ad “attività” obbligatoria per il titolare del trattamento.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Formazione e lavoro oltre la CIG

Formazione e lavoro oltre la CIG

FORMAZIONE E LAVORO OLTRE LA CIG

Formazione e lavoro per evitare licenziamenti. Le aziende in crisi potranno continuare ad utilizzare i dipendenti in cassa integrazione inserendoli in corsi di formazione o riqualificazione che prevedono anche attività di lavoro. In cambio, dovranno erogare a titolo retributivo la differenza tra il sostegno al reddito già percepito dai lavoratori (la cig normalmente) e la paga ordinaria. Si chiama “premio di occupazione” la misura approvata dal consiglio dei ministri nel pacchetto anticrisi, allo scopo di incentivare la conservazione e la valorizzazione del capitale umano. Sarà operativa per gli anni 2009 e 2010 e servirà un accordo sindacale per l’accesso. Per gli stessi anni, inoltre, il governo ha introdotto un bonus a favore dei lavoratori cassintegrati che vogliano intraprendere attività di lavoro autonomo anche in forma di cooperativa ed ha aumentato (+ 20%) la cig nei contratti di solidarietà.
PREMIO DI OCCUPAZIONE.
La misura, sperimentale per un biennio, consentirà dunque alle imprese di mantenere la forza lavoro in esubero, avviando per essa progetti di formazione o di riqualificazione. Progetti che potranno includere anche attività produttiva connessa all’apprendimento. La disciplina è ancora in divenire: uno specifico decreto interministeriale (lavoro ed economia), infatti, dovrà provvedere alla definizione entro 30 giorni dall’entrata in vigore del dl anticrisi, individuando i procedimenti dell’accordo sindacale attuativo, e le procedure di comunicazioni all’Inps. La nuova misura si rivolge ai lavoratori già destinatari di “trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro”, quindi cassa integrazione.
Ai fini dell’attivazione occorrerà la stipulazione di uno specifico accordo in sede ministeriale (lavoro) da parte delle stesse parti sociali interessate alla stipula dell’accordo relativo agli ammortizzatori. Per l’azienda, dunque, il beneficio appare doppio: primo la possibilità di evitare licenziamenti (evitando così anche il rischio di perdere la manodopera già formata e, quindi, i costi connessi all’ingaggio di nuova manodopera); secondo la possibilità di continuare a utilizzare la manodopera in azienda, seppure in misura ridotta (parte del tempo, infatti, andrà necessariamente riservata alla formazione), in cambio dell’erogazione, a titolo retributivo, di una parte sola della retribuzione, pari alla differenza tra l’ordinaria paga spettante ai lavoratori e il trattamento di sostegno al reddito a loro riservato.

BONUS AVVIO ATTIVITA’/1
Con il dl n. 5/2009 è stato introdotto un incentivo (operativo per gli anni 2009 e 2010) a favore dei datori di lavoro che assumono, senza esservi tenuti, lavoratori destinanti alla cig in deroga, sospesi o licenziati. L’incentivo è di tipo economico ed è pari all’indennità spettante al lavoratore, esclusa la contribuzione figurativa, a titolo di ammortizzatore sociale per il numero di mensilità non ancora incassate. Il pacchetto anticrisi modifica il dl n. 5/2009 per prevedere che adesso l’incentivo possa essere erogato allo stesso lavoratore destinatario, qualora ne faccia richiesta per intraprendere una nuova attività autonoma, una micro impresa o per associarsi in cooperativa (il bonus è cumulabile con l’incentivo decrel credito alla cooperativa di cui alla legge n. 49/1985). In pratica, l’incentivo sta nella possibilità (per il lavoratore) di non perdere il diritto al trattamento di cui stia fruendo. Se destinatario di cig in deroga, per ottenere il bonus il lavoratore dovrà prima dimettersi dall’impresa di appartenenza.

BONUS AVVIO ATTIVITA’/2
Simile al precedente è il bonus introdotto dal dl anticrisi, sempre in via sperimentale per il biennio 2009/2010, a favore dei lavoratori percettori di cig per crisi aziendale a seguito di cessazione totale o parziale dell’impresa, di procedura concorsuale o nei casi in cui il lavoratore sia comunque dichiarato esubero strumentale. Su richiesta per intraprendere attività autonoma, avviare una auto o micro impresa o per associarsi in cooperativa, il lavoratore potrà ottenere la liquidazione della cig per un numero di mensilità pari a quelle deliberate e non ancora percepite.

MISURE PER L’OCCUPAZIONE
Premio
di occupazione
Le aziende in crisi potranno continuare a utilizzare i dipendenti in cig inserendoli in corsi di formazione o riqualificazione, anche con attività di lavoro
Bonus avvio attività/1 I lavoratori interessati da cig in deroga potranno conservare l’indennità per intraprendere attività di lavoro autonomo o cooperativo
Bonus avvio attività/2 I lavoratori interessati da cig per crisi aziendale potranno conservare l’indennità per intraprendere attività di lavoro autonomo o cooperativo
Solidarietà difensiva Aumentata del 20% la cig riservata ai lavoratori interessati da riduzione di orario lavoro in base a contratti di solidarietà

DOTT.SSA MONICA MELANI

Permessi per gravi motivi di famiglia

Permessi per gravi motivi di famiglia

GRAVI MOTIVI DI FAMIGLIA

Ai sensi dell’art. 4, L. n. 53/2000, ogni lavoratore ha diritto ad un permesso retribuito (a carico del datore di lavoro, senza alcun tipo di partecipazione da parte dello stato) di tre giorni lavorativi all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge (anche legalmente separato), di un parente entro il secondo grado (anche non convivente) o del convivente (purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica; il convivente di mero fatto non ne ha dunque diritto). Il successivo regolamento ministeriale ha precisato che “i giorni di permesso devono essere utilizzati entro sette giorni dal decesso o dall’accertamento dell’insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere a conseguenti specifici interventi terapeutici. Con nota n. 16/2008 il ministero del Lavoro ha precisato che la documentazione sanitaria (per individuare la grave infermità) dovrà provenire da strutture sanitarie pubbliche.
Vista la particolare delle fattispecie, il dipendente è tenuto esclusivamente a comunicare al datore di lavoro l’evento, precisando i giorni di permesso di cui intende usufruire.
Nei giorni di permesso non sono considerati i giorni festivi e quelli non lavorativi”.
In alternativa, nei casi di documentata grave infermità, il lavoratore può concordare con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa. “Nell’accordo sono indicati i giorni di permesso che sono sostituiti dalle diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa; dette modalità devono comportare una riduzione dell’orario di lavoro complessivamente non inferiore ai giorni di permesso che vengono sostituiti. La riduzione dell’orario di lavoro conseguente alle diverse modalità concordate deve avere inizio entro sette giorni dall’accertamento dell’insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere agli interventi terapeutici”. Questi permessi sono cumulabili con quelli previsti dalla L. n. 104/92.

DUE ANNI DI CONGEDO NON RETRIBUITO

I lavoratori dipendenti, inoltre, per gravi e documentati motivi familiari (il ministero della Solidarietà sociale con un decreto ha individuato anche specifiche patologie) possono richiedere un periodo (continuativo o frazionato) di congedo non superiore a due anni.
Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro (il datore di lavoro può assumere con contratto a termine un lavoratore in sostituzione), non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il limite dei due anni è computato secondo il calendario e include i giorni festivi e quelli non lavorativi compresi nel periodo. In caso di utilizzo frazionato si considera raggiunto il mese quando la sommatoria dei periodi corrisponde a trenta giorni.
Salvo quando sia stabilita una durata minima del congedo, il lavoratore potrà chiedere di rientrare anticipatamente al lavoro, dando un periodo di preavviso di sette giorni nel caso sia stato assunto un lavoratore in sua sostituzione. Al termine del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a certificare i periodi usufruiti, di cui dovrà necessariamente tenere conto il datore di lavoro successivo.
Il regolamento applicativo elenca alcune casistiche che possono dar luogo al congedo:

  • Situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia in cui incorra il dipendente medesimo;
  • Necessità che derivano dal decesso di familiari (anche se il lavoratore ha fruito, per lo stesso motivo, dei tre giorni di permesso retribuito) oppure situazioni conseguenti al verificarsi di determinate patologie a loro carico (familiari – anche non conviventi – aventi diritto all’assistenza: membri della famiglia anagrafica, portatori di handicap, parenti e affini entro 3° grado, coniuge, figli, genitori, generi, nuore, suoceri, fratelli e sorelle).
  • Il congedo non è computato nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero ai versamenti volontari (se in possesso dei requisiti contributivi richiesti per l’autorizzazione).
    Modalità di richiesta, concessione, diniego (il datore di lavoro può opporre “ragioni organizzative e produttive che non consentono la sostituzione del dipendente”) e contraddittorio sono demandati ai contratti collettivi. Il Dpcm indica comunque tempi e modi per la concessione soprattutto per i casi in cui i Ccnl non li abbiano definiti. Questo congedo non va confuso con quello retribuito, sempre per un massimo di due anni, stabilito dall’art. 42, c. 5, D.lgs n. 151/2001, per l’assistenza al figlio (oppure dopo la morte dei genitori, al fratello o alla sorella) con handicap grave (si veda capitolo sull’handicap).

    CUMULABILE CON QUELLO PER ASSISTERE UN FIGLIO CON HANDICAP GRAVE

    Il Consiglio di stato, con parere n. 6924/2005 ha stabilito il congedo complessivo di due anni non retribuito “per gravi e documentati motivi familiari” (ex art. 4, c. 2, L. n. 53/2000), ove non riguardi lo stesso figlio ma sia già stato utilizzato per altri motivi espressamente previsti dalla disposizione o nei confronti di altri figli o di altri familiari, non impedisce, in via di principio, la possibilità per la lavoratrice madre o, in alternativa, per il lavoratore padre, anche adottivi, o dopo la loro scomparsa (o per loro incapacità fisica), ad uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità di usufruire di un ulteriore periodo di due anni di congedo retribuito di cui all’art. 42, c. 5, D.lgs. n. 151/2001.

    PERMESSI RETRIBUITI PER GRAVE INFERMITA’
    (tre giorni all’anno, ex art. 4, c. 1., L. n. 53/2000)
    Le patologie “sintomatiche” della grave infermità secondo il ministero del Lavoro

    Art. 2, comma 1, lett. d) Dm n. 278/2000

    1. patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazione periodiche;
    2. patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
    3. patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;
    4. patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1,2 e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.

    Nota min. n. 16754/2008

    DOTT.SA MONICA MELANI

    Lavoro autonomo occasionale

    Lavoro autonomo occasionale

    LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE

    Il codice civile individua il lavoro autonomo nel contratto d’opera. L’art. 2222, infatti, prevede che quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme del lavoro autonomo.

    In particolare, perché sia configurabile come autonoma la prestazione deve:
    · Consistere in un’opera o in un servizio;
    · Essere svolta senza vincolo di subordinazione;
    · Essere prevalentemente personale, per cui il lavoratore autonomo può avvalersi di eventuali collaboratori e dotarsi di mezzi organizzativi;
    · Essere compensata da corrispettivo (e non da retribuzione);
    · Condurre alla realizzazione di un’opera o di un servizio sotto la piena responsabilità del lavoratore.

    Quando tale attività è svolta in modo occasionale, cioè non abitualmente, si è in presenza di
    una prestazione di lavoro autonomo occasionale.

    Il lavoro occasionale generico si può così riassumere:
    · Esso può essere effettuato da chiunque non possieda una partita Iva. Non sono richieste,
    in questo caso, quelle condizioni di marginalità soggettiva per il prestatore d’opera;
    · I lavori occasionali, rispetto a quelli accessori, possono occupare il lavoratore anche per un
    periodo superiore a 30 giornate lavorative purché tali prestazioni siano rese per ciascun committente per un periodo non superiore a 30 giorni;
    · Possono essere forieri di compensi fino a un massimo di 5 mila euro per anno solare, limite inteso come somma percepita da tutti i componenti;
    · Detti compensi non saranno da assoggettare né a Inps né a Inail, mentre resterà dovuta la ritenuta Irpef a titolo d’acconto pari al 20%;
    · Le prestazioni possono essere rese anche a favore di imprese e società non sussistendo alcuna limitazione soggettiva in capo al committente.

    Porgiamo distinti saluti.

    DOTT.SSA MONICA MELANI

    IL LAVORO OCCASIONALE: TRATTAMENTO FISCALE E CONTRIBUTIVO
    TIPOLOGIA DEL RAPPORTO IRPEF INPS INAIL
    Lavoro autonomo occasionale con compenso annuo inferiore a euro 5.000 Ritenuta del 20% Esente da contribuzione Non soggetto
    Lavoro autonomo occasionale con compenso annuo superiore a euro 5.000 Ritenuta del 20% Esente fino a 5.000 euro, soggetto oltre tale limite alla gestione separata Non soggetto
    Mini-Co.Co.Co. Reddito assimilato a quello di lavoro dipendente Interamente soggetto alla gestione Inps Soggetto con le modalità previste per il lavoro parasubordinato
    Collaborazione coordinata e continuativa a progetto Reddito assimilato a quello di lavoro dipendente Interamente soggetto alla gestione Inps Soggetto con le modalità previste per il lavoro parasubordinato