ELABORAZIONE DELLE PAGHE CON HR PORTAL

Elaboriamo le paghe e i contributi con il più avanzato sistema web-based attualmente sul mercato: HR PORTAL … continua

CONSULENZA DEL LAVORO E SINDACALE

Lo studio fornisce consulenza nell’ambito del lavoro e del Diritto Sindacale e industriale, seguendo e consigliando il cliente… continua

È ARRIVATO IL PORTALE CENTURION!

Categoria: Circolari

Detassazione anno 2011

Detassazione anno 2011

SPETT. CLIENTELA

OGGETTO: detassazione anno 2011, alla luce delle circolari Agenzie delle entrate che si sono ripetute nel tempo, con riferimento alla circolare n.3/E del 14/02/2011

Premessa:

La detassazione sui premi è in vigore da luglio del 2008, ed è un incentivo finalizzato a migliorare la contrattazione aziendale, tra aziende e lavoratori, necessaria per aumentare la produttività.

  1. Chi ne beneficia:

Coloro che possono beneficiare di questo istituto sono i lavoratori subordinati che lavorano nel settore privato, mentre i collaboratori e i lavoratori a progetto non possono usufruire di questa agevolazione; la differenza tra questi soggetti è che i lavoratori subordinati sono titolari di reddito di lavoro dipendente, mentre i lavoratori a progetto e i co.co.co. non sono lavoratori subordinati, producono un reddito assimilato non utilizzabile come base di calcolo per la fruizione della detassazione sui premi.

  1. Limite di reddito anno 2011:

Il limite di reddito per accedere alla detassazione è di 40 mila euro per l’anno 2011.

  1. Reddito imponibile:

Questa soglia comprende tutti i redditi, prodotti durante l’anno di verifica, di lavoro dipendente, redditi di pensioni e assegni che si possono paragonare a redditi pensionistici. Per esempio se una persona produce più redditi di lavoro dipendente, attraverso più rapporti di lavoro subordinato, allora questi andranno a sommarsi e produrranno un’unica fonte di calcolo.

  1. Limite dell’importo detassabile per l’anno 2011:

L’agenzia delle entrare ha indicato 6000€ lordi come soglia sulla quale è possibile beneficiare del bonus fiscale, dunque, entro questo limite di “premio”, verrà calcolata l’aliquota ridotta del 10%.
Esiste la possibilità, anche per il periodo d’imposta 2011, che il dipendente rinunci a sfruttare la tassazione sostitutiva; in questo caso l’importo che doveva essere utilizzato per usufruire della agevolazione diventerà parte del reddito complessivo e verrà calcolata la tassazione ordinaria sull’intero importo.

  1. Conditio sine qua non:

Il punto di fondamentale importanza è che questi premi siano previsti da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali; sono esclusi dal beneficio fiscale, i premi corrisposti sulla base di accordi individuali tra datore di lavoro e lavoratore.

  1. Cud:

Il datore di lavoro dovrà indicare nel Cud del dipendente le somme su cui è stata applicata l’Irpef ridotta del 10%; inoltre deve specificare che il premio è rapportato a incrementi di produttività, qualità, efficienza organizzativa, in relazione a risultati riferibili all’andamento economico o agli utili della impresa o ad altri elementi rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale.

  1. Straordinari:

Con la Risoluzione 83/2010, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il regime agevolativo consistente nell’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10%, prevista dall’art.2 del DL n. 93 del 2008, deve ritenersi applicabile anche con riferimento alle erogazioni relative alle prestazioni di lavoro straordinario a condizione che queste siano riconducibili ad incrementi di produttività, innovazione ed efficacia organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa.
Con la circolare n.47/E del 27/09/2010, l’Agenzia delle Entrate precisa che la Risoluzione 83/2010 non ha inteso ricondurre nell’ambito dell’agevolazione il lavoro straordinario in quanto tale, ma solo in quanto correlato a parametri di produttività.

Negli anni 2009 e 2010 le disposizioni che prevedevano la detassazione degli straordinari non sono state prorogate, dunque l’imposta sostitutiva non può applicarsi alle ipotesi di straordinario che non sia possibile ricondurre tra i premi di produttività.

  1. Lavoro a tempo parziale:

E’ detassabile l’intero compenso per lavoro supplementare (lavoro reso oltre l’orario concordato, ma nei limiti dell’orario a tempo pieno applicabile a tutti i lavoratori a tempo parziale); purché collegato e riconducibile ad incrementi di produttività

  1. Lavoro notturno:

Sono detassabili le somme erogate per il lavoro notturno in ragione delle ore di servizio effettivamente prestate, nonché l’eventuale maggiorazione spettante per le ore di ordinario lavoro effettivamente prestate in orario notturno; purché collegato e riconducibile ad incrementi di produttività.

  1. Lavoro festivo:

E’ detassabile la maggiorazione corrisposta ai lavoratori che, usufruendo del giorno di riposo settimanale in giornata diversa dalla domenica ( con spostamento del turno di riposo), siano tenuti a prestare lavoro la domenica; purché collegato e riconducibile ad incrementi di produttività.

La correlazione tra straordinario e parametri di produttività deve essere documentata dall’azienda al
dipendente con, ad esempio, una comunicazione scritta nella quale motivare l’erogazione o una
dichiarazione attestante che la prestazione lavorativa ha determinato un risultato utile per il conseguimento di elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa.
Il datore di lavoro dovrà indicare nel CUD/2011 le somme per lavoro straordinario e supplementare del 2009 assoggettabili a imposta sostitutiva: il dipendente potrà così recuperare il proprio credito mediante la dichiarazione dei redditi da presentare nel 2011, anziché mediante la presentazione di dichiarazione integrativa per l’anno 2009 o specifica istanza di rimborso.
Per i dipendenti cessati nel corso del 2010 prima delle nuove istruzioni, le somme del 2009 e 2010 assoggettabili a imposta sostitutiva dovranno essere comunque certificate nel CUD/2011.

Ribadiamo come già indicato in precedenti circolari, che, in ogni caso, lo Studio, per l’anno 2011, come per gli anni precedenti, non applicherà alcuna detassazione, se non verrà compilata e firmata dal legale rappresentante aziendale, la dichiarazione che si allega alla presente.

DICHIARAZIONE DELL’INCIDENZA DELLE PRESTAZIONI DI LAVORO
STRAORDINARIO DI LAVORO NOTTURNO E DI LAVORO IN TURNI
(INDENNITA’ E MAGGIORAZIONI) SULLA REDDITIVITA’ AZIENDALE)

La società……………………………………………………………………………………………..

Con sede legale a………………… in (via/Piazza)……………………………………………………

Città…………………….. avente P.iva/Codice Fiscale………………………………………………

Con riferimento alla agevolazione fiscale prevista dal D.L. 93/2008 e successivamente proroghe e in applicazione di quanto contenuto nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n° 83/E del 17 agosto 2010 d nella Circolare Ministeriale n° 47/E del 27 settembre.

DICHIARA PER L’ANNO 2011
Che le prestazioni di lavoro straordinario, di lavoro organizzato in turni e di lavoro notturno svolte nella propria azienda

o Sono state funzionali alla realizzazione di risultati di produttività e competitività
o Non sono state funzionali alla realizzazione di risultati di produttività e competitività

Nel caso di risposta affermativa
CHIEDE L’APPLICAZIONE DELLA DETASSAZIONE
o Su tutte le voci retribuite correlate

Solo nel caso in cui solo alcuni elementi previsti dalla normativa in vigore, concorrano ad un incremento di produttività e competitività, indicare gli elementi dosttostanti:
o Lavoro straordinario
o Lavoro notturno
o Indennità e maggiorazioni di turno.

In fede

Porgiamo distinti saluti.

Dott. MONICA MELANI

Trasferte patto di conglobamento

Trasferte patto di conglobamento

TRASFERTE
PATTO DI CONGLOBAMENTO PER LAVORO STRAORDINARIO
1) Trasferte: il viaggio non computabile.

Con l’interpello n.14/2010 il Ministero del lavoro si è espresso in ordine alla richiesta di parere relativa alla possibilità per il datore di lavoro di erogare ai propri dipendenti un’indennità di trasferta superiore a quella stabilita in sede di contrattazione collettiva, nazionale o di secondo livello, ma comunque non imponibile ai fini contributivi e fiscali in quanto compresa nei limiti di cui all’art. 51, comma 5 del T.U. delle imposte sui redditi.

Attualmente i limiti di esenzione da imposizione fiscale e contributiva delle indennità di trasferta sono pari ad € 46,48 per le trasferte in Italia ed € 77,47 per le trasferte all’estero (art 51, comma 5 del TUIR)
.
Secondo il Ministero del Lavoro è possibile erogare una indennità di trasferta superiore rispetto ai limiti previsti dal CCNL, nel rispetto delle previsioni dell’art. 51 del TUIR, ed in particolare analizza le eventuali indennità di trasferta erogate ai dipendenti in virtù sia di contratti collettivi aziendali, sia di contratti individuali.

Il Ministero ritiene che sia ammissibile la corresponsione di una indennità di trasferta superiore rispetto ai limiti stabiliti dal CCNL, ma nell’ambito di un accordo collettivo aziendale che deve essere depositato presso gli Enti preposti. L’esenzione da contributi ed imposte è quindi subordinata al deposito degli accordi stessi presso la DPL e gli istituti (ex art. 3 commi 1 e 2 D.L. 318/96 convertito in L. 402/96)..

Il Ministero con la nota del 21 aprile 2010, ha precisato che quanto dichiarato nell’interpello n. 14/2010 non ha carattere obbligatorio ma solo di indirizzo principale, visto che le aziende potranno sempre erogare un’indennità di trasferta maggiore rispetto a quanto previsto dai singoli contratti collettivi, a fronte di un maggior disagio o di maggiori costi affrontati dal lavoratore, e che le stesse saranno esenti fino alla capienza massima giornaliera prevista dal Testo Unico.

Dunque il Ministero del Lavoro ha chiarito che il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere la sede di lavoro durante una trasferta non costituisce esplicazione di attività lavorativa. Infatti il disagio che ne deriva (al lavoratore) è assorbito automaticamente dall’indennità di trasferta.

2) Patto di conglobamento del compenso per lavoro straordinario:
Sentenza Corte di Cassazione n.8255/2010:
La Corte di Cassazione con sentenza n. 8255/2010 ha stabilito che il patto di conglobamento del compenso per lavoro straordinario nella retribuzione ordinaria deve determinare quale sia il compenso per lavoro ordinario e quale per quello straordinario, così da permettere al giudice il controllo in merito all’effettivo riconoscimento al dipendente dei diritti inderogabili spettanti per legge o per contratto collettivo. Pertanto il patto deve ritenersi nullo quando non risultano riconosciuti tali diritti inderogabili spettanti per legge o per contratto.

DOTT.SA MONICA MELANI

Rinnovo contratto commercio

Rinnovo contratto commercio

Milano,3 Marzo 2011

CIRCOLARE DEL CENTRO STUDI

RINNOVO CONTRATTO COMMERCIO

Oggetto: Rinnovo contrattuale

E’ stato firmato, il 26 febbraio 2011, l’accordo per il rinnovo del contratto di lavoro del terziario, distribuzione e servizi nel settore del commercio. Il contratto entrerà in vigore retroattivamente dal primo gennaio 2011 e avrà durata triennale, rimanendo in vigore fino al 31 dicembre 2013, regolando la parte economica e normativa dei rapporti di lavoro per i dipendenti del settore.

All’interno del settore “Commercio” vengono definite le seguenti aree di attività:
– dettaglio/ingrosso tradizionale;
– distribuzione moderna e organizzata;
– importazione, commercializzazione e assistenza veicoli;
– ausiliari del commercio con l’estero

Nell’ambito del settore “Servizi” vengono individuate le seguenti aree di attività:
– ICT;
– servizi alle imprese/alle organizzazioni, servizi di rete, servizi alle persone;
– ausiliari dei servizi.

L’accordo sul rinnovo è stato raggiunto dopo 6 – 7 mesi di trattative, iniziate nel luglio del 2010.
La CONFCOMMERCIO, le organizzazioni Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno sottoscritto l’accordo di rinnovo, mentre la Cigl non ha sottoscritto l’ipotesi d’ accordo.

E’ previsto un aumento di 86 euro mensili, riparametrato al 4 livello, calcolato sulla base dell’indice Ipca, con un aumento lordo complessivo nel triennio 2011-2013 pari a 1800,00 euro.
Il secondo livello è stato profondamente rinnovato per incidere più efficacemente sui temi legati alla produttività, all’organizzazione del lavoro e al servizio al cliente.
Viene inoltre prevista l’erogazione con la retribuzione del mese di novembre 2013 dell’elemento di garanzia pari a 100,00 euro per le aziende fino a 10 dipendenti ed a euro 125,00 per le aziende con più di 10 dipendenti.

I punti di grande rilevanza dell’accordo che tutelano e migliorano le condizioni dei lavoratori sono:
– l’equiparazione dell’assistenza sanitaria integrativa anche per i part-time come per il full- time;
– lo sviluppo del sistema della bilateralità del settore;
– il recepimento delle norme previste dal collegato lavoro con particolare riferimento alla conciliazione ed all’arbitrato, alla clausola compromissoria e alla certificazione dei contratti di lavoro;
– l’allungamento di 60 giorni oltre ai 180 già previsti dal precedente contratto per i calcolo delle indennità di malattia per gravi patologie, intervenendo cosi sull’assenteismo per malattia.
– l’aumento delle indennità di funzione previste per i quadri;
– l’aumento dell’importo dell’assicurazione per l’invalidità permanente o caso morte prevista per gli operatori di vendita, come per esempio i viaggiatori e i piazzisti dipendenti delle aziende.

Riportiamo, la tabella degli elementi contrattuali, valida dal 1 Gennaio 2011.

LIV. MINIMO 1.1.2011 MINIMO 1.9.2011 MINIMO 1.4.2012 MINIMO 1.10.2012
Q 1617,12 1639,69 1665,73 1693,51
1 1456,71 1477,04 1500,5 1525,52
2 1260,05 1277,64 1297,93 1319,57
3 1077 1092,03 1109,37 1127,87
4 931,46 944,46 959,46 975,46
5 841,53 853,28 866,83 881,28
6 755,51 766,05 778,22 791,2
7 646,83 655,86 666,28 677,38
VAV.Pp 1 cat 879,27 891,55 905,71 920,81
VAV.Pp 2 cat 736,58 746,88 758,76 771,44

Bonus disoccupati

Bonus disoccupati

OGGETTO: circolare sul bonus disoccupati
L’Inps ha dato il via libera alle agevolazioni contributive previste dalla finanziaria 2010 a favore delle aziende che assumono lavoratori disoccupati. Nella circolare n 22/2011, che contiene le istruzioni operative per fruire dei benefici, l’ente ricorda che gli incentivi introdotti in via sperimentale dalla legge n.191/2009 per il 2010, vengono prorogati dalla legge di stabilità (art. 1, comma 33, legge n.220/2010) per il 2011, subordinati all’emanazione di un apposito decreto ministeriale.
Attraverso due decreti interministeriali (n. 53343 e n.53344), viene data concreta attuazione alla normativa sopra citata che intende promuovere:
· l’assunzione di lavoratori disoccupati ultracinquantenni, titolari di indennità di disoccupazione non agricola;
· l’assunzione o il mantenimento in servizio di lavoratori che abbiano almeno 35 anni di anzianità contributiva, per i quali siano scaduti determinati incentivi connessi alla condizione di disoccupato del lavoratore;
· l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di lavoratori disoccupati di qualunque età, titolari di indennità di disoccupazione ordinaria o del trattamento speciale di disoccupazione; questi incentivi sono cumulabili con quelli indicati sopra.
Imprese beneficiare. Possono beneficiarne tutti i datori di lavoro, comprese le società cooperative, che stipulino con il socio un contratto di lavoro subordinato. Condizione per poter fruire degli incentivi da parte del datore di lavoro, è l’assolvimento degli obblighi contributivi, l’osservanza delle norme poste a tutela della sicurezza dei lavoratori, l’applicazione degli accordi e i Ccnl, nonché quelli regionali, territoriali o aziendali; laddove sono stati sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Disoccupati. A favore dei datori di lavoro, che assumono i beneficiari dell’indennità di disoccupazione non agricola che abbiano almeno 50 anni di età, l’art. 2 comma 134 della legge n. 191/2009 riconosce la riduzione contributiva (nella misura stabilita per gli apprendisti).
L’incentivo spetta, nell’ipotesi di trasformazione a tempo indeterminato, prima del 31 dicembre 2010, di un rapporto di lavoro a tempo determinato instaurato nel corso del 2010, a condizione che il lavoratore fosse titolare dell’indennità di disoccupazione alla data dell’assunzione a tempo determinato e abbia compiuto 50 anni alla data della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato e spetta anche in caso di proroga, nel corso del 2010, di un rapporto di lavoro già agevolato ai sensi della medesima norma instaurato con un lavoratore che era titolare dell’indennità.
Al ricorrere delle condizioni previste, ciò che spetta al datore di lavoro è il beneficio della riduzione della quota di contribuzione a carico del datore di lavoro nella misura prevista per gli apprendisti, per la durata del rapporto di lavoro e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2010.
Lavoratori in mobilità. Viene poi riconosciuto il prolungamento della durata della riduzione contributiva, per chi assume lavoratori in mobilità, che abbiano almeno 35 anni di anzianità contributiva, fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento e non oltre la data del 31 dicembre 2010.
Spetta l’incentivo anche in caso di prosecuzione del rapporto di lavoro con dipendente già in forza. Questa prosecuzione, può essere attuata attraverso:
– il solo proseguimento, durante il 2010 del rapporto di lavoro, per il quale sono scadute il 31 dicembre 2009 o nel corso del 2010, le riduzioni contributive (contributo apprendisti);
– la proroga, nel corso del 2010, di un rapporto di lavoro a termine oltre i 12 mesi previsti (art. 8. comma 2 legge n 223/1991).
Al ricorrere di queste condizioni, spetta al datore di lavoro il prolungamento delle riduzioni contributive oltre la scadenza originaria e fino alla data di maturazione, in capo al lavoratore, del diritto al pensionamento (inteso come decorrenza, considerata dunque la cosiddetta finestra d’uscita) e comunque, non oltre la data del 31 dicembre 2010.
Ammissione ai benefici. Gli incentivi sono stati stanziati complessivamente nel limite di 120 milioni di euro. Per garantire tale stanziamento, la direzione centrale entrate dell’Inps, sulla base dell’esito degli accertamenti istruttori operati su ogni singola richiesta, formerà una graduatoria nazionale, dandone pubblicazione sul proprio sito internet.
Se le risorse stanziate non sono sufficienti, l’incentivo viene concesso secondo l’ordine cronologico di decorrenza dell’assunzione, della proroga a tempo determinato o della trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro; mentre nel caso di semplice continuazione del rapporto di lavoro già in essere, si fa riferimento alla data di scadenza dell’agevolazione originaria o, se più recente, la data di maturazione dei 35 anni anzianità contributiva.
Contributo mensile. Per le imprese che non hanno effettuato nei 12 mesi precedenti riduzione di personale avente la stessa qualifica dei lavoratori da assumere, e che non abbiano sospensioni per cassa integrazione, le quali senza esservi tenute, assumono a tempo pieno e indeterminato lavoratori destinati all’indennità di disoccupazione (ovvero del trattamento speciale di disoccupazione edile), un incentivo pari all’indennità spettante al lavoratore.Per ogni mensilità corrisposta al lavoratore, al datore di lavoro spetta un importo mensile che è pari all’indennità che sarebbe spettata al lavoratore assunto, per ogni mensilità o quota di mensilità residue rispetto a quelle già percepite, con esclusione di quanto sarebbe stato riconosciuto a titolo di contribuzione figurativa.
L’incentivo viene erogato attraverso il conguaglio con le somme dovute dai datori di lavoro a titolo di contributi. L’inps procede con la verifica della disponibilità delle risorse finanziarie a fronte delle singole domande e nel caso in cui le risorse non siano sufficienti il beneficio viene concesso secondo l’ordine cronologico di lavoro decorrenza dell’assunzione/trasformazione.
Successivamente alla verifica della sufficienza delle risorse disponibili, viene formata una graduatoria unica a livello nazionale che contiene l’elenco delle aziende ammesse all’incentivo.

Rincarano i contributi per le colf

A partire dal prossimo 10 aprile (prima scadenza contributiva relativa al primo trimestre 2011), è previsto un incremento dovuto alla lievitazione delle retribuzioni convenzionali (variazione dell’indice del costo della vita: più 1.6%) su cui viene calcolata la contribuzione.
Dal 1° gennaio 2011, l’aliquota contributiva per i datori di lavoro domestico non soggetti al contributo Cuaf (cassa unica assegni familiari) è aumentata di 0.22 punti percentuali, raggiungendo l’aliquota contributiva al Fpld degli altri datori di lavoro, pari al 17, 4275%.
L’entità della retribuzione ai fini del versamento contributivo della colf è stabilità dalla legge, che prevede tre determinate fasce di salario orario convenzionale cui corrispondono altrettante fasce di retribuzione.
Per poter calcolare i contributi, è sufficiente ricercare nella tabella che viene riportata, l’importo del contributo orario corrispondente alla retribuzione effettiva che viene corrisposta.
Tale valore deve poi essere moltiplicato per il numero delle ore di lavoro svolte entro l’ultimo sabato del trimestre solare; mentre per i rapporti di lavoro con orario superiore alle 24 ore settimanali (presso lo stesso datore di lavoro), è stabilita una unica retribuzione oraria convenzionale cui nel 2011 corrisponde un contributo orario di 0.99; indipendentemente dalla paga oraria effettiva.

Contributi 2011

Retribuzione oraria effettiva Contributo orario con cuaf Contributo orario senza cuaf *
Fino a 7,34 Euro 1.36 (0,33) 1,37 (0,33)
Da 7,34 a 8,95 Euro 1,54 (0,37) 1,55 (0,37)
Oltre 8,95 Euro 1,88 (0,45) 1,89 (0,45)
+ di 24 ore settimanali 0,99 (0,24) 1,00 (0,24)

*il contributo Cuaf non è dovuto solo nel caso di rapporto tra coniugi e tra parenti o affini entro il terzo grado.
NB Le cifre in parentesi costituiscono la quota a carico del lavoratore.

Porgiamo distinti saluti

DOTT. MONICA MELANI

1° Quaderno: La Collaborazione occasionale

1° Quaderno: La Collaborazione occasionale

QUADERNI DEL CENTRO STUDI
STUDIO DOTT.SA MONICA MELANI
1° QUADERNO: LA COLLABORAZIONE OCCASIONALE

L’Art. 61 del d.lgs 276/2003 e l’art. 4 della legge n. 30 (Legge Biagi) hanno, per la prima volta, dato una definizione legale delle prestazioni occasionali di lavoro autonomo. Si debbono intendere quali prestazioni occasionali i rapporti di durata complessiva non superiore, nell’anno solare, a trenta giorni con la stesso committente; il compenso complessivo annuo che il prestatore percepisce non deve superare € 5.000,00.
La prestazione occasionale è un tipo di collaborazione non subordinata per lavori meramente saltuari. Proprio per la sua “limitata portata”, la prestazione occasionale si distingue da quella di tipo accessorio, resa da particolari categorie di soggetti, e dall’attività di lavoro autonomo vero e proprio, mancando un coordinamento e una continuità nelle prestazioni. Per questo motivo, la collaborazione occasionale non è soggetta all’obbligo contributivo presso la gestione separata Inps.
Nell’ipotesi in cui la collaborazione occasionale perda i suoi requisiti (svolgimento dell’attività per i periodi non superiori a 30 giorni per anno solare e compenso non superiore a € 5.000,00 per anno solare), troveranno applicazione il lavoro a progetto (se c’è l’elemento della coordinazione) oppure il lavoro autonomo (per più prestazioni abituali). In questi casi ci sarà l’obbligo di iscrizione alla gestione separata Inps e del pagamento dei relativi contributi.

L’art. 61 del d.lgs. esclude da questo tipo di rapporto di lavoro occasionale i seguenti soggetti:
§ I professionisti intellettuali, con iscrizione ad apposito albo;
§ Coloro che hanno rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con associazioni o società sportive associate a federazioni nazionali o a enti di promozione sportiva riconosciute dal Coni;
§ I dipendenti di pubbliche amministrazioni;
§ I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società;
§ I partecipanti a collegi e commissioni.

I contratti di lavoro occasionale possono essere applicati a qualsiasi tipologia di attività lavorativa. Nel caso in cui venga superato il parametro temporale del limite dei 30 giorni o quello economico del limite retributivo annuale di € 5.000,00, troveranno applicazione, rispettivamente, le disposizioni previste dall’art. 61 del d.lgs. 276/2003 e dalla circ. 9/2004.
Pertanto, se nel rapporto tra committente e collaboratore è ravvisabile un certo grado di continuità, si applicano le disposizioni previste per il lavoro a progetto.
Nell’ipotesi in cui, invece, il collaboratore percepisca un compenso superiore a € 5.000,00 da uno stesso committente nel medesimo anno solare, ma per una o più prestazioni del tutto singolari ed episodiche, non riconducibili quindi a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro, si applicherà la disciplina del contratto d’opera di cui all’art. 2222 del Codice Civile. In entrambi i casi, nell’ipotesi di superamento del limite annuo retributivo di € 5.000,00 e a prescindere dal numero dei committenti delle prestazioni occasionali, il collaboratore ha l’obbligo di iscrizione alla gestione separata Inps di cui alla legge 335/95 e al pagamento dei relativi contributi (circ. 9/2004).
Nel caso di iscrizione alla gestione separata Inps, ai collaboratori occasioni si applicano le stesse disposizioni previste per i collaboratori a progetto.
Il lavoratore occasionale presta la propria attività dietro pagamento di un corrispettivo assoggettato a ritenuta d’acconto del 20%. Naturalmente il pagamento del corrispettivo non esaurisce tutti gli obblighi fiscali del lavoratore che dovrà pagare, sui propri guadagni complessivi, l’integrazione della aliquota Irpef legata al raggiungimento di specifici scaglioni di reddito.
Per quanto riguarda la contribuzione alla gestione separata Inps, dal 1 gennaio 2010 nel caso in cui il tetto di € 5.000,00 annui sia stato superato, si applicano le seguenti aliquote a seconda dei casi:

Per tutti i non iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria e non pensionati l’aliquota è del 26,00 % oltre allo 0,72% e quindi 26,72%
Per tutti gli iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria o già titolari di pensione, diretta o indiretta 17,00%

Le percentuali sopra indicate devono essere calcolate sulla somma lorda pattuita.
È opportuno che gli accordi presi con la ditta committente siano comunque formalizzati con la sottoiscrizione di un contratto.

CONTRATTO DI COLLABORAZIONE OCCASIONALE
TRA
La ………………….., con sede in ……………………… in persona del legale rappresentante pro tempore ……………… cod. fisc. …………………….. (committente)

E
Il (collaboratore) …………………………..

1. La committente conferisce incarico al ………………. – il quale accetta di prestare la propria attività di collaborazione occasionale avente per oggetto ……………………….
2. Il Collaboratore si impegna a prestare la propria attività in forma di collaborazione occasionale, senza alcun vincolo di subordinazione, secondo le modalità e le richieste che saranno a lui avanzate dagli organi direttivi della società, nei limiti e con le modalità del presente contratto.
3. Le parti prendono atto che ai sensi dell’art. 4 lett. c) n. 2, legge 14 febbraio 2003 n. 30, per rapporti di lavoro meramente occasionali vanno intesi i rapporti di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, e con un compenso complessivo per lo svolgimento della prestazione non superiore a 5.000,00 euro. Qualora il presente contratto e i relativi obbiettivi professionali siano rivisti dalle parti, sarà necessario valutarne la conformità con quanto stabilito dalla suddetta legge. Venendo meno i requisiti anzidetti, il rapporto di collaborazione sarà considerato di natura coordinata e continuativa, con tutti gli effetti di legge previsti ai fino normativi, fiscali e previdenziali.
4. La prestazione avrà inizio con il giorno ……….. per terminare inderogabilmente il giorno ………….
5. Il corrispettivo della prestazione viene stabilito forfettariamente in lordi € …………. Tale somma dovrà essere corrisposta posticipatamente al termine del contratto, al netto delle ritenute di legge. Sarà facoltà delle parti prevedere la corresponsione di acconti. In tal caso le parti concordano di prevedere per ogni fase di lavorazione, la corresponsione dei acconti di pari importo. Nel corrispettivo sopra determinato non si intendono comprese tutte le spese inerenti e conseguenti la prestazione stessa. Il Committente si impegna a versare quanto di sua competenza stabilito dalle normative in essere.
6. In caso di malattia che superi i 15 giorni o di maternità, la scadenza contrattuale si intende prorogata per lo stesso periodo di durata dell’assenza.

7. La committente si impegna a non revocare unilateralmente il presente contratto, se non in caso di grave inadempimento che renda non proseguibile il rapporto fiduciario instaurato. In caso il recesso deve essere comunicato con preavviso di almeno dieci giorni a mezzo raccomandata. Il Collaboratore potrà sempre, se lo ritiene opportuno, far pervenire le proprie osservazioni e contestazioni entro cinque giorni dal ricevimento del preavviso.
8. Controversie. Per tutte le controversie che dovessero sorgere relativamente all’interpretazione del presente contratto, ovvero alla sua applicazione, si espleterà un tentativo di conciliazione presso la direzione Provinciale.
9. Per tutto quanto non previsto nel presente contratto si intendono qui riportate le norme vigenti in materia purché non in contrasto con quanto qui previsto.
10. Tutte le clausole del presente atto sono da intendersi essenziali ed inderogabili, talché l’inosservanza di anche una sola di esse produrrà ipso iure la risoluzione del contratto, con obbligo del risarcimento dei danni a carico della parte che si sarà resa inadempiente.
11. Il Committente, inoltre, dovrà provvedere a sollevare da ogni responsabilità civile il collaboratore e provvedere a stipulare in proprio idonea polizza assicurativa in favore del Collaboratore a copertura dei seguenti rischi: responsabilità civile verso terzi, ivi comprese le spese legali ed i danni arrecati eventualmente alla società; tutela giudiziaria.

Letto, confermato e sottoscritto.

Luogo e data

La bozza di contratto riportata è l’esempio più semplice di un contratto di collaborazione occasionale fra i privati contenente alcune disposizioni assolutamente inderogabili e poche altre norme che possono essere oggetto di trattativa.
Per il prestatore d’opera non ci sono obblighi di nessun tipo, tranne quello di emissione della ricevuta nel momento in cui si percepisce il compenso: è infatti il caso di precisare che le somme incassate a fronte di prestazioni intellettuali seguono un criterio denominato di cassa e vanno dichiarate (unitamente agli eventuali altri redditi realizzati) nella dichiarazione relativa all’anno in cui le stesse sono state effettivamente incassate.
Il pagamento deve avvenire alla scadenza contrattuale. In assenza di uno specifico accordo scritto fra le parti, il pagamento deve essere effettuato non oltre i 30 giorni dal termine del rapporto previsto contrattualmente. Superati questi termini, il d.lgs. 231 del 2002 prevede che si possano applicare gli interessi di mora.
Il decreto legislativo citato tratta della “Attuazione della direttiva europea 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali” e prevede l’applicazione di uno spread del 7% al tasso fissato dalla Bce. Il tasso di interesse di mora viene aggiornato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nel primo mese del semestre in corso (gennaio, luglio di ogni anno).
La somma che viene pagata in meno rispetto a quella pattuita (€ 250,00 nella bozza di quietanza più oltre riprodotta) rappresenta la ritenuta Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) che il committente – che in questo caso prenderà la denominazione di “sostituto di imposta” – trattiene in sede di pagamento della prestazione, ma riserva all’erario nei tempi e con le modalità previste dalla norma vigente.

Vedi la bozza di quietanza che segue.

Porgiamo distinti saluti.
DOTT.SSA MONICA MELANI

BOZZA DI QUIETANZA

NOME E COGNOME DEL COLLABORATORE
INDIRIZZO DEL COLLABORATORE

CODICE FISCALE DEL COLLABORATORE

Spett.le
Ditta

Milano, ……………

QUIETANZA:
Io sottoscritto ……………. dichiaro di aver ricevuto in data odierna dalla Ditta …………………….. le somme sotto indicate a fronte delle prestazioni rientranti in rapporto di prestazione di lavoro autonomo occasionale

Spettanze per ………………… € 1.250,00

TOTALE IMPONIBILE € 1.250,00

– Ritenuta d’acconto 20% sull’imponibile € 250,00

TOTALE A VOSTRO DEBITO (*) € 1.000,00

Trattasi di prestazione occasionale ai sensi dell’art. 67 lett. L del Tuir 917/86 e fuori campo Iva ai sensi dell’art. 5 dpr 26/10/1972 n. 633 e successive modifiche ed integrazioni.

(*) Le eventuali marche da bollo per la contabilità della ditta committente sono a carico della stessa.

Precisazioni iscrizione Enti Bilaterali

Precisazioni iscrizione Enti Bilaterali

OGGETTO: circolare sulle precisazioni riguardanti l’obbligo di iscrizione agli enti bilaterali

Gli enti bilaterali sono organismi “paritetici”, perché costituiti equamente, cioè nello stesso numero, dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro di una determinata categoria professionale. Il loro scopo è quello di promuovere iniziative nel comune interesse dei contraenti, con il fine di fornire alle imprese e ai lavoratori l’opportunità di usufruire di servizi, finanziamenti e strumenti a sostegno dello sviluppo professionale, imprenditoriale e umano.
Attraverso il Collegato Lavoro, il Legislatore ne ha ampliato le competenze, promuovendone il ruolo in tema di incontro tra domanda e offerta di lavoro, di certificazione dei contratti di lavoro e di gestione mutualistica di fondi per l’integrazione del reddito nei settori non coperti dalla cassa integrazione.
A seguito dell’introduzione della riforma Biagi del 2003, ci si interroga sull’obbligatorietà o meno del versamento contributivo agli enti bilaterali e conseguente iscrizione.
Nella Circolare n. 43 del 15 dicembre 2010 del Ministero del Lavoro, si legge come non sia obbligatoria l’iscrizione all’ente bilaterale, ma l’obbligo di iscrizione e contribuzione sussiste solo per i datori di lavoro che aderiscono ad una delle associazioni stipulanti il contratto collettivo.

Sezione del CCNL in cui si può trovare l’iscrizione all’ente

Risulta difficile collocare la disciplina contrattuale dell’ente bilaterale nelle due parti previste dal contratto collettivo, in quella economico/normativa o in quella cosiddetta “obbligatoria”.
Tutto ciò che si trova nella parte economico/normativa fa sorgere genericamente un diritto inderogabile per il lavoratore, sia che esso dipenda da un datore iscritto ad una delle associazioni stipulanti il contratto collettivo, sia in caso contrario (per esempio diritto ai minimi retributivi, all’inquadramento, all’orario di lavoro, al periodo di prova). Dalla parte “obbligatoria” invece, scaturiscono obbligazioni per i contraenti, e gli istituti che vengono regolamentati in questa parte vincolano solo i datori di lavoro che, attraverso le associazioni sindacali al quale aderiscono, sottoscrivono il contratto collettivo.
Si può affermare che le clausole che impongono l’adesione agli enti bilaterali vanno collocate nell’ambito della parte “obbligatoria” del contratto, e vincolano solo i datori di lavoro che lo hanno sottoscritto. Questo perché non vi può essere un obbligo generalizzato d’iscrizione agli enti bilaterali, perché altrimenti verrebbero violati i principi costituzionali di libertà sindacale negativa e le regole del diritto comunitario della concorrenza.

OGGETTO: circolare sulle precisazioni riguardanti l’obbligo di iscrizione agli enti bilaterali

Gli enti bilaterali sono organismi “paritetici”, perché costituiti equamente, cioè nello stesso numero, dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro di una determinata categoria professionale. Il loro scopo è quello di promuovere iniziative nel comune interesse dei contraenti, con il fine di fornire alle imprese e ai lavoratori l’opportunità di usufruire di servizi, finanziamenti e strumenti a sostegno dello sviluppo professionale, imprenditoriale e umano.
Attraverso il Collegato Lavoro, il Legislatore ne ha ampliato le competenze, promuovendone il ruolo in tema di incontro tra domanda e offerta di lavoro, di certificazione dei contratti di lavoro e di gestione mutualistica di fondi per l’integrazione del reddito nei settori non coperti dalla cassa integrazione.
A seguito dell’introduzione della riforma Biagi del 2003, ci si interroga sull’obbligatorietà o meno del versamento contributivo agli enti bilaterali e conseguente iscrizione.
Nella Circolare n. 43 del 15 dicembre 2010 del Ministero del Lavoro, si legge come non sia obbligatoria l’iscrizione all’ente bilaterale, ma l’obbligo di iscrizione e contribuzione sussiste solo per i datori di lavoro che aderiscono ad una delle associazioni stipulanti il contratto collettivo.

Sezione del CCNL in cui si può trovare l’iscrizione all’ente

Risulta difficile collocare la disciplina contrattuale dell’ente bilaterale nelle due parti previste dal contratto collettivo, in quella economico/normativa o in quella cosiddetta “obbligatoria”.
Tutto ciò che si trova nella parte economico/normativa fa sorgere genericamente un diritto inderogabile per il lavoratore, sia che esso dipenda da un datore iscritto ad una delle associazioni stipulanti il contratto collettivo, sia in caso contrario (per esempio diritto ai minimi retributivi, all’inquadramento, all’orario di lavoro, al periodo di prova). Dalla parte “obbligatoria” invece, scaturiscono obbligazioni per i contraenti, e gli istituti che vengono regolamentati in questa parte vincolano solo i datori di lavoro che, attraverso le associazioni sindacali al quale aderiscono, sottoscrivono il contratto collettivo.
Si può affermare che le clausole che impongono l’adesione agli enti bilaterali vanno collocate nell’ambito della parte “obbligatoria” del contratto, e vincolano solo i datori di lavoro che lo hanno sottoscritto. Questo perché non vi può essere un obbligo generalizzato d’iscrizione agli enti bilaterali, perché altrimenti verrebbero violati i principi costituzionali di libertà sindacale negativa e le regole del diritto comunitario della concorrenza.

L’obbligatorietà della prestazione equivalente

La mancata adesione, e in particolare il mancato versamento dei contributi agli enti bilaterali, si traduce in minori prestazioni e in un conseguente svantaggio economico per il lavoratore non iscritto. Partendo da questa considerazione, il ministero del lavoro focalizza l’attenzione sul diritto del lavoratore, non di trovarsi iscritto all’ente, quanto di poter fruire al pari degli altri lavoratori del settore, delle prestazioni fornite dal sistema della bilateralità.
Per questo è necessario che i contraenti del CCNL prevedano per i lavoratori non iscritti al sistema bilaterale, uno specifico riconoscimento in capo al prestatore di alternative forme di tutela (per es. sottoscrizione di polizze sanitarie o di previdenza integrativa) anche attraverso una loro quantificazione economica.
Di conseguenza, riconosciuto da parte del contratto collettivo di riferimento che una determinata prestazione rappresenta un diritto contrattuale del singolo lavoratore, l’iscrizione all’ente bilaterale rappresenta solo una modalità per adempiere al corrispondente obbligo del datore di lavoro.
Invece, dove espressamente previsto dai contratti collettivi, ogni singolo prestatore di lavoro matura un diritto contrattuale di natura retributiva nei confronti di quei datori di lavoro non aderenti al sistema bilaterale di riferimento che può essere adempiuto attraverso il riconoscimento di una somma o di una prestazione equivalenti a quella erogata dal sistema bilaterale di riferimento, sempre nei limiti degli importi stabiliti dalla contrattazione collettiva.

Obbligo di iscrizioni agli enti bilaterali e prestazioni equivalenti

Il datore di lavoro è iscritto ad una Si -sussiste l’obbligo di iscrizione e di contribuzione all’ Ente
associazione firmataria di un CCNL bilaterale, sulla base della delega per rappresentanza
rilasciata in favore dell’associazione datoriale contraente il CCNL
No le prestazioni predisposte dall’Ente bilaterale in favore del
Il datore di lavoro aderisce Si lavoratore sono finanziate dalla contribuzione degli iscritti.
volontariamente all’ente bilaterale?

No
Il CCNL prevede un versamento Si –tali misure compensative sono da riferire alla parte
a favore del lavoratore di una somma economico-normativa del CCNL;
forfettaria o anche della erogazione -sussiste l’obbligo per il datore di farsene carico direttamente
diretta di prestazioni equivalenti a
quelle dell’Ente bilaterale? No -non sussiste alcun obbligo per il datore di lavoro

Porgiamo distinti saluti.
DOTT. MONICA MELANI

Novità legge finanziaria: i premi di produttività

Novità legge finanziaria: i premi di produttività

SPETT. CLIENTELA

NOVITA’ LEGGE FINANZIARIA: I PREMI DI PRODUTTIVITA’

Previsto dalla manovra estiva di quest’anno, il contratto di produttività incentiva il ricorso al salario di produttività aziendale con il riconoscimento di uno sconto fiscale di lavoratori (imposta sostitutiva Irpef al 10%) e di uno sconto contributivo sia ai lavoratori (100%) che ai datori di lavoro (25%). Si applicherà per la prima volta nell’anno 2011. L’incentivo fiscale (che in pratica ripropone la “detassazione”) sarà riconosciuto fino ad massimo di sei mila euro di salario e soltanto a favore dei lavoratori, con reddito riferito al 2010 non superiore a 40 mila euro. Lo sgravio contributivo è vincolato alla quota del salario di produttività e, comunque, al 5% della retribuzione annua dei lavoratori.

Contratto di produttività, detassazione e decontribuzione.
Introdotto dalla legge n. 122/2010 (la manovra estiva), il contratto di produttività riproduce, in unico schema, i due incentivi della “detassazione” e della “decontribuzione” già operativi negli anni passati. Incentivi che si applicano alle quote di retribuzione previste da accordi o contratti collettivi territoriali oppure aziendali, correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa e collegate ai risultati riferiti all’andamento economico o agli utili dell’impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale.
La legge di stabilità come previsto nella manovra estiva, procede alla “determinazione del sostegno fiscale e contributivo”, così rendendo operativo il nuovo istituto per il prossimo anno.

Due gli incentivi previsti dal contratto di produttività: una detassazione e una decontribuzione. La prima agevolazione si applica con esclusivo riferimento dei lavoratori dipendenti e prevede che, sulle quote di retribuzioni previste dal contratto, al massimo fino a sei mila euro lordi di retribuzione, si applica un’ imposta sostitutiva dell’Irpef (incluse le addizionali regionali e comunali) di misura pari al 10%, con esclusivo riferimento ai lavoratori che risultino, nel 2010, titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore a 40 mila euro.

La seconda agevolazione interessa sia i lavoratori che i rispettivi datori di lavoro.

Consiste di uno sgravio contributivo applicabile sempre sulle quote di salario relative al contratto di produttività. Ai lavoratori la riduzione contributiva è totale (100%), che significa un ulteriore aumento di netto paga attorno al 9-10%, quant’è cioè la ritenuta contributiva subita mensilmente in busta paga. I datori di lavoro, invece, ricavano uno sconto contributivo del 25%. In ogni caso, l’importo annuo massimo di salario assoggettabile allo sgravio contributivo è pari al 5% della retribuzione contrattuale che viene percepita dai lavoratori. Richiamando le norme della legge n. 247/2007 (attuazione del protocollo sul welfare), la legge di stabilità vincola l’incentivo contributivo alle risorse stanziate che, anche per l’anno 2011, ammontano a 650 milioni di euro.

Contratti di produttività

Riguarda

I lavoratori dipendenti

Quando si applica

Opera con riferimento alle somme erogate in virtù di accordi o contratti collettivi, territoriali o aziendali, e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegate ai risultati dell’andamento economico o agli utili dell’impresa o a ogni altro elemento rilevante per il miglioramento della competitività aziendale.

Vantaggio fiscale

Vale a favore solo dei lavoratori. Prevede l’applicazione dell’imposta sostitutiva dell’ Irpef (10%) fino a un massimo di 6 mila euro di retribuzione a favore dei lavoratori con reddito, nel 2010, non superiore a 40 mila euro.

Vantaggio contributivo

Vale a favore sia dei lavoratori che dei datori di lavoro. Consiste di uno sgravio contributivo, totale (100%) per i lavoratori e parziale (25%) per i datori di lavoro, fino a un importo annuo massimo di salario pari al 5% della retribuzione annuale.

Porgiamo distinti saluti.

Dott. MONICA MELANI

I requisiti dei Contratti di lavoro a progetto

I requisiti dei Contratti di lavoro a progetto

SPETT. CLIENTELA

OGGETTO: Circolare sul principio n. 17/2010 della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, sui requisiti dei contratti di lavoro a progetto.

Il principio n. 17/2010 della fondazione studi dei consulenti del lavoro è un documento che opera un’analisi del lavoro a progetto alla luce del collegato lavoro e della giurisprudenza di merito.
Per quanto riguarda il coordinamento, uno dei requisiti fondamentali del lavoro a progetto, introdotto per la prima volta dal dlgs n. 276/2003 (riforma Biagi) è il coordinamento. Infatti, la disciplina normativa stabilisce che nel contratto devono essere presenti le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sull’esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicare l’autonomia nell’esecuzione dell’obbligazione lavorativa. Pur tuttavia, nel documento dei consulenti si apre alla possibilità che la previsione di fasce orarie vincolanti per il collaboratore, entro cui svolgere la prestazione, non siano incompatibili con il lavoro a progetto, purchè il rispetto risulti necessario in funzione del coordinamento tra il collaboratore stesso e l’organizzazione del committente.
Per quanto riguarda i requisiti del progetto, programma o fase di esso; secondo la fondazione appare più complesso e contrastante l’orientamento sui requisiti del progetto, programma o fase di esso, anche in considerazione del fatto che la norma prevede solamente la specificità del progetto e l’indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, nel suo contenuto caratterizzante. Riguardo al primo aspetto (la specificità), ne deriva che il progetto non può essere standardizzato per una pluralità di contratti e identificarsi con l’attività aziendale; che il progetto deve essere adeguatamente descritto e non può consistere in una mera e semplice descrizione delle mansioni del lavoratore senza alcun accenno all’obiettivo che s’intende raggiungere e alle attività funzionali per il suo raggiungimento richiedendo una articolazione strutturata di fasi e tempi di lavoro, un’attività precisa (delimitata funzionalmente e temporalmente) cui inerisce un chiaro risultato finale. Peraltro, anche l’enunciazione delle caratteristiche complete (inclusi mezzi, situazioni o tappe di percorso, stato iniziale e finale) del progetto appare essere essenziale.
E’ il progetto, e non anche il programma, che deve essere specifico; il progetto non deve aver un particolare contenuto professionale e può anche coincidere con l’oggetto sociale della società laddove mantenga una sua compiutezza e sia in grado di determinare strutturalmente e temporalmente la collaborazione richiesta.
Il concetto di progetto, aggiunge la fondazione, sembra richiamare alla mente prestazioni di tipo intellettuale o creativo, per contro il concetto di fase ovvero programma di lavoro è riferibile ad attività più propriamente esecutive.
Un progetto eccessivamente astratto, svolto con uno specifico controllo del datore di lavoro raffigura un rapporto di lavoro subordinato. La previsione di un budget annuale e trimestrale di vendita e dei relativi bonus non appare come elemento estraneo al progetto e quindi al risultato richiesto.
Per quanto riguarda il rinnovo e proroga dei contratti, secondo la fondazione nella generalità dei casi per ogni progetto o programma di lavoro si deve prevedere un solo contratto di lavoro; è tuttavia possibile per le parti ricondurre ad unico contratto diversi progetti, programmi o fasi di essi.
Il contratto a progetto può essere prorogato quando ciò si renda necessario per la realizzazione del progetto stesso che non si è concluso nei tempi previsti in origine. Tale circostanza si rende possibile trattandosi di una semplice modifica temporale del contratto il cui oggetto rimane comunque immutato.
La fondazione segnala, tuttavia, che la reiterazione di contratti a progetto tra le medesime parti potrebbe apparire finalizzata a soddisfare un’esigenza non temporanea del committente, nonché ad eludere la delimitazione temporale tipica del lavoro a progetto e, quindi, in tal caso è opportuno che la prova dei requisiti di legittimità dei singoli contratti (e in modo particolare la prova della sussistenza dei diversi progetti) sia particolarmente rigorosa.
Per dare una maggiore certezza ai rapporti di lavoro a progetto e in particolar modo a queste ipotesi di pluralità dei contratti può essere utilizzato anche l’istituto della certificazione dei contratti.

SANZIONI:

Il dlgs n. 276/2003 prevede un rigoroso apparato sanzionatorio per le ipotesi di mancanza del progetto.
Nel caso in cui il contratto di co.co.co. sia instaurato senza l’individuazione di un progetto o programma di lavoro o fase di esso, cioè quando la sua mancanza sia rilevabile a prescindere dal requisito formale, viene a mancare uno dei requisiti legali essenziali del tipo contrattuale in questione, il quale quindi neppure si configura. La legge stabilisce infatti, che i contratti di lavoro co.co.co. senza progetto “sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato”, sin dal momento della loro costituzione.

Porgiamo distinti saluti.

Dott. MONICA MELANI

Apprendistato, le novità

Apprendistato, le novità

APPRENDISTATO, LE NOVITA’

È stata siglata il 27 ottobre 2010 un’intesa tra governo, regioni, province autonome e parti sociali per il rilancio dell’apprendistato che contiene la presa d’atto di alcune criticità dell’istituto. L’intesa infatti si basa sulla presa d’atto che l’apprendistato, nelle sue tre tipologie pur rappresentando oggi il principale canale di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro secondo percorsi di qualità utili a valorizzare e accrescere le competenze delle persone e sostenere la produttività del lavoro vede la sua utilizzazione ridotta e ancor più vede poco meno del 20% degli apprendisti ricevere una qualche forma di formazione. Le motivazioni risiedono probabilmente nella riconosciuta complessità della normativa di riferimento e l’incerto riparto di competenze tra Stato, Regioni e parti sociali che determina la necessità di concertazione tra tutti gli attori coinvolti al fine di garantire certezza per le imprese. Oltre a questo l’intesa si preoccupa di rimarcare il mancato utilizzo di alcune forme di apprendistato quali quelle legati al dovere di istruzione e formazione e di alta formazione rilanciate dagli articoli 48 e 50 del decreto legislativo n. 276 del 2003 (Legge Biagi) che ha cercato di proporre il rilancio dell’intero istituto ed in specifico di queste forme, attraverso l’effettività e l’efficacia della formazione, cose che impongono una maggiore valorizzazione della componente della formazione aziendale e un maggiore coinvolgimento delle parti sociali e della bilateralità.

L’intesa si propone di rilanciare l’istituto basandosi sul cercare di dare un nuovo impulso alla occupazione giovanile in apprendistato conferendo, per lavoratori e imprese, immediata certezza al quadro giuridico e istituzionale di riferimento attraverso una fase di transizione di dodici mesi nella quale, in attesa della definizione di una revisione e di un definitivo chiarimento della normativa vigente e attraverso la conferma del quadro di operatività dell’apprendistato professionalizzante, come disposto dai commi 5 e 5-bis dell’articolo 49 del decreto legislativo n. 276 del 2003. Tutto ciò con particolare riferimento alla funzione surrogatoria dei contratti collettivi nazionali di lavoro e degli accordi interconfederali là dove la Regione non abbia regolamentato la materia d’intesa con le associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale ed anche e soprattutto nel confermare, per le ipotesi di cui al comma 5-ter dell’articolo 49 del decreto legislativo n. 276 del 2003, in materia di formazione esclusivamente aziendale (anche alla luce della sentenza n. 176 del 2010 della Corte costituzionale), le previsioni contenute nei contratti collettivi e negli accordi interconfederali che hanno disciplinato l’apprendistato professionalizzante e che rimangono valide per le Regioni che non hanno già provveduto a definire compiutamente la normativa ai sensi dell’articolo 49, commi 5 e 5-ter, del citato decreto legislativo n. 276 del 2003. Questa attività, precisa l’intesa, si baserà su una mappatura condivisa della normativa correttamente applicabile Regione per Regione, settore per settore con delle linee guida condivise per la riforma dell’apprendistato professionalizzante secondo la delega contenuta nella legge n. 247 del 2007 in corso di riattivazione nell’ambito del disegno di legge “cosiddetto collegato lavoro” valorizzando la formazione aziendale di tipo formale, la risorsa della bilateralità, il ruolo dei fondi interprofessionali e la tracciabilità sul libretto formativo del cittadino, nonché con la creazione di un quadro più razionale ed efficiente dei tirocini formativi e di orientamento al fine di valorizzarne le potenzialità in termini di occupabilità e pervenire gli abusi e l’utilizzo distorto degli stessi e di altre tipologie contrattuali (in particolare il lavoro a progetto) in concorrenza con il contratto di apprendistato.
Infine, l’intesa si occupa di porre l’accento su uno dei problemi più sentiti dalle aziende, quello che vivono le imprese con sedi operative in più regioni.; superare uno dei problemi più sentiti in questo ambito, stabilendo che per l’attivazione dei contratti di apprendistato e per i tirocini formativi e di orientamento trova applicazione su tutto il territorio nazionale la sola regolamentazione della Regione dove l’impresa ha la propria sede legale.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Valutazione del rischio stress

Valutazione del rischio stress

VALUTAZIONE DEL RISCHIO STRESS
Decorrenza dal 31/12/2010 delle fasi di valutazione

La data del 31 dicembre 2010, fissata dal T.u. sicurezza come decorrenza dell’obbligo di valutazione del rischio stress lavoro correlato, va intesa come data di avvio e non di conclusione delle attività di valutazione. È quanto precisano le istruzioni della Commissione consultiva permanente al nuovo adempimento a carico dei datori di lavoro, approvate il 17 novembre e diffuse dal ministero del lavoro con nota protocollo n. 23692/2010. Le istruzioni, che rappresentano il livello minimo di attuazione del nuovo obbligo per tutti i datori di lavoro, pubblici e privati (se osservate, dunque, escludono la sanzionabilità), indicano una metodologia su due fasi: la prima necessaria, la seconda eventuale.

Le indicazioni della Commissione hanno il fine di aiutare imprese e datori di lavoro nelle difficoltà operative circa l’individuazione di corrette modalità di attuazione del nuovo obbligo di valutazione, tra i rischi per la sicurezza sul lavoro, di quello cosiddetto stress lavoro correlato. In tal senso, dunque, individuano un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo, valevole per tutti i datori di lavoro pubblici e privati che, se correttamente attuato, esclude la sanzionabilità (ai sensi del T.u. sicurezza).

DEFINIZIONE DI STRESS LAVORO
E’ la “condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettativa riposte in loro”. Tuttavia, spiega la Commissione, non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro sono considerarsi come stress lavoro correlato; quest’ultimo è solo quello causato da vari fattori propri del contesto e del contenuto del lavoro.

La valutazione del rischio stress lavoro è parte integrante della valutazione dei rischi e va effettuata dal datore di lavoro avvalendosi del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp) con il coinvolgimento del medico competente, laddove presente, e previa consultazione del rappresentante dei lavoratori (Rls/Rlst).
La valutazione del rischio stress lavoro correlato deve essere compiuta con riferimento a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori compresi dirigenti e preposti. Non riguarda i singoli, ma gruppi omogenei di lavoratori che risultino esposti a rischi dello stesso tipo in base a una individuazione che il datore di lavoro può fare autonomamente (per esempio, lavoratori che svolgono la stessa mansione; i turnisti; i dipendenti di un settore ecc,).
Si renderà una necessaria una fase preliminare ed un’altra eventuale e successiva ossia da attivare nel caso in cui la valutazione preliminare abbia rivelato elementi di rischio e le misure di correzione, di conseguenza adottate dal datore di lavoro, si rivelino inefficaci. La valutazione preliminare consiste nella rilevazione di indicatori oggettivi e verificabili, ove siano numericamente apprezzabili, appartenenti quanto meno alle tre distinte famiglie indicate nella tabella che segue. Se dalla valutazione preliminare non emergono elementi di rischio, il datore di lavoro è tenuto solo a darne conto del Documento di valutazione dei rischi (Dvr) e a prevedere un piano di monitoraggio.

Se, invece, emergono elementi di rischio allora il datore di lavoro deve procedere ad azioni correttive pianificando gli opportuni interventi anche mediante una successiva fase di valutazione approfondita.
Nei casi in cui dalla valutazione preliminare emergano elementi di rischi il datore di lavoro è tenuto a procedere immediatamente alla pianificazione e all’adozione degli opportuni interventi correttivi. Ad esempio, potrà trattarsi di interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi. Se anche tali interventi correttivi dovessero risultare inefficaci, il datore di lavoro dovrà procedere alla successiva fase cosiddetta di valutazione approfondita, già prevista (quanto ai tempi) in sede di pianificazione degli interventi successivi alla valutazione preliminare. La valutazione approfondita, spiegano le istruzioni della Commissione, deve prevedere la valutazione delle percezione soggettiva dei lavoratori. E’ possibile utilizzare differenti strumenti quali questionari, focus Group, interviste semi-strutturate, tutti incentrati sempre sulle tre famiglie di indicatori. Tale fase di indagine deve far riferimento ai gruppi omogenei di lavoratori rispetto ai quali sono state rilevate le problematiche. Nelle aziende di grandi dimensioni può essere realizzata anche tramite un campione rappresentativo di lavoratori.

La Commissione, infine, precisa che la data del 31 dicembre 2010 di decorrenza del nuovo obbligo va intesa come data “di avvio” delle attività di valutazione, di cui il datore di lavoro dovrà rendere conto (insieme alla data finale e ai risultati conseguiti) nel documento di valutazione dei rischi. Dal 31/12/2010 terranno conto gli ispettori in sede di vigilanza.

DEROGA PER LE PICCOLE AZIENDE.
Una deroga è prevista in tema di valutazione approfondita a favore delle piccole aziende. Infatti, le istruzioni della Commissione stabiliscono che, nelle imprese che occupano fino a cinque lavoratori, il datore di lavoro può scegliere di utilizzare modalità di valutazione alternative, come per esempio le riunioni, a patto che garantiscano comunque il coinvolgimento diretto dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia.

GLI INDICATORI DI STRESS
Famiglie di indicatori Esempi
Eventi sentinella Indici infortunistici; assenze per malattia; turnover; procedimenti e sanzioni; segnalazioni del medico competente
Fattori di contenuto del lavoro (1) Ambiente di lavoro e attrezzature; carichi e ritmi di lavoro; orario di lavoro e turni; corrispondenza tra competenze dei lavoratori e requisiti professionali richiesti
Fattori di contesto del lavoro (1) Ruolo nell’ambito dell’organizzazione; autonomia decisionale e controllo; conflitti interpersonali al lavoro; evoluzione e sviluppo di carriera
(1) Per questi fattori occorre sentire i lavoratori e/o il Rls/Rlst. Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile sentire un campione rappresentativo di lavoratori

DOTT.SSA MONICA MELANI