ELABORAZIONE DELLE PAGHE CON HR PORTAL

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CONSULENZA DEL LAVORO E SINDACALE

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È ARRIVATO IL PORTALE CENTURION!

Autore: syrus

Formazione e lavoro oltre la CIG

Formazione e lavoro oltre la CIG

FORMAZIONE E LAVORO OLTRE LA CIG

Formazione e lavoro per evitare licenziamenti. Le aziende in crisi potranno continuare ad utilizzare i dipendenti in cassa integrazione inserendoli in corsi di formazione o riqualificazione che prevedono anche attività di lavoro. In cambio, dovranno erogare a titolo retributivo la differenza tra il sostegno al reddito già percepito dai lavoratori (la cig normalmente) e la paga ordinaria. Si chiama “premio di occupazione” la misura approvata dal consiglio dei ministri nel pacchetto anticrisi, allo scopo di incentivare la conservazione e la valorizzazione del capitale umano. Sarà operativa per gli anni 2009 e 2010 e servirà un accordo sindacale per l’accesso. Per gli stessi anni, inoltre, il governo ha introdotto un bonus a favore dei lavoratori cassintegrati che vogliano intraprendere attività di lavoro autonomo anche in forma di cooperativa ed ha aumentato (+ 20%) la cig nei contratti di solidarietà.
PREMIO DI OCCUPAZIONE.
La misura, sperimentale per un biennio, consentirà dunque alle imprese di mantenere la forza lavoro in esubero, avviando per essa progetti di formazione o di riqualificazione. Progetti che potranno includere anche attività produttiva connessa all’apprendimento. La disciplina è ancora in divenire: uno specifico decreto interministeriale (lavoro ed economia), infatti, dovrà provvedere alla definizione entro 30 giorni dall’entrata in vigore del dl anticrisi, individuando i procedimenti dell’accordo sindacale attuativo, e le procedure di comunicazioni all’Inps. La nuova misura si rivolge ai lavoratori già destinatari di “trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro”, quindi cassa integrazione.
Ai fini dell’attivazione occorrerà la stipulazione di uno specifico accordo in sede ministeriale (lavoro) da parte delle stesse parti sociali interessate alla stipula dell’accordo relativo agli ammortizzatori. Per l’azienda, dunque, il beneficio appare doppio: primo la possibilità di evitare licenziamenti (evitando così anche il rischio di perdere la manodopera già formata e, quindi, i costi connessi all’ingaggio di nuova manodopera); secondo la possibilità di continuare a utilizzare la manodopera in azienda, seppure in misura ridotta (parte del tempo, infatti, andrà necessariamente riservata alla formazione), in cambio dell’erogazione, a titolo retributivo, di una parte sola della retribuzione, pari alla differenza tra l’ordinaria paga spettante ai lavoratori e il trattamento di sostegno al reddito a loro riservato.

BONUS AVVIO ATTIVITA’/1
Con il dl n. 5/2009 è stato introdotto un incentivo (operativo per gli anni 2009 e 2010) a favore dei datori di lavoro che assumono, senza esservi tenuti, lavoratori destinanti alla cig in deroga, sospesi o licenziati. L’incentivo è di tipo economico ed è pari all’indennità spettante al lavoratore, esclusa la contribuzione figurativa, a titolo di ammortizzatore sociale per il numero di mensilità non ancora incassate. Il pacchetto anticrisi modifica il dl n. 5/2009 per prevedere che adesso l’incentivo possa essere erogato allo stesso lavoratore destinatario, qualora ne faccia richiesta per intraprendere una nuova attività autonoma, una micro impresa o per associarsi in cooperativa (il bonus è cumulabile con l’incentivo decrel credito alla cooperativa di cui alla legge n. 49/1985). In pratica, l’incentivo sta nella possibilità (per il lavoratore) di non perdere il diritto al trattamento di cui stia fruendo. Se destinatario di cig in deroga, per ottenere il bonus il lavoratore dovrà prima dimettersi dall’impresa di appartenenza.

BONUS AVVIO ATTIVITA’/2
Simile al precedente è il bonus introdotto dal dl anticrisi, sempre in via sperimentale per il biennio 2009/2010, a favore dei lavoratori percettori di cig per crisi aziendale a seguito di cessazione totale o parziale dell’impresa, di procedura concorsuale o nei casi in cui il lavoratore sia comunque dichiarato esubero strumentale. Su richiesta per intraprendere attività autonoma, avviare una auto o micro impresa o per associarsi in cooperativa, il lavoratore potrà ottenere la liquidazione della cig per un numero di mensilità pari a quelle deliberate e non ancora percepite.

MISURE PER L’OCCUPAZIONE
Premio
di occupazione
Le aziende in crisi potranno continuare a utilizzare i dipendenti in cig inserendoli in corsi di formazione o riqualificazione, anche con attività di lavoro
Bonus avvio attività/1 I lavoratori interessati da cig in deroga potranno conservare l’indennità per intraprendere attività di lavoro autonomo o cooperativo
Bonus avvio attività/2 I lavoratori interessati da cig per crisi aziendale potranno conservare l’indennità per intraprendere attività di lavoro autonomo o cooperativo
Solidarietà difensiva Aumentata del 20% la cig riservata ai lavoratori interessati da riduzione di orario lavoro in base a contratti di solidarietà

DOTT.SSA MONICA MELANI

Amministratore di sistema, outsourcing a due via

Amministratore di sistema, outsourcing a due via

AMMINISTRATORI DI SISTEMA, OUTSOURCING A DUE VIE

Contratti ad hoc o nomina di responsabili esterni per avere in outsourcing il servizio di amministrazione del sistema. E controllo sui singoli tecnici affidato ai gestori esterni.
Sono le novità previste dal provvedimento del garante del 25 giugno 2009, che ha modificato il provvedimento del 27 novembre 2008 recante prescrizioni ai titolari dei trattamenti effettuati con strumenti elettronici relativamente alle attribuzioni di amministratore di sistema e che ha prorogato i termini per il loro adempimento al 15 dicembre 2009.
La proroga (il termine originario era il 30 giugno 2009) è stata ritenuta necessaria per dare tempo di adeguarsi alle modifiche introdotte.
Modifiche che toccano soprattutto il caso in cui il servizio di amministratore di sistema è affidato in outsourcing a un operatore esterno, magari di grandi dimensioni, che si avvale di numerosi addetti con funzione di amministratore di sistema.
Il provvedimento del garante indicava una sola forma di nomina dell’amministratore di sistema e cioè la nomina individuale di una persona fisica. La nomina, persona per persona, se è semplice in una piccola organizzazione, diventa oggettivamente complicata quando ci si rivolge a una società esterna che ha un numero alto di dipendenti.
Secondo il provvedimento nella versione originaria bisognava lo stesso osservare la regola della nomina individuale, anche se non vi era nessuna garanzia di scelta effettiva da parte del titolare del trattamento, pur responsabile dell’operato dell’amministratore di sistema e tenuto al controllo della attività di quest’ultimo.
Nel testo modificato del provvedimento è stato inserito, il n. 3-bis, con il quale il garante dispone che l’eventuale attribuzione al responsabile del compito di dare attuazione alle prescrizioni di conservazione dei nominativi delle persone fisiche amministratori di sistema e di monitoraggio sulle stesse avvenga nell’ambito della designazione del responsabile da parte del titolare del trattamento, ai sensi dell’articolo 29 del Codice della privacy, o anche tramite opportune clausole contrattuali.
In sostanza il titolare del trattamento (impresa, ente pubblico, professionista) nominano amministratore di sistema un soggetto esterno (ad esempio la società di grosse dimensioni) e vi sono due possibilità: o il soggetto esterno è nominato responsabile del trattamento oppure si stipulano con lo stesso “opportune clausole contrattuali”.
Se il soggetto esterno è nominato responsabile del trattamento, allora, in questa veste terrà l’elenco delle persone fisiche che svolgono in concreto le attività di amministratore di sistema e ne controllerà l’operato; se il soggetto non è nominato responsabile del trattamento, comunque, occorrono clausole e impegni contrattuali, che obblighino il soggetto esterno a tenere l’elenco delle persone fisiche, che svolgono in concreto le attività di amministratore di sistema, e a effettuare vigilanza e monitoraggio sulle stesse.
Insomma, se si nomina una società esterna responsabile del trattamento o se si stipula un contratto di amministrazione di sistema, i compiti (conservazione elenchi e controlli periodici) sono assegnati al soggetto esterno. Occorre, però, appunto fare una nomina di responsabile del trattamento ad hoc o stipulare clausole contrattuali apposite. Questi adempimenti iniziali permangono sempre (peraltro sono compiti ragionevoli perché in sostanza si fa “entrare qualcuno in casa propria” e occorre prendere tutte le cautele del caso).

Con un altro intervento si elimina l’obbligo di inserire nel documento programmatico sulla sicurezza gli estremi identificativi delle persone fisiche amministratori di sistema, con l’elenco delle funzioni ad essi attribuite: è sufficiente che tali informazioni siano riportate in un documento interno da mantenere aggiornato e disponibile in caso di accertamenti da parte del Garante.
Inoltre si consente di rendere nota o conoscibile ai propri dipendenti l’identità degli amministratori di sistema tramite “procedure formalizzate a istanza del lavoratore”. Questo significa che sarà il lavoratore a chiedere l’informativa e il datore di lavoro sarà tenuto a fornirla. In sostanza si trasforma l’informativa da tradizionale “atto” ad “attività” obbligatoria per il titolare del trattamento.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Entrata facile nei Fondi TFR

Entrata facile nei Fondi TFR

TFR NEI FONDI, ENTRATA FACILE
(COVIP NOTA DEL 30/05/2009)

È stata introdotta una procedura facile per la destinazione del tfr pregresso alla previdenza integrativa. Per il versamento, infatti, non occorrono modifiche allo statuto del fondo pensione, né è indispensabile una previsione della contrattazione collettiva: è sufficiente anche un accordo tra lavoratore e datore di lavoro .

I chiarimenti effettuati dalla Covip, riguardano la possibilità di destinare alla previdenza complementare lo stock di tfr accumulato dai lavoratori presso il datore di lavoro.
Stock, in altre parole, esistente al 31/12/2006, cioè precedentemente all’entrata in vigore del DLgs n. 252/2005, che è avvenuta il 1° Gennaio 2007 ed ha completamente riformato la norma in materia di previdenza integrativa. Tale possibilità è stata introdotta dalla Finanziaria 2008 (la legge n. 244/2007) dopo che, in via amministrativa, aveva già formato oggetto di chiarimento positivo da parte dell’Agenzia delle entrate (circolare n. 70/2007). Un fondo pensione ha chiesto allora dei chiarimenti sulla procedura operativa per tale forma di finanziamento della previdenza complementare.

La prima questione sollevata è quella dell’ammissibilità del conferimento al fondo del tfr pregresso nell’ipotesi in cui tale facoltà non sia espressamente contemplata dallo statuto. In merito, le clausole statutarie in tema di contribuzione secondo lo schema della Covip fanno riferimento a quelle che sono le fonti standard di finanziamento di un fondo pensione, valide cioè per la generalità degli iscritti, il cui versamento è effettuato, normalmente, con scadenze periodiche per tutta la fase di accumulazione. Quanto al tfr è, quindi, menzionato soltanto il tfr maturato e non anche quello pregresso. Tale ultima fonte di contribuzione, spiega la Covip, non è espressamente menzionata in quanto trattasi di una fonte eccezionale che non riguarda tutta la platea degli iscritti, ma solo quegli iscritti per i quali trovano applicazione appositi accordi con i datori di lavoro; la stessa si sostanzia, insomma, in un versamento una tantum.

Pertanto la Covip non ritiene opportuno che il fondo intervenga a modificare il proprio statuto per introdurre previsioni esplicite in tal senso. Indicazioni in materia potranno essere riportate nella nota informativa, dando conto della possibilità per il fondo di ricevere anche il tfr pregresso ove previsto nei contratti collettivi o negli accordi collettivi o individuali di lavoro.

In secondo luogo è stato chiesto se sia necessario modificare la contrattazione collettiva nazionale o integrativa aziendale. Tale intervento, precisa la Covip, non appare indispensabile considerato che il tfr pregresso può essere devoluto a previdenza complementare anche sulla base di un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro.

Infine, spiega la Covip, la predisposizione di un apposito modulo diverrebbe utile sia per la formalizzazione dell’accordo sulla devoluzione del tfr pregresso a previdenza complementare e sia per la trasmissione al fondo delle informazioni indispensabili per la gestione delle relative somme ai fini fiscali.

Nel modulo inoltre è opportuno che venga inserita una sintetica indicazione del trattamento fiscale applicabile alle relative somme, idonea ad informare l’iscritto, facendo poi rinvio al documento sul regime fiscale per la disciplina di dettaglio.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Rls, comunicazione una-tantum

Rls, comunicazione una-tantum

RLS, COMUNICAZIONI UNA TANTUM

Via libera alla comunicazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Con circolare n. 43, ieri l’Inail ha fornito le istruzioni operative per adempiere all’obbligo in base alle modifiche introdotte dal correttivo al T.u. sicurezza (DLgs n. 106/2009 di modifica del DLgs n. 81/2008). Tra le novità, la comunicazione diventa una tantum fino a modifiche (non ha più cadenza annuale), e non è più dovuta dalle aziende in cui non sia presente un Rls. Resta in stand-by, invece la comunicazione dei rappresentanti territoriali (Rlst) su cui l’Inail fa riserva di successive istruzioni.

La comunicazione. L’obbligo è stato introdotto dal T.u. sicurezza con cadenza annuale il cui termine era fissato al 16 Agosto scorso. Tuttavia poiché il correttivo ha modificato in più parti l’adempimento, la scadenza è stata sospesa rinviando la decorrenza dell’obbligo alle nuove (e ora pronte) istruzioni dell’Inail. L’adempimento è disciplinato dall’articolo 18 del T.u. La norma stabilisce che il datore di lavoro e i dirigenti che organizzano e dirigono attività secondo attribuzioni e competenze loro conferite, sono tenuti a comunicare all’Inail (all’Ipsema per il settore marittimo) i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

Soggetti obbligati. Rientrano nell’obbligo della comunicazione tutti i datori di lavoro (ovvero i dirigenti, se delegati) di qualsiasi settore privato o pubblico. Sono escluse le amministrazioni, gli istituti e le organizzazioni individuate dall’articolo 3, commi 2 e 3-bis (forze armate, vigili del fuoco, cooperative sociali ecc.) del T.u.

Chi, quando e come. In via di principio, l’adempimento è dovuto in occasione di nomina di uno o più Rls. Al riguardo, l’Inail evidenzia che tale elezione non costituisce un obbligo per il datore di lavoro ma una facoltà dei lavoratori, ai quali e solo ai quali spetta dunque di esercitarla. In sede di prima applicazione, l’adempimento riguarda i nominativi dei Rls già eletti o designati. L’Inail spiega che nessun obbligo ricade sulle aziende che non hanno Rls eletti; in tal caso, l’obbligo scatterà alla prima nomina o designazione. Per le aziende o unità produttive in cui già sia presente un Rls, invece, l’adempimento va osservato se non già adempiuto in base alla vecchia procedura, per essere ripetuto in occasione di modifiche (per chi ha già fatto la denuncia, le modifiche rilevano dal 1° Gennaio 2009, poiché il vecchio adempimento riguardava la situazione in essere al 31 Dicembre 2008).
La denuncia va fatta on-line sul sito dell’Inail (www.inail.it), al quale occorre essere registrati. Eccezionalmente, è consentito inviare la denuncia anche via fax al numero 800657657

LA COMUNICAZIONE
L’ADEMPIMENTO Comunicazione all’Inail dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Resta ancora in stand-by la comunicazione dei rappresentanti territoriali (Rlst)
LA NOVITA’ Il T.u. aveva dato cadenza annuale all’adempimento. Il correttivo ha previsto invece che la comunicazione va effettuata solo in caso di nuova elezione o designazione.
PRIMO APPUNTAMENTO In caso di prima applicazione del correttivo (dlgs n. 106/2009), l’obbligo di comunicazione riguarda i nominativi dei Rls già eletti o designati
ISTRUZIONI OPERATIVE Aziende o unità produttive in cui SIA presente uno o più Rls:
· Se la comunicazione è già stata fatta (la vecchia scadenza era fissata al 16 agosto, poi sospesa, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2008), non è necessario fare nuovamente la comunicazione salvo che, dal 1° gennaio 2009, non siano intervenute variazioni;
· Se la comunicazione non è stata fatta è necessario farla secondo le nuove modalità.
Aziende o unità produttive in cui NON SIA presente uno o più Rls:
· La comunicazione non è dovuta: l’obbligo scatterà in occasione della prima elezione o designazione del Rls.
SANZIONE La mancata comunicazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50 a 300.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Co.co.co. all’estero, norme.

Co.co.co. all’estero, norme.

CO.CO.CO. ALL’ESTERO, NORME AD HOC

Anche l’iscritto alla gestione separata Inps, se presta attività di lavoro autonomo o dipendente in un altro stato Ue, è tenuto a osservare la regolamentazione comunitaria sulla sicurezza sociale. Ai fini dell’individuazione del regime applicabile, il parasubordinato va ricondotto alla figura del lavoratore “dipendente” o “autonomo” in funzione delle disposizioni di carattere previdenziale e non in base alla nozione giuslavoristica del rapporto di lavoro. A stabilirlo è l’Inps, nella circolare n. 90/2009, in cui riassume le disposizioni per la determinazione della legislazione previdenziale applicabile ai lavoratori che svolgono attività in più stati membri dell’Ue.

UN VADEMECUM UE. Il vademecum diffuso dall’Inps riguarda, in particolare, le disposizioni per la determinazione della legislazione applicabile ai lavoratori che:
· Svolgono attività come lavoratori dipendenti normalmente in due o più stati membri dell’Ue;
· Svolgono attività come lavoratori autonomi normalmente in due o più stati membri dell’Ue;
· Lavorano normalmente in due o più stati membri come dipendenti e come autonomi;

OBBLIGHI DI COMUNICAZIONE. L’Inps, ricorda innanzitutto, che il datore di lavoro con sede o domicilio in Italia deve comunicare all’istituto di previdenza tutti i casi in cui i suoi dipendenti lavorano normalmente in due o più stati comunitari e ogni cambiamento intervenuto. Medesimo obbligo ricade sul lavoratore autonomo che svolge la sua attività normalmente in due o più comunitari e per il lavoratore dipendente che svolge in due o più stati comunitari le sue attività alle dipendenze di più aziende: anche tali soggetti sono tenuti a informare l’istituzione dello Stato di residenza, in merito al normale svolgimento della attività in due o più stati comunitari e le successive relative modifiche.

PRINCIPI GENERALI. In via di principio, il lavoratore dipendente o autonomo che svolge attività in più stati membri e che abbia la residenza in uno di questi è assoggettato alla legislazione di quest’ultimo stato (cioè quello di residenza). Nel caso di un lavoratore che svolga la propria attività alle dipendenze di un datore di lavoro in due o più stati membri e che abbia la residenza in altro stato membro è assoggettato alla legislazione dello stato in cui il datore di lavoro abbia sede o domicilio.
Laddove svolga la propria attività anche presso il suo stato di residenza, si applicherà la legislazione vigente presso tale ultimo stato così come quando dipenda da più datori di lavoro con sedi in diversi paesi dell’Ue. Il lavoratore autonomo che svolga la propria attività in più stati membri e risieda in un altro Stato è assoggettato alla legislazione dello Stato dove svolge l’attività principale.

I LAVORATORI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA INPS. La regolamentazione comunitaria prevede i criteri per determinare la legislazione applicabile solo con riferimento ai lavoratori dipendenti o a quelli autonomi; nulla prevede invece per le nuove figure di lavoratori disciplinate dalle legislazioni nazionali. In Italia, per esempio, è il caso dei co.co.co. e di tutti i lavoratori iscritti alla gestione separata Inps (articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995) che, in via generale, rappresentano la cosiddetta area di parasubordinazione.
In questi casi, pertanto, è necessario assimilare queste categorie di lavoratori ai lavoratori dipendenti oppure ai lavoratori autonomi; per l’operazione va fatto riferimento al punto di vista previdenziale, sulla base del principio enunciato dalla Corte di giustizia Ue nella sentenza n. 221/195. La suprema corte ha avuto modo di chiarire che la natura dell’attività esercitata in ciascuno stato deve essere valutata in funzione delle norme previdenziali dello stato membro nel cui territorio l’attività è esercitata e non già in funzione della nozione che ne viene data secondo le disposizioni giuslavoristiche (in Italia varrebbero le nozioni legate all’esistenza o meno del vincolo di subordinazione).
Vale una particolarità infine: quando ai lavoratori parasubordinati siano applicabili simultaneamente le legislazioni di due stati Ue, la contribuzione da versare alla gestione separata Inps sarà calcolata in base all’aliquota prevista per i soggetti iscritti a altra forma pensionistica (attualmente il 17%).

LAVORATORE DIPENDENTE O AUTONOMO CHE RISIEDE NELLO STATO IN CUI LAVORA. Il lavoratore che svolga la propria attività in più stati Ue, in uno dei quali risiede, vedrà applicarsi la legislazione di quest’ultimo stato (quello di residenza). Il lavoratore deve dare comunicazione all’istituto di previdenza dello stato di residenza la circostanza che svolge attività lavorativa anche in altri stati Ue e l’istituto rilascerà apposito modello (è il modello E101) dal quale risulterà che il lavoratore è soggetto alla legislazione dello stato di residenza in tutti gli stati i cui svolge l’attività lavorativa.

LAVORATORE DIEPENDENTE NON RESIDENTE IN UN O DEGLI STATI IN CUI LAVORA. Il lavoratore che svolga attività lavorativa in più stati Ue e risieda in un differente stato Ue è assoggettato alla legislazione dello stato dove ha sede o domicilio il datore di lavoro.
In tal caso, dovrà comunque comunicare allo stato Ue di residenza lo svolgimento dell’attività svolta negli altri stati Ue e sarà lo stato dove ha sede o domicilio il datore di lavoro che questa volta rilascerà il modello E101.

LAVORATORE AUTONOMO NON RESIDENTE IN UNO DEGLI STATI IN CUI LAVORA. Il lavoratore autonomo che svolga la propria attività in due o più stati Ue e risieda in un altro stato Ue è soggetto alla legislazione dello stato in cui svolge l’attività principale. Il lavoratore deve comunicare all’istituto previdenziale del paese di residenza dove svolge la propria attività che ne darà notizia alle altre sedi estere.

LAVORO AUTONOMO CONTEMPORANEAMENTE A LAVORO DIPENDENTE IN DUE O PIU’ STATI UE. Il lavoratore che svolga contemporaneamente in più stati Ue lavoro autonomo e lavoro dipendente è assoggettato ala disciplina vigente nel paese dove svolge l’attività dipendente. Se invece risiede in uno di questi stati, verrà applicata la legislazione dello Stato di residenza.

GLI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA (1)
Sono assimilabili ai lavoratori dipendenti, i soggetti titolari dei seguenti tipi di co.co.co.
· Dottorato di ricerca, assegno, borsa di studio erogata da Muir
· Lavoratore a progetto
· Mini co.co.co.
· Co.co.co. pure (co.co.co. dei titolari di pensione di vecchiaia o ultrassessantacinquenni)
· Co.co.co. presso la pubblica amministrazione
· Medici in formazione specialistica
· Associato in partecipazione di apporto di solo lavoro
· Volontari del servizio civile
Sono assimilabili ai lavoratori autonomi, i soggetti titolari dei seguenti tipi di co.co.co.
· Amministratore, sindaco, revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, liquidatore di società
· Partecipante a collegi e commissioni
· Collaboratore di giornali, riviste, enciclopedia e simili
· Venditore porta a porta
· Lavoro autonomo occasionale
· Professionisti senza cassa
(1) L’equiparazione vale esclusivamente ai fini dell’applicazione del regime di sicurezza sociale in ambito Ue (corte Ue, sentenza n. 221/1995)

QUANDO C’E’ DOPPIA CONTRIBUZIONE
– esercizio di attività autonoma in Italia e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Belgio e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Bulgaria e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in repubblica ceca e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Danimarca e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Danimarca
– esercizio di attività agricola autonoma in Germania e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Estonia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Estonia
– esercizio di attività autonoma in Grecia e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Spagna e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Spagna
– esercizio di attività autonoma in Francia e di attività subordinata in altro stato Ue (ad eccezione del Lussemburgo)
– esercizio di attività agricola autonoma in Francia e di attività subordinata in Lussemburgo
– esercizio di attività autonoma a Cipro e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente a Cipro
– esercizio di attività autonoma a Malta e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Portogallo e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Romania e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Finlandia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Finlandia
– esercizio di attività autonoma in Svezia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Svezia
– esercizio di attività autonoma in Slovacchia e di attività subordinata in altro stato Ue

DOTT.SSA MONICA MELANI

Lavoro occasionale

Lavoro occasionale

OCCASIONALE, OCCASIONE DA COGLIERE

Più chance dal lavoro accessorio. Il sistema dei voucher opera ora anche per manifestazioni fieristiche, interessa casalinghe, cassintegrati e disoccupati e può essere utilizzato dai committenti pubblici (scuole, enti locali ecc.). la minirivoluzione è arrivata dal dl n. 5/2009 (convertito dalla legge n. 33/2009), nell’ottica di favorire l’emersione di piccoli lavori e attività che generalmente vengono svolti e regolarizzati in nero. Con la circolare n. 88/2009, inoltre, l’Inps ha fornito le relative istruzioni operative.
IL LAVORO OCCASIONALE. Il lavoro occasionale di tipo accessorio è una particolare modalità di prestazione lavorativa prevista dalla legge n. 30/2003 e dal dlgs n. 276/2003 di attuazione, meglio nota come riforma Biagi del lavoro. La sua finalità è regolamentare quei rapporti di lavoro che soddisfano esigenze occasionali a carattere saltuario, con l’obbiettivo di far emergere attività confinate nel lavoro nero. Il pagamento della prestazione avviene attraverso i cosiddetti voucher (buoni lavoro) che garantiscono, oltre la retribuzione, anche la copertura previdenziale presso l’Inps (estremamente minima, tuttavia) nonché quella assicurativa presso l’Inail (ben più importante e interessante). Dopo una sperimentazione nella città di Treviso, la prima significativa applicazione del lavoratore di tipo accessorio è stata attuata in occasione della vendemmia 2008 (limitatamente a studenti e pensionati), ed è stata poi estesa a tutte le attività agricole. La legge n. 133/2008 e da ultimo la legge n. 33/2009 hanno ulteriormente ampliato la platea dei prestatori. Come anche in via amministrativa, l’Inps ha di fatto esteso l’applicazione del lavoro accessorio: ai settori commercio, turismo e servizi (circ. n. 104/2008), al settore domestico (circ. n. 44/2009) e all’impresa familiare (circ. n. 76/2009).
VANTAGGI. Per il committente (datore di lavoro), il ricorso al lavoro accessorio conviene perché può beneficiare di prestazioni nella completa legalità, con copertura assicurativa Inail per eventuali incidenti sul lavoro, senza rischiare vertenze sulla natura della prestazione e senza dover stipulare alcun tipo di contratto. Per il prestatore (lavoratore), la convenienza sta nella possibilità di integrare le sue entrate attraverso queste prestazioni occasionali, il cui compenso è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o di inoccupato. Il compenso dei buoni lavoro, inoltre, dà diritto all’accantonamento previdenziale presso l’Inps e alla copertura assicurativa presso l’Inail ed è totalmente cumulabile con i trattamenti pensionistici.
QUALI COMMITTENTI. In tabella è riportato il quadro completo di operatività del lavoro accessorio. Quanto ai committenti, cioè le persone che impiegano prestatori di lavoro occasionale, possono essere tali: le famiglie; le persone fisiche; le aziende; le imprese familiari operanti nei settori del commercio, turismo e servizi; gli imprenditori agricoli; gli enti senza fini di lucro; gli enti pubblici (solo in caso di prestazioni per lavori di emergenza e di solidarietà). Il ricorso ai buoni lavoro è limitato al rapporto diretto tra prestatore e utilizzatore finale, mentre è escluso che una impresa possa reclutare e retribuire lavoratori per svolgere prestazioni a favore di terzi come nel caso dell’appalto o della somministrazione.
QUALI PRESTATORI. I soggetti che, in qualità di prestatori di lavoro, possono accedere al lavoro occasionale accessorio sono: i pensionati, cioè titolari di trattamento pensionistico in regime obbligatorio; gli studenti nei periodi di vacanza e il sabato e la domenica (sono considerati studenti i giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l’Università o istituto scolastico di ogni ordine o grado). I giovani debbono, comunque, aver compiuto i 16 anni di età e, se minorenni, debbono possedere autorizzazione alla prestazione di lavoro occasionale da parte dei genitori o di chi esercita la patria potestà. Per “periodi di vacanza” s’intendono: a) per “vacanze natalizie” il periodo che va dal 1° dicembre al 10 gennaio;
b) per “vacanze pasquali” il periodo che va dalla domenica delle Palme al martedì successivo dell’Angelo; c) per “vacanze estive” i giorni compresi dal 1° giugno al 30 settembre.
I giovani possono effettuare prestazioni di lavoro occasionale anche il sabato e la domenica in tutti i periodi dell’anno. Studenti e pensionati possono svolgere attività d natura occasionale in qualsiasi settore produttivo. Altre tipologie di prestatori, comprese le casalinghe, i disoccupati (titolare di disoccupazione ordinaria o a requisiti ridotti o disoccupazione speciale per agricoltura ed edilizia), e (soltanto in via sperimentale per l’anno 2009) i cassintegrati e i lavoratori in mobilità, nell’ambito delle tipologie di attività individuate dalla norma. Seconda le fattispecie previste, possono accedere al lavoro occasionale accessorio anche tutti i cittadini stranieri regolarmente presenti nel territorio nazionale. I prestatori possono svolgere attività di lavoro occasionale fino a un limite economico di 5 mila euro per singolo committente all’anno solare. Nel caso dei cassintegrati o lavoratori in mobilità fino a un limite economico di 3 mila euro per anno solare.
UN VOUCHER PER PRESTAZIONI, CONTRIBUTI INPS E PREMIO INAIL. Il pagamento delle prestazioni di lavoro occasionale accessorio avviene attraverso il meccanismo dei “buoni”, il cui valore nominale è pari a 10 euro. È, inoltre, disponibile un buono “multiplo”, del valore di 50 euro, equivalente a cinque buoni non separabili. Il valore nominale comprende la contribuzione in favore della gestione separata dell’Inps (13%) che viene accreditata sulla posizione individuale contributiva del prestatore; di quella in favore dell’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni (7%) e di un compenso al concessionario (che è sempre L’Inps) per la gestione del servizio (5%). Il valore netto del voucher da 10 euro nominale, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del prestatore, è quindi pari a 7,50 euro. Il valore netto del buono “multiplo” da 50 euro, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del lavoratore, è quindi pari a 37,50 euro. I buoni (voucher) sono disponibili per l’acquisto su tutto il territorio nazionale, presso le sedi Inps.
I buoni “cartacei” acquistati dal committente, e non utilizzati, sono rimborsabili esclusivamente restituendoli presso le sedi Inps, le quali emetteranno a favore del datore di lavoro un bonifico domiciliato per il controvalore e rilasceranno la ricevuta. L’acquisto dei buoni lavoro può avvenire mediante due procedure: cartacea e telematica, accessibile dal sito web dell’Inps (www.inps.it). Per le prestazioni occasionali accessorie rese nell’ambito dell’impresa familiare, per le quali vanno utilizzati i “buoni a contribuzione ordinaria”, è previsto solo l’iter telematico. La riscossione dei buoni cartacei da parte dei prestatori/lavoratori può avvenire presso tutti gli uffici postali sul territorio nazionale. Per consentire la riscossione del voucher presso gli uffici postali e il corretto accredito dei contributi previdenziali assistenziali, bisogna indicare tutte le informazioni richieste nel buono lavoro, compilando i campi relativi al codice fiscale del committente/datore di lavoro, codice fiscale prestatore/lavoratore, data di inizio e di fine prestazione

ECCO IL LAVARO ACCESSORIO
QUALI ATTIVITA’ QUALI LAVORATORI QUALI COMMITTENTI QUALI CONTRIBUTI
Qualunque tipologia
in tutti i settori produttivi
Giovani con meno di
25 anni, regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università o istituto scolastico di ogni ordine e grado, nei periodi di vacanza e il sabato e domenica pensionati soggetti percettori misure di sostegno al reddito (per il 2009)
Tutti

Gestione separata
Prestazioni di qualunque tipo rese nell’ambito del commercio, turismo, servizi per attività specifiche Tutti Imprese familiari
(limite di 10.000 euro per anno fiscale)
Regime contributivo e assicurativo ordinario, salvo studenti con meno di 25 anni, pensionati e percettori di misure di sostegno al reddito per i quali è prevista la gestione separata
Lavori domestici Tutti Privati
(famiglie)
Gestione separata
Lavori di giardinaggio, pulizia, manutenzione di edifici, strade, parchi, monumenti Tutti Tutti Gestione separata
Insegnamento privato Tutti Tutti Gestione separata
Consegna porta a porta e vendite ambulante di stampa Tutti Tutti Gestione separata
Manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli o lavori di emergenza o solidarietà Tutti Tutti committenti pubblici Gestione separata
Attività agricole di carattere stagionale – es. vendemmia, raccolta delle olive, ecc. ·Giovani con meno di 25 anni, regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università o istituto scolastico di ogni ordine e grado
·Pensiona
·casalinghe
Datori di lavoro agricoli Gestione separata
Attività agricole di qualunque tipo Tutti

Datori di lavoro agricoli aventi un volume di affari annuo non superiore a 7.000 euro (articolo 34, comma 6, del dpr n. 633/72) Gestione separata

DOTT.SSA MONICA MELANI

Il telefono in ufficio e’ tabu’

Il telefono in ufficio e’ tabu’

IN UFFICIO IL TELEFONO E’ TABU’

L’uso privato dell’apparecchio telefonico in dotazione presso l’ufficio della pubblica amministrazione, quando tale utilizzo non riveste il carattere della sporadicità e dell’urgenza, configura l’addebito per peculato in capo al dipendente pubblico.
Lo ha stabilito la sesta sezione penale della Corte di cassazione, nel testo della sentenza n. 21165/2009, confermando nel merito una sentenza della Corte d’appello di Palermo che aveva condannato un impiegato amministrativo di una locale azienda ospedaliera, “beccato” a effettuare numerose telefonate personali non riconducibili a ragioni d’ufficio.

IL FATTO. L’imputato, segretario amministrativo in un ospedale di Palermo, aveva effettuato, tra l’aprile del 2000 e il maggio del 2002, numerose telefonate private, alcune anche in paesi esteri, spinto non da “pressanti esigenze di relazione”, come si legge nella sentenza, ma “per soddisfare la sue sfera ludica” (frequenti contatti, anche internazionali, con appassionati di caccia), accumulando una bolletta, a carico ovviamente dell’azienda ospedaliera, di più di 2 mila euro. Il tribunale di Palermo in primo grado e la Corte d’appello in secondo grado avevano condannato il dipendente per il reato di peculato continuato. Contro la sentenza di appello l’imputato aveva proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra l’altro, che l’utilizzazione a fini privati di un’utenza telefonica assegnata in uso non comporta appropriazione di bene pubblico, ma dà luogo soltanto all’addebito alla pubblica amministrazione delle somme corrispondenti all’entità della utilizzazione, e lamentando che non fosse stato considerato dai giudici se, dato il lungo lasso di tempo in considerazione, le telefonate contestate potevano rientrare nella categoria di quelle fatte per infrequenti e occasionali esigenze private, per le quali v’è una deroga al generale divieto di uso personale del telefono di ufficio.

LA DECISIONE. Niente da fare. Il supremo collegio ha respinto le tesi del dipendente. Qui, stando agli atti depositati in giudizio, non si verte in quella utilizzazione episodica ed economica del telefono, fatta per contingenti e rilevanti esigenze personali, che rende la condotta inoffensiva. Piuttosto, ci si muove nell’alveo dell’impiego privato del telefono della pubblica amministrazione.

Per cui, ogni volta che il dipendente alza la cornetta per effettuare una telefonata privata, deve farlo per motivi urgenti e che rivestano il carattere della sporadicità, poiché, diversamente operando, c’è il rischio di beccarsi una denuncia per peculato, oltre che a provvedere al rimborso del maggior costo dell’utenza telefonica sopportato dalla pubblica amministrazione titolare del contratto telefonico.
Secondo il Palazzaccio, l’uso privato dell’apparecchio telefonico comporta l’appropriazione (che non è restituibile) delle energie necessarie alla comunicazione, di cui l’impiegato ha la disponibilità per ragioni d’ufficio, per cui costituisce reato l’uso smodato e non episodico del telefono aziendale per fini esclusivamente privati.
Pertanto, secondo quest’ultimo orientamento della Suprema corte, dall’ufficio pubblico si può telefonare anche per motivi che esulano dal contesto lavorativo. Ma ci sono due paletti che il dipendente pubblico deve osservare se non vuole essere “richiamato” dal suo dirigente. Innanzitutto, il motivo della telefonata deve essere collegato ad un’urgenza inderogabile e poi non deve essere un evento “ricorrente”, vale a dire che una volta tanto è possibile parlare con i propri cari a spese della collettività per un motivo di urgenza, ma che non si ci faccia l’abitudine…

DOTT.SSA MONICA MELANI

Indici di subordinazione; occasionalità della prestazione e divisa obbligatoria

Indici di subordinazione; occasionalità della prestazione e divisa obbligatoria

La fattispecie concreta esaminata dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 58/2009, riguarda il ricorso – rigettato dal Tribunale e dalla Corte d’Appello – presentato da un cameriere di un ristorante, il quale prestava il proprio lavoro occasionalmente e con discontinuità , al fine di ottenere il pagamento delle differenze retributive dovute per prestazioni rese in regime di subordinazione per cinque giorni settimanali, per la reintegrazione ed il risarcimento del danno per licenziamento illegittimo.

La Suprema Corte, con la suddetta pronuncia, ha stabilito che la scarsità e saltuarietà della prestazione da parte del lavoratore non esclude il vincolo di subordinazione, in quanto il rapporto di lavoro subordinato non presuppone tra i suoi indici caratteristici, che il lavoratore sia a completa disposizione del datore di lavoro.
Pertanto, la scarsità e l’occasionalità delle prestazioni effettuate da un cameriere di un ristorante, non qualifica il predetto lavoratore come autonomo.

Con la sentenza di cui si tratta, la Cassazione ha altresì affermato che l’obbligo di indossare una divisa come abbigliamento di lavoro costituisce un indice di subordinazione, escludendo l’autonomia del lavoratore.

Oltre al succitato nuovo requisito dell’uniformità dell’abbigliamento, la Corte di Cassazione ha indicato quali caratteristiche in forza delle quali inquadrare un rapporto di lavoro tra quello subordinato:

  • l’assenza di rischi economici per il lavoratore;
  • l’osservanza di un orario di lavoro;
  • l’inserimento nell’altrui organizzazione produttiva, con particolare riguardo al coordinamento con l’attività degli altri lavoratori.

Infine, la Suprema Corte dichiara che non è possibile considerare quale lavoratore autonomo, un cameriere di un ristorante il quale non potrebbe fornire la sua prestazione senza coordinamento con i colleghi ed in assenza delle direttive del datore di lavoro, in merito ad esempio alla divisa, all’orario di lavoro od alla distribuzione dei tavoli.

 

Modello DURC – invio telematico entro il 30.04.09 dell’autocertificazione

Modello DURC – invio telematico entro il 30.04.09 dell’autocertificazione

OGGETTO: Modello DURC – invio telematico entro il 30.04.09 dell’autocertificazione.

Il Ministero del Lavoro con la circolare n. 34 del 15 dicembre 2008, comunicava alcuni chiarimenti in merito alla procedura per il rilascio del modello DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva) al fine dell’ottenimento di incentivi contributivi da parte del datore di lavoro.
Il suddetto rilascio, si concretizza nella verifica da parte degli Istituti previdenziali, della sussistenza in capo al richiedente dei presupposti necessari; pertanto, la richiesta di un beneficio contributivo si sostanzia nella richiesta di una verifica circa l’esistenza dei requisiti stessi.

Ai fini dell’emissione del DURC, è onere dell’interessato autocertificare l’inesistenza a suo carico di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi, circa la commissione degli illeciti previsti dalla normativa relativa alla sicurezza sul lavoro. Tale autocertificazione deve essere presentata alla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente in base alla sede legale dell’impresa interessata.

L’autocertificazione deve essere presentata e sottoscritta unicamente dal legale rappresentante, una sola volta, salva la tempestiva comunicazione al medesimo ufficio di ogni eventuale ed ulteriore modifica di quanto dichiarato in precedenza.
L’autocertificazione può essere consegnata direttamente agli sportelli della Direzione provinciale del lavoro, ovvero inviata tramite raccomandata A/R o a mezzo fax; inoltre il Ministero del Lavoro, sempre con la circolare n. 34/2008 ha, altresì, previsto la possibilità di invio con modalità di trasmissione informatica, in merito alla quale ha successivamente impartito le relative istruzioni con la circolare n. 10 del 1 aprile 2009.

I datori di lavoro, i quali già usufruiscono dei benefici contributivi devono provvedere all’invio dell’autocertificazione entro il 30 aprile 2009; inoltre, anche quei datori di lavoro, i quali avessero già inviato l’autocertificazione agli Istituti previdenziali, dovranno trasmetterla alla Direzione provinciale del lavoro.
I datori di lavoro che non abbiano ancora richiesto alcun beneficio contributivo, dovranno inviare l’autocertificazione precedentemente alla prima richiesta del beneficio medesimo, fermo restando nel caso di prima applicazione, il termine del 30 aprile 2009.

Con la succitata circolare n. 10/2009, il Ministero del Lavoro ha indicato le istruzioni operative per la trasmissione telematica, valida solo se sottoscritta con firma digitale.

Il modulo di autocertificazione (che si allega alla presente) – reperibile sul sito del ministero www.lavoro.gov.it – deve essere salvato e compilato sul computer dell’interessato ed, altresì, sottoscritto con firma digitale certificata da parte di uno dei certificatori compresi nell’elenco Cnipa (D.lgs. n.82/2005).

L’indirizzo presso cui inviare il file firmato digitalmente, unitamente ad un’immagine scannerizzata di un documento di identità in corso di validità , è: AutocertificazioneDURC@mailcert.lavoro.gov.it.
Nell’oggetto dell’e-mail deve essere indicata la Direzione provinciale destinataria dell’autocertificazione.
Si sottolinea, infine, che l’invio in questione equivale, ai fini dell’adempimento dell’obbligo, all’invio alla Direzione provinciale del lavoro competente.

A disposizione per tutti i chiarimenti del caso, porgiamo distinti saluti.

Dott.ssa Monica Melani

Al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali

Direzione provinciale del lavoro di:_____________________

Dichiarazione per benefici contributivi INPS e/o INAIL (1)

Nome____________________ Cognome_____________________________

Codice Fiscale___________________________________________________________

Titolare/Legale rappresentante

Denominazione Azienda___________________________________________________

Indirizzo Sede Legale_____________________________________________________

Codice Fiscale__________________ _________________________________________
(alfanumerico)

Codice Fiscale____________________________________________________________
(numerico)

e-mail__________________________________________________________________

Telefono________________________Cellulare__________________________________

Matricola INPS 1 __________________________________________________________
(dieci campi numerici)

Matricola INPS 2 ___________________________________________________________
(dieci campi numerici)

Matricola INPS 3 ___________________________________________________________
(dieci campi numerici)

Codice Ditta INAIL________________________________________________________
(nove campi numerici)

Controcodice ____________________________________________________________
(due campi numerici)

Cassa Edile

Denominazione_____ _____________ N.iscrizione_______________________________

al fine di accedere ai benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007)

AUTOCERTIFICO

ai sensi dell’art. 9 del Decreto Ministeriale 24/10/2007, l’assenza di provvedimenti, amministrativi o giurisdizionali, definitivi per gli illeciti penali o amministrativi, commessi dopo il 30/12/2007, in materia di tutela delle condizioni di lavoro, indicati nell’allegato A del citato D.M. o il decorso del periodo indicato dallo stesso allegato per ciascun illecito. Il sottoscritto è inoltre consapevole che le agevolazioni richieste potranno essere revocate qualora si riscontri, in sede di vigilanza, l’assenza delle condizioni sopra indicate e si impegna a comunicare a codesta Direzione qualsiasi variazione dovesse intervenire con riferimento a quanto sopra entro trenta giorni dall’avvenuta modifica. Si è inoltre a conoscenza delle sanzioni penali, richiamate dall’art. 76 del D.P.R. n. 445/2000, per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci.

Data_________________________

Si ricorda di apporre la firma digitale sul file e di inviarlo all’indirizzo AutocertificazioneDURC@mailcert.lavoro.gov.it unitamente alla immagine di un documento di identità in corso di validità

(1)Vedi Tabella "Tipi Contribuzione" con agevolazione contributiva (elencazione esemplificativa e non esaustiva) – allegata alla circolare del Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale 30 gennaio 2008, n. 5.

RIPOSO GIORNALIERO E RIPOSO SETTIMANALE

RIPOSO GIORNALIERO E RIPOSO SETTIMANALE

A. Il riposo giornaliero – normativa ex D.lgs. n. 66/2003.

Il riposo giornaliero, disciplinato dall’art. 7 del D.lgs. 66/2003, è stabilito in 11 ore consecutive nell’arco delle 24 ore; il requisito della consecutività viene meno nel caso di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità .

Nell’ipotesi di un lavoratore titolare di più rapporti di lavoro, quest’ultimo ha l’onere di comunicare ai datori di lavoro l’ammontare di ore in cui può prestare la propria attività lavorativa, nel rispetto del suddetto limite.

Quando l’orario di lavoro eccede le 6 ore giornaliere, il lavoratore ha diritto ad un intervallo, in base alle modalità stabilite dalla contrattazione collettiva; in mancanza di una previsione contrattuale collettiva di intervallo, a qualunque titolo attribuita, al lavoratore deve essere concessa una pausa non inferiore a 10 minuti.

L’art. 2 del D.lgs n. 66/2003, come modificato dall’art. 41, 3 Comma, D.L. n. 112/2008 (convertito in L. n. 133/2008), indica che il decreto stesso non è applicabile al personale della scuola di cui al D.lgs. n. 297/1994, al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, oltre che agli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attività operative specificamente istituzionali ed agli addetti di vigilanza privata.

La violazione della disciplina relativa al riposo giornaliero, è punita ai sensi dell’art. 18 bis, 4 Comma, D.lgs. 66/2003 (così come modificato dal succitato D.L. n. 112/2008), con la sanzione amministrativa da € 25 ad € 100 per ogni singolo lavoratore e per ciascun periodo di 24 ore.

B. Il riposo settimanale – normativa ex D.lgs. n. 66/2003.

Il riposo settimanale, che solitamente coincide con la Domenica, deve essere concesso al lavoratore, ai sensi dell’art. 9, 1 Comma, D.lgs. n. 66/2003, per un periodo pari ad almeno 24 ore consecutive ogni sette giorni di lavoro, da cumulare con il riposo giornaliero.

Si registrano, però, delle eccezioni alla suddetta normativa nelle ipotesi di:

– attività di lavoro a turni, quando il lavoratore cambi squadra e non possa usufruire di un periodo di riposo giornaliero o settimanale al momento del passaggio da una squadra all’altra;

– attività caratterizzata da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;

– lavoratori occupati nel Settore dei trasporti ferroviari, per quanto concerne le attività discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario;

– previsioni contrattuali collettivi.

Inoltre, la contrattazione collettiva può derogare alla disciplina dettata dal D.lgs n.66/2003, stabilendo la durata della settimana lavorativa in nove, dieci o undici giorni, ovvero fissare un giorno diverso dalla Domenica per il riposo.
Tale deroga è ammissibile unicamente se siano accordati ai lavoratori periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che venga riconosciuta una tutela appropriata.

Le succitate deroghe assumono efficacia decorsi 30 giorni dal deposito dell’accordo contrattuale presso il Ministero del Lavoro.

La violazione della disciplina in materia di riposi settimanali, è punita con la sanzione amministrativa da € 105 ad € 630; con la circolare n. 8/2005 il Ministero del Lavoro, ha specificato che il predetto illecito amministrativo è integrato quando il datore di lavoro, pur concedendo il riposo delle 24 ore consecutive, non consenta il cumulo con il riposo giornaliero, senza quindi concedere le 35 ore di riposo complessivo.

Per la violazione in parola non trova applicazione l’istituto della diffida.

C. Modifiche legislative ex D.L. n. 112/2008.

In seguito al D.L. n. 112/2008, convertito nella L. n. 133/2008, con cui è stata modificata la legislazione in materia di organizzazione dell’orario di lavoro (D.lgs. n.66/2003), sono stati presentati al Ministero del Lavoro – in data 20 marzo u.s. – gli interpelli qui di seguito esposti, relativamente ai quali si indicano altresì i pareri dati dal Ministero del Lavoro.

La suddetta riforma ha riguardato precisamente:

– l’art. 2 del D.lgs n. 66/2003, modificato dall’art. 41, 3 Comma, D.L. n. 112/2008 (convertito in L. n. 133/2008), che stabilisce ora l’inapplicabilità del decreto stesso al personale della scuola di cui al D.lgs. n. 297/1994, al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, oltre che agli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attività operative specificamente istituzionali ed agli addetti di vigilanza privata;

– l’art. 7 del D.lgs n. 66/2003, riformato dall’art. 41, 4 Comma, D.L. n. 112/2008 (convertito in L. n. 133/2008), non richiede più il requisito della consecutività nella fruizione da parte dei lavoratori dei riposi giornalieri nel caso di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità ;

– l’art. 18 bis, 4 Comma, D.lgs n. 66/2003, modificato dall’art. 41, 9 Comma, D.L. n. 112/2008 (convertito in L. n. 133/2008), prevede che la violazione della disciplina sul riposo giornaliero sia punibile con sanzione amministrativa da € 25 ad € 100 per ogni lavoratore e per ogni singolo periodo di 24 ore non goduto da quest’ultimo;

– l’art. 9 del D.lgs. n. 66/2003, così come modificato dal D.L. n. 112/2008 (convertito in L. n. 133/2008) prevede che il riposo settimanale in favore del lavoratore deve essere uguale ad un periodo di almeno 24 ore consecutive ogni sette giorni di lavoro, cumulabile con il riposo giornaliero, tale disciplina può essere derogata dalla contrattazione individuale o collettiva, ove siano rispettati determinati requisiti specificati qui di seguito al n. 3.

1. Interpello n. 20, in merito all’applicabilità o meno al personale dipendente di imprese di Vigilanza Privata della normativa relativa ai riposi giornalieri ex art. 7, D.lgs. n. 66/2003.

Il Ministero del Lavoro, ha stabilito che i lavoratori occupati nel Settore della Vigilanza Privata non sono soggetti alla disciplina dell’orario di lavoro, compresa la disposizione in tema di riposi giornalieri.
Pertanto, gli unici vincoli alla durata dei riposi che devono intercorrere tra due prestazioni di lavoro svolte dai dipendenti di aziende di vigilanza privata, potranno essere previsti dalla contrattazione collettiva.

2. Interpello n. 22, in merito alla violazione della disciplina dei riposi giornalieri e l’esatta interpretazione dell’art. 18 bis, 4 Comma, D.lgs n. 66/2003, concernente la relativa sanzione.

Allorquando un lavoratore non utilizzi il riposo giornaliero con la durata e la frequenza stabilita dal Legislatore, il datore di lavoro commette un illecito; si sottolinea che nell’ipotesi in base alla quale i lavoratori non godano del riposo giornaliero per più periodi di ventiquattro ore, l’illecito in parola è imputabile tante volte quanti sono i riposi non usufruiti (conf., Circolare n.8/2005).

Ai fini della determinazione della sanzione, nel caso di violazione della normativa per più lavoratori, i quali non hanno beneficiato del riposo per più periodi di ventiquattro ore, trova applicazione l’art.16, L. n. 689/1981 circa il pagamento in misura ridotta, in forza del quale la somma da corrispondere risulta dalla somma edittale – ridotta – moltiplicata per il numero dei riposi giornalieri non fruiti da ciascun lavoratore. Tale criterio di calcolo deve essere altresì applicato nei casi soggetti alla normativa previgente.

La succitata sanzione viene contestata al datore di lavoro e successivamente verrà adottato il provvedimento di ordinanza-ingiunzione relativa alla violazione.

Esempio: mancato utilizzo in una settimana da parte di tre lavoratori dei riposi giornalieri, per un totale di 9 periodi (24 ore).

Lavoratore Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica
A No riposo No riposo No riposo No riposo
B No riposo No riposo No riposo
C No riposo No riposo

La sanzione, nell’esempio sopra-esposto, sarà pari all’importo edittale ridotto moltiplicato per il totale delle violazioni accertate (9) e sarà contestata al datore di lavoro, prima della notifica dell’ordinanza – ingiunzione.

3. Interpello n. 29, in merito alla possibile deroga, attraverso la contrattazione collettiva, alla disciplina del riposo settimanale ed alla corretta interpretazione dell’art. 9, 2 Comma lett. d) e 5 Comma, D.lgs. n. 66/2003, rispetto ad una differente disciplina del riposo settimanale – ex art. 9, 1 Comma, D. lgs n. 66/2003 – dettata dal CCNL dell’Operatore nazionale nel Settore del controllo del traffico aereo.

Il Ministero ha ribadito, come si è evidenziato in precedenza, che il principio della consecutività delle ventiquattro ore di riposo e del cumulo del riposo giornaliero, può essere derogato dai contratti collettivi (ex art.9, 2 Comma D.lgs. n.66/2003), solo se siano riconosciuti ai lavoratori periodi di riposo compensativo equivalenti, ovvero un’appropriata tutela nel caso in cui ciò non sia oggettivamente possibile.

Pertanto ove siano soddisfatti i suddetti requisiti, la contrattazione collettiva nel Settore del controllo del traffico aereo, potrà derogare alla normativa del riposo settimanale.

Si sottolinea, infine, che L’invio al Ministero ai sensi dell’art. 9, 5 Comma, D.lgs. n. 66/2003, degli accordi collettivi ha uno scopo esclusivamente ricognitivo e non di controllo o valutazione dei contenuti del CCNL stesso.