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Autore: syrus

Cure ospedaliere all’estero, rimborsi parziali

Cure ospedaliere all’estero, rimborsi parziali

SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
CURE, OSPEDALIERE ALL’ESTERO, RIMBORSI PARZIALI

Le cure ospedaliere non pianificate all’estero, rimangono senza copertura integrale. Non spetta al cittadino Ue il rimborso da parte del proprio paese, dei costi rimasti a suo carico nel sottoporsi a trattamenti ospedalieri imprevisti in occasione di viaggi o soggiorni in un altro stato membro. A stabilirlo è la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza nella causa C-211/08, depositata il 15 giugno 2010.

La controversia vedeva protagonista un soggetto residente in Spagna, iscritto al sistema sanitario iberico, che aveva subito un ricovero ospedaliero durante un soggiorno in Francia (utilizzando il modulo E111), al suo ritorno a casa, il cittadino si era visto negare da parte della sanità spagnola il rimborso spese di ricovero che il sistema francese aveva lasciato a sua carico, conformemente alla normativa nazionale. Quest’ultima, infatti, in applicazione del regolamento (Cee) n. 1408/71, prevede che quando un iscritto al sistema sanitario riceve cure impreviste all’estero il sistema spagnolo rimborsi le spese dello Stato membro che ha erogato le cure in funzione del livello di copertura vigente in detto paese di soggiorno (salvo che nei casi di cure “urgenti, immediate e a carattere vitale”, nei quali il rimborso è totale).
Da qui la denuncia alla Commissione Ue, che prima con lettera e poi con parere motivato diffidava la Spagna in relazione all’incompatibilità della sua normativa interna con l’articolo 49 del Trattato Ce, che sancisce il principio della libera prestazione dei servizi. Poiché la Spagna ha ripetutamente confermato la propria posizione sull’argomento, Bruxelles ha deciso di proporre ricorso.
Secondo la Commissione, infatti, l’art. 49 CE è applicabile anche ai servizi sanitari, compresi quei casi in cui la necessità delle cure mediche insorga durante un viaggio o un soggiorno temporaneo in un altro paese membro.

Anche perché, rivela Bruxelles, una normativa che non rimborsi i costi rimasti a carico del cittadino che si sottopone alle cure oltre confine “è tale da dissuadere gli iscritti anziani o affetti da una malattia cronica che comporti un rischio di ricovero ospedaliero dal recarsi, in quanto turisti o studenti, in uno Stato membro in cui le condizioni di accollo delle cure ospedaliere sarebbero meno vantaggiose che in Spagna”.

Inoltre, poiché la Spagna giustificava la restrizione del rimborso con motivi di interesse generale relativi alla salvaguardia dell’equilibrio finanziario, la Commissione sottolineava che in realtà tale ragione non fosse fondata: il rimborso del trattamento ospedaliero fornito in un altro Stato membro ad un proprio cittadino, infatti, “non potrebbe in alcun caso eccedere il costo che avrebbe rappresentato un trattamento equivalente dispensato in Spagna”.

Tuttavia, i giudici del Lussemburgo non accolgono le ragioni della ricorrente. Poiché ogni paese ha un sistema sanitario specifico (più o meno favorevole al cittadino utilizzatore) e poiché in numero di casi di cure ospedaliere impreviste un carattere imprevedibile e incontrollabile, va applicato il criterio di compensazione globale dei rischi su cui si fonda il regolamento n. 1408/71. Nel caso contrario, una normativa che imponga ai paesi Ue l’obbligo di garantire ai propri iscritti un rimborso complementare per le cure impreviste all’estero, “si risolverebbe nell’inficiare l’economia stessa del sistema istituito dal regolamento n. 1408/71”.

In tale ipotesi, infatti, lo stato d’origine dovrebbe in ogni caso sopportare l’onere finanziario più elevato, sia in applicazione della normativa dello Stato membro di soggiorno che contempla un livello di copertura superiore a quello previsto dalla normativa dello Stato membro di affiliazione, sia in applicazione di quest’ultima normativa nell’ipotesi contraria.
Pertanto il ricorso viene respinto e la Commissione Ue condannata anche alle spese.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Lavoratori ultracinquantenni come gli apprendisti

Lavoratori ultracinquantenni come gli apprendisti

NUOVA AGEVOLAZIONE CONTRIBUTIVA
LAVORATORI ULTRACINQUANTENNI COME GLI APPRENDISTI
Contributi ridotti al 10% alle aziende che assumono disoccupati

Via libera alla riduzione contributiva per il reimpiego dei lavoratori ultracinquantenni disoccupati o in mobilità. I datori di lavoro, comprese le cooperative, possono fruire di una riduzione degli oneri sociali versando all’Inps, dalla data di assunzione fino al 31 dicembre 2010, l’aliquota prevista per gli apprendisti (10%). Per accedere al beneficio, serve presentare domanda all’istituto previdenziale. Lo stabilisce il decreto 26 luglio 2010, registrato giovedì alla Corte dei conti e in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che dà attuazione alle misure della Finanziaria 2010 (legge n. 191/2009).
La legge n. 191/2009 ha previsto alcune agevolazioni a favore dei datori di lavoro e finalizzate al reimpiego dei soggetti che hanno perso il lavoro per colpa della crisi. Due di queste, entrambe nella specie di riduzione contributiva e operative per il 2010, vengono disciplinate dal recente decreto interministeriale: la prima, nel caso di assunzione di lavoratori beneficiari dell’indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali con almeno 50 anni di età; la seconda consistente nel prolungamento della riduzione contributiva fino alla data di maturazione in capo al lavoratore del diritto al pensionamento e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2010, nel caso di assunzione di lavoratori in mobilità o beneficiari d’indennità di disoccupazione non agricola e almeno 35 anni di anzianità contributiva.

Le due agevolazioni sono cumulabili con l’ulteriore incentivo economico previsto sempre dalla Finanziaria 2010 concesso in caso di assunzione di soggetti in mobilità, pari all’indennità che ancora sarebbe spettata al lavoratore.

Il decreto stabilisce che possono fruire della riduzione contributiva i datori di lavoro che assumono lavoratori titolari dell’indennità di disoccupazione ordinaria con requisiti normali e con almeno 50 anni di età. L’incentivo spetta anche alle società cooperative per il socio che (disoccupato e con 50 e più anno) instauri un rapporto di lavoro subordinato. Non spetta, invece, se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo derivante da legge o contratti; se, nei sei mesi precedenti, il datore di lavoro abbia effettuato licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o per riduzione di personale, se il datore di lavoro abbia in atto sospensioni dal lavoro o riduzioni di orario di lavoro, se tra il datore di lavoro che assume e quello da cui proviene il lavoratore vi sia sostanziale coincidenza degli assetti proprietari. Per avvalersi dell’incentivo occorre presentare domanda all’Inps entro il mese successivo alla data di stipulazione del contratto di lavoro, con le modalità che saranno definitive dallo steso Inps. Per le assunzioni già effettuate, la domanda andrà presentata entro il mese successivo alla data di pubblicazione delle istruzioni Inps.

Il beneficio, consistente nella riduzione contributiva (aliquota pari a quello degli apprendisti: 10%), spetta per le assunzioni a tempo indeterminato o determinato, a tempo pieno o parziale, effettuate nell’anno 2010 di lavoratori in mobilità o beneficiari di indennità di disoccupazione non agricola che abbiano maturato almeno 35 anni di anzianità contributiva.

LA RIDUZIONE CONTRIBUTIVA CONTRIBUTI PARI A QUELLI DEGLI APPRENDISTI
assunzioni a termine di lavoratore con 50 anni d’età beneficiario d’indennità di disoccupazione non agricola la riduzione contributiva spetta per la durata del contratto e, comunque, fino al 31 dicembre 2010
trasformazione del contratto a termine stipulato con lavoratore con 50 anni d’età beneficiario di indennità di disoccupazione non agricola la riduzione contributiva è estesa fino al 31 dicembre 2010, e consiste nel pagamento dei contributi pari a quelli degli apprendisti
assunzioni a tempo indeterminato di lavoratore con 50 anni d’età beneficiario d’indennità di disoccupazione non agricola la riduzione contributiva spetta fino al 31 dicembre 2010, e consiste nel pagamento dei contributi pari a quelli degli apprendisti

DOTT.SA MONICA MELANI

Premi, l’incentivo slitta al 2011

Premi, l’incentivo slitta al 2011

PREMI, L’INCENTIVO SLITTA AL 2011
Le somme per il 2008-2009 finiranno sul prossimo Cud

Rinviato al prossimo anno il recupero, da parte dei lavoratori, dell’incentivo della detassazione sui compensi per incrementi di produttività relativi agli anni 2008 e 2009. L’allungamento dei tempi, alternativo alla presentazione entro fine mese di una dichiarazione dei redditi integrativa, si è reso necessario per via delle difficoltà rappresentate da associazioni dei datori di lavoro, sindacati e Caf nel porre in essere gli atti necessari (tra cui la certificazione degli importi da parte delle imprese). I datori di lavoro indicheranno sul Cud/2011 le somme erogate negli anni 2008 e 2009 e soggette ad agevolazione, cosicché i lavoratori potranno recuperare il bonus fiscale mediante la dichiarazione dei redditi (730 o Unico) da presentare l’anno prossimo. Si tratta, prevalentemente, delle quote di retribuzione relative a lavoro notturno e straordinario. Lo stabilisce, tra l’altro, la circolare n. 48 di ieri dell’Agenzia delle entrate.

BONUS SI’, BONUS NO.
Il piccolo “intoppo” è figlio degli ultimi chiarimenti che Agenzie delle entrate e ministero del lavoro hanno dato in ordine all’applicabilità della detassazione su alcune quote di retribuzione. L’incentivo nasce nel secondo semestre del 2008 per le prestazioni di lavoro straordinario e per i premi legati alla produttività. Successivamente viene prorogato per gli anni 2009 e 2010, ma limitatamente agli elementi retributivi premiali. Questa proroga parziale, con esclusione cioè degli “straordinari”, ha ingenerato dubbi sull’operatività dell’incentivo (proprio per gli straordinari, non più previsti “ex lege”), cui hanno fatto seguito i chiarimenti delle Entrate e del Minlavoro, prima con risoluzione 83/2010 e poi con circolare 47/2010.
In conclusione, è stato ribadito il principio per cui l’incentivo (imposta sostitutiva del 10% al posto dell’Irpef ordinaria) deve ritenersi applicabile a tutti gli emolumenti (retribuzioni, premi, indennità, maggiorazioni ecc.) riconducibili a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa. Con questo principio anche lo straordinario, se e in quanto correlato a parametri di produttività, è (ri)tornato a essere agevolato.

IL RECUPERO DEL BONUS.
Come far recuperare ai lavoratori il bonus che, nell’incertezza delle norme, le imprese non avevano intanto riconosciuto ai lavoratori? In un primo momento l’agenzia ha suggerito le soluzioni tradizionali: possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi integrativa (opzione possibile entro fine mese, quando scade il termine per l’invio telematico di Unico/2010) e avvalersi dell’istanza di rimborso. Soluzioni prospettate in relazione ai premi o retribuzioni non scontati negli anni 2008 e 2009, perché su quelli relativi al 2010 possono ancora provvedere i datori di lavoro. Ma ieri, in considerazione delle difficoltà prospettate dalle associazioni dei datori di lavoro (questi ultimi sono tenuti a consegnare ai lavoratori la certificazione comprovante le somme erogate e soggette a detassazione), sindacati e Caf, l’agenzia ha adottato una nuova procedura che consente di richiedere, unitariamente per gli anni 2008-2009, il rimborso del bonus (differenza tra Irpef già pagata e 10% dovuto) in occasione della dichiarazione dei redditi del prossimo anno. In sostanza, i datori di lavoro indicheranno nel Cud/2011 (da consegnare ai dipendenti entro febbraio 2011) le somme erogate sia nel 2008 che nel 2009 soggette a detassazione e i lavoratori potranno in tal modo recuperare l’incentivo presentando la dichiarazione dei redditi (730 o Unico).

Il problema che si pone è perché non consentire alle imprese di tener conto dell’incentivo in occasione del prossimo conguaglio fiscale (relativo al 2010), cosicché la questione possa chiudersi direttamente in azienda liberando i lavoratori dalla necessità di dover ricorrere alla presentazione di una dichiarazione dei redditi.

LE NOVITA’
LA DETASSAZIONE E’ un incentivo che consente di applicare un’imposta sostitutiva del 10% in luogo dell’Irpef ordinaria. È applicabile a ogni emolumento (retribuzione, premi, indennità, maggiorazioni ecc.) riconducibili a incrementi di produttività, innovazione ed efficacia organizzativa e ad altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’Impresa.
BONUS 2008 E 2009 Per facilitare il recupero del bonus non fruito negli anni 2008 e 2009, specialmente con riferimento a lavoro notturno e straordinari, i datori di lavoro indicheranno le somme soggette a incentivo sul modello Cud/2011. di conseguenza, i lavoratori recupereranno il bonus fiscale con la presentazione della dichiarazione dei redditi del prossimo anno.

TRATTO DA “ITALIAOGGI” DEL 28 settembre 2010

DOTT.SA MONICA MELANI

L’iscritto all’aire non sfugge al fisco

L’iscritto all’aire non sfugge al fisco

L’ISCRITTO ALL’AIRE NON SFUGGE AL FISCO
La Cassazione: per la residenza fiscale conta il domicilio

Ai fini della verifica del luogo di residenza fiscale, assume rilievo preminente il centro degli interessi vitali del contribuente. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, quinta sezione tributaria, con la sentenza 15 giugno 2010 n. 14434.

LA SENTENZA.
Nella sentenza n. 14434 la Corte affronta diverse problematiche legate alla nozione di residenza fiscale. In primo luogo, i giudici rilevano, in pieno accordo con la formulazione testuale della norma e il pensiero della giurisprudenza, che i tre presupposti indicati dalla norma (il primo formale, e gli altri due sostanziali) hanno carattere alternativo. In particolare, l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente all’estero, se pure è necessaria, non è però esaustiva, ben potendo il contribuente avere fissato il proprio domicilio nel territorio dello stato, inteso come sede principale degli affari e interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali (Cass. 13803/2001 e 10179/2003).
Su questo passaggio, molto delicato, della norma, la Corte richiama la giurisprudenza comunitaria resa in materia di Imposta sul valore aggiunto, ma che detta principi applicabili anche sul fronte delle Imposte dirette.

È la nota sentenza “Louloudakis” (sentenza CGE 12 luglio 2001 causa C-262/99) nella quale è stato affermato che, ai fini della determinazione del luogo di residenza, devono essere presi in considerazione sia i legali professionali e personali dell’interessato in un luogo determinato, e sia anche la loro durata; soprattutto, la sentenza afferma però che, qualora tali legami non siano concentrati in un solo stato membro, prevalgono i legami personali su quelli professionali.
Per la individuazione del centro principale degli interessi vitali della persona fisica, la Corte afferma che è necessario individuare il luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente, vale a dire in modo riconoscibile a terzi; di talché deve prevalere un criterio di effettività, analogamente a quanto accade in ordine alla individuazione del giudice competente per la dichiarazione di fallimento (Cass. 12285/2005).

LA NORMA DI RIFERIMENTO.
Il Testo unico delle imposte sui redditi disciplina la nozione di residenza fiscale all’art. 2. La norma risulta suddivisa in tre commi, rispettivamente dedicati alla individuazione dei soggetti passivi Irpef, alla nozione di residenza fiscale e alla previsione di uno specifico meccanismo presuntivo in materia di residenza.

· I SOGGETTI PASSIVI. Sono soggetti passivi Irpef tutte le persone fisiche, indipendentemente dalla circostanza che risiedano o meno nel territorio dello stato. Il concetto di residenza entra in gioco solo nella misura in cui determina il reddito tassabile: soggetti residenti (tassano tutti i redditi, indipendentemente dal luogo di produzione); soggetti non residenti (tassano solo i redditi prodotti in Italia).

LA NOZIONE DI RESIDENZA.
La legge fissa tre requisiti, in presenza di almeno uno dei quali il soggetto persona fisica si considera residente in Italia: iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, domicilio nel territorio dello stato; residenza nel territorio dello stato.

L’AIRE.
Il cittadino italiano che cancella la propria iscrizione nell’anagrafe comunale e trasferisce la residenza all’estero è tenuto alla registrazione presso l’anagrafe degli italiani residenti all’estero disciplinata dalla n. 470/1998 e dal regolamento di attuazione dpr n. 325/1989 (cd. Aire). La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente costituisce requisito necessario per far valere la propria residenza all’estero: necessario ma non sufficiente. In questo senso sono sia la prassi ministeriale (circ. n. 304/E del 1997) e sia anche la giurisprudenza (Cass. 13803/2001).
Purtroppo la norma è molto rigida: se il contribuente che si trasferisce all’estero dimentica di iscriversi all’Aire, resta legato al territorio dello stato (Cass. 1215/1998), e dunque mantiene la residenza italiana, con la conseguenza sopra indicata.
Questa affermazione è talmente consolidata che la stessa Corte di cassazione, con la sentenza n. 9316/2006, ha stabilito che il contribuente, pur effettivamente emigrato, che è rimasto iscritto all’anagrafe della popolazione residente, non è ammesso a fornire la prova contraria. Tanto che secondo la stessa Corte vanno imputati al contribuente gli errori commessi dall’amministrazione nella trasmissione al comune di provenienza dei dati necessari per la cancellazione dall’anagrafe (Cass. 1215/1998).

· IL DOMICILIO. Il domicilio nel territorio dello stato costituisce il secondo dei requisiti indicati dal comma 2 dell’art. 2 Tuir. Secondo la norma il domicilio è la sede principale degli affari e interessi del contribuente: in questo senso è l’art. 43, primo comma, Tuir. La giurisprudenza ha ritenuto che il domicilio non si identifica nel luogo in cui il contribuente è fisicamente presente, essendo determinante l’elemento psicologico, che consiste nella volontà di stabilire e conservare il quel luogo la sede principale dei propri affari od interessi (Cass. 884/1968).
· LA RESIDENZA. Il terzo e ultimo requisito contemplato dalla norma è la residenza, cioè, ai sensi dell’art. 43 comma 2 codice civile, il luogo in cui la persona fisica ha la propria dimora abituale. Non occorre, al riguardo, che la dimora sia continuativa o definitiva, purché la persona vi conservi la propria abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali (Cass. 1738/1986).

IL FATTORE TEMPORALE.
Requisiti indicati sopra devono sussistere per la maggior parte del periodo di imposta, e quindi per almeno 183/365 giorni (184 in caso di anno bisestile).

LA PRESUNZIONE DI RESIDENZA.
Ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis Tuir, si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati del Ministero dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Per effetto di tale presunzione, si considerano residenti in Italia i cittadini che hanno trasferito la propria residenza o il proprio domicilio in un cosiddetto paradiso fiscale, cioè in un paese a fiscalità privilegiata.
Il contribuente può naturalmente dimostrare l’inesistenza della residenza nel territorio dello stato provando che non si tratta di un trasferimento fittizio, e quindi dando contezza di tutti gli elementi di fatto idonei a dimostrare che la perdita di residenza è effettiva.

DOTT.SSA MONICA MELANI

“TRATTO DA ITALIA OGGI DEL 28.06.2010”
AUTORE MASSIMILIANO TASINI

Lavoro e Cig vanno a braccetto

Lavoro e Cig vanno a braccetto

LAVORO E CIG VANNO A BRACCETTO
Non è necessario rinunciare all’assegno erogato dall’Inps

Non sempre lo svolgimento di una attività lavorativa è incompatibile con la cassa integrazione. Lo ribadisce l’Inps nella circolare n. 107/20010, nella quale esamina alcune situazioni di incompatibilità parziale o totale.

LA NORMATIVA.
L’incompatibilità dell’attività lavorativa con la Cig è stabilita da due norme fondamentali: il d.lgs n. 788/1945 e la legge n. 86 del 1988. Per un consolidato orientamento della Corte di cassazione, l’articolo 3 del suddetto d.lgs si interpreta “nel senso che lo svolgimento di attività lavorativa remunerata, sia essa subordinata o autonoma, durante il periodo di sospensione del lavoro con diritto all’integrazione salariale comporta non la perdita del diritto all’integrazione per l’intero periodo predetto ma solo una riduzione dell’integrazione medesima in proporzione ai proventi di quell’altra attività lavorativa”.

INCOMPATIBILITA’ DEL NUOVO RAPPORTO.
Si ha incompatibilità nel caso in cui il lavoratore beneficiario dell’integrazione salariale abbia iniziato un nuovo rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato. Infatti, il nuovo impiego a tempo pieno e senza prefissione di termine, alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, comporta la risoluzione del rapporto precedente e quindi la perdita al trattamento di integrazione salariale per cessazione del rapporto di lavoro che ne costituiva il fondamento”.
CUMULABILITA’ TOTALE.
Si ha piena compatibilità tra attività di lavoro e integrazione salariale, laddove la nuova attività di lavoro dipendente intrapresa, per la collocazione temporale in altre ore della giornata o in periodi diversi dell’anno, sarebbe stata comunque compatibile con l’attività lavorativa sospesa che ha dato luogo all’integrazione salariale. In tali casi l’integrazione salariale è pienamente cumulabile con la remunerazione derivante dalla nuova attività lavorativa.
Quest’ipotesi ricorre nel caso in cui i due rapporti di lavoro siano part-time, sia orizzontale (con riduzione dell’orario ordinario giornaliero) e sia verticale (con prestazione del lavoro per intere giornate in periodi predeterminati). Del resto nell’ipotesi di part-time verticale l’integrazione salariale è dovuta soltanto nei periodi in cui sarebbe stata espletata l’attività lavorativa.
Da ultimo si segnala che si può avere compatibilità anche tra un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e uno part-time, purché le due attività siano tra loro comunque compatibili nel limite dell’orario massimo settimanale di lavoro.

LAVORO ACCESSORIO.
Come già indicato nella circolare n. 75/2009, le nuove disposizioni sul lavoro accessorio prevedono che, in via sperimentale per il 2009, l’attività posso essere resa, nel limite massimo di 3 mila euro per anno solare, da percettori di prestazioni integrative del salario o con sostegno al reddito. In questi casi, l’Inps provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio. L’art. 2, comma 148, lett. g), della legge 191/2009, ha esteso la portata di tale disposizione anche all’anno 2010.

CUMULABILITA’ PARZIALE.
In via generale l’integrazione salariale non è dovuta per le giornate nelle quali il lavoratore beneficiario si dediche ad altre attività remunerate, di conseguenza il reddito derivante dalla nuova attività di lavoro non è normalmente cumulabile con l’integrazione salariale.
In tali casi il trattamento di integrazione salariale verrà sospeso per le giornate nelle quali è stata effettuata la nuova attività lavorativa. Tuttavia, per consolidato orientamento giurisprudenziale, qualora il lavoratore dimostri che il compenso (o provento) per tale attività è inferiore all’integrazione salariale stessa, avrà diritto ad una quota pari alla differenza tra l’intero importo dell’integrazione salariale spettante e il reddito percepito.
Nel caso in cui il beneficiario della integrazione salariale stipuli un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, tale contratto risulta compatibile con il diritto all’integrazione salariale.
Se il reddito derivante dalla nuova attività lavorativa è inferiore all’integrazione, sarà possibile il cumulo parziale della stessa con il reddito, a concorrenza dell’importo totale della integrazione spettante.

ATTIVITA’ AUTONOMA.
Se il lavoratore beneficiario del trattamento di integrazione salariale intraprenda una nuova attività di lavoro autonomo, non rileva il fatto che il lavoro sospeso sia a tempo parziale o a tempo pieno, né il tempo dedicato alla prestazione di lavoro autonomo e neanche il fatto che tale nuova attività non comporti una contestuale tutela previdenziale di natura obbligatoria: non sussiste alcuna presunzione circa la possibile equivalenza tra il provento di tale attività e la misura dell’integrazione salariale cui il lavoratore avrebbe avuto diritto.
Spetterà pertanto al lavoratore interessato dimostrare e documentare l’effettivo ammontare dei guadagni e la loro collocazione temporale al fine di consentire all’Istituto l’erogazione dell’eventuale quota differenziale di integrazione salariale.

DOTT.SSA MONICA MELANI

TRATTO DA “ITALIAOGGI” DEL 06.08.2010

Tassazione agevolata lavoro notturno

Tassazione agevolata lavoro notturno

TASSAZIONE AGEVOLATA LAVORO NOTTURNO

Con la Risoluzione 83/E del 17 agosto 2010 l’Agenzia delle Entrate ha reso nota una consulenza giuridica in merito alla tassazione agevolata, con imposta sostitutiva del 10%, applicabile sulle somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato (valida anche per le retribuzioni degli anni passati) per quanto concerne le indennità, le maggiorazioni e il compenso ordinario corrisposti per la prestazione di lavoro notturno.
I lavoratori, ai quali non è stata applicata la tassazione agevolata nelle retribuzioni del lavoro notturno degli anni passati, potranno far valere la tassazione più favorevole presentando: una dichiarazione integrativa (UNICO) se per l’anno interessato avevano fatto la dichiarazione dei redditi o una istanza di rimborso se non avevano fatto la dichiarazione dei redditi.
A tale fine il datore di lavoro dovrà certificare l’importo delle somme erogate sulle quali non ha applicato la tassazione sostitutiva.
Di seguito sono riportate le soluzioni diverse a seconda dell’anno in cui sono state percepite le somme e a seconda del fatto che per quell’anno il lavoratore abbia presentato oppure NO la dichiarazione dei redditi:
· Somme percepite nel 2008 e lavoratore che nel 2009 ha presentato la dichiarazione dei redditi (730 e UNICO): è possibile presentare dichiarazione integrativa con modello UNICO entro il 30 settembre 2010 e far valere il maggior credito nella dichiarazione del prossimo anno.
Oltre il 30 settembre sarà possibile presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 DPR n. 602/1973, all’ufficio periferico dell’Agenzia competente per territorio di residenza del lavoratore.
· Somme percepite nel 2008 e lavoratore che nel 2009 NON ha presentato la dichiarazione dei redditi: è possibile presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 DPR n. 602/1973, all’ufficio periferico dell’Agenzia competente per territorio di residenza del lavoratore.
· Somme percepite nel 2009 e lavoratore che nel 2010 ha presentato la dichiarazione dei redditi con modello 730: è possibile presentare un UNICO Correttivo nei termini entro il 30 settembre 2010, dopo tale data sarà possibile presentare un UNICO Integrativo fino al 30 settembre 2011.
· Somme percepite nel 2009 e lavoratore che nel 2010 NON ha presentato la dichiarazione dei redditi: è possibile presentare la dichiarazione con modello UNICO/2010 entro il 30 settembre 2010 e fare valere il maggior credito nella dichiarazione del prossimo anno. Oltre il 30 settembre e fino al 29 dicembre 2010 la presentazione della dichiarazione sarà possibile pagando la sanzione per tardiva presentazione. Oltre il 29 dicembre è possibile presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 DPR n. 602/1973, all’ufficio periferico dell’Agenzia competente per il territorio di residenza del lavoratore.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Dal 7 settembre 2010 nuove regole nei cantieri

Dal 7 settembre 2010 nuove regole nei cantieri

DAL 7 SETTEMBRE 2010 NUOVE REGOLE NEI CANTIERI
“Sul tesserino vanno indicati committente e data di assunzione”

Dal 7 settembre 2010, la tessera di riconoscimento dei lavoratori deve essere arricchita di nuovi dettagli. In particolare, i datori di lavoro dovranno specificare anche la data di assunzione di ciascun lavoratore tenuto a indossarla nonché, nelle ipotesi di subappalto, la relativa autorizzazione. I lavoratori autonomi, invece, dovranno indicare il nome del committente. A stabilirlo è la legge n. 136/2010, contenente il piano straordinario antimafia, che integra con proprie norme, operative da martedì prossimo, le disposizioni del T.u. sicurezza (il dlgs n. 81/2008).
Munire i lavoratori con apposito tesserino è un obbligo previsto dal T.u. sicurezza. In particolare, il dlgs n. 81/2008 stabilisce, all’articolo 18, che il datore di lavoro e i dirigenti, i quali organizzano e dirigono le attività secondo le attribuzioni e competenze a essi conferite, devono munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata da fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. L’obbligo è previsto nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e subappalto. medesimo obbligo è disciplinato, sempre dal T.u., all’articolo 21 a carico dei lavoratori autonomi. Si tratta, in particolare, dei componenti dell’impresa familiare (articolo 230-bis del codice civile), dei lavoratori autonomi che compiono opere o servizi (ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile), dei coltivatori diretti del fondo, dei soci di società semplici operanti nel settore agricolo, degli artigiani e piccoli commercianti.
Tutti questi lavoratori, stabilisce il T.u., devono munirsi di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia e contenete le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.

I NUOVI OBBLIGHI DAL 07 SETTEMBRE 2010.
Il provvedimento contro le mafie, la legge n. 136/2010 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 196/2010, integra le predette disposizioni del Tu sicurezza prescrivendo altre informazioni da dettagliare sulla tessera di riconoscimento. Quest’ultima, in base all’articolo 5 della predetta legge, nel caso di tessera destinata ai lavoratori di imprese, deve contenere oltre agli elementi già previsti anche la data di assunzione nonché, nelle ipotesi di subappalto, la relativa autorizzazione.
Nel caso di lavoratori autonomi, inoltre, lo stesso articolo 5 stabilisce che la tessera contenga pure l’indicazione del committente. Come accennato, l’integrazione delle informazioni, sia per i lavoratori dipendenti che per quelli autonomi, dovrà avvenire dal prossimo 7 settembre, data di entrata in vigore delle nuove disposizioni contro le mafie.
Il T.u. sicurezza disciplina la tessera di riconoscimento in due momenti: come obbligo, per i datori di lavoro, di fornirla ai propri lavoratori e come obbligo per gli stessi lavoratori di esporla.
In dettaglio l’obbligo di munire il proprio personale di tale tessera è previsto a carico delle imprese appaltatrici e subappaltatrici, nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto.
Stesso obbligo (cioè di esporre la tessera di riconoscimento) vige anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nei cantieri, i quali sono tenuti a provvedere per proprio conto.

A carico dei datori di lavoro e dirigenti che non provvedono alla fornitura, al personale, della tessera di riconoscimento è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ciascun lavoratore. I lavoratori che non espongono la tessera di riconoscimento sono puniti con la stessa sanzione, ma d’importo da 50 a 300 euro. Quest’ultima sanzione è prevista anche a carico dei lavoratori autonomi che non provvedono a munirsi di tessera.

La tessera di riconoscimento Nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.
I lavoratori autonomi devono munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgono attività in regime di appalto o subappalto.
Dal 7 settembre La tessera di riconoscimento fornita al personale occupato da impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere integrata della data di assunzione e, in caso di subappalto, della relativa autorizzazione.
La tessera di riconoscimento predisposta dai lavoratori autonomi deve essere integrata dell’indicazione del committente.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Il datore può chiedere all’Inps per e-mail

Il datore può chiedere all’Inps per e-mail

I DATORI POSSONO CHIEDERE ALL’INPS L’INVIO PER E-MAIL

I datori di lavoro, privati e pubblici, possono ricevere i certificati di malattia, anche via Pec. Lo stabilisce l’Inps nella circolare n. 119 del 07.09.2010
È a partire dal 3 aprile, a seguito della riforma Brunetta (dlgs n. 150/2009) che i medici dipendenti del Ssn oppure in regime di convenzione sono tenuti a trasmettere all’Inps, tramite il Sac (Sistema di accoglienza centrale), il certificato di malattia del lavoratore. Ricevuto il certificato, il Sac lo invia all’Inps che lo mette a disposizione dei datori di lavoro, privati e pubblici, e dei lavoratori sul sito internet. Fino a ieri, i certificati erano consultabili online tramite il codice pin o con l’inserimento del codice fiscale del lavoratore e del numero del certificato. Da ieri è operativa la nuova modalità, mediante la quale i datori di lavoro possono richiedere all’Inps di ricevere nella propria casella di posta elettronica certificata (Pec) le attestazioni di malattia dei propri dipendenti. Una soluzione più efficiente, dal punto di vista delle aziende, perché le libera dall’impegno quotidiano di collegarsi al sito dell’Inps e verificare l’eventuale immissione di un certificato medico. Con la nuova procedura, infatti, sarà direttamente l’Inps, con invii giornalieri, ad inoltrare alla Pec del datore di lavoro tutti i certificati medici eventualmente trasmessi dai medici con riferimento ai rispettivi lavoratori.
Per accedere alla nuova possibilità, spiega la circolare, i datori di lavoro (pubblici e privati) devono trasmettere apposita richiesta all’Inps tramite l’indirizzo di Pec al quale richiedono di ricevere la trasmissione quotidiana delle certificazioni mediche.
La richiesta va inviata alle competenti sedi Inps i cui indirizzi sono reperibili su internet (www.Inps.it). Per essere accolta, la richiesta deve contenere le informazioni indicate in tabella.
Il comunicato stampa del ministero, relativamente alla copertura territoriale dell’operatività della trasmissione online dei certificati medici, sottolinea che la media regionale di medici dotati di pin (è la password che serve per l’invio dei certificati) si attesta al 75%.

LE RICHIESTE DI INVIO ALLA PEC
DATORI DI LAVORO PRIVATI La richiesta deve contenere l’indicazione della matricola Inps. Il datore di lavoro può chiedere, specificandole, di abbinare all’indirizzo Pec anche più matricole riferite alla medesima azienda. Va indicato, infine, il formato di invio delle certificazioni: Txt o Xml, oppure entrambi.
PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI La richiesta deve contenere l’indicazione del codice fiscale della pa e del progressivo Inpdai relativo alla “Sede di Servizio”. È possibile chiedere anche l’invio “accentrato” delle certificazioni di tutti i propri dipendenti. Va indicato, infine, il formato di invio delle certificazioni: Txt o Xml, o entrambi.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Identikit Ocse dei datori di lavoro

Identikit Ocse dei datori di lavoro

IDENTIKIT OCSE DEI DATORI DI LAVORO
Individuati i parametri per evitare la doppia imposizione

Nuovi parametri per individuare l’effettivo datore di lavoro ai fini dell’applicazione dello speciale regime convenzionale: è quanto previsto dalla nuova formulazione del commentario all’art. 15 paragrafo 2 del modello Ocse di Convenzione fiscale contro le doppie imposizioni.
Il 22 luglio scorso, infatti, il consiglio dell’Ocse ha approvato la versione 2010 del modello Ocse introducendo importanti modifiche riguardante il regime dei redditi derivanti da attività lavorative (income from employment).
Il tema principale che la nuova formulazione del commentario dell’art. 15 ha inteso affrontare riguarda la necessità di evitare che, grazie a un uso distorto dell’esenzione fiscale prevista dal paragrafo 2 dell’art. 15, i soggetti interessati possono trarre indebiti vantaggi fiscali (c.d. International hiring-out of labour).
D’altro canto l’Ocse ha voluto fornire indicazioni chiare ed esempi concreti che possono guidare gli operatori nell’applicazione della suddetta esenzione e quindi scongiurare il periodo di un’applicazione troppo rigida della norma, che ne impedirebbe di fatto la sua concreta attuazione.
La versione approvata dal consiglio dell’Ocse ricalca sostanzialmente il testo licenziato il 22 giugno 2010 dalla commissione affari fiscali della stessa organizzazione parigina, a seguito della pubblicazione del “Revised public discussion draft” del 12 marzo 2007.

L’art. 15 del modello Ocse prevede, come regola generale, che le remunerazioni che un soggetto residente in uno stato percepisce in relazione a un’attività lavorativa ivi prestata, devono essere assoggettate a tassazione esclusivamente in detto stato, a meno che l’attività di lavoro non sia prestata altrove (principio della tassazione concorrente – parte seconda del pr 1 dell’art. 15). Il paragrafo 2 ammette, come eccezione alla regola generale della tassazione concorrente, la tassazione esclusiva nel paese di residenza del lavoratore qualora concorrano le tre seguenti condizioni:
· Il percettore sia presente nell’altro stato per uno o più periodi non eccedenti in totale i 183 giorni nel caso del relativo anno fiscale;
· La remunerazione sia pagata da, o per conto di, un datore di lavoro non residente nell’altro stato;
· La remunerazione non sia sostenuta da una stabile organizzazione che il datore di lavoro ha nell’altro stato membro.
Il commentario sottolinea che lo scopo dei sub paragrafi b) e c) è quello di evitare la tassazione del reddito per i c.d. short term employments, data l’indeducibilità (nel paese della fonte) del relativo reddito in capo all’impresa/datore di lavoro residente nell’altro paese.
Le precisazioni più rilevanti introdotte nella versione 2010 del modello riguardano il contenuto del sub paragrafo b). Il commentario evidenzia le difficoltà che si possono, in determinati casi, incontrare nell’individuazione dell’effettivo datore di lavoro, al fine di verificare se la remunerazione sia o non sia pagata da un soggetto non residente, così come richiesto dalla norma convenzionale.

In alcuni casi, infatti, il rapporto esistente tra il lavoratore non residente, formalmente legato all’impresa estera, e l’impresa residente ne cui confronti l’attività è prestata potrebbe essere riqualificato dalle autorità nazionali come un sostanziale rapporto di lavoro (contract of service) e, per tale via, essere disconosciuta l’applicazione dell’esenzione di cui al pr 2 dell’art 15.
Il commentario a tal fine precisa che per prevenire l’abuso dello strumento e automatismi nella riqualificazione dei rapporti giuridici, sarà importante verificare preliminarmente la natura della prestazione resa dal lavoratore e valutare se l’attività svolta rientri o meno nell’oggetto della società che beneficia dei servizi prestati. A tal fine, potrà essere utile individuare il soggetto su cui grava la responsabilità e che sostiene i rischi dell’attività svolta. Il commentario aggiunge che se il confronto fra la tipologia della prestazione resa dal lavoratore con l’attività svolta dal suo formale datore di lavoro e la tipologia di attività svolta dalla società nei cui confronti la prestazione è resa rivela un rapporto di lavoro diverso da quello formalmente risultante dal contratto di lavoro, i seguenti fattori potrebbero essere rilevanti per determinare chi è l’effettivo datore di lavoro:
· Chi ha il potere di fornire direttive sul modo in cui il lavoro deve essere svolto;
· Chi controlla e ha la responsabilità del luogo di lavoro;
· Se la retribuzione del lavoratore è direttamente addebitato dal datore di lavoro formale alla società presso cui la prestazione lavorativa è resa;
· Chi fornisce al lavoratore gli strumenti e il materiale necessario per il suo lavoro;
· Chi determina il numero e le qualificazioni dei lavoratori per quanto concerne l’attività resa;
· Chi ha il diritto di assumere il lavoratore e di risolvere il relativo contratto di lavoro;
· Chi ha il diritto di emanare sanzioni disciplinari in relazioni all’attività lavorativa;
· Chi determina il piano ferie e di lavoro del lavoratore.
Prosegue il commentario che anche gli accordi finanziari conclusi tra le società possono risultare rilevanti (ancorché non decisivi) per la verifica in questione.
Così, per esempio, qualora i compensi addebitati dal datore di lavoro “formale” a quello “sostanziale” rappresentassero esclusivamente il costo puro del personale senza alcun mark up, ciò potrebbe rappresentare un indice dell’effettività del rapporto di lavoro in capo all’impresa che beneficia della prestazione lavorativa. Diversamente qualora il costo del personale rappresentasse soltanto uno dei parametri per la determinazione del compenso, ciò dovrebbe consigliare una qualificazione del rapporto commerciale tra due società (contract for services) e conseguentemente riconoscere l’applicabilità, al verificarsi delle altre condizioni, dell’esenzione prevista dal paragrafo 2 dell’art. 15 del modello Ocse.

LE CONDIZIONI DI ACCESSO AL REGIME
ü Il percettore sia presente nell’altro stato per uno o più periodi non eccedenti in totale i 183 giorni nel corso del relativo anno fiscale
ü La remunerazione sia pagata da, o per conto di, un datore di lavoro non residente nell’altro stato
ü La remunerazione non sia sostenuta da una stabile organizzazione che il datore di lavoro ha nell’altro stato menbro

Una soluzione per ciascun problema
La versione aggiornata al 2010 del commentario all’art. 15, del modello Ocse riporta una serie di esempi che dovrebbero consentire di risolvere alcune delle problematiche interpretative legate all’applicazione del paragrafo 2 dell’art. 15 per i c.d. short term employments. Tra i più significativi si segnalano:
· “Cco”, società residente nello stato “C”, è la società madre di un gruppo che comprende la società figlia “Dco”, residente nello stato “D”. “Cco” sviluppa una nuova strategia mondiale per il gruppo ed invia il dipendente “X” per 4 mesi presso “Dco”, per assicurarsi che tale strategia sia ben compresa e applicata. Soluzione indicata nel commentario: l’attività di “Cco” include la gestione e il coordinamento della strategia complessiva del gruppo. Quindi, al ricorrere delle altre condizioni, si potrà applicare l’esenzione.

· “Gco” è una società residente nello stato “G” e si occupa di fornire manodopera specializzata per esigenze temporanee delle imprese. “Hco” è una società residente nello stato “H” che fornisce servizi d’ingegneria nei siti di costruzione. “Hco” ha bisogno di un ingegnere per 5 mesi. “Gco” seleziona “X”, residente nello stato “X”, e lo assume per 5 mesi per poi inviarlo a lavorare presso “Hco”. “Gco” sostiene tutte le spese, pagando sia lo stipendio di “X” sia i relativi benefits e spese di trasferta. Soluzione indicata nel commentario: L’attività di “X” non rientra in quelle ordinarie di “Gco”, specializzata nel soddisfare ogni necessità temporanea delle imprese. Anzi la sua attività risulta come parte integrante di quello di “Hco”; per tale motivo l’eccezione dell’art. 15 par. 2 non potrà essere applicata.
· “Ico” è una società residente nello stato “I”, specializzata nella fornitura di servizi d’ingegneria. “Ico” assume diversi ingegneri a tempo pieno. “Jco”, una piccola società d’ingegneria residente nello stato “J”, concorda con “Ico” che un’ingegnere lavori presso “Jco” per 4 mesi, sotto la supervisione di “Jco”. “Jco” pagherà a “Ico” l’ammontare corrispondente alla sua retribuzione, contributi e spese viaggio e altri benefits oltre ad una commissione del 5%. “Jco” inoltre renderà “Ico” indenne per qualsiasi controversia relativa al periodo di lavoro. Soluzione indicata nel commentario: In considerazione del fatto che “Jco” sopporta tutti i costi relativi alla prestazione lavorativa dell’ingegnere, gli impartisce le direttive e si assume le eventuali responsabilità per la sua attività, l’eccezione dell’art. 15 par. 2 non potrà trovare applicazione.
· “Kco”, società residente nello stato “K”, e “Lco” residente nello stato “L”, sono parte dello stesso gruppo multinazionale. Una sostanziale parte dell’attività del gruppo coinvolge lavoratori di diverse società del gruppo, supervisionate da manager, che sono residenti e dipendenti di altre società del gruppo. “X” è residente nello stato “K” è dipendente di “Kco”; è dipendente di “Kco” che rappresenta il centro dei costi per le funzioni HR, costi che sono però periodicamente addebitati proporzionalmente alle varie società sulla base di una serie di fattori come ad esempio in numero di dipendenti occupati. “X” viaggia molto per lavoro e l’anno passato è stato per 3 mesi presso “Lco”, nello stato “L”, per questioni relative all’HR. Soluzione indicata nel commentario: L’attività lavorativa di “X” è per sua natura a carattere multinazionale, dato che prevede il coordinamento delle funzioni HR di tutte le società del gruppo. Quindi anche se “X” è stato per 3 mesi presso “Lco” ciò rientra nella sua attività tipica e si potrà applicare l’eccezione dell’art. 15 par. 2

TRATTO DA “ITALIAOGGI” DEL 13/09/2010 pagine a cura di ALESSIO VIGNARELI

Formazione tutor e apprendisti Art. 49

Formazione tutor e apprendisti Art. 49

FORMAZIONE TUTOR E APPRENDISTI ART. 49

Vi informiamo che la Società STEP RICERCA E SELEZIONE DEL PERSONALE sta organizzando corsi per la formazione gratuita degli apprendisti di prima e seconda annualità relativamente alle materie trasversali (48H) e per i tutor (8H) ad essi corrispondenti (in modalità a pagamento).

Precisando che per gli apprendisti assunti ante Giugno 2008 che non abbiano ancora svolto la prima annualità, la stessa si può recuperare solo partecipando a percorsi a pagamento, i calendari delle attività per il mese di Ottobre e Novembre 2010 sono così programmati:
ü TUTOR: unica edizione 27 ottobre dalle 09.00 alle 18.00 (a pagamento);
ü APPRENDISTA 1° ANNUALITA’: prima ed. 5, 12, 19, 29 Ottobre 9, 16 Novembre
seconda ed. 28 Ottobre, 4, 11, 18, 25, 30 Novembre
ü APPRENDISTI 2° ANNUALITA’: prima ed. 7, 14, 21 Ottobre, 11, 18, 25 Novembre

Tutte le edizioni saranno tenute con orario dalle 09.00 alle 18.00 presso la sede di Via Vitruvio, 38 a Milano (MM Centrale o Lima). In ogni aula sono ammessi non più di 12 allievi.

Nel caso in cui nell’azienda vi fossero assunti apprendisti con i relativi Tutor incaricati, che ancora devono assolvere all’obbligo della formazione contattare la Sig.ra MANUELA GHIDINI alla seguente e-mail manuela.ghidini@stepitalia.it

DOTT.SA MONICA MELANI