ELABORAZIONE DELLE PAGHE CON HR PORTAL

Elaboriamo le paghe e i contributi con il più avanzato sistema web-based attualmente sul mercato: HR PORTAL … continua

CONSULENZA DEL LAVORO E SINDACALE

Lo studio fornisce consulenza nell’ambito del lavoro e del Diritto Sindacale e industriale, seguendo e consigliando il cliente… continua

È ARRIVATO IL PORTALE CENTURION!

Categoria: Circolari

Formazione e lavoro oltre la CIG

Formazione e lavoro oltre la CIG

FORMAZIONE E LAVORO OLTRE LA CIG

Formazione e lavoro per evitare licenziamenti. Le aziende in crisi potranno continuare ad utilizzare i dipendenti in cassa integrazione inserendoli in corsi di formazione o riqualificazione che prevedono anche attività di lavoro. In cambio, dovranno erogare a titolo retributivo la differenza tra il sostegno al reddito già percepito dai lavoratori (la cig normalmente) e la paga ordinaria. Si chiama “premio di occupazione” la misura approvata dal consiglio dei ministri nel pacchetto anticrisi, allo scopo di incentivare la conservazione e la valorizzazione del capitale umano. Sarà operativa per gli anni 2009 e 2010 e servirà un accordo sindacale per l’accesso. Per gli stessi anni, inoltre, il governo ha introdotto un bonus a favore dei lavoratori cassintegrati che vogliano intraprendere attività di lavoro autonomo anche in forma di cooperativa ed ha aumentato (+ 20%) la cig nei contratti di solidarietà.
PREMIO DI OCCUPAZIONE.
La misura, sperimentale per un biennio, consentirà dunque alle imprese di mantenere la forza lavoro in esubero, avviando per essa progetti di formazione o di riqualificazione. Progetti che potranno includere anche attività produttiva connessa all’apprendimento. La disciplina è ancora in divenire: uno specifico decreto interministeriale (lavoro ed economia), infatti, dovrà provvedere alla definizione entro 30 giorni dall’entrata in vigore del dl anticrisi, individuando i procedimenti dell’accordo sindacale attuativo, e le procedure di comunicazioni all’Inps. La nuova misura si rivolge ai lavoratori già destinatari di “trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro”, quindi cassa integrazione.
Ai fini dell’attivazione occorrerà la stipulazione di uno specifico accordo in sede ministeriale (lavoro) da parte delle stesse parti sociali interessate alla stipula dell’accordo relativo agli ammortizzatori. Per l’azienda, dunque, il beneficio appare doppio: primo la possibilità di evitare licenziamenti (evitando così anche il rischio di perdere la manodopera già formata e, quindi, i costi connessi all’ingaggio di nuova manodopera); secondo la possibilità di continuare a utilizzare la manodopera in azienda, seppure in misura ridotta (parte del tempo, infatti, andrà necessariamente riservata alla formazione), in cambio dell’erogazione, a titolo retributivo, di una parte sola della retribuzione, pari alla differenza tra l’ordinaria paga spettante ai lavoratori e il trattamento di sostegno al reddito a loro riservato.

BONUS AVVIO ATTIVITA’/1
Con il dl n. 5/2009 è stato introdotto un incentivo (operativo per gli anni 2009 e 2010) a favore dei datori di lavoro che assumono, senza esservi tenuti, lavoratori destinanti alla cig in deroga, sospesi o licenziati. L’incentivo è di tipo economico ed è pari all’indennità spettante al lavoratore, esclusa la contribuzione figurativa, a titolo di ammortizzatore sociale per il numero di mensilità non ancora incassate. Il pacchetto anticrisi modifica il dl n. 5/2009 per prevedere che adesso l’incentivo possa essere erogato allo stesso lavoratore destinatario, qualora ne faccia richiesta per intraprendere una nuova attività autonoma, una micro impresa o per associarsi in cooperativa (il bonus è cumulabile con l’incentivo decrel credito alla cooperativa di cui alla legge n. 49/1985). In pratica, l’incentivo sta nella possibilità (per il lavoratore) di non perdere il diritto al trattamento di cui stia fruendo. Se destinatario di cig in deroga, per ottenere il bonus il lavoratore dovrà prima dimettersi dall’impresa di appartenenza.

BONUS AVVIO ATTIVITA’/2
Simile al precedente è il bonus introdotto dal dl anticrisi, sempre in via sperimentale per il biennio 2009/2010, a favore dei lavoratori percettori di cig per crisi aziendale a seguito di cessazione totale o parziale dell’impresa, di procedura concorsuale o nei casi in cui il lavoratore sia comunque dichiarato esubero strumentale. Su richiesta per intraprendere attività autonoma, avviare una auto o micro impresa o per associarsi in cooperativa, il lavoratore potrà ottenere la liquidazione della cig per un numero di mensilità pari a quelle deliberate e non ancora percepite.

MISURE PER L’OCCUPAZIONE
Premio
di occupazione
Le aziende in crisi potranno continuare a utilizzare i dipendenti in cig inserendoli in corsi di formazione o riqualificazione, anche con attività di lavoro
Bonus avvio attività/1 I lavoratori interessati da cig in deroga potranno conservare l’indennità per intraprendere attività di lavoro autonomo o cooperativo
Bonus avvio attività/2 I lavoratori interessati da cig per crisi aziendale potranno conservare l’indennità per intraprendere attività di lavoro autonomo o cooperativo
Solidarietà difensiva Aumentata del 20% la cig riservata ai lavoratori interessati da riduzione di orario lavoro in base a contratti di solidarietà

DOTT.SSA MONICA MELANI

Il telelavoro

Il telelavoro

IL TELELAVORO

Il telelavoro rappresenta un evidente effetto dell’impiego delle tecnologie telematiche ai processi produttivi d’impresa. Si tratta di una nuova modalità di svolgimento dell’attività lavorativa: il lavoratore esegue le prestazioni da un luogo distante dai locali aziendali avvalendosi di un personal computer. Le forme di telelavoro applicate sono diversificate. Una prima modalità è il telelavoro svolto dal domicilio del lavoratore. Il collegamento del lavoratore con l’azienda può essere interattivo – on line – ovvero i “contatti” possono essere meno intensi fino a giungere a modalità di collegamento complementare off line.

Vi è poi il lavoro remotizzato. In questo caso il lavoratore svolge l’attività in locali aziendali situati in un luogo distante dalla “sede” dalla quale dipende gerarchicamente. Si tratta di un “ufficio satellite” dove operano più telelavoratori.

Un’ulteriore applicazione è il working out che è l’unica forma di lavoro non stanziale in quanto il telelavoro non è vincolato ad una postazione di lavoro fissa. Lo scambio di informazioni e dati con la sede centrale avviene tramite un computer portatile collegabile via rete al sistema informativo aziendale.

Vi sono infine strutture che ospitano telelavoratori che dipendono da imprese diverse; tale modello viene comunemente definito centro di lavoro comunitario.
In questo caso le imprese usufruiscono delle postazioni di lavoro stipulando contratti di locazione con i proprietari/gestori del centro in relazione alle esigenze che si manifestano di volta in volta.
Con questa soluzione organizzativa vengono attenuati i problemi di isolamento cui normalmente è soggetto il telelavoratore.
Per il settore pubblico il telelavoro ha trovato regolamentazione legislativa tramite la L. n. 191/98 e il Dpr. n. 70/99, alle quali ha fatto seguito l’Accordo quadro nazionale del 23/3/2000. Per i rapporti di lavoro privati la regolamentazione è stata finora dettata dalla contrattazione collettiva.
Con la sentenza n. 11586/99 la Cassazione ha stabilito che la competenza giurisdizionale si determina con riferimento alla sede dell’impresa e non al domicilio del lavoratore.

FORME DI TELELAVORO
Telelavoro svolto dal domicilio del lavoratore (il collegamento del lavoratore con l’azienda può essere interattivo – on line – ovvero i “contatti” possono essere meno intensi fino a giungere a modalità di collegamento complementare off line)
Lavoro remotizzato (il lavoratore svolge l’attività in locali aziendali situati in un luogo distante dalla “sede” dalla quale dipende gerarchicamente, si tratta di un “ufficio satellite” dove operano più telelavoratori. Soluzione organizzativa particolarmente utile quando in un’unità produttiva si vuole mantenere in vita soltanto l’attività operativa)
Working out (è l’unica forma di telelavoro non stanziale. Il telelavoratore non è vincolato ad una postazione di lavoro fissa. Lo scambio di informazioni e dati con la sede centrale avviene tramite un computer portatile collegabile al sistema informatico aziendale attraverso un modem. Figura di telelavoratore che si accosta al lavoro parasubordinato)
Centro di lavoro comunitario (struttura che ospita lavoratori che dipendono da imprese diverse. Le imprese usufruiscono delle postazioni di lavoro stipulando contratti di locazione con i proprietari/gestori del centro. Soluzione organizzativa che consente di ovviare ai problemi di isolamento del telelavoratore)

TELELAVORO Diritti e doveri del telelavoratore
Scelta Il lavoro a distanza è concordato liberamente tra lavoratore e azienda
Ripensamento È possibile tornare a lavorare in azienda
Trattamento Il lavoratore ha gli stessi diritti
(tutela, paga, condizioni di lavoro) dei colleghi interni
Rapporti È garantito l’accesso in azienda del lavoratore per contatti e incontri con i colleghi
Lavoro Il carico di lavoro è identico a quello dei colleghi interni, ma i tempi sono gestiti dal lavoratore
Strumenti I mezzi necessari per lavorare sono forniti dall’azienda
Riservatezza L’azienda ha diritto alla tutela dei propri dati

DOTT.SSA MONICA MELANI

Lavoro autonomo occasionale

Lavoro autonomo occasionale

LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE

Il codice civile individua il lavoro autonomo nel contratto d’opera. L’art. 2222, infatti, prevede che quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme del lavoro autonomo.

In particolare, perché sia configurabile come autonoma la prestazione deve:
· Consistere in un’opera o in un servizio;
· Essere svolta senza vincolo di subordinazione;
· Essere prevalentemente personale, per cui il lavoratore autonomo può avvalersi di eventuali collaboratori e dotarsi di mezzi organizzativi;
· Essere compensata da corrispettivo (e non da retribuzione);
· Condurre alla realizzazione di un’opera o di un servizio sotto la piena responsabilità del lavoratore.

Quando tale attività è svolta in modo occasionale, cioè non abitualmente, si è in presenza di
una prestazione di lavoro autonomo occasionale.

Il lavoro occasionale generico si può così riassumere:
· Esso può essere effettuato da chiunque non possieda una partita Iva. Non sono richieste,
in questo caso, quelle condizioni di marginalità soggettiva per il prestatore d’opera;
· I lavori occasionali, rispetto a quelli accessori, possono occupare il lavoratore anche per un
periodo superiore a 30 giornate lavorative purché tali prestazioni siano rese per ciascun committente per un periodo non superiore a 30 giorni;
· Possono essere forieri di compensi fino a un massimo di 5 mila euro per anno solare, limite inteso come somma percepita da tutti i componenti;
· Detti compensi non saranno da assoggettare né a Inps né a Inail, mentre resterà dovuta la ritenuta Irpef a titolo d’acconto pari al 20%;
· Le prestazioni possono essere rese anche a favore di imprese e società non sussistendo alcuna limitazione soggettiva in capo al committente.

Porgiamo distinti saluti.

DOTT.SSA MONICA MELANI

IL LAVORO OCCASIONALE: TRATTAMENTO FISCALE E CONTRIBUTIVO
TIPOLOGIA DEL RAPPORTO IRPEF INPS INAIL
Lavoro autonomo occasionale con compenso annuo inferiore a euro 5.000 Ritenuta del 20% Esente da contribuzione Non soggetto
Lavoro autonomo occasionale con compenso annuo superiore a euro 5.000 Ritenuta del 20% Esente fino a 5.000 euro, soggetto oltre tale limite alla gestione separata Non soggetto
Mini-Co.Co.Co. Reddito assimilato a quello di lavoro dipendente Interamente soggetto alla gestione Inps Soggetto con le modalità previste per il lavoro parasubordinato
Collaborazione coordinata e continuativa a progetto Reddito assimilato a quello di lavoro dipendente Interamente soggetto alla gestione Inps Soggetto con le modalità previste per il lavoro parasubordinato

Niente mobbing in azienda

Niente mobbing in azienda

NIENTE MOBBING IN AZIENDA

Nelle grandi aziende tramonta ogni chance di ottenere una condanna penale per mobbing. Infatti il dipendente emarginato, da capi e colleghi, in mancanza di una specifica normativa, non può praticare la via penale e vedere condannati i suoi aguzzini per maltrattamenti.
Due anni fa si era detto, il mobbing non è reato ma ora la Cassazione, con la sentenza n. 26594, deposita una decisione ancora più perentoria, confermando l’assoluzione dal reato di maltrattamenti nei confronti di un capoufficio che tormentava una dipendente.
In alcuni punti la nuova sentenza sul mobbing segna addirittura un dietrofront con una giurisprudenza che sembrava ormai aver accolto all’unanimità altre figure di reato, come i maltrattamenti in famiglia, per sopperire al vuoto legislativo ancora esistente in Italia sul mobbing.
Nella sentenza n. 33624 del 2007, passata alla storia come la prima ad aver decretato che il mobbing non è una fattispecie prevista dal nostro codice penale, si lasciava comunque una chance per ottenere una condanna per maltrattamenti in famiglia, in caso di reiterazione di una pluralità di atteggiamenti anche se non singolarmente connotati da rilevanza penale, convergenti sia nell’esprimere l’ostilità nel soggetto attivo verso la vittima sia nell’efficace capacità di modificare e di isolare il dipendente nell’ambiente di lavoro. Non solo. Affinché questa condotta abbia effetti penali, aveva poi chiarito la Suprema corte, la figura di reato maggiormente prossima ai connotati caratterizzanti il mobbing è quella descritta dall’articolo 572 del codice penale “maltrattamenti commessi da persona dotata di autorità per l’esercizio di una professione” che devono compiersi in modo continuativo. E infatti in quel caso il Preside era stato assolto solo perché era mancata la prova della continuità delle vessazioni.
Ora invece la Cassazione nega la possibilità persino di una condanna per maltrattamenti, almeno nelle grandi aziende. Insomma per strappare al giudice una decisione sulla responsabilità penale di chi mobbizza bisogna che le vessazioni siano avvenute in un lavoro, “come avviene in quello domestico” o come avviene “fra apprendista e artigiano” il cui ambiente sia tanto piccolo da essere familiare: “è soltanto nel limitato contesto di una peculiare rapporto parafamiliare che può ipotizzarsi, ove si verifichi l’alterazione della funzione del medesimo rapporto attraverso lo svilimento e l’umiliazione fisica e morale del soggetto passivo, il reato di maltrattamenti”.
Insomma, “sulla base del diritto positivo – si legge in sentenza – la via penale non appare percorribile”. Resta pur sempre il rimedio, e su questo punto tutti i collegi di legittimità sembrano essere d’accordo, dell’azione civile e quindi del risarcimento del danno.
Le motivazioni sono importanti anche per un’altra ragione: contengono infatti un chiaro monito al legislatore, “nel nostro codice penale”, si legge in sentenza, “nonostante una delibera del Consiglio d’Europa del 2000, che vincolava tutti gli stati membri a dotarsi di una normativa corrispondente, non v’è traccia di una specifica figura incriminatrice per contestare tale pratica persecutoria”.
Ora alla signora non resta che chiedere i danni per le vessazioni del suo direttore. Infatti la sesta sezione penale ha respinto il ricorso della Procura che chiedeva di annullare l’assoluzione del dirigente e di condannarlo per maltrattamenti.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Entrata facile nei Fondi TFR

Entrata facile nei Fondi TFR

TFR NEI FONDI, ENTRATA FACILE
(COVIP NOTA DEL 30/05/2009)

È stata introdotta una procedura facile per la destinazione del tfr pregresso alla previdenza integrativa. Per il versamento, infatti, non occorrono modifiche allo statuto del fondo pensione, né è indispensabile una previsione della contrattazione collettiva: è sufficiente anche un accordo tra lavoratore e datore di lavoro .

I chiarimenti effettuati dalla Covip, riguardano la possibilità di destinare alla previdenza complementare lo stock di tfr accumulato dai lavoratori presso il datore di lavoro.
Stock, in altre parole, esistente al 31/12/2006, cioè precedentemente all’entrata in vigore del DLgs n. 252/2005, che è avvenuta il 1° Gennaio 2007 ed ha completamente riformato la norma in materia di previdenza integrativa. Tale possibilità è stata introdotta dalla Finanziaria 2008 (la legge n. 244/2007) dopo che, in via amministrativa, aveva già formato oggetto di chiarimento positivo da parte dell’Agenzia delle entrate (circolare n. 70/2007). Un fondo pensione ha chiesto allora dei chiarimenti sulla procedura operativa per tale forma di finanziamento della previdenza complementare.

La prima questione sollevata è quella dell’ammissibilità del conferimento al fondo del tfr pregresso nell’ipotesi in cui tale facoltà non sia espressamente contemplata dallo statuto. In merito, le clausole statutarie in tema di contribuzione secondo lo schema della Covip fanno riferimento a quelle che sono le fonti standard di finanziamento di un fondo pensione, valide cioè per la generalità degli iscritti, il cui versamento è effettuato, normalmente, con scadenze periodiche per tutta la fase di accumulazione. Quanto al tfr è, quindi, menzionato soltanto il tfr maturato e non anche quello pregresso. Tale ultima fonte di contribuzione, spiega la Covip, non è espressamente menzionata in quanto trattasi di una fonte eccezionale che non riguarda tutta la platea degli iscritti, ma solo quegli iscritti per i quali trovano applicazione appositi accordi con i datori di lavoro; la stessa si sostanzia, insomma, in un versamento una tantum.

Pertanto la Covip non ritiene opportuno che il fondo intervenga a modificare il proprio statuto per introdurre previsioni esplicite in tal senso. Indicazioni in materia potranno essere riportate nella nota informativa, dando conto della possibilità per il fondo di ricevere anche il tfr pregresso ove previsto nei contratti collettivi o negli accordi collettivi o individuali di lavoro.

In secondo luogo è stato chiesto se sia necessario modificare la contrattazione collettiva nazionale o integrativa aziendale. Tale intervento, precisa la Covip, non appare indispensabile considerato che il tfr pregresso può essere devoluto a previdenza complementare anche sulla base di un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro.

Infine, spiega la Covip, la predisposizione di un apposito modulo diverrebbe utile sia per la formalizzazione dell’accordo sulla devoluzione del tfr pregresso a previdenza complementare e sia per la trasmissione al fondo delle informazioni indispensabili per la gestione delle relative somme ai fini fiscali.

Nel modulo inoltre è opportuno che venga inserita una sintetica indicazione del trattamento fiscale applicabile alle relative somme, idonea ad informare l’iscritto, facendo poi rinvio al documento sul regime fiscale per la disciplina di dettaglio.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Stage aziendali – tirocinio

Stage aziendali – tirocinio

STAGE AZIENDALI

Argomento di indubbio interesse. Le istituzioni formative ne traggono un vantaggio perché hanno a disposizione uno strumento utile e poco costoso per completare con esperienze pratiche l’insegnamento teorico impartito agli studenti (soprattutto gli istituti di istruzione tecnica e professionale). Infatti il tirocinio sostituisce in parte la necessità di forti investimenti in attrezzature che invece vengono messe a disposizione dalle imprese ospitanti con il vantaggio aggiuntivo che le attrezzature presenti nelle imprese sono in genere più aggiornate di quanto non possono essere quelle di un istituto di formazione pur efficienti.
Per i giovani tirocinanti (non è richiesto formalmente alcun requisito di età per poter accedere allo stage) il vantaggio consiste nel fare una esperienza pratica che, oltre a consentire di verificare e sperimentare sul campo le nozioni acquisite nel corso della formazione, consente anche di entrare in contatto concreto con le logiche organizzative e comportamentali di un’impresa.
Per le imprese il tirocinio consente di collaborare con costi pressoché inesistenti affinché i giovani che escono dal sistema formativo abbiano una preparazione più vicina alle loro esigenze. Lo strumento si presta anche ad arricchire la banca dati di soggetti potenzialmente contattabili in futuro per eventuali possibili assunzioni. È, dunque, una misura di politica attiva del lavoro. In sostanza vengono avvicinate domanda e offerta di lavoro. I tirocinanti disabili assunti in base alle previste convenzioni contribuiscono a coprire la quota d’obbligo di cui alla L. n. 68/99 e nel contempo sono esclusi dalla base di computo per il calcolo della riserva. Gli stage sono stati previsti per la prima volta dalla L. n. 236/93.
La regolamentazione attuale è stata definita dalla L. n. 196/97 a cui hanno fatto seguito il Dm attuativo n. 142/98 e la circolare ministeriale n.92/98.
Il ministero del Lavoro, con la circ. n. 52/99, ha poi chiarito che gli stage effettuati presso le aziende da giovani impegnati in attività di formazione professionale nell’ambito di progetti cofinanziati dal Fondo sociale europeo non rientrano nel campo di applicazione della nuova disciplina sui tirocini formativi di cui al Dm n. 142/98.
Lo stage in ambito corsuale costituisce semplicemente un modulo, peraltro di durata assai limitata, di un più articolato percorso formativo volto a sperimentare una fase di alternanza tra teoria e pratica.
SOGGETTI PROMOTORI
Perché possano avvenire tirocini in regola con le disposizioni di legge è necessario che essi siano promossi da uno dei soggetti autorizzati (anche associati tra loro), cioè:
· Agenzie regionali per l’impiego;
· Sezioni circoscrizionali per l’impiego;
· Direzioni provinciali e regionali del lavoro (almeno fino al trasferimento delle competenze sui servizi all’impiego dallo stato alle regioni);
· Università e istituti di istruzione universitaria statali abilitati al rilascio di titoli accademici;
· Provveditorati agli studi;
· Istituzioni scolastiche statali e non statali che rilascino titoli di studio con valore legale e centri pubblici o la partecipazione professionale e/o di orientamento;
· Centri operanti nella formazione professionale in regime di convenzione con la regione o la provincia competente, ovvero accreditati (art. 71, L. n. 196/97);
· Comunità terapeutiche, enti ausiliari e cooperative sociali purché iscritti negli appositi albi regionali ove esistenti;
· Servizi di inserimento lavorativo per disabili gestiti da enti pubblici delegati dalla regione.

I tirocinanti possono essere promossi anche da istituzioni formative private, non aventi scopo di lucro, diverse da quelle sopra indicate, sulla base di un’autorizzazione specifica della regione. Detti soggetti possono assumere il ruolo di soggetti promotori anche su proposta degli enti bilaterali o delle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori.
DATORI DI LAVORO INTERESSATI
Possono ospitare i tirocinanti tutti i datori di lavoro privati e pubblici, ivi comprese le pubbliche amministrazioni.
TIROCINANTI
La L. n. 236/93 chiarisce che gli stage aziendali sono destinati a studenti di corsi d’istruzione secondaria o universitaria, ovvero a diplomati o laureati per i quali non sia trascorso più di un anno dal termine del relativo corso di studi. Possono accedere agli stage anche i disoccupati e gli inoccupati.
NATURA DEL RAPPORTO
Il rapporto di tirocinio formativo non costituisce ad alcun titolo un rapporto di lavoro. Questo istituto corre certamente il rischio di un utilizzo improprio, e non di rado c’è il sospetto che possa nascondere un intento elusivo della normativa lavoristica.
Ricorre l’obbligo della comunicazione al centro dell’impiego entro il giorno antecedente l’inizio dello stage (salvo i tirocini che costituiscono meri periodi di alternanza scuola/lavoro).

OBBLIGHI DEL TIROCINANTE
Gli obblighi cui è tenuto il tirocinante nel corso della durata del tirocinio medesimo sono:
· Svolgere le attività previste dal progetto formativo e di orientamento;
· Rispettare le norme in materia di igiene, sicurezza e salute sui luoghi di lavoro;
· Mantenere la necessaria riservatezza per quanto attiene a: dati, informazioni o conoscenze in merito ai processi produttivi e ai prodotti, acquisiti durante lo svolgimento del tirocinio;
· Seguire le indicazioni dei tutori e fare riferimento ad essi per qualsiasi esigenza di tipo organizzativo o altre evenienze;
· Rispettare i regolamenti aziendali.
OBBLIGHI DEI SOGGETTI OSPITANTI
I soggetti ospitanti sono tenuti a:
a) Favorire l’esperienza del tirocinante nell’ambiente di lavoro mediante la conoscenza diretta delle tecnologie, dell’organizzazione aziendale nonché la visualizzazione dei processi produttivi e delle fasi di lavoro;
b) Designare il “responsabile aziendale” incaricato di seguire il tirocinante.
OBBLIGHI DEI SOGGETTI PROMOTORI
I soggetti che promuovono i tirocini formativi hanno i seguenti obblighi:
· Assicurare i tirocinanti contro gli infortuni su lavoro presso l’Inail;
· Sottoscrivere un’assicurazione per la responsabilità civile verso terzi presso idonea compagnia assicuratrice;
· Designare un tutor che segue il tirocinante e sia garante della realizzazione del progetto;
· Trasmettere una copia di ogni convenzione e di ciascun progetto formativo alla regione, alla struttura territoriale del ministero del Lavoro competente per ispezioni e alle rappresentanze sindacali aziendali.
LIMITI NUMERICI
Per garantire che il tirocinante possa essere opportunamente seguito sono stati fissati i seguenti limiti numerici:
1) Le aziende con i dipendenti a tempo indeterminato da 1 a 5 possono inserire un tirocinante;
2) Le aziende con dipendenti da 6 a 19 possono inserire fino a due tirocinanti contemporaneamente;
3) Le aziende con più di 20 dipendenti a tempo indeterminato possono inserire tirocinanti in misura non superiore al 10% dei dipendenti contemporaneamente. Le frazioni di unità si arrotondano all’unità superiore se la frazione è pari o superiore a ½.
Con la nota n. 44/2008 il ministero del Lavoro ha chiarito che nel computo dei dipendenti non sono compresi gli apprendisti.
MODALITA’ DI ATTUAZIONE
Perché i tirocinanti possano essere operativi occorrono alcuni adempimenti preliminari:
A. Sottoscrizione tra soggetto promotore e datore di lavoro ospitante di una apposita convenzione redatta secondo il modello allegato alle disposizioni di legge citate;
B. Predisposizione di un progetto formativo per ogni tirocinio, redatto secondo il modello allegato alle disposizioni di legge di cui sopra, che forma parte integrante della convenzione. Il progetto formativo può prevedere che il tirocinio si svolga in più settori operativi aziendali. Se il tirocinio si svolge presso una pluralità di aziende, la convenzione può essere sottoscritta non dalle singole aziende ma dalla loro associazione fermo restando che ogni aziende deve indicare il responsabile aziendale che seguirà il tirocinante.
CREDITI FORMATIVI
Le attività svolte nel corso dei tirocini possono avere valor di credito formativo e, ove debitamente certificate dalle strutture promotrici, possono essere riportate nel curriculum dello studente o del lavoratore per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro.
STRANIERI
Le disposizioni in esame sono estese anche ai cittadini comunitari che effettuano esperienze professionali in Italia, anche nell’ambito di programmi comunitari, in quanto compatibili con la regolamentazione degli stessi.
EXTRACOMUNITARI
Il Dm 22/3/2006 ha dato via libera ai tirocini nei confronti di cittadini extracomunitari. Se il tirocinante è un cittadino straniero regolarmente soggiornante in Italia, il decreto stabilisce che si applica l’ordinaria normativa regionale vigente in materia. Se il tirocinante è residente all’estero, si applicano le disposizioni relative all’ingresso di stranieri fuori quote. In tal caso, il decreto stabilisce che la convenzione e il progetto di tirocinio devono prevedere, a carico del soggetto promotore, anche l’obbligo di fornire al tirocinante idoneo alloggio e vitto, nonché l’obbligo nei confronti dello stato di pagare le spese di viaggio per il rientro al paese di provenienza. In alternativa, gli oneri connessi ai predetti obblighi possono essere assunti a proprio carico dalle regioni o dal soggetto ospitante i tirocinanti.
INCENTIVI FISCALI ALLE IMPRESE
Le imprese che ospitano tirocinanti possono detassare il proprio reddito per un importo pari alle spese per lo stage. Ma restano fuori i professionisti; il nuovo incentivo, infatti, interessa soltanto i soggetti titolari di reddito di impresa a prescindere dalla forma giuridica.
Lo ha precisato l’Agenzia delle entrate con la circ. n. 20/E/2005.

POSSIBILE RIPETERLI
Con la nota n. 30/2008 il ministero del Lavoro, in tema di tirocini di formazione, ha ritenuto legittimo che il soggetto espleti un periodo di tirocinio della durata di 12 o 24 mesi in qualità di studente universitario e un ulteriore periodo in qualità di laureato, purché il progetto sia diverso. Il termine dei 18 mesi successivi alla conclusione degli studi entro il quale iniziare o concludere il periodo di tirocinio deve intendersi quello entro il quale dare inizio al tirocinio e non quello entro il quale completarlo.
TIROCINI ESTIVI DI ORIENTAMENTO
L’art. 60, D.lgs. n. 276/2003 ha istituito i tirocini estivi di orientamento, promossi durante le vacanze estive a favore di adolescenti o giovani (tra i 15 ed i 25 anni di età) regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università o istituti scolastici di ogni ordine e grado, con fini orientativi e di addestramento pratico. Essi possono avere valore di credito formativo e, ove debitamente certificati dall’ente promotore, far parte del curriculum dello studente. Il tirocinio, che non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la cancellazione dagli elenchi tenuti dai centri per l’impiego, ha una durata non superiore a tre mesi e si svolge nel periodo compreso tra la fine dell’anno accademico e scolastico e l’inizio di quello successivo. Eventuali borse di lavoro erogate a favore del tirocinante non possono superare l’importo massimo mensile di 600 euro.
Salvo diversa previsione dei contratti collettivi, non sono previsti limiti percentuali massimi per l’impiego di adolescenti o giovani in questa tipologia di tirocinio.
INCOSTITUZIONALITA’
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 50/2005, ha stabilito l’incostituzionalità della norma, trattandosi della fattispecie di formazione professionale di competenza delle regioni.
Il ministero del Lavoro, con la circ. n. 30/2005, ha chiarito che è ancora possibile utilizzare lo strumento dei tirocini estivi di orientamento la cui regolamentazione, però, è rimessa alla competenza delle regioni.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Tossicodipendenza

Tossicodipendenza

TOSSICODIPENDENTI

Il ministero del Lavoro ha emanato la circolare applicativa del Dpr n. 309/90 che disciplina tutta la materia degli stupefacenti e contiene anche disposizioni per tutelare i lavoratori tossicodipendenti.
Il lavoratore dipendente con contratto a tempo indeterminato che intenda uscire dalla tossicodipendenza, può chiedere di allontanarsi dal lavoro per un periodo massimo di tre anni: non ha diritto alla retribuzione ma l’azienda dovrà conservargli il posto di lavoro.
Il ministero del Lavoro ha precisato che debbono ricorrere le seguenti condizioni:
a) Lo stato di tossicodipendenza deve essere accertato dal Servizio per la tossicodipendenza, istituito presso la locale Azienda sanitaria;
b) La durata e la natura del programma personalizzato di recupero deve essere certificata sempre dal Servizio per la tossicodipendenza;
c) Il programma può essere suddiviso in più periodi, per la durata che comunque non può superare tre anni e pertanto anche le assenze dal lavoro possono essere frazionate entro tali limiti.
Anche i familiari del tossicodipendente hanno diritto a sospendere le prestazioni lavorative senza perdere il posto di lavoro. L’agevolazione riguarda esclusivamente quei familiari per i quali il Servizio per la tossicodipendenza dichiari che è necessaria la presenza per realizzare il recupero del malato. Poiché la legge non dice nulla sulla durata delle assenze dei familiari, il ministero del Lavoro ha precisato che i limiti sono uguali a quelli stabiliti per il tossicodipendente e quindi anche i familiari possono astenersi dal lavoro fino ad un massimo di tre anni. Ovviamente i periodi di assenza debbono coincidere con quelli previsti per il tossicodipendente.
Se il servizio per la tossicodipendenza non precisa la durata dell’assenza, valgono le clausole del contratto di lavoro riferite alle aspettative o in generale ai permessi non retribuiti. I contratti collettivi, anche aziendali, possono prevedere clausole più favorevoli e quindi stabilire non solo la facoltà di assentarsi dal lavoro, ma anche la corresponsione di un trattamento economico per i periodi di assenza.

Il contratto di lavoro può anche stabilire la durata dell’assenza dei familiari nel caso in cui il Servizio per la tossicodipendenza non lo abbia precisato.
L’azienda può assumere con contratto a termine un altro lavoratore per il tempo di assenza del tossicodipendente in fase di terapia. La stessa facoltà deve essere accordata all’azienda – precisa il ministero del Lavoro – anche per coprire i vuoti lasciati temporaneamente dai familiari impegnati nell’opera di recupero del tossicodipendente.
La Cassazione, con la sentenza n. 5614/2000, ha dichiarato legittimo il licenziamento intimato per assenza ingiustificata a un lavoratore che, interrotta la permanenza nella comunità terapeutica presso cui era stato indirizzato dal competente servizio, non si era presentato al lavoro.

EFFETTIVA INCAPACITA’ AL LAVORO

Nell’ipotesi di certificati di malattia con diagnosi riconducibili a stati di tossicodipendenza comportanti, o meno, soggiorno in comunità terapeutica (fattispecie non equiparabile a ricovero ospedaliero) – precisa l’Inps con circ. n. 136/2003 -, la relativa prestazione economica a carico dell’istituto potrà essere corrisposta, secondo i criteri, le modalità ed entro i limiti erogativi normalmente previsti a seconda delle diverse categorie di aventi diritto, soltanto in presenza di effettiva incapacità lavorativa dei soggetti interessati, debitamente documentata nei modi di legge, da confermare, anche con riferimento alla durata della prognosi, attraverso i controlli sanitari ritenuti opportuni.
Nell’ambito di quanto precede si sottolinea, in particolare, che anche per tali soggetti vale l’obbligo di reperibilità durante le previste “fasce orarie” (se del caso presso la “comunità”), a nulla rilevando di per sé la particolare condizione di tossicodipendenza.

A disposizione per chiarimenti, porgiamo distinti saluti.

DOTT.SA MONICA MELANI

Stretta sul mobbing

Stretta sul mobbing

STRETTA SUL MOBBING

Stretta sul mobbing. Le testimonianze dei colleghi possono inchiodare il capo che, con le sue intemperanze, stressa a tal punto il dipendente da fargli venire la depressione e l’ansia, e che per questo rischia, oltre al carcere, di dover risarcire il sottoposto.

Lo ha stabilito la Cassazione che, con la sentenza n. 23923 del 10 giugno 2009, ha condannato definitivamente un dirigente di un ufficio giudiziario della Liguria a risarcire gli stati ansiosi e depressivi provocati dal suo comportamento aggressivo nei confronti di una cancelliera. I reati di cui era stato inizialmente accusato, fra cui le lesioni colpose, si sono invece prescritti.

Il mobbing, la parola più inflazionata negli uffici italiani, ha trovato, in attesa di una legge, una tutela sul piano civilistico e su quello penalistico nei principi generali del nostro ordinamento: anche se non esiste un reato chiamato mobbing gli atteggiamenti prevaricatori tipici di questa fattispecie possono essere puniti con altri reati come le lesioni o addirittura i maltrattamenti in famiglia. Ma c’è sempre un problema: il mobbing è difficilissimo da provare. Questo caso giudiziario spiana però la strada per una dimostrazione delle prevaricazioni in ufficio che sia meno impossibile. I colleghi della signora ligure che si sentiva mobbizzata dal capo sono stati ascoltati dai magistrati di merito e la decisione è stata condivisa dalla Cassazione. In particolare, si legge in sentenza, “la decisione impugnata ha dato atto che i numerosi testimoni sono stati concordi e non contraddittori nel ricostruire le modalità dell’ingiuria e la dinamica della stessa e ha anche sottolineato che non è stata fornita alcuna prova di uno spaventevole complotto ordito ai danni dell’imputato, per cui tutti gli impiegati della pretura avessero deciso di costruire sulla personalità fragile della lavoratrice un castello di menzogne”.

Anche per questo motivo la quarta sezione penale ha respinto il ricorso del capo contro la condanna emessa della Corte di appello di Genova. Al dirigente è stato contestato di aver offeso l’onore e il decoro dell’impiegata, pronunciando contro di lei espressioni come “è una falsa, non finisce qui, gliela farò pagare, è un’irresponsabile”.
Durante il processo i colleghi di lavoro avevano testimoniato che il dirigente aveva un “atteggiamento quotidiano violento, aggressivo, alimentato da intemperanze, gesti di violenza e prevaricazione”.

Questi comportamenti avevano provocato nella donna “uno stato ansioso depressivo, con tachicardia in stress emotivo”, malattia che valse alla donna circa 20 giorni di riposo. Ad avviso dei giudici della Cassazione non c’è dubbio che si tratta di mobbing e al dirigente prepotente spiegano che la sua colpa consiste nel fatto di non aver azionato i “conseguenti poteri inibitori” per tenere a bada le sue intemperanze, una precauzione che ogni “uomo medio, dotato di comuni poteri percettivi e valutativi avrebbe dovuto fare per evitare le conseguenze dannose”.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Co.co.co. all’estero, norme.

Co.co.co. all’estero, norme.

CO.CO.CO. ALL’ESTERO, NORME AD HOC

Anche l’iscritto alla gestione separata Inps, se presta attività di lavoro autonomo o dipendente in un altro stato Ue, è tenuto a osservare la regolamentazione comunitaria sulla sicurezza sociale. Ai fini dell’individuazione del regime applicabile, il parasubordinato va ricondotto alla figura del lavoratore “dipendente” o “autonomo” in funzione delle disposizioni di carattere previdenziale e non in base alla nozione giuslavoristica del rapporto di lavoro. A stabilirlo è l’Inps, nella circolare n. 90/2009, in cui riassume le disposizioni per la determinazione della legislazione previdenziale applicabile ai lavoratori che svolgono attività in più stati membri dell’Ue.

UN VADEMECUM UE. Il vademecum diffuso dall’Inps riguarda, in particolare, le disposizioni per la determinazione della legislazione applicabile ai lavoratori che:
· Svolgono attività come lavoratori dipendenti normalmente in due o più stati membri dell’Ue;
· Svolgono attività come lavoratori autonomi normalmente in due o più stati membri dell’Ue;
· Lavorano normalmente in due o più stati membri come dipendenti e come autonomi;

OBBLIGHI DI COMUNICAZIONE. L’Inps, ricorda innanzitutto, che il datore di lavoro con sede o domicilio in Italia deve comunicare all’istituto di previdenza tutti i casi in cui i suoi dipendenti lavorano normalmente in due o più stati comunitari e ogni cambiamento intervenuto. Medesimo obbligo ricade sul lavoratore autonomo che svolge la sua attività normalmente in due o più comunitari e per il lavoratore dipendente che svolge in due o più stati comunitari le sue attività alle dipendenze di più aziende: anche tali soggetti sono tenuti a informare l’istituzione dello Stato di residenza, in merito al normale svolgimento della attività in due o più stati comunitari e le successive relative modifiche.

PRINCIPI GENERALI. In via di principio, il lavoratore dipendente o autonomo che svolge attività in più stati membri e che abbia la residenza in uno di questi è assoggettato alla legislazione di quest’ultimo stato (cioè quello di residenza). Nel caso di un lavoratore che svolga la propria attività alle dipendenze di un datore di lavoro in due o più stati membri e che abbia la residenza in altro stato membro è assoggettato alla legislazione dello stato in cui il datore di lavoro abbia sede o domicilio.
Laddove svolga la propria attività anche presso il suo stato di residenza, si applicherà la legislazione vigente presso tale ultimo stato così come quando dipenda da più datori di lavoro con sedi in diversi paesi dell’Ue. Il lavoratore autonomo che svolga la propria attività in più stati membri e risieda in un altro Stato è assoggettato alla legislazione dello Stato dove svolge l’attività principale.

I LAVORATORI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA INPS. La regolamentazione comunitaria prevede i criteri per determinare la legislazione applicabile solo con riferimento ai lavoratori dipendenti o a quelli autonomi; nulla prevede invece per le nuove figure di lavoratori disciplinate dalle legislazioni nazionali. In Italia, per esempio, è il caso dei co.co.co. e di tutti i lavoratori iscritti alla gestione separata Inps (articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995) che, in via generale, rappresentano la cosiddetta area di parasubordinazione.
In questi casi, pertanto, è necessario assimilare queste categorie di lavoratori ai lavoratori dipendenti oppure ai lavoratori autonomi; per l’operazione va fatto riferimento al punto di vista previdenziale, sulla base del principio enunciato dalla Corte di giustizia Ue nella sentenza n. 221/195. La suprema corte ha avuto modo di chiarire che la natura dell’attività esercitata in ciascuno stato deve essere valutata in funzione delle norme previdenziali dello stato membro nel cui territorio l’attività è esercitata e non già in funzione della nozione che ne viene data secondo le disposizioni giuslavoristiche (in Italia varrebbero le nozioni legate all’esistenza o meno del vincolo di subordinazione).
Vale una particolarità infine: quando ai lavoratori parasubordinati siano applicabili simultaneamente le legislazioni di due stati Ue, la contribuzione da versare alla gestione separata Inps sarà calcolata in base all’aliquota prevista per i soggetti iscritti a altra forma pensionistica (attualmente il 17%).

LAVORATORE DIPENDENTE O AUTONOMO CHE RISIEDE NELLO STATO IN CUI LAVORA. Il lavoratore che svolga la propria attività in più stati Ue, in uno dei quali risiede, vedrà applicarsi la legislazione di quest’ultimo stato (quello di residenza). Il lavoratore deve dare comunicazione all’istituto di previdenza dello stato di residenza la circostanza che svolge attività lavorativa anche in altri stati Ue e l’istituto rilascerà apposito modello (è il modello E101) dal quale risulterà che il lavoratore è soggetto alla legislazione dello stato di residenza in tutti gli stati i cui svolge l’attività lavorativa.

LAVORATORE DIEPENDENTE NON RESIDENTE IN UN O DEGLI STATI IN CUI LAVORA. Il lavoratore che svolga attività lavorativa in più stati Ue e risieda in un differente stato Ue è assoggettato alla legislazione dello stato dove ha sede o domicilio il datore di lavoro.
In tal caso, dovrà comunque comunicare allo stato Ue di residenza lo svolgimento dell’attività svolta negli altri stati Ue e sarà lo stato dove ha sede o domicilio il datore di lavoro che questa volta rilascerà il modello E101.

LAVORATORE AUTONOMO NON RESIDENTE IN UNO DEGLI STATI IN CUI LAVORA. Il lavoratore autonomo che svolga la propria attività in due o più stati Ue e risieda in un altro stato Ue è soggetto alla legislazione dello stato in cui svolge l’attività principale. Il lavoratore deve comunicare all’istituto previdenziale del paese di residenza dove svolge la propria attività che ne darà notizia alle altre sedi estere.

LAVORO AUTONOMO CONTEMPORANEAMENTE A LAVORO DIPENDENTE IN DUE O PIU’ STATI UE. Il lavoratore che svolga contemporaneamente in più stati Ue lavoro autonomo e lavoro dipendente è assoggettato ala disciplina vigente nel paese dove svolge l’attività dipendente. Se invece risiede in uno di questi stati, verrà applicata la legislazione dello Stato di residenza.

GLI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA (1)
Sono assimilabili ai lavoratori dipendenti, i soggetti titolari dei seguenti tipi di co.co.co.
· Dottorato di ricerca, assegno, borsa di studio erogata da Muir
· Lavoratore a progetto
· Mini co.co.co.
· Co.co.co. pure (co.co.co. dei titolari di pensione di vecchiaia o ultrassessantacinquenni)
· Co.co.co. presso la pubblica amministrazione
· Medici in formazione specialistica
· Associato in partecipazione di apporto di solo lavoro
· Volontari del servizio civile
Sono assimilabili ai lavoratori autonomi, i soggetti titolari dei seguenti tipi di co.co.co.
· Amministratore, sindaco, revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, liquidatore di società
· Partecipante a collegi e commissioni
· Collaboratore di giornali, riviste, enciclopedia e simili
· Venditore porta a porta
· Lavoro autonomo occasionale
· Professionisti senza cassa
(1) L’equiparazione vale esclusivamente ai fini dell’applicazione del regime di sicurezza sociale in ambito Ue (corte Ue, sentenza n. 221/1995)

QUANDO C’E’ DOPPIA CONTRIBUZIONE
– esercizio di attività autonoma in Italia e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Belgio e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Bulgaria e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in repubblica ceca e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Danimarca e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Danimarca
– esercizio di attività agricola autonoma in Germania e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Estonia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Estonia
– esercizio di attività autonoma in Grecia e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Spagna e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Spagna
– esercizio di attività autonoma in Francia e di attività subordinata in altro stato Ue (ad eccezione del Lussemburgo)
– esercizio di attività agricola autonoma in Francia e di attività subordinata in Lussemburgo
– esercizio di attività autonoma a Cipro e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente a Cipro
– esercizio di attività autonoma a Malta e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Portogallo e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Romania e di attività subordinata in altro stato Ue
– esercizio di attività autonoma in Finlandia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Finlandia
– esercizio di attività autonoma in Svezia e di attività subordinata in altro stato Ue, da parte di persona residente in Svezia
– esercizio di attività autonoma in Slovacchia e di attività subordinata in altro stato Ue

DOTT.SSA MONICA MELANI

Rls, comunicazione una-tantum

Rls, comunicazione una-tantum

RLS, COMUNICAZIONI UNA TANTUM

Via libera alla comunicazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Con circolare n. 43, ieri l’Inail ha fornito le istruzioni operative per adempiere all’obbligo in base alle modifiche introdotte dal correttivo al T.u. sicurezza (DLgs n. 106/2009 di modifica del DLgs n. 81/2008). Tra le novità, la comunicazione diventa una tantum fino a modifiche (non ha più cadenza annuale), e non è più dovuta dalle aziende in cui non sia presente un Rls. Resta in stand-by, invece la comunicazione dei rappresentanti territoriali (Rlst) su cui l’Inail fa riserva di successive istruzioni.

La comunicazione. L’obbligo è stato introdotto dal T.u. sicurezza con cadenza annuale il cui termine era fissato al 16 Agosto scorso. Tuttavia poiché il correttivo ha modificato in più parti l’adempimento, la scadenza è stata sospesa rinviando la decorrenza dell’obbligo alle nuove (e ora pronte) istruzioni dell’Inail. L’adempimento è disciplinato dall’articolo 18 del T.u. La norma stabilisce che il datore di lavoro e i dirigenti che organizzano e dirigono attività secondo attribuzioni e competenze loro conferite, sono tenuti a comunicare all’Inail (all’Ipsema per il settore marittimo) i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

Soggetti obbligati. Rientrano nell’obbligo della comunicazione tutti i datori di lavoro (ovvero i dirigenti, se delegati) di qualsiasi settore privato o pubblico. Sono escluse le amministrazioni, gli istituti e le organizzazioni individuate dall’articolo 3, commi 2 e 3-bis (forze armate, vigili del fuoco, cooperative sociali ecc.) del T.u.

Chi, quando e come. In via di principio, l’adempimento è dovuto in occasione di nomina di uno o più Rls. Al riguardo, l’Inail evidenzia che tale elezione non costituisce un obbligo per il datore di lavoro ma una facoltà dei lavoratori, ai quali e solo ai quali spetta dunque di esercitarla. In sede di prima applicazione, l’adempimento riguarda i nominativi dei Rls già eletti o designati. L’Inail spiega che nessun obbligo ricade sulle aziende che non hanno Rls eletti; in tal caso, l’obbligo scatterà alla prima nomina o designazione. Per le aziende o unità produttive in cui già sia presente un Rls, invece, l’adempimento va osservato se non già adempiuto in base alla vecchia procedura, per essere ripetuto in occasione di modifiche (per chi ha già fatto la denuncia, le modifiche rilevano dal 1° Gennaio 2009, poiché il vecchio adempimento riguardava la situazione in essere al 31 Dicembre 2008).
La denuncia va fatta on-line sul sito dell’Inail (www.inail.it), al quale occorre essere registrati. Eccezionalmente, è consentito inviare la denuncia anche via fax al numero 800657657

LA COMUNICAZIONE
L’ADEMPIMENTO Comunicazione all’Inail dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Resta ancora in stand-by la comunicazione dei rappresentanti territoriali (Rlst)
LA NOVITA’ Il T.u. aveva dato cadenza annuale all’adempimento. Il correttivo ha previsto invece che la comunicazione va effettuata solo in caso di nuova elezione o designazione.
PRIMO APPUNTAMENTO In caso di prima applicazione del correttivo (dlgs n. 106/2009), l’obbligo di comunicazione riguarda i nominativi dei Rls già eletti o designati
ISTRUZIONI OPERATIVE Aziende o unità produttive in cui SIA presente uno o più Rls:
· Se la comunicazione è già stata fatta (la vecchia scadenza era fissata al 16 agosto, poi sospesa, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2008), non è necessario fare nuovamente la comunicazione salvo che, dal 1° gennaio 2009, non siano intervenute variazioni;
· Se la comunicazione non è stata fatta è necessario farla secondo le nuove modalità.
Aziende o unità produttive in cui NON SIA presente uno o più Rls:
· La comunicazione non è dovuta: l’obbligo scatterà in occasione della prima elezione o designazione del Rls.
SANZIONE La mancata comunicazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50 a 300.

DOTT.SSA MONICA MELANI