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diritti malati oncologici e dei loro familiari

diritti malati oncologici e dei loro familiari

Spett.le clientela

Oggetto: Malati oncologici: diritti dei malati oncologici e dei loro familiari.

Il Servizio Sanitario Nazionale, attraverso leggi specifiche, sostiene i malati oncologici tutelando le condizioni di:
INVALIDITA’: riduzione permanente della capacità lavorativa o, per i minori di 18 anni e gli ultrasessantacinquenni, difficoltà persistente a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
INABILITA’: assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa.
HANDICAP: minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa, tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
E’ importante ottenere per tutti i malati oncologici il riconoscimento dell’invalidità civile che è il presupposto indispensabile per poter accedere ai benefici economici, assistenziali e previdenziali.
Per il riconoscimento dell’invalidità civile e dell’handicap:
– ritirare presso l’Ufficio Invalidi dell’ASL di appartenenza i moduli necessari per il riconoscimento dell’invalidità
– compilare la parte dei documenti a cura del richiedente
– richiedere al medico di famiglia (MMG) la compilazione dei documenti di sua competenza
– allegare alla domanda la documentazione sanitaria
– presentare all’Ufficio Invalidi la documentazione compilata per la visita medica di accertamento.
Per accedere anche ai benefici previsti dalla legge sull’handicap, evitando di essere sottoposti a due visite medico legali, è possibile richiedere un’unica visita per l’accertamento dei requisiti previsti da entrambi le leggi (invalidità civile e handicap).
In base alla legge 80/2006 la visita di accertamento dovrà essere effettuata entro 15 giorni dalla data di presentazione della domanda.
Gli esiti dell’accertamento sono immediatamente produttivi dei relativi benefici.
La legge 104/1992 garantisce anche agli ammalati oncologici, il pieno rispetto della dignità umana, infatti dà la possibilità di chiedere e ottenere:
– riduzione di 2 ore giornaliere di lavoro (indennità per le 2 ore giornaliere a carico INPS)
– precedenza in una eventuale scelta della sede lavorativa (per l’ammalato o per i parenti/conviventi)
– un permesso fino a tre giorni mensili per i parenti fino al 3° grado e per i conviventi (indennità a carico INPS)
– eventuale congedo straordinario retribuito per lavoratori dipendenti. (indennità a carico INPS)
L’INPS, con la circolare 3 dicembre 2010, n. 155, e successivamente con Mess. 25 gennaio 2011, n. 1740 ha illustrato le novità introdotte in materia dell’art. 24, legge 4 novembre 2010, n.183.

Soggetti beneficiari.
L’art. 33, c. 3, legge 104/1992, come modificato dall’art. 24, c.1, legge 183/2010, prevede che il lavoratore dipendente che assista una persona in stato di handicap, ha diritto a fruire, anche in maniera continuativa, di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, a condizione che sia:
– coniuge della persona assistita;
– parente o affine alla persona assistita entro il secondo grado (genitori, figli, nonni, fratelli, sorelle, nipoti in linea retta, suoceri, nuore generi, cognati);
– parenti e affini di terzo grado della persona assistita (zii, nipoti in linea collaterale, bisnonni, pronipoti in linea retta, zii acquisiti, nipoti acquisiti), soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona assistita abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, o siano anch’essi affetti da patologie invalidanti, o siano deceduti o mancanti (infatti il legislatore ha ritenuto oltremodo onerosa, se non impossibile, l’attività assistenziale svolta da familiari in età avanzata o affetti da patologia invalidante (Circ. INPS 3 dicembre 2010, n.155).
L’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata quale divorzio, separazione legale o abbandono.
Per patologie invalidanti si intendono quelle a carattere permanente indicate dall’art. 2 c.1, lett. d), nn. 1, 2 e 3, D.M. 21 luglio 2000, n. 278.
Per quanto concerne le patologie invalidanti di cui siano affetti i genitori o il coniuge della persona assistita, il parente o affini entro il terzo grado, se interessato a fruire dei permessi, dovrà allegare in busta chiusa indirizzata al Centro Medico Legale territorialmente competente la documentazione sanitaria inerente lo stato di salute del coniuge e/o del/dei genitori utile e idonea a comprovare la patologia invalidante stessa.
Gravità dell’handicap.
Si considerano portatori di handicap grave i soggetti colpiti da una minorazione singola o plurima che abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e quella di relazione.
La gravità deve essere accertata da apposita commissione medica costituita presso l’ASL di appartenenza.
Sulle modalità dell’accertamento si veda quanto precisato con Circ. INPS 3 marzo 2006, n.32.
Ricovero del disabile a tempo pieno.
Presupposto per la concessione dei benefici è che la persona in situazione di disabilità grave non sia ricoverata a tempo pieno.
Per ricovero a tempo pieno si intende quello per le intere ventiquattro ore presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa.
I permessi tuttavia possono essere ugualmente fruiti dai soggetti aventi diritto:
– nel caso di interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile grave di recarsi al di fuori della struttura sanitaria per effettuare visite o terapie appositamente certificate (Mess. INPS 28 maggio 2010, n.14480);
– nel caso di stato vegetativo persistente del disabile grave con prognosi infausta a breve termine;
– nel caso di un minore disabile grave per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare.
Continuità, esclusività e convivenza.
Per effetto del nuovo disposto normativo, che ha modificato l’art. 20, c. 1, legge 53/2000, eliminando i presupposti dell’esclusività e della continuità, possono fruire dei permessi i soggetti aventi diritto anche se non conviventi con la persona assistita e anche se l’assistenza viene prestata in modo non esclusivo e non continuativo.
Pertanto, tra la documentazione richiesta, non dovrà più essere prodotta all’INPS la dichiarazione relativa alla sistematicità e adeguatezza dell’assistenza.
Non può essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente la possibilità di fruire dei giorni di permesso per l’assistenza della stessa persona.
È appena il caso di sottolineare che l’esclusività del beneficio va intesa nel senso che fruitore dei permessi può essere solo un lavoratore per la stessa persona, mentre non è escluso che vi possano essere altre persone ( lavoratori dipendenti o meno) che prestano la propria assistenza in concomitanza o in alternativa col fruitore dei permessi.
Riproporzionamento dei permessi per assistenza a disabili.
In caso di assistenza per periodi inferiori ad un mese, i 3 giorni di permesso mensili spettanti devono essere riproporzionati.
Anche in caso di ridotta entità della prestazione lavorativa, come nel caso di part-time verticale o di cassa integrazione, il diritto di godimento dei tre giorni di permesso mensili è soggetto a riproporzionamento applicando un apposito algoritmo riportato nel messaggio INPS 18 novembre 2009, n. 26441, così come specificato:
X: A= B:C
Dove A) corrisponde al numero di giorni di lavoro effettivi, B) a quello dei tre giorni teorici, C) a quello dei giorni lavorativi.
Lo sviluppo della predetta proporzione permette di determinare l’entità delle giornate di permesso fruibili per ciascun mese, arrotondando il risultato all’unità inferiore o superiore a secondo che la frazione sia 0.50 o superiore.
Rendendo numerico l’esempio possiamo formulare la seguente ipotesi:
– giorni lavorati nella settimana: 2
– giorni lavorativi nella settimana: 5
– giorni di permesso mensili: 3
Sostituendo i caratteri numerici alle lettere avremo: X: 2= 3 : 5
Il risultato 1,20 viene arrotondato a 1 e pertanto al lavoratore spetta un solo giorno di permesso.
I tre giorni di permessi mensili possono essere usufruiti sulla base del seguente algoritmo di calcolo, da applicare alle generalità dei lavoratori con orario normale di lavoro determinato su base settimanale, ai fini della quantificazione del massimale orario mensile di permessi (Msg INPS 28 giugno 2007, n. 16866):
orario normale di lavoro settimanale
_____________________________ X 3 = ore mensili fruibili
numero dei giorni lavorativi settimanali
A titolo esemplificativo, un lavoratore con orario settimanale pari a 40 ore, articolato su 5 giorni, potrà beneficiare mensilmente di 24 ore di permesso; infatti in tal caso l’algoritmo di calcolo sarà il seguente:
(40/5) x 3 = 24
Scelta del luogo di lavoro.
Il lavoratore, a cui è riconosciuto il diritto di fruire dei permessi per assistenza a persone con grave handicap, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona assistita e non può essere trasferito senza il suo consenso in altra sede (art. 33, c. 5, legge 104/1992, come modificato dall’art.24, c. 1, legge 183/2010).
Documentazione.
La modulistica per la presentazione della domanda e la relativa documentazione occorrente, adeguata alle nuove disposizioni, è reperibile sul sito dell’INPS:
Modalità di fruizione dei permessi.
In considerazione della mancanza di una specifica normativa disciplinante la modalità di fruizione dei permessi di cui all’art.33, c.3, legge 104.1996, il Ministero del Lavoro (Risp. Interpello 6 luglio2010, n.31) ha formulato indicazioni che si richiamano a principi di carattere generale, volti a contemperare la necessità di buon andamento dell’attività imprenditoriale con il diritto all’assistenza da parte del disabile.
In tal senso, si ritiene possibile da parte del datore di lavoro richiedere una programmazione dei permessi, verosimilmente a cadenza settimanale o mensile, laddove:
– il lavoratore che assiste il disabile sia in grado di individuare preventivamente la giornate di assenza:
– tale programmazione non comprometta il diritto del disabile ad un’ effettiva assistenza;
– segua criteri quanto più condivisi con i lavoratori o con le loro rappresentanze.
I medesimi principi dovrebbero evidentemente essere osservati per quanto concerne la possibilità, per il lavoratore, di modificare la giornata in precedenza programmata per la fruizione del permesso, fermo restando che improrogabili esigenze di assistenza e quindi di tutela del disabile non possono che prevalere sulle esigenze imprenditoriali.
Decadenza dal diritto di fruire dei permessi.
Il richiedente i permessi si impegna, con dichiarazione di responsabilità, a comunicare entro 30 giorni dall’avvenuto cambiamento, eventuali variazioni delle notizie o delle situazioni autocertificate nel modello di richiesta.
Fermo restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore che ha diritto alla fruizione dei permessi per assistenza a persona gravemente handicappata decade dal diritto stesso qualora il datore di lavoro o l’INPS accertino l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti (art. 7 bis, legge 104/1992, aggiunto dall’art. 24, c.1, legge 183/2010).
Gestione transitoria delle richieste di permesso.
Alla luce delle nuove disposizioni normative, le domande pervenute da parenti o affini di terzo grado dei soggetti in situazioni di disabilità grave nonché quelle presentate da più familiari (a meno che si tratti dei due genitori) per l’assistenza allo stesso soggetto dovranno essere riesaminate dagli uffici dell’INPS, che dovranno sospendere provvedimenti in corso al giorno precedente il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore della legge n. 183/2010), e inviare agli interessati apposite lettere, con le quali verrà richiesto di presentare dichiarazioni idonee a verificare la sussistenza dei nuovi requisiti previsti.
Se tali dichiarazioni non perverranno alle sedi INPS entro il 31 marzo 2011, verrà inviata ai richiedenti i permessi la comunicazione di cessazione del provvedimento di autorizzazione al conguaglio.
Trasferimento del lavoratore con familiari handicappati.
Il diritto del genitore o del familiare lavoratore che assiste con continuità un handicappato di scegliere la sede lavorativa più vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso non si configura come un diritto assoluto e illimitato, perché detto diritto non può essere fatto valere allorquando – alla stregua della regola di un equo bilanciamento tra i diritti, tutti con rilevanza costituzionale – il suo esercizio finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive o organizzative del datore di lavoro e per essere – soprattutto nei casi in cui sia in presenza di rapporti di lavoro pubblico – in contrasto con le esigenze della collettività.
Considerazioni, queste, la cui prova fa carico alla parte datoriale privata e su quella pubblica (Cass. 27 marzo 2008, n. 7945).
Divieto di trasferimento del lavoratore che assiste familiare portatore di handicap. Limiti
il diritto del lavoratore che assiste con continuità un familiare o affine portatore di handicap a non essere trasferito ad altra sede senza il proprio consenso non può essere invocato ove il lavoratore versi in situazione di incompatibilità ambientale (Cass. SS.UU. 9 luglio 2009, n. 16102).
Congedo straordinario
L’art. 80, c. 2, legge 388/2000, aggiungendo all’art. 4, legge 8 marzo 2000, n.53 il comma 4-bis, ha introdotto un congedo straordinario retribuito e valido ai fini pensionistici per i familiari conviventi con un soggetto portatore di handicap in situazione di gravità accertata dalla competente Commissione della Asl.
L’art.3, c. 106, legge 350/2003, ha abrogato la condizione che imponeva, quale requisito per la concessione dei congedi retribuiti, che la persona disabile fosse in possesso del certificato di handicap grave da almeno 5 anni.
Possono usufruire di tali permessi in via alternativa ricorrendo determinate condizioni di convivenza:
– il coniuge;
– i genitori;
– fratelli e sorelle;
– figlio convivente.
La prestazione è riconoscibile per la durata massima complessiva, nell’arco della vita lavorativa, di due anni, che costituiscono anche il limite complessivo fruibile, tra tutti gli aventi diritto, per ogni persona handicappata, la prestazione può essere fruita anche a giorni.
Il periodo di congedo straordinario rientra nel limite massimo globale spettante a ciascun lavoratore ai sensi dell’art.4, c.2, legge n. 53/2000 di due anni di permesso, anche non retribuito, per gravi e documentati motivi familiari.
Trattandosi quindi di limite massimo individuale, ad un lavoratore o lavoratrice che nel tempo avesse fruito ( anche soltanto per motivi riguardanti la propria persona e non il figlio handicappato) come ad esempio se avesse fruito di un anno di permessi anche non retribuiti “per gravi e documentati motivi familiari”il congedo straordinario potrà essere riconosciuto solo nel limite di un anno; la differenza, vale a dire un anno, potrà essere invece riconosciuta all’altro genitore che non avesse mai richiesto permessi per motivi familiari.
L’art. 42, c.5, D.Lgs. 151/2001, nel riconoscere il diritto alla liquidazione di un’indennità economica ed alla copertura figurativa del periodo di congedo, ha fissato un importo complessivo massimo annuo prevedendo che tale importo venga

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