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CONSULENZA DEL LAVORO E SINDACALE

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La tutela dell’handicap

La tutela dell’handicap

LA TUTELA DELL’HANDICAP

La legge n. 104/92 è un provvedimento controtendenza. Quando già si era iniziato a intaccare lo stato sociale, venne emanata questa legge sufficientemente armonica ed avanzata, che costituisce la carta dei diritti dell’invalido, ponendo l’Italia, almeno sul piano normativo, all’avanguardia in Europa.
La finalità che ci si prefigge di raggiungere è l’integrazione sociale della “persona handicappata”, la sua massima autonomia e partecipazione alla vita collettiva, con riguardo a tutti i suoi diritti.
La legge afferma principi di equità molto elevati, in particolare quando stabilisce il diritto alle prestazioni in relazione al bisogno del soggetto, alla residua capacità e all’efficacia della riabilitazione, e principi di solidarietà, quando determina la priorità degli interventi dei programmi pubblici in favore dei casi gravi, ove le necessità di assistenza siano permanenti, continuative e globali.
Sono perseguite la prevenzione, la diagnosi precoce e la ricerca sistematica sulle cause delle minoranze, per applicare, col massimo di tempestività, la terapia e la riabilitazione, d’intesa con la famiglia che deve perciò essere adeguatamente informata. E proprio il mantenimento della persona nel suo ambito familiare e sociale è il fine cui devono concorrere congiuntamente servizi sanitari e sociali e tutti i servizi territoriali (scolastici, sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi ed altri ancora, pubblici o privati).

Al fine di realizzare gli obbiettivi di cui sopra, la legge sceglie di valorizzare appunto la famiglia e il volontario, e sollecita l’apporto degli enti e delle associazioni per accrescere l’informazione e soprattutto la partecipazione civile, quale reale garanzia contro l’emarginazione sociale.
Gli interventi di prevenzione sono disciplinati dalle regioni.
Viene avviata la sperimentazione didattica che dovrà sviluppare le tecniche speciali che sono necessarie per superare al meglio gli handicap specifici. Attenzione è riservata anche alla formazione professionale che può avvenire in classi o in corsi prelavorativi.
Viene affrontato il problema delle barriere architettoniche e dei trasporti pubblici e individuali; sono regolamentati i parcheggi riservati, il diritto di voto, la concessione di contributi per un’idonea tipologia di edilizia privata, nuova o riattata, e la facoltà di detrarre dal reddito imponibile le spese mediche e quelle di assistenza specifica.
L’ACCERTAMENTO SANITARIO Va precisato che la situazione della persona handicappata può ritenersi con connotazione di gravità, qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale, nella sfera individuale o in quella di relazione.
CERTIFICAZIONE PROVVISORIA L’accertamento di tale situazione di gravità compete alle commissioni mediche per l’invalidità civile costituite presso le Asl. Ma le commissioni mediche preposte possono accumulare ritardi; il ministero del Lavoro, con circ. n. 28/93, ha autorizzato, perciò, l’accertamento da parte di un medico specialista nella patologia denunciata e in servizio presso l’Asl competente, qualora siano trascorsi 90 giorni dalla presentazione della richiesta senza la commissione medica si sia pronunciata. Con la circ. n. 53/2008 l’Inps ha precisato che la certificazione provvisoria è efficace fino all’accertamento definitivo da parte della commissione.
Con la circ. n. 32/2006 l’Inps ha comunicato che anche il medico dell’ospedale può emettere la certificazione provvisoria, con la precisazione che “il medico dipendente dell’ospedale che visita ambulatorialmente, in tale veste, la persona oggetto di valutazione per handicap per poter validamente emettere la certificazione provvisoria, deve essere specialista nella disciplina medica/chirurgica cui afferisce la patologia”, mentre “nel caso del medico che segue in corsia il soggetto per quel ricovero alla conclusione del quale si stia procedendo all’emissione di certificato provvisorio di handicap in situazione di gravità, il requisito specialistico transita dal medico al reparto in cui il soggetto è stato ricoverato: in sostanza è sufficiente che quest’ultimo sia “specializzato” nelle patologie di interesse”.
“Qualora – puntualizza l’Inps – la Commissione medica di verifica non dovesse ritenere di condividere il riconoscimento della gravità dell’handicap, si dovrà procedere al recupero delle prestazioni erogate, poiché divenute indebite”. Per patologie oncologiche l’art. 6, c. 3-bis, L. n. 80/2006 ha dettato una speciale normativa.
ALUNNI CON HANDICAP: ACCERTAMENTI ASL IN 30 GIORNI
Gli art. 12 e 13, L. n. 104/92 garantiscono il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie. L’art. 2, Dpcm n. 185/2006 ha stabilito che ai fini della individuazione dell’alunno come soggetto in situazioni di handicap, le Asl dispongono, su richiesta documentata dei genitori o degli esercenti la potestà parentale o la tutela dell’alunno medesimo, appositi accertamenti collegiali da effettuarsi in tempi utili rispetto all’inizio dell’anno scolastico e comunque non oltre trenta giorni dalla ricezione della richiesta.

ASSISTENZA AI FIGLI MINORI CON HANDICAP

PROLUNGAMENTO ASTENSIONE FACOLTATIVA
Il genitore lavoratore, anche adottivo o affidatario, di bambino portatore di handicap in situazione di gravità ha diritto, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati – precisa l’inps con circ. n. 133/2000 – di fruire del prolungamento (suscettibile di frazionamento) dell’astensione facoltativa o dei riposi orari fino ai 3 anni di età del bambino nonché dei giorni di permesso dopo i 3 anni e fino ai 18, anche qualora l’altro genitore non abbia diritto a tali benefici (perché, ad esempio, è casalinga, non svolge attività lavorativa, è lavoratore autonomo, ecc.).
Nel caso in cui, invece, entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti, i permessi continuano a spettare ad entrambi, ma in maniera alternativa.
L’Inps aggiunge che è possibile ammettere il prolungamento da parte di un genitore (alternativamente, madre o padre) anche quando non sia stato in precedenza esaurito il periodo della “normale” astensione facoltativa e ne spiega le modalità applicate.
RAPPORTO DI LAVORO IN ESSERE. L’Inps ulteriormente rammenta che, “trattandosi di astensione facoltativa, sia pure prolungata ,con diritto alla indennità pari al 30% della retribuzione per tutto il periodo, il rapporto di lavoro deve continuare ad essere in atto, con obbligo di prestazione dell’attività lavorativa, anche durante il prolungamento.
Per i lavoratori agricoli a tempo determinato il diritto alla astensione facoltativa ed al suo prolungamento è subordinato all’iscrizione negli elenchi validi per ciascun anno di riferimento (anno precedente a quello di astensione)”.

DECORRENZA. Il prolungamento decorre “dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale” spettante al richiedente.
Con il msg. n. 22578/2007 l’Inps ha chiarito che, di conseguenza, esso “è riconoscibile, indipendentemente dal diritto dell’altro genitore:
· Alla madre, trascorsi 6 mesi dalla fine del congedo di maternità;
· Al padre, trascorsi 7 mesi dalla data di nascita del figlio;
· Al genitore solo, trascorsi 10 mesi decorrenti;
– in caso di madre “sola”, dalla fine del congedo di maternità;
– in caso di padre “solo”, dalla nascita del minore o dalla fruizione dell’eventuale congedo di paternità”.
RIPOSI ORARI FINO A TRE ANNI DI ETA’ DEL BAMBINO CON HANDICAP
I riposi alternativi al prolungamento della facoltativa sono di 2 ore al giorno in caso di orario di lavoro pari o superiore a 6 ore, di 1 ora in caso contrario. Nessun riposo può essere invece concesso per le giornate non lavorate, compresa la sesta giornata in caso di settimana corta.
I riposi, ed anche i permessi (fruibili dalla fine del periodo massimo previsto per il normale congedo parentale di maternità), possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio. È possibile godere, contemporaneamente, da parte di un genitore dell’astensione facoltativa e da parte dell’altro dei permessi di cui alla legge n. 104/92, mentre non è possibile da parte dello genitore, nella stessa giornata, fruire contemporaneamente dell’astensione facoltativa e dei permessi.

Con il msg. n. 11784/2007 l’Inps, nel ribadire,in via generale, l’incompatibilità tra permessi orari ex lege 104/92 e permessi orari per allattamento nel corso del primo anno di vita del bambino, precisa che se, in particolari casi, il sanitario competente ravvisi in capo al bambino, in relazione alla speciale gravità dell’handicap, la necessità di cure che non possano essere garantite durante le sole ore di allattamento previste per la generalità dei neonati, è possibile autorizzare il cumulo della fruizione dei permessi. In tale caso, i due benefici sono previsti per due situazioni completamente diverse e non contemporaneamente tutelabili con un solo istituto. Il bambino, infatti, ha bisogno di due tipi di cure: dei riposi per allattamento, in quanto di età inferiore all’anno, e dei permessi giornalieri, in quanto portatore di speciali difficoltà nello svolgere le funzioni tipiche della piccola età.
RETRIBUITI Riguardo ai permessi di due ore al giorno, fruibili in alternativa al prolungamento dell’astensione facoltativa, l’Inps precisa che essi vanno equiparati a quelli per allattamento e per i medesimi spetta un’indennità economica pari alla retribuzione perduta, che è a carico dell’Inps ma viene anticipata dal datore di lavoro.
Questi permessi, così come il prolungamento della facoltativa con computi nell’anzianità di servizio. A tal fine, i permessi orari vanno rapportati a giorni interi.
NON SI PERDONO FERIE E TREDICESIMA
Durante la fruizione dei permessi ex art. 33, L. n. 104/92 si maturano sia ferie che la tredicesima mensilità. Lo ha chiarito il ministero del Lavoro con circ. del 6/2/2006. unica esclusione per i genitori di minori con handicap che optano per il prolungamento del congedo parentale (fino al terzo anno di vita del bimbo); in tal caso, infatti, ferie e tredicesima sono soggette a decurtazione.

IN CASO DI RICOVERO
Il ricovero in ospedale del portatore di handicap esclude solitamente i familiari dal diritto ai permessi ex art. 33, L. n. 104/92.
L’Inps, con il msg. n. 228/2006, indica che è “possibile concedere i benefici solo nei casi in cui:
– il richiedente assista un handicappato in tenera età (prima infanzia, ovvero di età inferiore a tre anni)
– il soggetto handicappato sia ricoverato per finalità diagnostiche-terapeutiche (nel quel caso le finalità assistenziali legate all’età travalicano quelle legate all’handicap);
– la presenza della madre o del padre sia richiesta dall’ospedale per necessità effettive;
L’Inps, con il msg. n. 256/2006, ha precisato inoltre che:
· per ricovero a tempo pieno è da intendersi quello in cui il disabile trascorre tutta la giornata o gran parte della stessa presso una struttura adibita all’accoglimento degli handicappati (quindi anche ad un Centro socio-riabilitativo diurno per disabili);
· il rientro a casa del disabile, se pure nelle ore serali, non esclude il ricovero a tempo pieno;
· anche il ricovero presso una qualsiasi struttura ospedaliera (anche se non legato, direttamente o indirettamente, all’handicap), è da intendersi effettuato presso “istituti specializzati”.
COMPATIBILI PERMESSI L. 104 E PER ALLATTAMENTO (ALTRO FIGLIO)
Vi è compatibilità tra i permessi orari ex lege 104/92 per un figlio handicappato di età inferiore a 3 anni e permessi orari (c.d. per allattamento) per altro figlio. “è possibile la fruizione di entrambi i benefici da parte di un genitore – chiarisce l’Inps con circ. n. 128/2003 – dal momento che si tratta di due soggetti (figli) diversi, entrambi bisognosi di cure, per i quali è legislativamente prevista la possibilità di fruire di due diversi tipi di permessi.
Ovviamente la fruizione dei benefici in parola di una o due ore è legata all’orario di lavoro: se questo è pari o superiore alle 6 ore darà diritto alla fruizione di 2 ore di permesso per “allattamento” e 2 ore di permesso ex lege 104/90; se invece inferiore a 6 ore darà diritto alla fruizione di un’ora di permesso per allattamento e un’ora di permesso ex lege 104/92.
Tale criterio trova applicazione anche nel caso di lavoratore handicappato che fruisca per se stesso dei permessi orari ex lege 104/92 ed è genitore di un bambino per il quale spettano i permessi per allattamento”.
TRE GIORNI DI PERMESSO MENSILE TRA IL 3° E IL 18° ANNO DI ETA’ DEL FIGLIO HANDICAPPATO
Per i periodi successivi al terzo anno di età del bambino portatore di handicap in situazione di gravità, la madre lavoratrice, anche adottiva o affidataria (o, in alternativa, il padre) ha diritto, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, a tre giorni di permesso mensile indennizzato (retribuzione globale di fatto), fruibili anche in maniera continuativa.
“Analogamente al prolungamento dell’astensione facoltativa ed ai riposi orari, i giorni di permesso possono essere usufruiti dai genitori (di figli minorenni) alternativamente, ma il numero massimo mensile (3gg.) può essere ripartito tra i genitori stessi anche con assenze contestuali dal rispettivo lavoro (ad esempio, madre 2 giorni, padre 1 giorno, anche coincidente con uno dei due giorni della madre).
L’alternatività, in sostanza, si intende riferita solo al numero complessivo dei giorni di riposo fruibili nel mese (tre).
I giorni di permesso possono essere utilizzati da un genitore anche quando l’altro fruisce della “normale “ astensione facoltativa”.
Il diritto è riconosciuto al genitore anche qualora l’altro ne sia escluso (perché casalinga, disoccupato, lavoratore autonomo).
In caso di genitori entrambi lavoratoti e di un figlio minorenne con handicap grave, la presenza di familiari non lavoratori non pregiudica la possibilità, per uno dei due genitori, di fruire, secondo le condizioni previste, dei permessi per assistere tale figlio.
IL DATORE VERIFICA I PRESUPPOSTI
Con la circ. n. 53/2008 l’Inps ha precisato che “sul datore di lavoro incombe il diritto-dovere di verificare in concreto l’esistenza dei presupposti di legge per la concessione dei permessi rispetto alla quale non ha alcuna ulteriore discrezionalità, al di là della verifica della sussistenza dei requisisti di legge”.
GENITORI DI FIGLI MAGGIORENNI E FAMILIARI DI PERSONE HANDICAPPATI. (parenti o affini entro il 3° grado)
L’art. 42, c. 6, D.lgs. n. 151/2001 ha definitivamente sancito che “i riposi, i permessi ed i congedi spettano al genitore lavoratore anche quando l’altro genitore non ne abbia diritto” e ciò a prescindere dalla minore o dalla maggiore età del figlio portatore di handicap grave. “Le innovazioni introdotte – ha sottolineato l’Inps, con la circ. n. 138/2001 – riguardano in particolare i genitori di figli disabili maggiorenni, prevedendo la possibilità di fruire dei permessi retribuiti di cui alla legge 104/92 e dei benefici di cui l’art. 80, c. 2, L. n. 388/2000, anche nel caso in cui uno dei genitori non abbia diritto ai permessi (ad esempio, perché non lavora).
Ai sensi della L. n. 54/2006 (sull’affido condiviso), per beneficiare dei tre giorni di permesso mensile non è più richiesta, per i figli – anche maggiorenni – la condizione della convivenza o della assistenza continuativa ed esclusiva.
PARENTI E AFFINI L’art. 20, L. n. 53/2000 ha stabilito che i permessi spettano anche “ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente” sempre che non sia ricoverato a tempo in istituti specializzati.
CONTINUITA’ La “continuità” consiste nell’effettiva assistenza del soggetto handicappato, per le sue necessità quotidiane, da parte del lavoratore, genitore o parente del soggetto stesso, per il quale vengono richiesti i giorni di permesso. Riguardo al requisito della continuità dell’assistenza nei confronti del familiare di handicappato non convivente, l’Inps, con circ. n. 128/2003, precisa che l’eventuale lontananza “non va intesa solo in senso spaziale ma anche temporale; pertanto se in tempi individuabili in circa un’ora è possibile coprire la distanza tra le due abitazioni del soggetto prestatore di assistenza e l’handicappato, è possibile riconoscere che sussiste un’assistenza quotidiana che concretizza il requisito di continuità dell’assistenza, il quale insieme a quello dell’esclusività, dà diritto alla fruizione dei permessi di cui alla legge 104/92 anche in caso di non convivenza.
In caso contrario l’assistenza quotidiana non può essere di per sé esclusa, ma occorre rigorosa prova da parte dell’interessato sia dei rientri giornalieri sia dell’effettiva assistenza che è possibile fornire in tale situazione di lontananza”.
Con msg. n. 8236/2004 l’Inps ha chiarito che, quando la residenza ufficiale è diversa dalla dimora abituale, è a quest’ultima che occorre riferirsi.
ANCHE SE VI SONO FAMILIARI CONVIVENTI NON LAVORATORI
L’Inps a lungo aveva sostenuto che la presenza in famiglia di altra persona che sia tenuto o possa provvedere all’assistenza del parente con disabilità in situazioni di gravità escludesse il diritto ai tre permessi mensili retribuiti.

Con la circ. n. 90/2007 detti istituto si è uniformato ad una cospicua giurisprudenza di legittimità dettando i “seguenti nuovi criteri:
1. che a nulla rilevi che nell’ambito del nucleo familiare della persona con disabilità in situazione di gravità si trovino conviventi familiari non lavoratori idonei a fornire l’aiuto necessario;
2. che la persona con disabilità in situazione di gravità – ovvero il suo amministratore di sostegno ovvero il suo tutore legale – possa liberamente effettuare la scelta su chi, all’interno della stessa famiglia, debba prestare l’assistenza prevista dai termini della legge;
3. che tale assistenza non debba essere necessariamente quotidiana, purché assuma i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze della persona con disabilità in situazione grave;
4. che i benefici previsti si debbano riconoscere altresì a quei lavoratori che – pur risiedendo o lavorando in luoghi anche distanti da quello in cui risiede di fatto la persona con disabilità in situazione di gravità (come, per esempio, nel caso del personale di volo delle linee aeree, del personale viaggiante delle ferrovie o dei marittimi) – offrano allo stesso un’assistenza sistematica ed adeguata, stante impregiudicato il potere organizzativo del datore di lavoro, non attenendo la fruizione dei benefici de quo all’esercizio di un diritto potestativo del lavoratore;
5. che il requisito dell’esclusività della stessa non si debba far coincidere con l’assenza di qualsiasi altra forma di assistenza pubblica o privata, essendo compatibile con la fruizione dei benefici in questione il ricorso alle strutture pubbliche, al cosiddetto “no profit” ed a personale badante;
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