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CONSULENZA DEL LAVORO E SINDACALE

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Autore: syrus

Valutazione del rischio stress

Valutazione del rischio stress

VALUTAZIONE DEL RISCHIO STRESS
Decorrenza dal 31/12/2010 delle fasi di valutazione

La data del 31 dicembre 2010, fissata dal T.u. sicurezza come decorrenza dell’obbligo di valutazione del rischio stress lavoro correlato, va intesa come data di avvio e non di conclusione delle attività di valutazione. È quanto precisano le istruzioni della Commissione consultiva permanente al nuovo adempimento a carico dei datori di lavoro, approvate il 17 novembre e diffuse dal ministero del lavoro con nota protocollo n. 23692/2010. Le istruzioni, che rappresentano il livello minimo di attuazione del nuovo obbligo per tutti i datori di lavoro, pubblici e privati (se osservate, dunque, escludono la sanzionabilità), indicano una metodologia su due fasi: la prima necessaria, la seconda eventuale.

Le indicazioni della Commissione hanno il fine di aiutare imprese e datori di lavoro nelle difficoltà operative circa l’individuazione di corrette modalità di attuazione del nuovo obbligo di valutazione, tra i rischi per la sicurezza sul lavoro, di quello cosiddetto stress lavoro correlato. In tal senso, dunque, individuano un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo, valevole per tutti i datori di lavoro pubblici e privati che, se correttamente attuato, esclude la sanzionabilità (ai sensi del T.u. sicurezza).

DEFINIZIONE DI STRESS LAVORO
E’ la “condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettativa riposte in loro”. Tuttavia, spiega la Commissione, non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro sono considerarsi come stress lavoro correlato; quest’ultimo è solo quello causato da vari fattori propri del contesto e del contenuto del lavoro.

La valutazione del rischio stress lavoro è parte integrante della valutazione dei rischi e va effettuata dal datore di lavoro avvalendosi del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp) con il coinvolgimento del medico competente, laddove presente, e previa consultazione del rappresentante dei lavoratori (Rls/Rlst).
La valutazione del rischio stress lavoro correlato deve essere compiuta con riferimento a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori compresi dirigenti e preposti. Non riguarda i singoli, ma gruppi omogenei di lavoratori che risultino esposti a rischi dello stesso tipo in base a una individuazione che il datore di lavoro può fare autonomamente (per esempio, lavoratori che svolgono la stessa mansione; i turnisti; i dipendenti di un settore ecc,).
Si renderà una necessaria una fase preliminare ed un’altra eventuale e successiva ossia da attivare nel caso in cui la valutazione preliminare abbia rivelato elementi di rischio e le misure di correzione, di conseguenza adottate dal datore di lavoro, si rivelino inefficaci. La valutazione preliminare consiste nella rilevazione di indicatori oggettivi e verificabili, ove siano numericamente apprezzabili, appartenenti quanto meno alle tre distinte famiglie indicate nella tabella che segue. Se dalla valutazione preliminare non emergono elementi di rischio, il datore di lavoro è tenuto solo a darne conto del Documento di valutazione dei rischi (Dvr) e a prevedere un piano di monitoraggio.

Se, invece, emergono elementi di rischio allora il datore di lavoro deve procedere ad azioni correttive pianificando gli opportuni interventi anche mediante una successiva fase di valutazione approfondita.
Nei casi in cui dalla valutazione preliminare emergano elementi di rischi il datore di lavoro è tenuto a procedere immediatamente alla pianificazione e all’adozione degli opportuni interventi correttivi. Ad esempio, potrà trattarsi di interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi. Se anche tali interventi correttivi dovessero risultare inefficaci, il datore di lavoro dovrà procedere alla successiva fase cosiddetta di valutazione approfondita, già prevista (quanto ai tempi) in sede di pianificazione degli interventi successivi alla valutazione preliminare. La valutazione approfondita, spiegano le istruzioni della Commissione, deve prevedere la valutazione delle percezione soggettiva dei lavoratori. E’ possibile utilizzare differenti strumenti quali questionari, focus Group, interviste semi-strutturate, tutti incentrati sempre sulle tre famiglie di indicatori. Tale fase di indagine deve far riferimento ai gruppi omogenei di lavoratori rispetto ai quali sono state rilevate le problematiche. Nelle aziende di grandi dimensioni può essere realizzata anche tramite un campione rappresentativo di lavoratori.

La Commissione, infine, precisa che la data del 31 dicembre 2010 di decorrenza del nuovo obbligo va intesa come data “di avvio” delle attività di valutazione, di cui il datore di lavoro dovrà rendere conto (insieme alla data finale e ai risultati conseguiti) nel documento di valutazione dei rischi. Dal 31/12/2010 terranno conto gli ispettori in sede di vigilanza.

DEROGA PER LE PICCOLE AZIENDE.
Una deroga è prevista in tema di valutazione approfondita a favore delle piccole aziende. Infatti, le istruzioni della Commissione stabiliscono che, nelle imprese che occupano fino a cinque lavoratori, il datore di lavoro può scegliere di utilizzare modalità di valutazione alternative, come per esempio le riunioni, a patto che garantiscano comunque il coinvolgimento diretto dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia.

GLI INDICATORI DI STRESS
Famiglie di indicatori Esempi
Eventi sentinella Indici infortunistici; assenze per malattia; turnover; procedimenti e sanzioni; segnalazioni del medico competente
Fattori di contenuto del lavoro (1) Ambiente di lavoro e attrezzature; carichi e ritmi di lavoro; orario di lavoro e turni; corrispondenza tra competenze dei lavoratori e requisiti professionali richiesti
Fattori di contesto del lavoro (1) Ruolo nell’ambito dell’organizzazione; autonomia decisionale e controllo; conflitti interpersonali al lavoro; evoluzione e sviluppo di carriera
(1) Per questi fattori occorre sentire i lavoratori e/o il Rls/Rlst. Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile sentire un campione rappresentativo di lavoratori

DOTT.SSA MONICA MELANI

Apprendistato, le novità

Apprendistato, le novità

APPRENDISTATO, LE NOVITA’

È stata siglata il 27 ottobre 2010 un’intesa tra governo, regioni, province autonome e parti sociali per il rilancio dell’apprendistato che contiene la presa d’atto di alcune criticità dell’istituto. L’intesa infatti si basa sulla presa d’atto che l’apprendistato, nelle sue tre tipologie pur rappresentando oggi il principale canale di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro secondo percorsi di qualità utili a valorizzare e accrescere le competenze delle persone e sostenere la produttività del lavoro vede la sua utilizzazione ridotta e ancor più vede poco meno del 20% degli apprendisti ricevere una qualche forma di formazione. Le motivazioni risiedono probabilmente nella riconosciuta complessità della normativa di riferimento e l’incerto riparto di competenze tra Stato, Regioni e parti sociali che determina la necessità di concertazione tra tutti gli attori coinvolti al fine di garantire certezza per le imprese. Oltre a questo l’intesa si preoccupa di rimarcare il mancato utilizzo di alcune forme di apprendistato quali quelle legati al dovere di istruzione e formazione e di alta formazione rilanciate dagli articoli 48 e 50 del decreto legislativo n. 276 del 2003 (Legge Biagi) che ha cercato di proporre il rilancio dell’intero istituto ed in specifico di queste forme, attraverso l’effettività e l’efficacia della formazione, cose che impongono una maggiore valorizzazione della componente della formazione aziendale e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali e della bilateralità.

L’intesa si propone di rilanciare l’istituto basandosi sul cercare di dare un nuovo impulso alla occupazione giovanile in apprendistato conferendo, per lavoratori e imprese, immediata certezza al quadro giuridico e istituzionale di riferimento attraverso una fase di transizione di dodici mesi nella quale, in attesa della definizione di una revisione e di un definitivo chiarimento della normativa vigente e attraverso la conferma del quadro di operatività dell’apprendistato professionalizzante, come disposto dai commi 5 e 5-bis dell’articolo 49 del decreto legislativo n. 276 del 2003. Tutto ciò con particolare riferimento alla funzione surrogatoria dei contratti collettivi nazionali di lavoro e degli accordi interconfederali là dove la Regione non abbia regolamentato la materia d’intesa con le associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale ed anche e soprattutto nel confermare, per le ipotesi di cui al comma 5-ter dell’articolo 49 del decreto legislativo n. 276 del 2003, in materia di formazione esclusivamente aziendale (anche alla luce della sentenza n. 176 del 2010 della Corte costituzionale), le previsioni contenute nei contratti collettivi e negli accordi interconfederali che hanno disciplinato l’apprendistato professionalizzante e che rimangono valide per le Regioni che non hanno già provveduto a definire compiutamente la normativa ai sensi dell’articolo 49, commi 5 e 5-ter, del citato decreto legislativo n. 276 del 2003. Questa attività, precisa l’intesa, si baserà su una mappatura condivisa della normativa correttamente applicabile Regione per Regione, settore per settore con delle linee guida condivise per la riforma dell’apprendistato professionalizzante secondo la delega contenuta nella legge n. 247 del 2007 in corso di riattivazione nell’ambito del disegno di legge “cosiddetto collegato lavoro” valorizzando la formazione aziendale di tipo formale, la risorsa della bilateralità, il ruolo dei fondi interprofessionali e la tracciabilità sul libretto formativo del cittadino, nonché con la creazione di un quadro più razionale ed efficiente dei tirocini formativi e di orientamento al fine di valorizzarne le potenzialità in termini di occupabilità e pervenire gli abusi e l’utilizzo distorto degli stessi e di altre tipologie contrattuali (in particolare il lavoro a progetto) in concorrenza con il contratto di apprendistato.
Infine, l’intesa si occupa di porre l’accento su uno dei problemi più sentiti dalle aziende, quello che vivono le imprese con sedi operative in più regioni.; superare uno dei problemi più sentiti in questo ambito, stabilendo che per l’attivazione dei contratti di apprendistato e per i tirocini formativi e di orientamento trova applicazione su tutto il territorio nazionale la sola regolamentazione della Regione dove l’impresa ha la propria sede legale.

DOTT.SSA MONICA MELANI

La Cig in deroga prorogata per un altro anno

La Cig in deroga prorogata per un altro anno

LA CIG IN DEROGA PROROGATA PER UN ALTRO ANNO
Proroga di un anno per le misure anticrisi di sostegno al reddito. Per tutto il 2011, infatti, imprese e lavoratori potranno ancora contare sugli ammortizzatori in deroga e sugli incentivi alla solidarietà; sulla cigs e sulla mobilità per le imprese commerciali; sulle misure incentivanti l’utilizzazione in azienda dei lavoratori che hanno perso l’occupazione o per la loro riassunzione. La cig e la mobilità in deroga saranno riconosciute soltanto ai lavoratori con non meno di 90 giornate di lavoro presso l’azienda, potendo computare a tal fine anche eventuali periodi di attività lavoratori a titolo di co.co.co. o lavoro a progetto. Abrogato definitivamente, inoltre, il rincaro contributivo previsto dal protocollo sul Welfare (+0,09%) dal 1° gennaio 2012 a carico di tutti i lavoratori, dipendenti e aumenti. Queste alcune novità contenute nel maxiemendamento del governo alla legge di Stabilità, all’esame della commissione bilancio della camera.

Di seguito, uno schema riepilogativo delle novità:

LE PRINCIPALI NOVITA’
Aumento contributivo Abrogato il rincaro contributivo (+0,09%) a carico di tutte le gestioni Inps che sarebbe dovuto entrare in vigore dal 1° gennaio 2012
Ammortizzatori in deroga Prorogati per l’anno 2011, in deroga alla normativa vigente, previo accordo governativo e per massimo 12 mesi, i trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale.
La misura dei trattamenti è ridotta del 10% (se prima proroga), del 30% (se seconda proroga) o del 40% (se proroga successiva alla seconda).
In caso di proroghe successive alla seconda, trattamenti sono erogati a condizione della frequenza di programmi finalizzati al reimpiego.
La cassa integrazione guadagni in deroga e la mobilità in deroga sono erogate ai lavoratori con anzianità presso l’azienda di almeno 90 giornate, calcolando anche eventuali periodi svolti da co.co.co. o in lavoro a progetto.
Imprese commerciali Prorogata per il 2011 la concessione di cigs e mobilità ai dipendenti di imprese commerciali, agenzie di viaggio e turismo con più di 50 dipendenti nonché di imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti
Iscrizioni liste mobilità Prorogata per il 2011 l’iscrizione nelle liste di mobilità dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo da aziende che occupano fino a 15 dipendenti
Incentivi alla solidarietà/1 Prorogato per il 2011 l’incentivo economico ai datori di lavoro che stipulano contratti di solidarietà, anche se imprese artigiani non rientranti nel campo di applicazione della cigs e con meno di 16 dipendenti.
Incentivi alla solidarietà/2 Prorogato per il 2011 l’incentivo dell’aumento (+20%) della cig nei contratti di solidarietà
Cessazione attività Prorogato per il 2011 il rifinanziamento delle proroghe a 24 mesi della cigs per cessazione attività
Utilizzo lavoratori in cig Prorogata per il 2011 la misura sperimentale che prevede l’utilizzo, da parte dei datori di lavoro, dei lavoratori titolari di trattamenti di sostegno al reddito
Voucher Prorogata per il 2011 la facoltà, ai lavoratori titolari di rapporti di lavoro a part-time o fruitori di trattamento a sostegno del reddito, di ricorrere a prestazioni di lavoro di tipo accessorio

DOTT.SSA MONICA MELANI

Contributi all’Inps anche per i “clandestini”

Contributi all’Inps anche per i “clandestini”

L’AZIENDA DEVE VERSARE I CONTRIBUTI ALL’INPS ANCHE PER I “CLANDESTINI”

La Corte di cassazione con la sentenza n. 22559 del 5 novembre 2010, ha respinto il ricorso di un imprenditore che non aveva versato all’Inps i contributi per i clandestini impiegati in azienda. La vicenda era iniziata dopo un’ispezione dell’Inps dalla quale erano emerse varie irregolarità fra cui l’impiego di extracomunitari senza regolare permesso di soggiorno. Era scattata una denuncia penale nei confronti dell’imprenditore che, dal lato suo, lamentava dei vizi formali e quindi chiedeva la nullità del verbale redatto dagli agenti. Sul fronte penale la vicenda si era invece conclusa con un patteggiamento. L’Inps, a sua volta, aveva comunque spiccato un verbale di accertamento nel quale si chiedevano i contributi in favore dei due clandestini. L’imprenditore aveva impugnato l’atto e aveva perso la causa sia in primo che in secondo grado. L’imprenditore ha presentato altro ricorso in Cassazione ma la sezione lavoro lo ha integralmente respinto.
La Cassazione, ribadendo un orientamento già inaugurato con la sentenza n. 7380 di marzo 2010, ha stabilito che “ in tema di prestazioni rese dai lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno, l’illegittimità del contratto per la violazione di norme imperative del testo unico sull’immigrazione poste a tutela del prestatore di lavoro, sempre che la prestazione lavorativa sia lecita, non esclude l’obbligazione retributiva e contributiva a carico del datore di lavoro in coerenza con la razionalità complessiva del sistema che vedrebbe altrimenti alterate le regole del mercato e della concorrenza ove si consentisse a chi viola la legge sull’immigrazione di fruire di condizioni più vantaggiose rispetto a quelle cui è soggetto il datore di lavoro che rispetti la disciplina in tema di immigrazione.
Ne consegue che è perfettamente legittimo il verbale di accertamento inviato dall’Inps per mancato versamento dei contributi per sei lavoratori extracomunitari impiegati senza permesso di soggiorno, dal momento che il reato di aver favorito la permanenza di clandestini nel territorio dello Stato non impedisce l’emersione degli effetti propri del contratto di lavoro e l’obbligo di pagare i contributi evasi”.
Pertanto l’azienda che ha impiegato dei lavoratori extracomunitari clandestini è tenuta al pagamento dei contributi INPS.

Porgiamo distinti saluti.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Validità temporale del DURC

Validità temporale del DURC

VALIDITA’ TEMPORALE DEL DURC: I CHIARIMENTI DEL MINISTERO

Il Ministero del Lavoro e delle politiche Sociali con la Circolare n. 35 dell’ 08 ottobre 2010, fornisce alcuni precisi chiarimenti relativamente al periodo di validità del DURC distintamente ad ogni singola ipotesi. Il dicastero del Lavoro con la circolare in questione, ha precisato nello specifico, che: la validità temporale del Durc nel settore degli appalti pubblici deve essere trimestrale, anche in un’ottica di semplificazione e speditezza delle procedure di gara.

CHE COS’E’ IL DURC
Il DURC, documento di regolarità contributiva, è il certificato che sulla base di un’unica richiesta attesta contestualmente la regolarità di un’impresa relativamente agli adempimenti INPS, INAIL e Cassa Edile verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento.
Le modalità di rilascio del DURC, nel settore edile, sono disciplinate dalla Circolare INAIL n. 38/2005, dalla Circolare INPS n. 92/2005 e dalla Comunicazione della Commissione Nazionale Paritetica delle Casse Edili n. 272/2005.

I CHIARIMENTI DEL MINISTERO CIRCOLARE N. 35/2010 DEL 08.10.2010
La circolare n. 35 dell’ 08 ottobre 2010 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nasce proprio sulla base ed in ottemperanza a quanto stabilito dall’Autorità di Vigilanza sui Contratti pubblici, relativamente alla validità temporale del DURC.

La predetta Autorità, tenendo conto di alcune decisioni degli organi giurisdizionali, tra cui per esempio la sentenza del Tar Puglia n. 2304/2009, ha stabilito che:
ü “anche in un’ottica di semplificazione e speditezza delle procedure di gara, nel settore degli appalti pubblici, alla certificazione vada riconosciuta una validità trimestrale al pari di quanto disposto dall’art. 39 septies del D.L. 30 settembre 2005, n. 273 (convertito con modificazioni in Legge n. 51 del 23 febbraio 2006) con espresso riferimento al solo settore dei lavoro nei cantieri edili”.

Il dicastero del Lavoro a seguito del parere dell’autorità giudiziaria sopra esposto, si è espresso con particolare riguardo agli appalti pubblici, chiarendo che nel settore degli appalti pubblici la validità temporale del Durc deve essere trimestrale, anche in un’ottica di semplificazione e speditezza delle procedure di gara.

CIRCOLARE N. 35/2010 IN SINTESI
MODALITA’ E TERMINI DI RICHIESTA DEL DURC

QUANDO VA’ RICHIESTO IL DURC? VALIDITA’

PARTECIPAZIONE AD APPALTI/SUBAPPALTI DI LAVORI PUBBLICI IN EDILIZIA

§ Per la verifica della dichiarazione;
§per l’aggiudicazione dell’appalto;
§prima della stipula del contratto;
§per il pagamento degli stati di avanzamento lavori (SAL)
§per il collaudo ed il pagamento del saldo finale;

Validità trimestrale

LAVORI PRIVATI IN EDILIZIA

§ Prima dell’inizio dei lavori oggetto di concessione edilizia Il DURC ha validità trimestrale, può essere utilizzato per l’intero periodo di validità ai fini dell’inizio di più lavori
ATTESTAZIONE SOA, ISCRIZIONE ALL’ALBO FORNITORI, AGEVOLAZIONI – FINANZIAMENTI – SOVVENZIONI § Prima dell’inoltro della relativa istanza Il DURC ha validità trimestrale

APPALTI DI FORNITURE

§ Per la verifica della dichiarazione;
§ Per l’aggiudicazione dell’appalto;
§ Per la stipula del contratto;
§ Per l’emissione dell’ordinamento;
§ Per il pagamento finale;

Il DURC ha validità trimestrale

APPALTI DI SERVIZI

§ Per la verifica della dichiarazione;
§ Per l’aggiudicazione dell’appalto;
§ Per la stipula del contratto;
§ All’atto della regolare esecuzione alla liquidazione di ogni fattura;

Il DURC ha validità trimestrale

DOTT.SSA MONICA MELANI

Trattamento fiscale e previdenziale delle azioni

Trattamento fiscale e previdenziale delle azioni

TRATTAMENTO FISCALE E PREVIDENZIALE DELLE AZIONI ASSEGNATE AI DIPENDENTI

Le stock options non pagano contributi all’Inps né premi all’Inail. Infatti, sono completamente esenti le azioni assegnate a partire dal 25 giugno 2008, indipendentemente dalla data di adozione dei piani azionari. Le azioni offerte a tutti i dipendenti, invece (cosiddette stock granting), possono scontare l’esenzione solo per un valore non superiore ai 2.065,83 euro (oltre la soglia, diventa imponibile solo l’eccedenza). A precisarlo sono l’Inail nella circolare n. 39/2010 e l’Inps nel messaggio n. 25602/2010.

UN DOPPIO REGIME.
In materia di stock option vige, oggi, una doppia disciplina: una fiscale (senza agevolazioni) e un’altra contributiva (con agevolazione piena).
Si tratta di una vera e propria eccezione, in quanto il reddito di lavoro dipendente, in virtù del principio di armonizzazione delle basi imponibili fiscale e contributiva (previsto dal dlgs n. 314/1997), implica sempre lo stesso trattamento delle spettanze dei lavoratori dipendenti, cioè medesimo trattamento sia ai fini fiscali che previdenziali.
La novità è arrivata dal dl n. 112/2008 che, modificando il Tuir, ha abrogato il regime fiscale agevolato in tema di imponibilità (fiscale) delle stock option.
Una modifica che, in virtù del predetto principio di armonizzazione, avrebbe dovuto trovare piena applicazione anche ai fini contributivi.

Invece, in sede di conversione del dl n. 112/2008, la legge n. 133/2008 ha fatto la distinzione, prevedendo dunque l’esenzione contributiva per i redditi da lavoro dipendente derivanti dall’esercizio di piani di stock option.
Nasce così il doppio regime che trova applicazione dal 25 giugno 2008, ossia in relazione alle azioni assegnate a partire da tale data (si veda lo schema più avanti). In sostanza, venendo meno il regime fiscale agevolato, la differenza tra il valore di mercato delle azioni al momento dell’esercizio del diritto di opzione e il prezzo pagato dal dipendente concorre sempre a formare reddito di lavoro dipendente soggetto a Irpef. In materia contributiva e assicurativa l’Inps e l’Inail, rispettivamente, hanno fornito gli ultimi chiarimenti con il messaggio n. 25602/2010 e la circolare n. 39/2010.

CIRCOLARE N. 39/2010.
A proposito dell’azionariato ai dipendenti, l’Inail distingue tra:
§ Azioni offerte alla generalità dei dipendenti (cosiddette stock granting);
§ Azioni offerte a determinati dipendenti (cosiddette stock option).

Nel primo caso (azioni offerte ai dipendenti), l’Inail intende tutte le azioni di nuova emissione sottoscritte dai dipendenti anche se emesse da società che, direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.
Il valore di tali azioni, spiega l’Inail, è escluso dalla base imponibile a condizione che:
1. le azioni siano offerte alla generalità dei dipendenti;
2. le azioni abbiano valore non superiore a euro 2.065,83 per ciascun periodo di imposta (superata tale soglia, rientra nella base imponibile la sola eccedenza);
3. le azioni non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla assegnazione. Qualora le azioni siano cedute prima del predetto termine, l’importo che non ha concorso a formare reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione.
Nel secondo caso (stock option), spiega l’Inail, la disciplina ha l’obbiettivo di premiare solo alcuni dipendenti che si ritiene vestano un ruolo chiave nell’azienda.
Il regime fiscale agevolato, in tal caso, consiste nell’esclusione da imposizione in capo al lavoratore dipendente del reddito di natura derivante dalla assegnazione di azioni della società con la quale il lavoratore intrattiene il rapporto di lavoro o altra società del gruppo.
Il reddito escluso da imposizione è costituito dalla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente, a condizione che il predetto ammontare sia almeno pari al valore delle azioni stesse alla data dell’offerta e che le partecipazioni possedute dal dipendente rappresentino una percentuale del diritto di voto a di partecipazione al capitale della società non superiore al 10%.
Tuttavia, precisa l’Inail, tale regime fiscale agevolato è stato abolito dal 25 giugno 2008 (come già detto, peraltro). Di conseguenza, la differenza tra il valore di mercato delle azioni al momento dell’esercizio del diritto di opzione e il prezzo pagato dal dipendente concorre sempre a formare il reddito imponibile da lavoro dipendente ai fini previdenziali. Il nuovo regime fiscale, in vigore dal 25 giugno 2008, tuttavia, trova applicazione solo ai fini fiscali, ma non anche ai fini previdenziali. Pertanto, a decorrere dal 25 giugno 2008, è applicabile il solo esonero dalla base imponibile ai fini contributivi.
SCHEMA RIASSUNTIVO

IL REGIME DELLE STOCK OPTION
Riferimenti temporali Esenzione contributiva Condizioni per l’esenzione contributiva
Deliberazione piano:
fino al 4 luglio 2006
Assegnazione azioni:
entro il 24 giugno 2008
Differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e il prezzo pagato dal dipendente §acquisizione azioni mediante un prezzo pari o maggiore al valore delle azioni alla data dell’offerta
§possesso da parte del dipendente assegnatario delle azioni di una partecipazione nella società non superiore al 10%
Deliberazione piano:
da 5 luglio al 2 ottobre 2006
Assegnazione azioni:
entro il 2 ottobre 2006
Differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e il prezzo pagato dal dipendente §periodo minimo di 5 anni del possesso delle azioni
§valore delle azioni non superiore alla retribuzione lorda annua percepita dal dipendente
In aggiunta alle vecchie condizioni (lettera g-bis del comma 2 dell’articolo 51 del Tuir)
Deliberazione piano:
dal 5 luglio 2006 al 24 giugno 2008
Assegnazione azione:
dal 3 ottobre 2006 al 24 giugno 2008
Differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e il prezzo pagato dal dipendente §periodo minimo per l’esercizio dell’opzione 3 anni
§all’atto dell’opzione la società deve essere quotata in mercati regolamentati
§possesso quinquennale da parte del dipendente di un numero di azioni di valore non inferiore alla differenza tra il valore delle azioni all’atto dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente
In aggiunta alle vecchie condizioni (lettera g-bis del comma 2 dell’articolo 51 del Tuir)
Deliberazione piano:
qualunque data
Assegnazione azioni:
dal 25 giugno 2008
Esenzione contributiva totale Nessuna

APPLICAZIONE ESTESA ALLE AZIONI GRATUITE
Di recente (nota n. 25602/2010) pure l’Inps è intervenuto nuovamente sul regime contributivo delle stock option che si applica a tutte le azioni assegnate a partire dal 25 giugno 2008 (data di entrata in vigore del dl n. 112/2008), indipendentemente dalla data di adozione dei piani azionari.
Con particolare riferimento alle tipologie di azionariato destinatarie del predetto regime esonerativo l’istituto a voluto chiarire, ad integrazione di quanto già affermato nelle precedenti circolari, che in assenza di una definizione legale di stock option il regime di esenzione possa trovare applicazione non soltanto ai piani che prevedono l’attribuzione di diritti di opzione ma anche quelli che, in un ottica di fidelizzazione dei dipendenti, prevedano, nel rispetto delle condizioni stabilite dai piani stessi, un’assegnazione di azioni anche a titolo gratuito. Ai fini dell’applicabilità di questo regime esonerativo è necessario che i piani di azionariato che prevedano l’assegnazione di azioni abbiano le seguenti caratteristiche:
§ il piano azionario non deve essere generalizzato; ciò vuol dire che il regime di esenzione contributiva non si applica ai piani rivolti alla generalità dei dipendenti ( le cosiddette stock granting, come sostenuto anche dall’Inail), ma soltanto a quelli riferiti a categorie di dipendenti o singoli dipendenti;
§ l’attuazione del piano deve essere subordinata al verificarsi delle condizioni in esso previste; anche i piani di azionariato che prevedono l’assegnazione di azioni, al pari di quelle che hanno per oggetto l’attribuzione di diritti di opzione, non solo devono costituire uno strumento di integrazione retributiva, ma devono anche avere l’obbiettivo di fidelizzare i lavoratori dipendenti. Da ciò consegue che il diritto all’assegnazione e/o alla piena disponibilità delle azioni deve essere soggetto al verificarsi di una o più condizioni. Rientrano tra queste ultime, ad esempio, la previsione di un periodo minimo decorso il quale i dipendenti maturano il diritto di ricevere le azioni (vesting period), la permanenza in servizio dei dipendenti alla scadenza del periodo di vesting, il raggiungimento di determinati risultati aziendali prefissati dal piano, la previsione di un termine minimo per la cessione delle azioni assegnate.
Il piano deve prevedere esclusivamente l’assegnazione di titoli azionari; il regime di esenzione contributiva, pertanto, non si applica ai piani di incentivazione che prevedono la corresponsione in denaro del valore delle azioni. Detti emolumenti concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente e, quindi, sono assoggettati a contribuzione previdenziale e assistenziale.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Il contratto di produttività

Il contratto di produttività

NOVITA’ IMPORTANTE: IL CONTRATTO DI PRODUTTIVITA’
Imposta sostitutiva al 10% e sconto contributivo sui premi

Il contratto di produttività, previsto dalla manovra estiva di quest’anno, incentiva il ricorso al salario di produttività aziendale con il riconoscimento di uno sconto fiscale ai lavoratori (imposta sostitutiva Irpef al 10%) e di uno sconto contributivo sia ai lavoratori (100%) che ai datori di lavoro (25%). Si applicherà per la prima volta nell’anno 2011. l’incentivo fiscale (che in pratica ripropone la detassazione) sarà riconosciuto fino a un massimo di 6 mila euro di salario e soltanto a favore dei lavoratori, con il reddito riferito al 2010 non superiore a 40 mila euro. Lo sgravio contributivo è vincolato alla quota del salario di produttività e, comunque, al 5% della retribuzione annua dei lavoratori. La novità è prevista nel maxiemendamento del governo alla legge di Stabilità, all’esame della commissione bilancio della Camera.

CONTRATTO DI PRODUTTIVITA’.
Introdotto dalla legge n. 122/2010 (la manovra estiva), il contratto di produttività riproduce, in un unico schema, i due incentivi della detassazione e delle decontribuzione già operativi negli anni passati.

Incentivi che si applicano alle quote di retribuzione previste da accordi o contratti collettivi territoriali oppure aziendali, correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa e collegate ai risultati riferiti all’andamento economico e agli utili dell’impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale.

DETASSAZIONE E DECONTRIBUZIONE.
Due gli incentivi previsti dal contratto di produttività: una detassazione e una decontribuzione. La prima agevolazione si applica con esclusivo riferimento ai lavoratori dipendenti e prevede che, sulle quote di retribuzioni previste dal contratto, al massimo fino a 6 mila euro lordi di retribuzione, si applica un’imposta sostitutiva dell’Irpef (incluse le addizionali regionali e comunali) in misura pari al 10%, con esclusivo riferimento ai lavoratori che risultino, nel 2010, titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore a 40 mila euro.
La seconda agevolazione interessa sia i lavoratori che i rispettivi datori di lavoro. Consiste in uno sgravio contributivo applicabile sempre sulle quote di salario relative al contratto di produttività. Per i lavoratori la riduzione contributiva è totale (100%), che significa un ulteriore aumento di netto paga attorno al 9-10%, quant’è cioè la ritenuta contributiva subita mensilmente in busta paga. I datori di lavoro, invece, ricavano uno sconto contributivo del 25%. In ogni caso, l’importo annuo massimo di salario assoggettabile allo sgravio contributivo è pari al 5% della retribuzione contrattuale che viene percepita dai lavoratori. richiamando le norme della legge n. 247/2007 (attuazione del protocollo sul welfare), il maxiemendamento vincola l’incentivo contributivo alle risorse stanziate che, per l’anno 2011, ammontano a 650 milioni di euro.

COME FUNZIONA L’INCENTIVO
Chi interessa I lavoratori dipendenti del settore privato
Quando opera Opera con riferimento alle somme erogate in virtù di accordi o contratti collettivi, territoriali o aziendali, e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegate ai risultati dell’andamento economico o agli utili dell’impresa o a ogni altro elemento rilevante per il miglioramento della competitività aziendale.
L’incentivo fiscale Vale a favore solo dei lavoratori. Prevede l’applicazione dell’imposta sostitutiva dell’Irpef (10%) fino a un massimo di 6 mila euro di retribuzione a favore dei lavoratori con reddito, nel 2010, non superiore a 40 mila euro.
L’incentivo contributivo Vale a favore sia dei lavoratori che dei datori di lavoro. Consiste di uno sgravio contributivo, totale (100%) per i lavoratori e parziale (25%) per i datori di lavoro, fino a un importo annuo massimo di salario pari al 5% della retribuzione annuale

DOTT.SSA MONICA MELANI

Sicurezza, risponde tutto il Cda

Sicurezza, risponde tutto il Cda

SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE
SICUREZZA, RISPONDE TUTTO IL CDA

Nei casi di gravi inadempienze sulla sicurezza, in particolare sull’esposizione alle polveri di amianto, ne risponde l’intero consiglio di amministrazione. E non soltanto. Tutte le associazioni di lavoratori, anche di fatto, possono chiedere i danni morali.
Sono questi i punti fermi raggiunti dalla Corte di cassazione (sentenza n. 38991 del 4 novembre 2010) sul tanto discusso tema dell’amianto e in particolare sulle responsabilità delle aziende.
Il caso è scoppiato negli anni 70, quasi dieci anni prima delle campagne di sensibilizzazione sulla pericolosità per la salute delle inalazioni delle polveri contenenti amianto. In quasi ottanta pagine di motivazioni i giudici della Cassazione hanno confermato le condanne dei consiglieri di amministrazione e del direttore dello stabilimento a prescindere dalla conoscenze dell’epoca. Ma non solo. In questa interessante sentenza hanno anche affermato con chiarezza, con prevedibili e pesanti ripercussioni sulle aziende in termini di risarcimento, che le associazioni di fatto dei lavoratori (in questo caso della Cgil) possono chiedere i danni morali. Sul punto in sentenza si legge che “gli enti di fatto sono legittimati a costituirsi parte civile in quanto la circostanza che predetti enti non abbiano personalità giuridica non è ostativa alla costituzione di parte civile, né un’ostatività può dedursi dal fatto di non essere stati operativi al momento dei fatti in questione”. Pertanto, se si tratti di enti di fatto che rappresentano gli interessi dei lavoratori, ogni condotta del datore di lavoro idonea a ledere la salute dei lavoratori, soprattutto nei casi in cui ciò si verifica in modo reiterato (es. pluralità di decessi) e in conseguenza di condotte riconducibili a sistematiche e radicate violazione delle norme di sicurezza e di igiene sul lavoro, si determina, in danno diretto all’Ente. Esso può essere sia economico, per le eventuali diminuzioni patrimoniali conseguenti alla riduzione delle adesioni dei lavoratori per il venir meno della fiducia nella capacità rappresentativa dell’istituzione; sia danno non patrimoniale per la lesione dell’interesse statutariamente perseguito di garantire la salute dei lavoratori nell’ambiente di lavoro, presidiato costituzionalmente dagli art. 2 e 32 Cost., qualsiasi”.
Sul punto delle responsabilità degli amministratori la Cassazione ha sancito che anche in presenza di delega la posizione di garanzia di tutti i vertici aziendali non viene meno.
Nel caso specifico, la violazione delle disposizioni sull’igiene del lavoro “erano talmente gravi” reiterate e strutturali, da richiedere decisioni di alto livello aziendale non delegabili e proprie di tutto il consiglio di amministrazione e che in ogni caso non sottraevano “i suoi componenti da obblighi di sorveglianza e di denuncia”.
E dunque, se questo vale per i singoli componenti del Cda, “a maggior ragione la posizione di garanzia rimane radicata in campo all’amministratore delegato o al componente del comitato esecutivo”.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Collegato lavoro “assistenza disabili”

Collegato lavoro “assistenza disabili”

INIZIAMO L’ESAME DELLE NOVITA’ PREVISTE DAL COLLEGATO LAVORO “ASSISTENZA DISABILI”
Il diritto ai permessi solo ai parenti entro il secondo grado

Il Collegato lavoro modifica la disciplina in materia di permessi lavorativi per i lavoratori che assistono soggetti portatori di handicap. Il Collegato prevede che il diritto, va riconosciuto ai dipendenti parenti o affini del disabile entro il secondo e non più il terzo grado. Il terzo grado di parentela resta valido, invece, nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbia compiuto i 65 anni di età o siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Il diritto ai permessi, infine, non può più essere riconosciuto a più di un dipendente per l’assistenza alla stessa persona. Salvo che si tratti di un figlio con handicap in situazione di gravità, nel qual caso spetta a entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. A stabilirlo, tra l’altro, il collegato lavoro attualmente alla registrazione presso la corte dei conti, prima della pubblicazione in gazzetta ufficiale.

I PERMESSI PER I LAVORATORI CHE ASSISTONO SOGGETTI PORTATORI DI HANDICAP.
Le novità riguardano la disciplina dettata dall’articolo 33 della legge n. 104/1992 sui permessi dal lavoro a favore di chi assista soggetti con handicap. Disciplina che prevede, in particolare, il diritto a favore della lavoratrice madre o, in alternativa, del lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità di fruire, in alternativa al prolungamento a 3 anni dell’astensione facoltativa, di 2 ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino e, successivamente (al terzo anno), a 3 giorni di permesso mensile coperti da contribuzione figurativa e retribuiti, anche in maniera continuativa.
Il diritto a 3 giorni mensili spetta, inoltre, ai soggetti che assistano una persona con handicap in situazione di gravità, parente o affine entro il terzo grado, convivente. Lo stesso articolo, inoltre, stabilisce che il genitore o familiare lavoratore che assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado handicappato hanno diritto a scegliere, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e che gli stessi lavoratori non possono essere trasferiti senza il proprio personale consenso presso un’altra sede.

LE NOVITA’ PREVISTE DAL COLLEGATO LAVORO:
1. il diritto alla fruizione dei permessi viene riconosciuto al lavoratore dipendente nel caso in cui sia parente o affine entro il secondo grado, e non più entro il terzo grado. Il riconoscimento, invece, resta a favore di parenti o affini entro il terzo grado nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 65 anni di età o siano anche essi affetti da patologie invalidanti, o siano deceduti o mancati.
2. viene soppresso il riferimento alla convivenza come condizione per la fruizione dei permessi;
3. il diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona. Se l’assistenza riguarda lo stesso figlio, allora il diritto è riconosciuto a entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Relativamente al diritto alla scelta della sede di lavoro, il collegato sopprime il riferimento alla continuità dell’assistenza e il diritto alla scelta di una diversa sede di lavoro viene vincolata al domicilio della persona da assistere e non più a quello del lavoratore.

4. Per quanto riguarda il diritto ai permessi mensili dopo il terzo anno di vita del bambino, il collegato introduce le seguenti modifiche: dispone che la fruizione dei richiamati permessi sia riconosciuto a entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente e in maniera continuativa nell’ambito del mese; che il diritto non è più riconosciuto fino al compimento del diciottesimo anno da parte del figlio con handicap.

LE COMUNICAZIONI.
Il Collegato introduce alcuni obblighi a carico delle pubbliche amministrazioni:
1. il nuovo obbligo di comunicare, a carico delle pubbliche amministrazioni nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del dipartimento della funzione pubblica, alcuni dati relativi ai dipendenti cui sono concordati permessi mensili retribuiti, compresi i nominativi dei lavoratori padri e delle lavoratrici madri, specificando altresì se tali permessi siano fruiti dal lavoratore con handicap in situazione di gravità, dal lavoratore o dalla lavoratrice per assistenza al proprio figlio, per assistenza al coniuge o a parenti o affini;
2. in relazione ai permessi fruiti per la persona portatrice di handicap, il nominativo di quest’ultima, l’eventuale rapporto di dipendenza da un’amministrazione pubblica, e la denominazione della stessa, il comune di residenza dell’assistito;
3. il rapporto di coniugio, il rapporto di maternità o paternità o il grado di parentela o affinità intercorrente tra ciascun dipendente titolare dei permessi e la persona assistita;
4. per i permessi fruiti dai genitori, la specificazione dell’età maggiore o minore di 3 anni del figlio; il contingente complessivo di giorni ed ore di permesso fruiti da ciascun lavoratore nel corso dell’anno precedente e per ciascun mese.

La funzione pubblica, con tali informazioni, dovrà provvedere alla costituzione di una specifica banca dati.

LE NOVITA’ IN SINTESI
La parentela/1 Il diritto ai permessi spetta al dipendente, parente o affine entro il secondo grado (non più entro al terzo grado) del soggetto disabile che necessita di assistenza
La parentela/2 Il diritto ai permessi spetta al dipendente, parente o affine entro il terzo grado qualora si tratti di genitori o del coniuge del disabile che abbiano compiuto i 65 anni o siano affetti da altrettanta patologia invalidante o siano deceduti o mancanti.
La convivenza Soppressa la condizione di convivenza ai fini del diritto ai permessi
La sede di lavoro La scelta della sede di lavoro da parte del lavoratore che assiste un disabile è vincolata al domicilio della persona da assistere e non più a quello del lavoratore

DOTT.SSA MONICA MELANI

Speciale detassazione

Speciale detassazione

SPECIALE DETASSAZIONE

Il beneficio spetta per tutte le prestazioni finalizzate alla produttività

Tutto ciò che i dipendenti incassano per rafforzare la competitività e produttività dell’azienda è fiscalmente agevolabile. Su queste quote di retribuzione, cioè, si paga il 10% a titolo d’imposta, sostitutiva dell’Irpef ordinaria (come minimo, quindi, al 23%). Tutto agevolabile, inclusi straordinari e lavoro notturno. A precisarlo sono agenzia delle entrate e ministero del lavoro nella circolare congiunta n. 47/2010, chiarendo il campo applicativo dell’incentivo cosiddetto della “detassazione” che, nato nel 2008 per straordinari e premi di produttività, è stato prorogato per gli anni 2009 e 2010 limitatamente alle retribuzioni erogate per la produttività.

SOGGETTI INTERESSATI:
Beneficiari dell’agevolazione sono soltanto i lavoratori del settore privato e, di questi, solamente quelli che sono i titolari di un rapporto di lavoro subordinato.
Ciò in quanto sono gli unici soggetti a essere “titolari di reddito di lavoro dipendente”, che è il tipo di reddito che misura il limite (adesso 35 mila euro) per l’accesso all’agevolazione.
Restano fuori, dunque, gli altri lavoratori, tipo co.co.co. e lavoratori a progetto, perché sono titolari di reddito “assimilato” a quello di lavoro dipendente. Sono esclusi dall’agevolazione, inoltre, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni (dlgs n. 165/2001).

LIMITI DI REDDITO.
L’agevolazione fiscale è riservata ai lavoratori subordinati (lavoratori dipendenti) alla fondamentale condizione che abbiano percepito nell’anno precedente redditi di lavoro dipendente non superiore un certo ammontare.
Questi limiti: euro 30 mila lordi nel 2007 per l’agevolazione nell’anno 2008; euro 35 mila lordi (incluse le somme assoggettate nel 2008 a imposta sostitutiva) nel 2008 e 2009 rispettivamente per l’agevolazione negli anni 2009 e 2010.
Per la verifica di tale soglia reddituale si deve considerare il solo reddito di lavoro dipendente assoggettato a tassazione ordinaria. Pertanto, dal tale operazione, restano esclusi eventuali redditi di lavoro dipendente che, pur se percepiti nell’anno di verifica (2007, 2008 e 2009), siano assoggettati a tassazione separata (tfr, arretrati ecc). Il limite inoltre va inteso come ammontare complessivo riferito a “tutti” i redditi di lavoro dipendente percepiti nell’anno di verifica, anche in relazione a più rapporti di lavoro.
La verifica comprende inoltre i redditi derivanti da pensioni e da assegni a esse equiparate. E va effettuata, infine, con riferimento all’anno di verifica (2007, 2008 e 2009), a nulla rilevando l’eventuale circostanza che, nell’anno d’applicazione dell’incentivo (rispettivamente 2008, 2009 o 2010), il reddito di lavoro dipendente superi i limiti (30 o 35 mila euro).

IMPORTI AGEVOLATI E I LIMITI ALL’INCENTIVO.
La detassazione è applicabile alle seguenti somme erogate a livello aziendale:
a) Per prestazioni di lavoro straordinario effettuate dal 1° luglio al 31 dicembre 2008;
b) Per le prestazioni di lavoro supplementare o per prestazioni rese in funzione di clausole elastiche effettuate nel periodo agevolato (1° luglio – 31 dicembre 2008) e con esclusivo riferimento a contratti di lavoro a tempo parziale stipulati prima del 29 maggio 2008 (data di entrata in vigore del dl n. 93/2008);
c) In relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficacia organizzativa nonché ad altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa erogate nel periodo tra il 1° luglio 2008 al 31 dicembre 2010.
La normativa succedutasi nel tempo, in particolare, ha previsto tutte le (tre) ipotesi agevolabili per il periodo relativo al secondo semestre 2008, mentre per gli anni 2009 e 2010 ha limitato l’incentivo all’ipotesi c), ossia alle somme erogate in relazione a incrementi di produttività. L’agevolazione, inoltre, spetta per un importo massimo di 3 mila euro all’anno 2008 e di 6 mila euro negli anni 2009 e 2010.

LE RETRIBUZIONI DETASSABILI
Tipologia di retribuzioni Condizioni
Straordinario “puro” Le prestazioni agevolabili sono esclusivamente quelle effettuate nel periodo agevolato, ossia dal 1° luglio al 31 dicembre 2008, per tali intendendosi le prestazioni di lavoro rese oltre l’orario normale di lavoro
Straordinario correlato alla produttività Negli anni 2009 e 2010, in via di principio, non sono agevolabili le prestazioni di straordinario “puro”. Mentre sono agevolabili le prestazioni di straordinario correlate a parametri di produttività.
Per prestazioni di lavoro supplementare in part – time Sono agevolabili le prestazioni effettuate nel periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2008 da parte di lavoratori titolari di contratti di lavoro a tempo parziale stipulati prima del 29 maggio 2008. negli anni 2009 e 2010, le prestazioni sono agevolabili se e in quanto correlate a parametri di produttività.
Per prestazioni rese in funzione di clausole elastiche nel part – time Sono agevolabili le prestazioni effettuate nel periodo del 1° luglio al 31dicembre 2008 da parte di lavoratori titolari di contratti di lavoro a tempo parziale stipulati prima del 29 maggio 2008. Negli anni 2009 e 2010, le prestazioni sono agevolabili se e in quanto correlate a parametri di produttività
Per incrementi di prodttività Le somme devono essere legate alla redditività e all’andamento economico dell’impresa

CONDIZIONI DA RISPETTARE, AFFINCHE’ LO STRAORDINARIO SIA AGEVOLABILE
La proroga parziale dell’incentivo per gli anni 2009 e 2010, con esclusione cioè degli “straordinari”, ha ingenerato dubbi sull’applicabilità dell’incentivo sugli straordinari, non più previsti “ex lege”. A ciò hanno fatto seguito i chiarimenti dell’agenzia delle entrate e del ministero del lavoro, prima con risoluzione n. 83/2010 e poi con circolare n. 47/2010.
In particolare, con la risoluzione 83/2010, l’Agenzia delle entrate ha precisato, tra l’altro, che il regime agevolato consistente nell’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10% deve ritenersi applicabile anche con riferimento alle erogazioni relative alle prestazioni di lavoro straordinario a condizione che queste siano riconducibili ad incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa. Nella circolare n. 47/2010, poi, la stessa agenzia delle entrate ha precisato che quanto affermato che la risoluzione non intendeva “ricondurre nell’ambito dell’agevolazione il lavoro straordinario in quanto tale”, ma intendeva chiarire che risulta agevolabile il lavoro straordinario se è in quanto correlato a parametri di produttività.
In sostanza, mentre per l’anno 2008 le prestazioni lavorative rese oltre l’ordinario orario di lavoro (cioè lo straordinario puro) sono state agevolabili senza ulteriori condizioni, per gli anni 2009 e 2010 è previsto che la detassazione degli straordinari possa avvenire soltanto laddove sia possibile ricondurre tali prestazioni (straordinari) tra i premi di produttività. Attualmente, quindi, lo straordinario agevolabile è soltanto quello per il quale sussista un vincolo di correlazione con i parametri di produttività. Il vincolo può sussistere sia nell’ipotesi di straordinario cosiddetto “forfetizzato”, reso dai dipendenti che non sono vincolati dall’orario di lavoro, sia per le altre tipologie di prestazione straordinaria di lavoro. Analogo criterio vale anche per ricondurre nel beneficio fiscale le prestazioni di lavoro supplementare o rese sulla base di clausole elastiche.
In merito alla “prova” della correlazione tra straordinario e parametri di produttività, l’agenzia ha spiegato che essa deve essere documentata dall’impresa, a esempio attraverso la comunicazione scritta al lavoratore della motivazione della somma corrisposta. È necessario, quindi, che anche il nesso tra il lavoro straordinario (o supplementare o reso in funzione di clausola elastica) e gli incrementi di produttività, trovi riscontro in una documentazione proveniente dall’impresa che può consistere in una dichiarazione con la quale l’impresa stessa attesti che la prestazione lavorativa abbia determinato un risultato utile per il conseguimento di elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico della impresa.

IN PARTICOLARE, SOTTOLINEIAMO, CHE IL NS. STUDIO PER TENERE CONTO DELLA DETASSAZIONE NELL’ELABORAZIONE DEI CEDOLINI PAGA, CHIEDERA’ A CIASCUNA AZIENDA, LA SUDDETTA DICHIARAZIONE.
ATTENDIAMO LE DICHIARAZIONI ENTRO E NON OLTRE IL 15 NOVEMBRE P.V. PER POTER EFFETTUARE DEI CORRETTI CONGUAGLI DI FINE ANNO!!!

IL RECUPERO DELL’ARRETRATO NEL CUD 2011

IL RECUPERO DEL BONUS.
Nella risoluzione n. 83/2010, l’agenzia delle entrate spiegava che, con riferimento alle retribuzioni degli anni passati sulle quali non fosse stata pienamente applicata la detassazione, i lavoratori avrebbero potuto ricorrere a una dichiarazione dei redditi integrativa o a un’istanza di rimborso per recuperare il bonus fiscale. A tal fine, obbligava i datori di lavoro a fornire apposita dichiarazione ai lavoratori circa gli importi erogati a titolo di incremento di produttività su cui non risultava applicata la detassazione. Con la circolare n. 48/2010, però, l’Agenzia delle entrate ha formulato una nuova via per il recupero del bonus, una via più semplice per imprese e lavoratori.
In considerazione delle difficoltà prospettate dalle associazioni dei datori di lavoro (questi ultimi sono tenuti a consegnare ai lavoratori la certificazione comprovante le somme erogate e soggette a detassazione), dai sindacati e Caf, l’agenzia delle entrate ha adottato una procedura che consente di richiedere, unitariamente per gli anni 2008 e 2009, il rimborso del bonus (differenza tra Irpef già pagata e 10% dovuto) in occasione della dichiarazione dei redditi del prossimo anno (nel corso cioè del 2011).

In sostanza, i datori di lavoro indicheranno nel Cud/2011 (quello da consegnare ai propri dipendenti entro il mese di febbraio 2011) le somme erogate sia nel 2008 che nel 2009 soggette a detassazione e i lavoratori potranno in tal modo recuperare l’incentivo presentando la dichiarazione dei redditi (730 o unico).

COME RECUPERARE L’INCENTIVO
Somme percepite nell’anno 2008
Il lavoratore ha presentato la dichiarazione dei redditi (il 730 o Unico) nel 2009 Il lavoratore poteva presentare una dichiarazione integrativa con modello “Unico” entro il 30 settembre 2010 per far così valere il maggior credito (lo sconto Irpef). Adesso resta il termine del 29 dicembre entro il quale può ancora presentare la dichiarazione dei redditi pagando la sanzione per “tardiva presentazione”. Il prossimo anno, sul modello Cud/2011, il lavoratore troverà specificati gli importi di retribuzioni agevolabili negli anni 2008 e 2009 ma non assoggettati ad incentivo. Il lavoratore, pertanto, potrà presentare la dichiarazione dei redditi (730 o Unico) per far così valere il credito Irpef. In alternativa, il lavoratore può presentare un’istanza di rimborso all’ufficio periferico dell’agenzia delle entrate
Il lavoratore non ha presentato la dichiarazione dei redditi (il 730 o Unico) nel 2009 Il prossimo anno, sul modello Cud/2011, il lavoratore troverà specificati gli importi di retribuzione agevolabili negli anni 2008 e 2009 ma non assoggettati ad incentivo. Il lavoratore, pertanto, potrà presentare la dichiarazione dei redditi (730 o Unico) per far così valere il credito Irpef. In alternativa, il lavoratore può presentare un’istanza di rimborso all’ufficio periferico dell’agenzia delle entrate
Somme percepite nell’anno 2009
Il lavoratore ha presentato la dichiarazione dei redditi (il 730 o Unico) nel 2009 Il lavoratore poteva presentare una dichiarazione correttiva nei termini con modello “Unico” entro il 30 settembre a far valere il maggior credito (sconto Irpef). Il prossimo anno, sul modello Cud/2011, il lavoratore troverà specificati gli importi di retribuzioni agevolabili negli anni 2008 e 2009 ma non assoggettati ad incentivo. Il lavoratore, pertanto, potrà presentare la dichiarazione dei redditi (730 o Unico) per far così valere i credito Irpef. Il lavoratore potrà presentare una dichiarazione integrativa con modello “Unico” entro il 30 settembre 2011 e far così valere il maggior credito (sconto Irpef). In alternativa, il lavoratore può presentare un’istanza di rimborso all’ufficio periferico dell’agenzia delle entrate.
Dichiarazione dei redditi non presentata nel 2010 Il lavoratore poteva presentare la dichiarazione dei redditi con modello “Unico” entro il 30 settembre e far valere il maggior credito (sconto Irpef). Adesso resta il termine del 29 dicembre entro il quale può ancora presentare la dichiarazione dei redditi pagando la sanzione per “tardiva presentazione”. Il prossimo anno, sul modello Cud/2011, il lavoratore troverà specificati gli importi di retribuzioni agevolabili negli anni 2008 e 2009 ma non assoggettati ad incentivo. Il lavoratore, pertanto, potrà presentare la dichiarazione dei redditi (730 o Unico) per far così valere il credito Irpef. In alternativa, il lavoratore può presentare un’istanza di rimborso all’ufficio periferico dell’agenzia delle entrate.

LAVORO A TURNI
Una disparità di trattamento colpisce chi lavora a turni. Ai turnisti di notte, infatti, la detassazione si applica sull’intera paga, sia sulla quota di retribuzione ordinaria che su quelle di maggiorazione; a quelli diurni invece si applica solo sulle maggiorazioni (sulla retribuzione ordinaria, dunque, si paga l’Irpef piena).
Secondo l’Agenzia delle entrate (risoluzione n. 83/2010), rientrano nel regime di tassazione agevolata anche le indennità o maggiorazioni di turno o comunque le maggiorazioni retributive corrisposte per lavoro normalmente prestato in base a un orario su turni, stante il fatto che “l’organizzazione del lavoro a turni costituisce di per sé una forma di efficienza organizzativa”. Infatti, nell’individuare l’ambito applicativo dell’agevolazione, l’Agenzia delle entrate fa riferimento alle somme erogate per prestazioni di lavoro notturno, riprendendo la medesima locuzione utilizzata per le somme erogate a fronte delle prestazioni di lavoro straordinario per le quali viene specificato che sono soggette all’imposta sostitutiva le “…somme complessivamente erogate a questo titolo (per esempio l’intera ora di lavoro straordinario comprensivo di retribuzione ordinaria e maggiorazione)”. Di conseguenza, il lavoratore turnista può usufruire dello speciale regime di detassazione in relazione alle sole indennità o maggiorazioni di turno qualora il turno di lavoro ricada durante l’orario diurno.
Viceversa, lo stesso lavoratore usufruirà dello speciale regime di detassazione in relazione all’intero compenso percepito (ossia compenso ordinario più maggiorazione) qualora presti lavoro notturno. Infine, l’agenzia ha precisato che lo stesso speciale regime di detassazione (riferito sia a compensi ordinari che a maggiorazioni) si deve applicare, per coerenza logico-sistematica, anche a quei lavoratori non turnisti che prestano il loro lavoro giornaliero normale nel periodo notturno e a coloro che, occasionalmente, si trovino a rendere prestazioni che rientrino nella nozione di lavoro notturno.
Questa soluzione appare discriminatoria. La ratio del bonus, infatti, è quella di incentivare la produttività. Allora, se la turnazione “costituisce di per sé una forma di efficienza organizzativa” che consente di applicare l’incentivo, risulta successivamente discriminatorio tratt