Apprendistato professionalizzante nel terziario
APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE NEL TERZIARIO: AL VIA LA FORMAZIONE IN AZIENDA
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Confcommercio e le Organizzazioni sindacali, il 23 settembre 2009, hanno raggiunto un’intesa a livello nazionale sull’apprendistato professionalizzante esclusivamente aziendale, dando attuazione a quanto previsto dall’articolo 49, comma 5-ter del D.lgs. n. 276/2003, introdotto dal DL n. 112/2008 (c.d. manovra d’estate), convertito nella Legge n. 133/2008. Si tratta del primo accordo nazionale per la formazione esclusivamente aziendale, gestita interamente dall’impresa al suo interno o all’esterno (in tutto o in parte), con la semplificazione delle procedure attuative, senza la necessità di ricorrere alla formazione esterna gestita dalle Regioni. Attraverso l’apprendistato professionalizzante “aziendale” è possibile ottemperare alle reali esigenze professionali dell’impresa e ottimizzare la formazione dei lavoratori. Di seguito si illustrano i termini del suddetto accordo che definisce contenuti, criteri attuativi, durata, modalità di erogazione dell’attività formativa. |
NOVITA’ →In data 23 settembre 2009 tra CONFCOMMERCIO, FILCAMS CGIL, FISASCAT CISL, UILTUCS UIL, è stato sottoscritto il primo accordo nazionale per la formazione esclusivamente in azienda nel contratto di apprendistato professionalizzante.
Ne consegue che un’attività formativa professionalizzante più specifica permette il raggiungimento di competenze più adeguate alle mansioni da parte dei soggetti coinvolti e un vantaggio per la stessa realtà aziendale.
QUADRO NORMATIVO
Dopo aver esaminato la normativa in teme di apprendistato, comprese le disposizioni della contrattazione collettiva, e tenuto conto delle indicazioni ministeriali e giurisprudenziali al riguardo, la Commissione Paritetica costituita in base alla dichiarazione a verbale n. 1 in calce all’articolo 60 del CCNL Terziario del 18 luglio 2008 ha concluso un apposito accordo.
Con tale intesa le Parti sociali hanno dato attuazione alle previsioni contenute nell’articolo 49, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 276/2003, aggiunto dall’articolo 23, comma 2, del DL n. 112/2008 (convertito in legge n. 133/2008), che permette l’utilizzo di questa fattispecie contrattuale senza la regolamentazione dei profili formativi a livello regionale.
Infatti, secondo il dettato normativo, l’attuazione dell’apprendistato professionalizzante elusivamente aziendale è demandata alla contrattazione collettiva ovvero agli enti bilaterali:
· “in caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. in questa ipotesi i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contatti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo.”
ATTENZIONE: quanto disposto in materia di profili formativi dal comma 5 dell’articolo 49 del D.Lgs. n. 276/2003, risulta superato dal presente accordo. Quindi, grazie tale intesa con validità su tutto il territorio nazionale possono essere superate diversità e lacune presenti nei sistemi regionali, con semplificazione delle procedure e modifiche alle previsioni in materia, ad esempio, di tutor e qualità della formazione.
La gestione diretta del contratto di apprendistato da parte dell’azienda comporta la possibilità di prevedere una durata inferiore di ore di formazione di base per realizzare un’attività formativa più appropriata alla competenza da conseguire, con innegabile vantaggio sia per il datore che per il lavoratore.
Le Parti hanno chiarito che la contrattazione integrativa di secondo livello può derogare all’accordo soltanto riguardo l’individuazione di profili formativi specifici, non ricompresi nell’accordo.
ATTENZIONE: viene anche evidenziato il ruolo decisivo degli Enti Bilaterali ai fini dell’ottenimento del parere di conformità nell’ambito della procedura di attuazione dell’apprendistato professionalizzante, come già disposto dal CCnl del Terziario (art. 47).
PREMESSA
Viene sottolineato che il piano formativo individuale può caratterizzarsi per specifiche competenze di settore, di area e di profilo, fra quelle appositamente individuate nelle declaratorie, rispondenti alla qualifica professionale da conseguire e alla struttura organizzativa aziendale.
NOVITA’ → Nell’ambito dello steso piano, inoltre, potranno essere incluse “competenze di profilo” di altri profili formativi coerenti con le mansioni effettive che svolgerà l’apprendista qualificato, oppure potranno essere escluse competenze di area, di settore o di profilo non coerenti con le competenze di acquisire.
ATTIVITA’ FORMATIVA
Secondo il documento sottoscritto dalle parti tale attività si caratterizza per una
· Formazione trasversale, identica per tutti gli apprendisti, articolata in cinque aree di contenuti;
· Formazione professionalizzante, nell’ambito della quale si individua una distinzione di settore, di area, di profilo del percorso formativo, in ragione della qualifica professionale da raggiungere.
La distinzione dei contenuti formativi, individuati dalle Parti, è descritta nella seguente tabella
| ATTIVITA’ FORMATIVA | |
| CONTENUTI | |
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FORMAZIONE TRASVERSALE, DI BASE |
Accoglienza, valutazione del livello di ingresso e definizione del patto formativo |
| Competenze relazionali | |
| Disciplina del rapporto di lavoro | |
| Organizzazione ed economia | |
| Sicurezza sul lavoro | |
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OBBIETTIVI |
| Conoscenza dei prodotti, dei servizi e del contesto aziendale | |
| Conoscenza delle basi tecniche e scientifiche della professionalità | |
| Conoscenza e utilizzo delle tecniche e dei metodi di lavoro | |
| Conoscenza e utilizzo degli strumenti e delle tecnologie di lavoro (attrezzature, macchinari, strumenti di lavoro, ecc.) | |
| Conoscenza e utilizzo delle misure di sicurezza individuali e di tutela ambientale specifiche del settore | |
| Conoscenza delle innovazioni di prodotto, di processo e di contesto | |
FORMAZIONE ESCLUSIVAMENTE AZIENDALE
La formazione (sia trasversale di base che professionalizzante) impartita all’apprendista è gestita interamente dall’azienda, senza ricorso a finanziamenti pubblici, e viene erogata:
· All’interno dalle stessa struttura aziendale;
· In tutto o in parte all’esterno dalla stessa .
In entrambi i casi i soggetti coinvolti, interni od esterni, dovranno possedere adeguate competenze professionali, in linea con i contenuti dell’attività formativa e dovranno essere previste modalità idonee per il suo svolgimento.
All’azienda è consentito rivolgersi a strutture esterne, purché accreditate per la formazione continua, secondo la normativa regionale vigente, presso la Regione in cui viene svolta l’attività formativa.
DURATA E CONTENUTI DELLA FORMAZIONE.
RIPOSI PER ALLATTAMENTO UNISEX È incondizionato il diritto al padre di beneficiare dei riposi giornalieri (allattamento) anche nel caso in cui la madre sia casalinga. Lo precisa il ministero del lavoro nella nota protocollo n. 19605/2009, superando di fatto le indicazioni dell’Inps (circolare n. 112/2009) che avevano vincolato la fruizione dei permessi alla “oggettiva impossibilità della madre casalinga di dedicarsi alla cura del neonato”. I RIPOSI GIORNALIERI (COSIDDETTO ALLATTAMENTO). Il T.u. stabilisce che i riposi giornalieri siano riconosciuti al padre, in alternativa alla madre, quando: LA GIURISPRUDENZA. Pertanto, concludeva il ministero, l’interpretazione estensiva derivante dalla pronuncia del Consiglio di stato risulta maggiormente aderente alla ratio legis, volta a garantire al lavoratore padre la cura del bambino in tutte le ipotesi in cui l’altro genitore sia impegnato in attività lavorative che lo distolgano dall’assolvimento di tale compito. LE ISTRUZIONI (I VINCOLI) DELL’INPS. Almeno 6 ore giornaliere
Meno di 6 ore giornaliere
VISITE MEDICHE, L’IRREPERIBILITA’ COSTA CARA La mancata o l’inattesa indicazione dell’indirizzo presso cui è reperibile il lavoratore sul certificato di malattia, comporta la perdita dell’indennità di malattia, per tutte le giornate attestate dalla stessa certificazione. Lo precisa l’Inps nel messaggio n. 22747/2009. I chiarimenti sono stati sollecitati da una sede territoriale dell’istituto di previdenza. La normativa in materia (illustrata dall’Inps, tra l’altro, nella circolare n. 129/1990) stabilisce che, quando la visita medica di controllo non sia esperibile perché la certificazione medica risulta carente di indirizzo o lo riporti incompleto o inesatto, il lavoratore perde il diritto dell’indennità di malattia fino a quando non venga segnalato l’indirizzo mancante o incompleto o inesatto. Nel quesito, in particolare, si chiedono precisazioni operative sui termini di decorrenza di tale sanzione, termini non indicati dalla normativa, anche al fine di uniformare il comportamento sull’intero territorio nazionale poiché alcune sedi sanzionano l’intero evento di malattia, mentre altre sedi applicano la sanzione soltanto sul singolo certificato oggetto di visita di controllo. La sede Inps interpellante, peraltro, ritiene che, se il lavoratore è sanzionabile in quanto negligente nel non fornire correttamente il proprio indirizzo di reperibilità (e quindi i certificato è da considerarsi mancante di un requisito essenziale, come previsto dalla normativa), la sanzione non possa essere limitata al singolo certificato oggetto di visita medica di controllo, se anche i precedenti manchino dello stesso requisito essenziale. RISPOSTA DELL’INPS: DOTT.SSA MONICA MELANI INFLUENZA A, MISURE SUI LUOGHI DI LAVORO La sicurezza sul lavoro impone un test sull’influenza A. I datori di lavoro, in particolare, sono tenuti ad aggiornare la valutazione dei rischi per individuare se e per quali lavoratori si rende necessaria la vaccinazione. A raccomandarlo è il ministero del lavoro, in una nota dell’11 settembre, con cui fornisce le linee guida per la riduzione del rischio espositivo nei luoghi di lavoro al nuovo virus A(H1N1). Le imprese, inoltre, sono tenute ad informare i propri dipendenti sulla nuova influenza e a garantire sul posto di lavoro disponibilità di detergenti liquidi, salviettine monouso e mascherine. E se c’è contagio, devono attivare tutte le misure cautelative (compresa una nuova informazione ai dipendenti) per evitare la diffusione tra i lavoratori. MISURE DA METTERE IN ATTO SUI LUOGHI DI LAVORO: IN CASO DI CONTAGIO: DOTT.SSA MONICA MELANI PAUSA D’OBBLIGO SE SI LAVORA AL PC CHI OPERA CON IL MONITOR HA DIRITTO A INTERRUZIONI OGNI DUE ORE TUTELA AD HOC PER I VIDEOTERMINALISTI. COME LAVORATORE AI VIDEOTERMINALI. LE INTERRUZIONI. LA SORVEGLIANZA SANITARIA. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, la periodicità delle visite di controllo è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni (punto b precedente) e per quelli che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; la periodicità è quinquennale negli altri casi. Per i casi di inidoneità temporanea il medico competente stabilisce il termine per la successiva visita di idoneità. DOTT.SSA MONICA MELANI ATTENZIONE A SEDIE, TASTIERE E MOUSE I computer portatili? Non sono sicuri se utilizzati senza schermo e senza tastiera esterna. Serve una miriade di controlli per garantire la sicurezza ai lavoratori. Partiamo dallo schermo. La risoluzione deve essere tale da garantire una buona definizione, una forma chiara, una grandezza sufficiente dei caratteri e, inoltre, uno spazio adeguato tra essi. L’immagine sullo schermo deve essere stabile; esente da farfallamento, tremolio o da altre forme di instabilità. La brillanza e/o il contrasto di luminanza tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte dell’utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali. Ancora, lo schermo deve essere orientabile e inclinabile liberamente per adeguarsi facilmente alle esigenze dell’utilizzatore. È possibile utilizzare un sostegno separatorio per lo schermo o un piano regolabile. Sullo schermo non devono essere presenti riflessi e riverberi che possano causare disturbi all’utilizzatore durante lo svolgimento della propria attività. Passiamo alla testiera e mouse. La tastiera deve essere separata dallo schermo e facilmente regolabile e dotata di meccanismo di variazione della pendenza onde consentire al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l’affaticamento delle braccia e delle mani. Lo spazio sul piano di lavoro deve consentire un appoggio degli avambracci davanti la tastiera nel corso della digitazione, tenendo conto delle caratteristiche antropometriche dell’operatore. La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare riflessi. Il mouse o qualsiasi dispositivo di puntamento deve essere posto sullo stesso piano della tastiera, in posizione facilmente raggiungibile e disporre di uno spazio adeguato per il suo uso. E il piano di lavoro? Il piano di lavoro deve avere una superficie a basso indice di riflessione, essere stabile, di dimensioni sufficienti a permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio. L’altezza del piano di lavoro fissa o regolabile deve essere indicativamente compresa tra i 70 e 80 cm. Lo spazio a disposizione deve permettere l’alloggiamento e il movimento degli arti inferiori, nonché l’ingresso del sedile e dei braccioli se presenti. La profondità del piano di lavoro deve essere tale da assicurare una adeguata distanza visiva dallo schermo. Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre al minimo i movimenti della testa e degli occhi. LA FORMAZIONE SPOSA LA FLESSIBILITA’ Più flessibilità nei fondi interprofessionali per la formazione continua. L’impresa può decidere anche in corso di anno se appartenere a un fondo piuttosto che a un altro, come può ora aderire e revocare l’iscrizione in qualsiasi momento. Le novità, già in vigore, sono state introdotte dal dl n. 185/2008 e illustrate nei dettagli operativi dall’Inps con la circolare n. 107/2009. I FONDI INTERPROFESSIONALI. LA FORMAZIONE LA FINANZIANO LE IMPRESE. FONDI PIU’ FLESSIBILI. MOBILITA’ TRA FONDI INTERPROFESSIONALI. Detta possibilità trova, tuttavia, le seguenti limitazioni di legge: il trasferimento delle risorse non può riguardare le aziende che, in ciascuno dei tre anni precedenti, rispondono alla definizione comunitaria di micro e piccole imprese di cui alla raccomandazione dell’Unione europea n. 2003/361/Ce; l’importo da trasferire deve essere almeno pari a 3 mila euro; le quote oggetto di trasferimento non possono essere riferite a periodi antecedenti al 1° gennaio 2009. MODALITA’ OPERATIVE. DOTT.SSA MONICA MELANI LAVORATORI E WEB, MENO CONTROLLI MONITORARE I SITI VISITATI E’ UNA ILLECITA VERIFICA A DISTANZA Il controllo sistematico e continuo dei siti internet visitati dai lavoratori è un illecito controllo a distanza. Viola la privacy e contrasta con lo statuto dei lavoratori, proprio in quanto realizzato con sistematicità e per lungo tempo. Questo il principio formulato dal garante della privacy, accogliendo il reclamo di un lavoratore, dipendente di una società, che ha monitorato per nove mesi la navigazione on-line la postazione di un suo dipendente attraverso un software di memorizzare in “chiaro”, tra l’altro, le pagine e i siti web visitati, il numero di connessioni, il tempo trascorso sulle singole pagine. È risultato, anche, che la società non ha neanche effettuato le trattative sindacali, sempre previste dall’articolo 4 citato, nel caso di installazione di software necessario per esigenze organizzative e produttive. A ciò si aggiunga la sovrabbondanza di registrazioni (effettuate per ben nove mesi) in violazione del principio di non eccedenza previsto dal Codice della privacy (articolo 11). Da qui il blocco del trattamento da parte del garante. TELECAMERE E BULLISMO Con altri due provvedimenti il garante si è occupato di telecamere e bullismo a scuola e di dati biometrici nei luoghi di lavoro. DOTT.SSA MONICA MELANI VOUCHER, DENUNCE PER TELEFONO A partire dal 23.09.2009 i committenti di lavoro accessorio possono effettuare la comunicazione preventiva all’Inail (la dna) anche tramite call center (al numero 803.164 del Contac center Inps-Inail). Ne dà notizia l’istituto assicuratore nella nota protocollo n. 8625 del 22.09.2009. VOUCHER A MAGLIE PIU’ LARGHE. L’implementazione arriva in risposta ai recenti interventi normativi che hanno ampliato la platea si soggetti interessati dal lavoro accessorio, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo. Infatti, queste prestazioni, che inizialmente erano previste come attività lavorative occasionali svolte da soggetti a rischio di esclusione sociale o, comunque, non ancora entrati nel mercato del lavoro o in procinto di uscirne, sono oggi praticamente accessibili da tutti i lavoratori e non più soltanto dalla categoria di “soggetti deboli”. DNA AL TELEFONO. Dal 7 settembre, l’Inail ha predisposto un’apposita procedura telematica per l’acquisizione delle denunce nominative (dna) al fine di semplificare gli adempimenti all’utenza. I committenti, di prestazioni accessorie, infatti, hanno l’obbligo di comunicare all’Inail, prima dell’inizio della prestazione, i dati relativi al luogo e al periodo della prestazione,nonché i dati anagrafici propri e relativi al prestatore, anche in caso di variazioni del periodo di lavoro (per cessazione o modifica del periodo). La novità consentirà ai committenti di lavoro occasionale accessorio, a decorrere dal 23 settembre 2009, di rivolgersi direttamente agli operatori del Contac center integrato Inps-Inail, raggiungibile al numero 803.164 nei consueti orari di servizio, al fine di effettuare, per il loro tramite, la comunicazione preventiva e le successive variazioni dei dati relativi alle prestazioni occasionali accessorie. DOTT.SSA MONICA MELANI CO.CO.CO. ALL’ESTERO, NORME AD HOC Anche l’iscritto alla gestione separata Inps, se presta attività di lavoro autonomo o dipendente in un altro stato Ue, è tenuto a osservare la regolamentazione comunitaria sulla sicurezza sociale. Ai fini dell’individuazione del regime applicabile, il parasubordinato va ricondotto alla figura del lavoratore “dipendente” o “autonomo” in funzione delle disposizioni di carattere previdenziale e non in base alla nozione giuslavoristica del rapporto di lavoro. A stabilirlo è l’Inps, nella circolare n. 90/2009, in cui riassume le disposizioni per la determinazione della legislazione previdenziale applicabile ai lavoratori che svolgono attività in più stati membri dell’Ue. UN VADEMECUM UE. Il vademecum diffuso dall’Inps riguarda, in particolare, le disposizioni per la determinazione della legislazione applicabile ai lavoratori che: OBBLIGHI DI COMUNICAZIONE. L’Inps, ricorda innanzitutto, che il datore di lavoro con sede o domicilio in Italia deve comunicare all’istituto di previdenza tutti i casi in cui i suoi dipendenti lavorano normalmente in due o più stati comunitari e ogni cambiamento intervenuto. Medesimo obbligo ricade sul lavoratore autonomo che svolge la sua attività normalmente in due o più comunitari e per il lavoratore dipendente che svolge in due o più stati comunitari le sue attività alle dipendenze di più aziende: anche tali soggetti sono tenuti a informare l’istituzione dello Stato di residenza, in merito al normale svolgimento della attività in due o più stati comunitari e le successive relative modifiche. PRINCIPI GENERALI. In via di principio, il lavoratore dipendente o autonomo che svolge attività in più stati membri e che abbia la residenza in uno di questi è assoggettato alla legislazione di quest’ultimo stato (cioè quello di residenza). Nel caso di un lavoratore che svolga la propria attività alle dipendenze di un datore di lavoro in due o più stati membri e che abbia la residenza in altro stato membro è assoggettato alla legislazione dello stato in cui il datore di lavoro abbia sede o domicilio. I LAVORATORI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA INPS. La regolamentazione comunitaria prevede i criteri per determinare la legislazione applicabile solo con riferimento ai lavoratori dipendenti o a quelli autonomi; nulla prevede invece per le nuove figure di lavoratori disciplinate dalle legislazioni nazionali. In Italia, per esempio, è il caso dei co.co.co. e di tutti i lavoratori iscritti alla gestione separata Inps (articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995) che, in via generale, rappresentano la cosiddetta area di parasubordinazione. LAVORATORE DIPENDENTE O AUTONOMO CHE RISIEDE NELLO STATO IN CUI LAVORA. Il lavoratore che svolga la propria attività in più stati Ue, in uno dei quali risiede, vedrà applicarsi la legislazione di quest’ultimo stato (quello di residenza). Il lavoratore deve dare comunicazione all’istituto di previdenza dello stato di residenza la circostanza che svolge attività lavorativa anche in altri stati Ue e l’istituto rilascerà apposito modello (è il modello E101) dal quale risulterà che il lavoratore è soggetto alla legislazione dello stato di residenza in tutti gli stati i cui svolge l’attività lavorativa. LAVORATORE DIEPENDENTE NON RESIDENTE IN UN O DEGLI STATI IN CUI LAVORA. Il lavoratore che svolga attività lavorativa in più stati Ue e risieda in un differente stato Ue è assoggettato alla legislazione dello stato dove ha sede o domicilio il datore di lavoro. LAVORATORE AUTONOMO NON RESIDENTE IN UNO DEGLI STATI IN CUI LAVORA. Il lavoratore autonomo che svolga la propria attività in due o più stati Ue e risieda in un altro stato Ue è soggetto alla legislazione dello stato in cui svolge l’attività principale. Il lavoratore deve comunicare all’istituto previdenziale del paese di residenza dove svolge la propria attività che ne darà notizia alle altre sedi estere. LAVORO AUTONOMO CONTEMPORANEAMENTE A LAVORO DIPENDENTE IN DUE O PIU’ STATI UE. Il lavoratore che svolga contemporaneamente in più stati Ue lavoro autonomo e lavoro dipendente è assoggettato ala disciplina vigente nel paese dove svolge l’attività dipendente. Se invece risiede in uno di questi stati, verrà applicata la legislazione dello Stato di residenza. DOTT.SSA MONICA MELANI RLS, COMUNICAZIONI UNA TANTUM Via libera alla comunicazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Con circolare n. 43, ieri l’Inail ha fornito le istruzioni operative per adempiere all’obbligo in base alle modifiche introdotte dal correttivo al T.u. sicurezza (DLgs n. 106/2009 di modifica del DLgs n. 81/2008). Tra le novità, la comunicazione diventa una tantum fino a modifiche (non ha più cadenza annuale), e non è più dovuta dalle aziende in cui non sia presente un Rls. Resta in stand-by, invece la comunicazione dei rappresentanti territoriali (Rlst) su cui l’Inail fa riserva di successive istruzioni. La comunicazione. L’obbligo è stato introdotto dal T.u. sicurezza con cadenza annuale il cui termine era fissato al 16 Agosto scorso. Tuttavia poiché il correttivo ha modificato in più parti l’adempimento, la scadenza è stata sospesa rinviando la decorrenza dell’obbligo alle nuove (e ora pronte) istruzioni dell’Inail. L’adempimento è disciplinato dall’articolo 18 del T.u. La norma stabilisce che il datore di lavoro e i dirigenti che organizzano e dirigono attività secondo attribuzioni e competenze loro conferite, sono tenuti a comunicare all’Inail (all’Ipsema per il settore marittimo) i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Soggetti obbligati. Rientrano nell’obbligo della comunicazione tutti i datori di lavoro (ovvero i dirigenti, se delegati) di qualsiasi settore privato o pubblico. Sono escluse le amministrazioni, gli istituti e le organizzazioni individuate dall’articolo 3, commi 2 e 3-bis (forze armate, vigili del fuoco, cooperative sociali ecc.) del T.u. Chi, quando e come. In via di principio, l’adempimento è dovuto in occasione di nomina di uno o più Rls. Al riguardo, l’Inail evidenzia che tale elezione non costituisce un obbligo per il datore di lavoro ma una facoltà dei lavoratori, ai quali e solo ai quali spetta dunque di esercitarla. In sede di prima applicazione, l’adempimento riguarda i nominativi dei Rls già eletti o designati. L’Inail spiega che nessun obbligo ricade sulle aziende che non hanno Rls eletti; in tal caso, l’obbligo scatterà alla prima nomina o designazione. Per le aziende o unità produttive in cui già sia presente un Rls, invece, l’adempimento va osservato se non già adempiuto in base alla vecchia procedura, per essere ripetuto in occasione di modifiche (per chi ha già fatto la denuncia, le modifiche rilevano dal 1° Gennaio 2009, poiché il vecchio adempimento riguardava la situazione in essere al 31 Dicembre 2008). DOTT.SSA MONICA MELANI
Riposi per allattamento
Il diritto del papà a prescindere dall’impossibilità del coniuge
Tra le tutele a favore della maternità, il T.u. (dlgs n. 151/2001) prevede i cosiddetti riposi giornalieri. In pratica, durante il primo anno di vita del bimbo (dopo, evidentemente, aver fruito del congedo di maternità) la lavoratrice dipendente madre ha diritto a fruire di riposi giornalieri retribuiti (Inps):
· Di 2 ore al giorno se l’orario di lavoro è pari o superiore a 6 ore quotidiane; le due ore possono essere fruite separatamente (ad esempio un’ora in entrata e una in uscita) o cumulate;
· Di un’ora al giorno se l’orario di lavoro quotidiano è inferiore a 6 ore.
Se il datore di lavoro mette a disposizione all’interno dell’azienda un asilo nido o un’altra
struttura idonea, i riposi giornalieri si riducono della metà.
· I figli sono affidati al solo padre;
· La madre è deceduta o è gravemente malata;
· La madre non è lavoratrice dipendente, cioè è autonoma o libera professionista;
In caso di parto plurimo i riposi sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere riconosciute al padre anche durante i periodi di astensione obbligatoria e di congedo parentale della madre (si veda tabella). Le ore fruibili sono conteggiate sulla base dell’orario di lavoro del genitore che si avvale dei riposi.
Il T.u., come visto, non riconosce al padre il diritto ai riposi giornalieri nel caso in cui la moglie sia casalinga.
A tale carenza ha provveduto la giurisprudenza. Il Consiglio di stato, in particolare, con sentenza n. 4293/2008 ha stabilito che l’ipotesi contemplata dal T.u. (lettera c dell’articolo 40 del dlgs n. 151/2001 concernente i riposi giornalieri del padre nel caso in cui “la madre non sia lavoratrice dipendente”) deve ritenersi comprensiva anche del caso in cui la madre svolga lavoro casalingo.
Sulla questione è intervenuto anche il ministero del lavoro (circolare B/2009) spiegando che la conclusione appare in sintonia con il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che aveva precedentemente sottolineato come in numerosi ambiti ordinamentali la casalinga sia considerata come lavoratrice (cassazione sentenza n. 20324/2005), in quanto impegnata in attività che comunque la distolgono dalla cura del neonato.
Sulla novità introdotta dalla sentenza del Consiglio di stato, l’Inps è intervenuto con la circolare n. 112/2009 per dettare le istruzioni operative ai fini delle richieste del beneficio di allattamento.
In quella nota, l’istituto spiega che l’interpretazione estensiva operata dal Consiglio di stato consente di riconoscere al padre lavoratore dipendente il diritto a fruire dei riposi giornalieri, oltre che nelle ipotesi già previste dalle norme vigenti, anche in altri casi di “oggettiva impossibilità da parte della madre casalinga di dedicarsi alla cura del neonato”, perché impegnata in altre attività (ad esempio accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi, cure mediche ed altre simili).
Pertanto, precisava l’Inps, “in presenza delle predette condizioni, opportunamente documentate”, il padre dipendente può fruire dei riposi giornalieri nei limiti di due ore o un’ora al giorno a seconda dell’orario giornaliero di lavoro, entro il primo anno di vita del bambino o entro il primo anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato.
Pertanto, concludeva l’ente di previdenza, analogamente a quanto avviene in caso di madre lavoratrice autonoma, anche nell’ipotesi di madre casalinga, il padre dipendente può utilizzare i riposi a partire dal giorno successivo ai tre mesi dopo il parto (ossia a partire dal giorno successivo alla fine del periodo di maternità riconosciuto per legge). E che, in caso di parto plurimo, anche nell’ipotesi di madre casalinga, il padre dipendente può fruire del raddoppio dei riposi e le ore aggiuntive possono essere utilizzate dal padre stesso anche durante i tre mesi dopo il parto.
IL DIRITTO E’ SENZA CONDIZIONI.
Il ministero del lavoro non ha condiviso il fatto che l’Inps (con la citata circolare n. 112/2009) abbia condizionato la fruizione dei riposi da parte del padre a una serie di limiti (“oggettiva impossibilità della madre casalinga di dedicarsi alla cura del neonato”, perché impegnata in altre attività, quali accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi) e oneri (produzione di documentazione medica, attestato di partecipazione a corso e concorsi, e simili). Pertanto, con una nuova nota (protocollo n. 19605 del 16 novembre 2009) è ritornato sulla questione per meglio chiarire quanto esplicitato nella precedente lettera circolare B/2009 alla luce della ratio sottesa alla sentenza del Consiglio di stato.
Come si legge nella sentenza, spiega il ministero, la ratio dell’articolo 40, lettera c) del T.u. maternità (dlgs n. 151/2001) è quella di beneficiare il padre dei permessi per la cura del figlio allorquando la madre “non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato”.
Tale ultima affermazione, secondo il ministero del lavoro, non sembra avere lo scopo di porre dei limiti o delle condizioni alla possibilità di fruire del beneficio, ma solo quella di esplicitare l’intenzione del legislatore. Ed aggiunge: coerentemente alle finalità di favor per il ruolo genitoriale ribadite dalla sentenza, per le ipotesi in cui a fruire del riposo giornaliero sia il padre coniugato con donna lavoratrice dipendente o lavoratrice autonoma, l’Inps non richiede alcuna documentazione in merito alle ragioni che hanno impedito alla madre di occuparsi del bambino e che hanno, dunque, reso necessario l’intervento del padre; né esiste una norma che imponga di provare e documentare le ragioni che impediscono alla madre lavoratrice non dipendente di occuparsi del bambino. In conclusione, il ministero precisa che la richiesta dell’Inps di produrre, nelle sole ipotesi di madre casalinga, documenti attestanti l’effettiva impossibilità della stessa di occuparsi del figlio non appare supportata da alcuna diposizione normativa in tal senso.
Peraltro, aggiunge il ministero, neanche in via interpretativa può essere avallata tale richiesta, in quanto una simile interpretazione può facilmente ingenerare questioni di costituzionalità (ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione) per evidente disparità di trattamento dei soggetti destinatari della norma (le lavoratrici non dipendenti).
I RIPOSI GIORNALIERI NEI PARTI PLURIMI
MADRE
PADRE
Orario di lavoro
Permessi
Almeno 6 ore
Meno di 6 ore
4 ore
0 ore
0 ore
3 ore
1 ora
1 ora
2 ore
2 ore
2 ore
1 ora
3 ore
3 ore
0 ore
4 ore
4 ore
In astensione facoltativa o obbligatoria
2 ore
1 ora
2 ore
0 ore
0 ore
1 ora
2 ore
1 ora
0 ore
4 ore
2 ore
In astensione facoltativa o obbligatoria
2 ore
1 ora
Tutele anche per le nascite già avvenute
L’estensione del diritto ai riposi al padre nel caso della moglie casalinga è immediatamente operativo anche per le situazioni in essere. Tenuto conto del limite temporale entro il quale è possibile fruire dei riposi giornalieri, qualora non sia ancora decorso il primo anno di vita del bambino (o il primo anno di ingresso in famiglia del minore adottato/affidato), il padre dipendente può beneficiare dei riposi giornalieri fino al termine del suddetto anno, ma non potrà, invece, recuperare in alcun modo le ore di riposo precedentemente godute.
Qualora, invece, il padre dipendente avesse già fruito di
Visite mediche, l’irreperibilita’ costa cara
L’Inps ricerca la risposta in giurisprudenza. Secondo quanto affermato dalla costante giurisprudenza della corte di cassazione, spiega, l’indicazione dell’esatto indirizzo di reperibilità è un requisito essenziale della certificazione di malattia, in quanto strumentale alla regolare effettuazione delle eventuali visite mediche di controllo. Pertanto, la mancanza o l’inesattezza oppure l’incompletezza dell’indirizzo (purché tale da impedire il reperimento del lavoratore) comporta senz’altro la perdita della prestazione previdenziale per l’intero evento di malattia, o comunque per tutte quelle giornate di malattia attestate da una certificazione priva di requisito in questione. Tuttavia, aggiunge l’Inps, l’applicazione della sanzione secondo queste modalità può non aver luogo solo qualora l’istituto (la sede) sia in grado di reperire altrimenti e agevolmente nei propri archivi il dato mancante (per esempio, da precedenti eventi di malattia o da precedenti accessi domiciliari).
Diversa è l’ipotesi di indicazione di un indirizzo insufficiente per il reperimento del lavoratore, ma uguale a quello riportato sul certificato di residenza: in tal caso, ove si tratti di prima malattia, il lavoratore può essere giustificato sebbene con l’avvertenza che, per eventuali successivi eventi di malattia, dovrà assolutamente indicare l’indirizzo esatto e completo.
Influenza A, misure sui luoghi di lavoro
Informazione e valutazione dei rischi per prevenire contagi
Nei luoghi di lavoro, spiega il ministero, il rischio di trasmissione dell’influenza (pandemica o stagionale) è in gran parte condizionato dalla condivisione di spazi in ambienti confinati e da attività che espongano a contatto con il pubblico. In ogni caso, in qualsiasi luogo di lavoro è fondamentale il rispetto di elementari norme igieniche quali l’igiene delle mani e l’adozione di comportamenti di buona educazione igienica per limitare le occasioni di contagio attraverso starnuti o colpi di tosse. Le mani vanno lavate frequentemente (ed ogni volta che sia necessario, in particolare dopo aver usati i servizi igienici e prima dei pasti) con acqua e sapone o con soluzioni detergenti a base di alcool (concentrazione 60-90%).
Pertanto sui luoghi di lavoro lavabi e detergenti a base di alcool debbono essere sempre disponibili e facilmente accessibili. Il ministero ricorda che, nel caso di lavaggio con acqua e sapone, va usata acqua calda e le mani insaponate debbono essere strofinate per 15-20 secondi, usando poi asciugamani monouso o asciugatori ad aria calda (da mettere a disposizione nei luoghi di lavoro a cura delle aziende) mentre nel caso di detergenti a base di alcool non va aggiunta acqua e le mani debbono essere strofinate tra loro fino a che non ritornano asciutte. Tutte le informazioni utili alla prevenzione delle infezioni sul luogo di lavoro, aggiungono la linea guida, vanno utilmente illustrate ai lavoratori attraverso poster che mostrino le pratiche appropriate per il lavaggio delle mani e i comportamenti igienici di buona educazione da adottare.
Ove si dovesse verificare più di un caso confermato, probabile o sospetto di influenza nel periodo di contagiosità, il ministero spiega ai datori di lavoro che occorrerà informare i dipendenti circa la loro possibile esposizione al contagio sul luogo di lavoro, nel rispetto della riservatezza dei dati sensibili (dlgs n. 196/2003). Quindi, bisognerà invitare i dipendenti risultanti esposti a tenere sotto controllo il proprio stato di salute per rilevare la prima comparsa di sintomi sospetti e ricordare opportunamente la necessità di consultare il proprio medico di famiglia in caso di situazioni che potrebbero costituire un maggior rischio di forme gravi e complicate di influenza quali ad esempio: stato di gravidanza, malattie croniche del metabolismo, malattie cardiovascolari, asma, enfisema, etc. Capitolo a parte è riservato dalle linee guida, infine, alle donne in stato di gravidanza, in particolare a quelle al secondo e terzo trimestre di gravidanza, le quali sono a maggior rischio di complicazioni da influenza stagionale.
GLI OBBLGHI PER I DATORI DI LAVORO
Provvedere all’aggiornamento del documento di valutazione dei rischi in relazione al rischio espositivo ad agenti biologici in collaborazione con il medico competente, se presente, prevedendo protocolli per la gestione di dipendenti con sintomi di influenza manifestati sul posto di lavoro.
Verificare vi sia corretta informazione per l’uso di mascherine (in ambiti lavorativi non sanitari)
Identificare, in collaborazione con il medico competente, i dipendenti essenziali al ciclo produttivo da sottoporre a vaccinazione, per garantire il mantenimento delle attività socialmente utili (vedere al riguardo il Piano Nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale)
Verificare i siti del ministero del lavoro e del ministero degli affari esteri per informazioni su specifiche situazioni di rischio in paesi esteri che potrebbero essere mete di trasferte all’estero di dipendenti
Come misura organizzativa, se attuabile, pianificare la possibilità di fruire di assenze che non disincentivino lavoratori a rimanere a casa per prendersi cura in caso di necessità di assistenza di propri familiari ammalati o di figli minorenni in caso di interruzione di attività didattiche per focolai epidemici.
Pausa d’obbligo se si lavora al PC
Passare al lavoro 20 ore a settimana davanti a un computer basta per aver diritto alla sorveglianza sanitaria. E se il datore di lavoro nega questo diritto è prevista la pena dell’arresto (da 3 a 6 mesi) o quella dell’ammenda da 2.500 a 6.400 euro. All’accertamento delle violazioni non è competente il ministero del lavoro (le direzioni provinciali del lavoro, dpl) ma gli uffici territoriali delle aziende sanitarie locali (Asl) o la procura della repubblica per l’effettuazione delle procedure di controllo. A precisarlo sono le Faq del ministero del lavoro, presenti sul sito internet istituzionale, in risposta a appositi quesiti in tema di sicurezza sul lavoro e attrezzature munite di viedeoterminali.
Accanto alle norme generali di tutela che si applicano in via ordinaria in ogni luogo di lavoro, il Tu sicurezza prevede disposizioni specifiche quando l’attività lavorativa venga svolta con l’ausilio di attrezzature munite di videoterminali (l’attrezzature più comune e ricorrente è il computer, il pc), ad eccezione dei lavoratori addetti ai posti di guida di veicoli o di macchine, ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto, ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all’utilizzazione da parte del pubblico, alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all’uso diretto di tale attrezzatura e alle macchine di videoscrittura senza schermo separato. In modo particolare, il Tu sicurezza si preoccupa di disciplinare le attività lavorative svolte mediante l’uso di videoterminali, per tale dovendosi intendere gli schemi alfanumerici o grafici a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato; i posti di lavoro che, nell’insieme, comprende tutte le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera o altro sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per l’interfaccia uomo-macchina, accessori opzionali, apparecchiature connesse comprendenti l’unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l’ambiente di lavoro immediatamente circostante.
Variabile fondamentale infine è l’intensità di utilizzo di videoterminali: l’applicazione delle norme specifiche, infatti, riguarda i lavoratori che utilizzano un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per 20 ore settimanali nette (cioè dedotte le interruzioni previste e di cui si dice appresso)
Dunque, perché il lavoratore rientri nella sfera di applicazione delle disposizioni specifiche previste dal Tu a proposito degli addetti a videoterminali è necessario che egli utilizzi per non meno di 20 ore settimanali un’attrezzatura munita di tale video. Questo limite è calcolato al netto delle pause cui ha diritto il lavoratore: quest’ultimo, infatti, ha titolo a un’interruzione dell’attività mediante pause ovvero cambiamento di attività. Le modalità delle predette interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva, anche aziendale; in mancanza di un disposizione contrattuale specifica circa le interruzioni, il lavoratore ha comunque diritto a una pausa di 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
Modalità e durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale, se il medico competente ne evidenzi la necessità. Resta comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all’inizio e al termine dell’orario di lavoro. Nel computo dei tempi di interruzione dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell’orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all’interno di accordi che prevedono la riduzione dell’orario complessivo di lavoro.
I lavoratori addetti ai videoterminali, secondo le precedenti definizioni e limitazioni, sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria (la disciplina è dettata all’articolo 41 del T.u.), con particolare riferimento:
a. Ai rischi per la vista e per gli occhi;
b. Ai rischi per l’apparato muscolo – scheletrico,
Sulla base delle risultanze degli accertamenti medici, in conseguenza della predetta sorveglianza
sanitaria, i lavoratori vengono classificati dal medico competente in uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione svolta:
a) Idoneità;
b) Idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) Idoneità temporanea;
d) Idoneità permanente;
Il lavoratore, inoltre, ha diritto a essere sottoposto a visita di controllo, dietro sua richiesta, qualora la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
Infine, il datore di lavoro è tenuto a fornire a sue spese ai lavoratori tutti i dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell’attività svolta, quando l’esito delle visite mediche ne evidenziano la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.
LE SANZIONI PER DATORI E DIRIGENTI
Arresto da 3 a 6 mesi o con ammenda da 2.500 fino a 6.400 euro
· Non adottare le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alla valutazione dei rischi (datore di lavoro)
· Non organizzare né predisporre i posti di lavoro in conformità ai requisiti minimi di legge (datore i lavoro)
· Non garantire al lavoratore il diritto a un’interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività; oppure a una pausa di 15 minuti ogni 120 minuti (2 ore) di applicazione continuativa al videoterminale
· Non sottoporre i lavoratori alla sorveglianza sanitaria con riferimento ai rischi per la vista e per gli occhi; ai rischi per l’apparato muscolo-scheletrico
· Non garantire la periodicità minima delle visite di controllo per i lavoratori
· Non sottoporre a visita di controllo il lavoratore a sua richiesta
· Violare i requisiti di sicurezza relativi alle attrezzature munite di videoterminali
Arresto da 2 a 4 mesi o l’ammenda da 750 a 4.000 euro
· Non fornire, a proprie spese, ai lavoratori i dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell’attività svolta,quando l’esito delle visite di controllo ne evidenzi la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione (datore di lavoro)
· Non fornire ai lavoratori informazioni circa le misure applicabili al posto di lavoro, le modalità di svolgimento dell’attività e protezione degli occhi e della vista
· Non assicurare ai lavoratori una formazione adeguata
Dulcis in fundo il software: deve essere adeguato alla mansione da svolgere; di facile uso adeguato al livello di conoscenza e di esperienza dell’utilizzatore e deve essere strutturato in modo tale da fornire ai lavoratori indicazioni comprensibili sul corretto svolgimento dell’attività.
La formazione sposa la flessibilita’
I fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua sono organismi di natura associativa promossi dalle organizzazioni di rappresentanza delle parti sociali attraverso specifici accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Possono essere istituiti fondi paritetici per ciascuno dei settori economici dell’industria, dell’agricoltura, del terziario e dell’artigianato; gli accordi interconfederali possono prevedere l’istituzione di fondi anche per settori diversi, nonché, all’interno degli stessi, la costituzione di un’apposita sezione per la formazione dei dirigenti. Nel corso dell’anno 2003, con l’istituzione dei primi dieci fondi, si realizza quanto previsto dalla legge 388/2000, che consente alle imprese di destinare la quota dello 0,30% dei contributi versati all’Inps (il cosiddetto “contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria”) alla formazione dei propri dipendenti. I datori di lavoro possono, infatti, chiedere all’Inps di trasferire il contributo a uno dei fondi paritetici interprofessionali, che provvederà a finanziare le attività formative per i lavoratori delle imprese aderenti.
I fondi fino ad oggi costituiti e autorizzati, rappresentativi di una larga parte del mondo delle imprese e dia lavoratori, sono indicati in tabella, unitamente ai codici utili per l’adesione. In sostanza, dunque, i fondi paritetici finanziano piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, che le imprese in forma singola o associata decideranno di realizzare per i propri dipendenti. Oltre a finanziare, in tutto o in parte, i piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, con le modifiche introdotte dalla legge n. 289/2002, i fondi possono finanziare anche i piani formativi individuali, nonché ulteriori attività propedeutiche o comunque connesse alle iniziative formative.
Come accennato, i fondi interprofessionali sono finanziati attraverso le risorse derivanti dal gettito dell’apposito contributo integrativo (previsto dall’articolo 25, quarto comma, della legge n. 845/1978), nella misura dello 0,30%, che i datori di lavoro sceglieranno, con le modalità di seguito indicate, di far canalizzare verso uno dei costituiti Fondi. Al predetto contributo sono obbligati tutti i datori di lavoro; l’adesione al Fondo è facoltativa e per i datori di lavoro che non aderiscono ad alcun fondo resterà comunque fermo l’obbligo di versare all’Inps il contributo integrativo. In particolare, per favorire l’avvio dell’operatività dei Fondi, è stata prevista la fase transitoria durante la quale è dato utilizzare una parte delle risorse destinate, negli anni 2003 e 2003, al fondo rotazione. Dall’anno 2004, i Fondi vengono finanziati esclusivamente attraverso il predetto gettito contributivo.
Le nuove norme del dl n. 185/2008 (convertito dalla legge n. 2/2009) e dalla legge n. 33/2009 incidono sulla disciplina che regola il funzionamento dei fondi interprofessionali, sul fronte delle adesioni/revoche e degli effetti finanziari che da queste conseguono, anche in termini di modalità tra i fondi medesimi.
Circa le modalità di adesione/revoca, l’Inps ha deciso di utilizzare la denuncia contributiva (Dm10) come strumento di comunicazione delle adesioni e/o revoche (da gennaio 2010 l’Uniemens). La nuova formulazione della norma supera implicitamente la precedente impostazione che, nel fissare al 31 ottobre di ogni anno il termine per esprimere le adesioni e/o le revoche, stabiliva che gli effetti delle stesse decorressero dall’1 gennaio dell’anno successivo. Pertanto, l’Inps ritiene ora di: consentire alle aziende l’utilizzo della denuncia contributiva (Dm10) come strumento di comunicazione di adesioni, revoche dai fondi e/o revoche con contestuale trasferimento ad altro fondo, in continuità con la prassi sino a oggi utilizzata; fare esercitare le scelte durante l’intero anno solare; far decorrere gli effetti di queste ultime dal periodo di paga (mese di competenza del Dm10) nel quale le stesse vengono indicate, e non più dal 1 gennaio dell’anno successivo (in caso di tardiva trasmissione della denuncia telematica, viene presa in considerazione la data di effettivo inoltro).
La principale novità legislativa riguarda la mobilità tra fondi interprofessionali. La legge introduce, infatti, per le aziende interessate, la possibilità di trasferire al nuovo fondo il 70% del totale delle somme confluite nel triennio antecedente al fondo in precedenza scelto, al netto dell’ammontare eventualmente già utilizzato per il finanziamento dei propri piani formativi.
Ai fini delle adesioni/revoche dunque è confermata la prassi in uso (in tabella i codici di adesione da indicare sul Dm10). Le aziende interessate alla mobilità tra fondi devono attenersi alle seguenti modalità: comunicare la revoca del precedente Fondo, utilizzando i già citati codici “Revo” e/o “Redi”; inserire, contestualmente, il codice del nuovo Fondo al quale intendono trasferirsi. Non possono in alcun modo essere prese in considerazione modifiche di adesioni a fondi che non siano accompagnate da espresse e contestuali indicazioni di revoca. Nei casi di mobilità tra fondi, l’Inps attribuirà al nuovo fondo prescelto le risorse economiche a partire dal periodo di paga (mese di competenza del Dm10) nel quale la mobilità viene indicata.
I CODICI PER ADERIRE
FONDO
CAMPO DI APPLICAZIONE
ADESIONE (1)
Fondo Artigianato Formazione
Imprese artigiane
FART
Foncoop
Imprese cooperative
FCOP
For.te
Commercio, turismo, servizi, credito, assicurazione, trasporto
FITE
Fondimpresa
Imprese industriali
FIMA
Fondo Formazione Pmi
Pmi industriali
FAPI
Fon.Ter
Turismo e distribuzione servizi
FTUS
Fondirigenti
Dirigenti industriali
FDIR
Lavoratori WEB, meno controlli
Il provvedimento (di cui dà notizia la newsletter 328 del garante del 22 settembre 2009) ripropone la questione dei limiti dei controlli sui lavoratori.
In materia il garante ha elaborato linee guida, che il datore di lavoro deve applicare con completezza. Tuttavia non si deve ritenere che i controlli sull’uso delle postazioni internet siano sempre e comunque vietati. Lo stesso garante nelle sue linee guida subordina la liceità dei controlli a una serie di presupposti: elaborazione di un regolamento aziendale, informativa al lavoratore sulle modalità di utilizzo dei computer e degli elaborati e della posta elettronica, informativa sulle modalità di controllo e soprattutto programmazione di controlli graduali (prima impersonali per unità produttiva e solo quando non è possibile altrimenti risolvere l’inconveniente, allora, controlli sulle singole impostazioni).
Nel caso specifico il datore di lavoro, bacchettato dal garante, si è preoccupato di una sola cosa e cioè fornire le istruzioni sull’uso della posta elettronica e di internet, sottoscritte dai dipendenti per presa visione e accettazione.
Tuttavia è risultato che lo stesso datore di lavoro ha installato un software che traccia sistematicamente e continuativamente gli accessi ad Internet, con la conseguente memorizzazione di tutte le pagine web. Questo costituisce violazione dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, che vieta l’impiego di apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
Si noti, però, che il provvedimento non vieta in maniera assoluta il controllo sui siti internet visitati dal lavoratore se estranei alle mansioni svolte: occorre, però, rispettare le condizioni previste dalle sopra riportate linee guida e occorre altresì attivare la trattativa sindacale prevista dall’articolo 4 della legge 300/1970. Si ricorda a quest’ultimo proposito che in mancanza di accordo ci si deve rivolgere alla Direzione provinciale del lavoro e ottenere il benestare. In ogni caso ciò che il garante ha voluto colpire è stato anche la continuità, la sistematicità e quindi la invasività del monitoraggio.
Con la prima pronuncia il garante ha stabilito che contro teppismo e atti vandalici nelle scuole le telecamere possono rappresentare uno strumento di prevenzione e deterrenza, ma vanno rispettate precise condizioni a tutela di ragazzi, docenti e personale scolastico. Le telecamere devono riprendere esclusivamente le mura esterne e funzionare solo negli orari di chiusura degli istituti.
Quando ai dati biometrici il garante ha vietato l’uso, in forma centralizzata, dei dati biometrici raccolti da un importante centro orafo e ha imposto alla società che gestisce la struttura di adeguare anche il sistema di videosorveglianza e gli altri trattamenti dei dati personali alla normativa sulla privacy.
Il garante ha indicato eventuali misure alternative per l’identificazione delle persone: ad esempio, attraverso l’uso di un codice numerico tratto dalle impronte digitali, registrato solo su una smart card in possesso esclusivo del singolo utente.
Voucher, denunce per telefono
Nella nota si legge che l’Inail, in considerazione dell’esigenza di potenziare ulteriormente i canali di comunicazione delle denunce (on-line, Call center integrato, fax) e comunque nell’ottica di una semplificazione degli adempimenti ai committenti, ha attivato un’applicazione telematica che permette agli operatori del Contac center di accedere alla procedura relativa alla comunicazione preventiva ed alle eventuali, successive variazioni.
Co.co.co. all’estero, norme.
· Svolgono attività come lavoratori dipendenti normalmente in due o più stati membri dell’Ue;
· Svolgono attività come lavoratori autonomi normalmente in due o più stati membri dell’Ue;
· Lavorano normalmente in due o più stati membri come dipendenti e come autonomi;
Laddove svolga la propria attività anche presso il suo stato di residenza, si applicherà la legislazione vigente presso tale ultimo stato così come quando dipenda da più datori di lavoro con sedi in diversi paesi dell’Ue. Il lavoratore autonomo che svolga la propria attività in più stati membri e risieda in un altro Stato è assoggettato alla legislazione dello Stato dove svolge l’attività principale.
In questi casi, pertanto, è necessario assimilare queste categorie di lavoratori ai lavoratori dipendenti oppure ai lavoratori autonomi; per l’operazione va fatto riferimento al punto di vista previdenziale, sulla base del principio enunciato dalla Corte di giustizia Ue nella sentenza n. 221/195. La suprema corte ha avuto modo di chiarire che la natura dell’attività esercitata in ciascuno stato deve essere valutata in funzione delle norme previdenziali dello stato membro nel cui territorio l’attività è esercitata e non già in funzione della nozione che ne viene data secondo le disposizioni giuslavoristiche (in Italia varrebbero le nozioni legate all’esistenza o meno del vincolo di subordinazione).
Vale una particolarità infine: quando ai lavoratori parasubordinati siano applicabili simultaneamente le legislazioni di due stati Ue, la contribuzione da versare alla gestione separata Inps sarà calcolata in base all’aliquota prevista per i soggetti iscritti a altra forma pensionistica (attualmente il 17%).
In tal caso, dovrà comunque comunicare allo stato Ue di residenza lo svolgimento dell’attività svolta negli altri stati Ue e sarà lo stato dove ha sede o domicilio il datore di lavoro che questa volta rilascerà il modello E101.
GLI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA (1)
Sono assimilabili ai lavoratori dipendenti, i soggetti titolari dei seguenti tipi di co.co.co.
· Dottorato di ricerca, assegno, borsa di studio erogata da Muir
· Lavoratore a progetto
· Mini co.co.co.
· Co.co.co. pure (co.co.co. dei titolari di pensione di vecchiaia o ultrassessantacinquenni)
· Co.co.co. presso la pubblica amministrazione
· Medici in formazione specialistica
· Associato in partecipazione di apporto di solo lavoro
· Volontari del servizio civile
Sono assimilabili ai lavoratori autonomi, i soggetti titolari dei seguenti tipi di co.co.co.
· Amministratore, sindaco, revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, liquidatore di società
· Partecipante a collegi e commissioni
· Collaboratore di giornali, riviste, enciclopedia e simili
· Venditore porta a porta
· Lavoro autonomo occasionale
· Professionisti senza cassa
(1) L’equiparazione vale esclusivamente ai fini dell’applicazione del regime di sicurezza sociale in ambito Ue (corte Ue, sentenza n. 221/1995)
QUANDO C’E’ DOPPIA CONTRIBUZIONE
– esercizio di attività autonoma in Italia e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Belgio e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Bulgaria e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in repubblica ceca e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Danimarca e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Danimarca
– esercizio di attività agricola autonoma in Germania e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Estonia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Estonia
– esercizio di attività autonoma in Grecia e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Spagna e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Spagna
– esercizio di attività autonoma in Francia e di attività subordinata in altro stato Ue (ad eccezione del Lussemburgo)
– esercizio di attività agricola autonoma in Francia e di attività subordinata in Lussemburgo
– esercizio di attività autonoma a Cipro e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente a Cipro
– esercizio di attività autonoma a Malta e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Portogallo e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Romania e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Finlandia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Finlandia
– esercizio di attività autonoma in Svezia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Svezia
– esercizio di attività autonoma in Slovacchia e di attività subordinata in altro stato Ue
Rls, comunicazione una-tantum
La denuncia va fatta on-line sul sito dell’Inail (www.inail.it), al quale occorre essere registrati. Eccezionalmente, è consentito inviare la denuncia anche via fax al numero 800657657
LA COMUNICAZIONE
L’ADEMPIMENTO
Comunicazione all’Inail dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Resta ancora in stand-by la comunicazione dei rappresentanti territoriali (Rlst)
LA NOVITA’
Il T.u. aveva dato cadenza annuale all’adempimento. Il correttivo ha previsto invece che la comunicazione va effettuata solo in caso di nuova elezione o designazione.
PRIMO APPUNTAMENTO
In caso di prima applicazione del correttivo (dlgs n. 106/2009), l’obbligo di comunicazione riguarda i nominativi dei Rls già eletti o designati
ISTRUZIONI OPERATIVE
Aziende o unità produttive in cui SIA presente uno o più Rls:
· Se la comunicazione è già stata fatta (la vecchia scadenza era fissata al 16 agosto, poi sospesa, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2008), non è necessario fare nuovamente la comunicazione salvo che, dal 1° gennaio 2009, non siano intervenute variazioni;
· Se la comunicazione non è stata fatta è necessario farla secondo le nuove modalità.
Aziende o unità produttive in cui NON SIA presente uno o più Rls:
· La comunicazione non è dovuta: l’obbligo scatterà in occasione della prima elezione o designazione del Rls.
SANZIONE
La mancata comunicazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50 a 300.
