ELABORAZIONE DELLE PAGHE CON HR PORTAL

Elaboriamo le paghe e i contributi con il più avanzato sistema web-based attualmente sul mercato: HR PORTAL … continua

CONSULENZA DEL LAVORO E SINDACALE

Lo studio fornisce consulenza nell’ambito del lavoro e del Diritto Sindacale e industriale, seguendo e consigliando il cliente… continua

È ARRIVATO IL PORTALE CENTURION!

Autore: syrus

Formazione esterna apprendista

Formazione esterna apprendista

FORMAZIONE ESTERNA APPRENDISTA

Informiamo la spettabile clientela che AFOL MILANO offre corsi gratuiti (con finanziamento pubblico a dote) ad apprendisti assunti con Art. 16 Legge 196/1997 ed Art. 49 D.lgs. 276/03 per l’assolvimento della formazione obbligatoria.

La formazione che AFOL MILANO offre è relativa ai seguenti CCNL:
· CCNL Acconciatori ed Estetisti;
· CCNL Terziario e Distribuzione Servizi;
· CCNL dei Dipendenti Studi Professionali;
· CCNL Grafica;
· CCNL Grafica Editoria;
· Settore Edilizia (tutti i CCNL);

Sono, inoltre, disponibili i corsi gratuiti (con finanziamento pubblico a dote) per i tutor di apprendisti.

Per coloro che non hanno la possibilità di accedere ai corsi finanziati, AFOL MILANO resta a disposizione per erogare corsi a pagamento.

Per ulteriori informazioni è possibile contattare la Sig.ra Bellini Cristina al seguente numero telefonico 02/77405226 e e-mail c.bellini@provincia.milano.it.

Per coloro che avessero inizialmente optato per la formazione interna, è a disposizione la nostra Sig.ra Raffa Sonia per le necessarie modifiche sul modello di assunzione per l’eventuale opzione della formazione esterna.

Porgiamo distinti saluti.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Lavoro occasionale di tipo accessorio

Lavoro occasionale di tipo accessorio

LAVORO OCCASIONALE DI TIPO ACCESSORIO

Il lavoro occasionale di tipo accessorio è una particolare modalità di prestazione lavorativa prevista dalla Legge Biagi. La sua finalità è regolamentare quei rapporti di lavoro che soddisfano esigenze occasionali a carattere saltuario, con l’obbiettivo di far emergere attività confinate nel lavoro nero, tutelando in tal modo lavoratori che usualmente operano senza alcuna protezione assicurativa e previdenziale.
Il pagamento della prestazione avviene attraverso i cosiddetti voucher (buoni lavoro), che garantiscono, oltre alla retribuzione, anche la copertura previdenziale presso l’Inps e quella assicurativa presso l’Inail.

Dopo una prima sperimentazione nella città di Treviso, la prima significativa applicazione della disciplina contenuta nella Legge Biagi è stata attuata in occasione della vendemmia 2008 (limitatamente a studenti e pensionati), ed è stata poi estesa a tutte le attività agricole.

La Legge n. 133 del 6 agosto 2008, la Legge n. 33 del 9 aprile 2009 e per ultima la Legge n. 191 del 23 dicembre 2009 (Legge Finanziaria 2010) hanno progressivamente ampliato la platea dei prestatori e le aree di attività in cui si applica il lavoro occasionale accessorio.

Alcune circolari Inps hanno fornito indicazione rispetto all’applicazione delle norme:
· Circolare INPS n. 104 del 1 dicembre 2008 (modalità applicative nel settore commercio, turismo e servizi);
· Circolare INPS n. 44 del 24 marzo 2009 (modalità applicative nel settore domestico);
· Circolare INPS n. 76 del 26 maggio 2009 (modalità applicative per l’impresa familiare);
· Circolare INPS n. 88 del 9 luglio 2009 (indicazioni sull’ampliamento dell’ambito di applicazione del lavoro occasionale di tipo accessorio);
· Circolare INPS n. 17 del 3 febbraio 2010 (indicazioni sull’ampliamento dell’ambito di utilizzo di “buoni lavoro”, in seguito alle innovazioni normative apportate dalla Legge n. 191/2009 (Finanziaria 2010).

VANTAGGI
o Per il committente (datore di lavoro)
Il committente può beneficiare di prestazioni nella completa legalità, con copertura assicurativa INAIL per eventuali incidenti sul lavoro, senza rischiare vertenze sulla natura della prestazione e senza dover stipulare alcun tipo di contratto.
o Per il prestatore (lavoratore)
Il prestatore può integrare le sue entrate attraverso le prestazioni occasionali, il cui compenso è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupazione o inoccupato. Il compenso dei buoni lavoro dà diritto all’accantonamento previdenziale presso l’Inps e alla copertura assicurativa presso l’Inail ed è totalmente cumulabile con i trattamenti pensionistici.

IL COMMITTENTE
I committenti – cioè coloro che impiegano prestatori di lavoro occasionale – posso essere:
– Famiglie;
– Privati;
– Aziende;
– Imprese familiari;
– Imprenditori agricoli;
– Enti senza fini di lucro;
– Enti locali, limitatamente ai lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti, e in tutti i settori produttivi nel caso in cui il prestatore di lavoro sia un pensionato, uno studente sotto i 25 anni o un percettore di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito (lavoratori in cassa integrazione, in mobilità, in disoccupazione ordinaria o in trattamento speciale di disoccupazione edile);
– Committenti pubblici, solo in caso di prestazioni per lavori di emergenza e di solidarietà;
Il ricorso ai buoni lavoro è limitato al rapporto diretto tra prestatore e utilizzatore finale, mentre è escluso che una impresa possa reclutare e retribuire lavoratori per svolgere prestazioni a favore di terzi come nel caso dell’appalto o della somministrazione.

SOGGETTI CHE POSSONO SVOLGERE LAVORO OCCASIONALE ACCESSORIO
I prestatori che possono accedere al lavoro occasionale accessorio sono:
Pensionati
titolari di trattamento pensionistico in regime obbligatorio.

Studenti nei periodi di vacanza e il sabato e la domenica
sono considerati studenti i giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso un istituto scolastico di ogni ordine e grado. I giovani debbono, comunque, aver compiuto i 16 anni di età e, se minorenni, debbono possedere autorizzazione alla prestazione di lavoro occasionale da parte dei genitori o di chi esercita la patria potestà.
Per i “periodi di vacanza” si intendono (Circolare n. 4 del 3 febbraio 2005 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali):
a) Per “vacanze natalizie” il periodo che va dal 1° dicembre al 10 gennaio;
b) Per “vacanze pasquali” il periodo che va dalla domenica delle Palme al martedì successivo il lunedì dell’Angelo;
c) Per “vacanze estive” i giorni compresi dal 1° giugno al 30 settembre.
I giovani possono effettuare prestazioni di lavoro occasionale anche il sabato e la domenica in tutti i periodi dell’anno.

Studenti universitari
Gli studenti universitari di età inferiore ai 25 anni, se regolarmente iscritti, possono svolgere prestazioni di lavoro occasionale accessorio in qualunque periodo dell’anno.

Si precisa che studenti e pensionati possono svolgere attività di natura occasionale in qualsiasi settore produttivo e anche in favore degli enti locali.

Altre tipologie di prestatori
Per gli anni 2009 e 2010, in via sperimentale, anche i lavoratori in cassa integrazione, in mobilità, in disoccupazione ordinaria o in trattamento speciale di disoccupazione edile, possono cumulare il compenso per il lavoro accessorio con il trattamento integrativo corrisposto.
I cittadini stranieri, presenti regolarmente sul territorio nazionale, possono accedere al lavoro occasionale accessorio. Le casalinghe possono svolgere attività agricole di carattere stagionale: esse sono coloro che svolgono, in via normale, lavori non retribuiti in ambito familiare. Ai fini della prestazione nello specifico settore, le stesse non debbono aver prestato lavoro subordinato in agricoltura sia nell’anno in corso che in quello precedente.

I prestatori possono svolgere attività di lavoro occasionale:
§ In generale fino ad un limite economico di 5.000 euro netti (6.660,00 euro lordi) per singolo committente nell’anno solare;
§ Nel caso di percettori di prestazioni integrative o di sostegno al reddito, fino ad un limite economico di 3.000 euro netti compresi per anno solare e non per singolo committente.

AREE DI ATTIVITA’ IN CUI SI APPLICA IL LAVORO OCCASIONALE ACCESSORIO
Il sistema di voucher trova al momento applicazione per prestazioni rese nei seguenti ambiti lavorativi:
§ Imprese del settore agricolo: per tutte le attività di carattere stagionale e per le attività agricole, anche non stagionali, solo nel caso in cui siano svolte a favore dei produttori aventi un volume di affari non superiore a 7.000 euro;

§ Imprese familiari: l’impresa familiare potrà utilizzare qualsiasi tipologia di prestatori, con buoni lavoro ai quali si applica la contribuzione ordinaria del lavoro subordinato. In questo caso la prestazione di lavoro occasionale deve essere svolta da soggetti estranei all’imprenditore e all’impresa familiare stessa. In tutti i casi di utilizzo di prestazioni di lavoro occasionale l’impresa familiare dovrà rispettare il limite economico dei 10.000 euro per anno fiscale;
§ Settore domestico: i lavori domestici di tipo occasionale accessorio riguardano quelle prestazioni svolte esclusivamente in maniera occasionale, discontinua e saltuaria per far fronte ad esigenze familiari relative alla cura della famiglia e della casa che non presentano il carattere dell’abitualità. In questa fattispecie si inseriscono il babysittering e il dogsitterig;
§ Lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti;
§ Manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli e di lavoro di emergenza o di solidarietà (anche a favore di committenti pubblici);
§ Consegna porta a porta e vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica;
§ Insegnamento privato e supplementare;
§ Attività di lavoro svolte nei maneggi e scuderie;
§ In qualsiasi altro settore produttivo, compresi gli enti locali, ma limitatamente a queste tipologie di prestatori:
– Giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università, in qualsiasi periodo dell’anno;
– Pensionati;
– Percettori di prestazione integrative del salario o con sostegno al reddito, in via sperimentale per il 2009 e 2010 e nel limite di 3.000,00 euro annui;

§ In qualsiasi altro settore produttivo, esclusi gli enti locali
– Lavoratori con contratto di lavoro a tempo parziale, in via sperimentale per il 2010, con qualsiasi committente tranne il proprio datore di lavoro.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO
· Circolare INPS n. 17 del 3 febbraio 2010;
· Circolare INPS n. 88 del 9 luglio 2009;
· Legge n. 33 del 9 aprile 2009, art. 7-ter, c. 12;
· Artt. 70-73 del D.Lgs. n. 276/03 come modificati dalla Legge 191/2009 (Legge Finanziaria 2010);
· Legge n. 96 del 20 febbraio 2006;
· Legge n. 80 del 14 maggio 2005;
· D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003, artt. 70-73;
· Legge n. 30 del 14 febbraio 2003;
· Circolare INPS n. 76 del 26 maggio 2009;
· Circolare INPS n. 44 del 24 marzo 2009;
· Circolare INPS n. 104 del 01 dicembre 2008;
· Circolare INPS n. 94 del 27 ottobre 2008;
· Messaggio INPS n. 020439 del 17 settembre 2008;
· Messaggio INPS n. 17846 del 6 agosto 2008;
· Circolare INPS n. 81 del 31 luglio 2008;

IL SISTEMA DEI “BUONI” (VOUCHER)
Il pagamento delle prestazioni di lavoro occasionale accessorio avviene attraverso il meccanismo dei “buoni”, il cui valore nominale è pari a 10 euro.
È, inoltre, disponibile un buono “multiplo”, del valore di 50 euro, equivalente a cinque buoni non separabili.
Il valore nominale comprende la contribuzione in favore della gestione separata dell’INPS (13%), che viene accreditata sulla posizione individuale contributiva del prestatore; di quella in favore dell’INAIL per l’assicurazione anti-infortuni (7%) e di un compenso al concessionario (Inps), per la gestione del servizio (5%). Il valore netto del voucher da 10 euro nominali, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del prestatore, è quindi pari a 7,50 euro.
Il valore netto del buono “multiplo” da 50 euro, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del lavoratore, è quindi pari a 37,50 euro.

Basta doppia contribuzione

Basta doppia contribuzione

SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE A SEZIONI UNITE N. 3240/2010: BASTA DOPPIA CONTRIBUZIONE PER L’AMMINISTRATORE LAVORATORE.

La sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite n. 3240 del 12 febbraio 2010 ha stabilito l’illegittimità della doppia contribuzione (gestione commercianti e gestione separata) per l’amministratore di srl anche socio lavoratore. La contribuzione deve essere unica e rapportata all’attività prevalente tra le due. L’Inps sino ad oggi, nonostante il medesimo principio fosse stato conformemente affermato da precedenti e chiare sentenze del 2007 e del 2008, con nota del 4 dicembre 2007, comunicava che avrebbe aderito a tale interpretazione solo in presenza di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità e, pertanto, per il momento continuava a considerare obbligatoria la doppia iscrizione.

Adesso, la ns. categoria (consulenti del lavoro), si aspetta una risposta da parte dall’Inps, che, alla luce della sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite, deve rivedere le sue posizioni.
Speriamo che, adesso, la risposta dell’Inps, non sia quella di aspettare una sentenza della Corte di giustizia UE, bensì sia quella di prendere atto dell’indirizzo della giurisprudenza prevalente.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3240 del 12.02.2010 hanno stabilito che:
· La regola dettata dall’art. 1 comma 208 della Legge 23.12.1996 n. 662, in base alla quale i soggetti che esercitino contemporaneamente, in una o più imprese commerciali, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di contribuzione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS) sono iscritti esclusivamente nella Gestione previdenziale prevista per l’attività alla quale si dedichino in misura prevalente, si applica anche al socio di società a responsabilità limitata (srl) che eserciti attività commerciale nell’ambito della medesima e che, contemporaneamente, svolga attività di amministratore, anche unico;
· In tal caso, la scelta della gestione previdenziale presso cui deve avvenire l’iscrizione spetta all’Inps, secondo il criterio della prevalenza;
· L’ammontare della contribuzione dovuta si determina esclusivamente sulla base dei redditi derivanti dall’attività prevalente e con le regole vigenti nella Gestione di competenza.

Deve quindi ritenersi definitivamente superato l’orientamento dell’Inps in base al quale, se il socio di una srl commerciale partecipa personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza e, nel contempo, svolge anche funzioni di amministratore, percependo un apposito compenso, era tenuto all’iscrizione ed al versamento della relativa contribuzione:
· Sia presso la gestione commercianti, in relazione all’attività lavorativa svolta nella società;
· Sia presso la gestione separata, ai sensi dell’art. 2 comma 26 della Legge 8.8.1995 n. 335, in relazione all’incarico amministrativo.
Nel caso di imprese commerciali, l’art. 1 comma 208 della Legge 662/1996 ha introdotto una deroga alla regola generale in base alla quale a ciascuna attività lavorativa deve corrispondere il relativo obbligo contributivo, stabilendo invece il principio dell’iscrizione alla sola Gestione previdenziale relativa all’attività prevalente.
In base alla sentenza 3240/2010 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il criterio della “prevalenza” si applica anche al socio lavoratore di una SRL COMMERCIALE il quale svolga anche l’attività di amministratore.
Pertanto, una volta individuata l’attività prevalente e individuata la Gestione previdenziale cui effettuare l’iscrizione, la medesima sarà l’unica cui sono dovuti i contributi.
La sentenza ribadisce che sarà l’Inps a decidere sull’iscrizione nella Gestione previdenziale corrispondente all’attività prevalente, secondo i seguenti criteri:
· Nel caso in cui si ravvisino i requisiti per l’iscrizione alla Gestione commercianti (partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità ed in misura prevalente rispetto agli altri fattori produttivi), per l’attività di amministratore non occorrerà iscriversi alla Gestione separata;
· Nel caso in cui non si ravvisino i requisiti per l’iscrizione alla Gestione commercianti, per l’attività di amministratore occorrerà iscriversi alla Gestione separata.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Cambia mansione chi è inidoneo

Cambia mansione chi è inidoneo

MINISTERO DEL LAVORO:
CAMBIA MANSIONE CHI E’INIDONEO

Cambia mestiere il lavoratore che non riesce (fisicamente) a sopportare la movimentazione manuale di carichi. Per questa attività (come per tutte quelle rientranti nel Titolo VI del T.u. sicurezza), infatti, il datore di lavoro è tenuto ad assicurare la sorveglianza sanitaria dei lavoratori. E laddove il medico fornisca giudizio d’inidoneità, è tenuto a spostare il lavoratore ad altra mansione. Lo precisa il ministero del lavoro in una risposta a un apposito quesito concernente l’uso dei Dpi, i Dispositivi di protezione individuale (Faq).

UTILIZZO DEI DPI:

I chiarimenti rispondono ad uno specifico quesito che chiede di conoscere quali sono gli obblighi cui i datori di lavoro e lavoratori sono tenuti ad ottemperare in materia di Dpi. La normativa in tema di uso dei Dpi, spiega il ministero, è regolata dagli articoli 74 e seguenti del T.u. sicurezza (dlgs n. 81/2008).

In particolare, l’elemento di riferimento per l’applicazione dell’obbligo dell’uso di questi dispositivi è l’allegato VIII (estratto in tabella). La normativa pone degli obblighi in materia di uso dei Dpi sia in capo al datore di lavoro che ai lavoratori, prevedendo, che gli stessi devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione;
mezzi di protezione collettiva; misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro, e che gli stessi devono tener conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore e poter essere utilizzati dall’utilizzatore secondo le sue necessità.

LE SANZIONI PER I LAVORATORI:
Il corretto uso dei Dpi nei casi in cui questo sia previsto, aggiunge il ministero, costituisce obbligo per i lavoratori, la cui violazione è sanzionata. In particolare, l’articolo 78 del T.u. stabilisce che i lavoratori:
· Devono sottoporsi al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari;
· Utilizzando i Dpi messi a disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente organizzato e espletato;
· Provvedono alla cura dei Dpi messi a loro disposizione;
· Non vi apportano modifiche di propria iniziativa;
· Al termine dell’utilizzo seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei Dpi;
· Segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei Dpi messi a loro disposizione.

Con riferimento ai primi due obblighi (formazione e addestramento e utilizzo dei Dpi), vengono richiamate (e così rese applicabili) le disposizioni dell’articolo 20, comma 2 (rispettivamente), lettera h e lettera d, ossia i principi per cui i lavoratori sono tenuti ad osservare le disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale, e di partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro.
Violare questi principi costa ai lavoratori la pena dell’arresto fino a un mese o l’ammenda da 200 a 600 euro.

IL DIRITTO (PER IL LAVORATORE) AD ALTRE MANSIONI.
Il ministero, inoltre, fa presente che, ove le attività lavorative svolte nell’azienda presso la quale il lavoratore presta la sua attività rientrino nel campo di applicazione del Titolo VI del T.u. sicurezza recante “movimentazione manuale dei carichi” il datore di lavoro è tenuto ad assicurare ai lavoratori la sorveglianza sanitaria. Ai sensi della quale, il lavoratore può chiedere di essere sottoposto a visita medica che verrà effettuata qualora la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi. In relazione al giudizio di idoneità o meno alla mansione specifica espresso dal medico, il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge n. 68/1999, è tenuto ad attuare le misure indicate dal medico competente e, qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica, deve adibire il lavoratore, se possibile, ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute.

DOTT.SSA MONICA MELANI
TRATTO DA ITALIA OGGI DEL 25 GENNAIO 2010

LE INDICAZIONI DI CARATTERE GENERALE
Protezione dei capelli
I lavoratori che operano o che transitano presso organi in rotazione presentanti pericoli di
impigliamento dei capelli, o presso fiamme o materiali incandescenti, devono essere provvisti di appropriata cuffia di protezione, resistente e lavabile e che racchiuda i capelli in modo completo.
Protezione del corpo
I lavoratori esposti a specifici pericoli di offesa al capo per caduta di materiali dall’alto o per contatti con elementi comunque pericolosi devono essere provvisti di copricapo appropriato. Parimenti devono essere provvisti di adatti copricapo i lavoratori che devono permanere, senza altra protezione, sotto l’azione prolungata dei raggi del sole.
Protezione degli occhi
I lavoratori esposti al pericolo di offesa agli occhi per proiezione di schegge o di materiali roventi, caustici, corrosivi o comunque dannosi, devono essere muniti di occhiali, visiere o schermi appropriati.
Protezione delle mani
Nelle lavorazioni che presentano specifici pericoli di punture, tagli, abrasioni, ustioni, causticazioni alle mani, i lavoratori devono essere forniti di guanti o altri appropriati mezzi di protezione.
Protezione dei piedi.
Per la protezione dei piedi nelle lavorazioni in cui esistono specifici pericoli di ustioni, di causticazione, di punture o di schiacciamento, i lavoratori devono essere provvisti di calzature resistenti ed adatte alla particolare natura del rischio. Tali calzature devono potersi sfilare rapidamente.
Protezione delle altre parti del corpo
Qualora sia necessario proteggere talune parti del corpo contro i rischi particolari, i lavoratori devono avere a disposizione idonei mezzi di difesa, quali schermi adeguati, grembiuli, pettorali, gambali o uose.
Cinture di sicurezza
I lavoratori che sono esposti a pericolo di caduta dall’alto o entro vani o che devono prestare la loro opera entro pozzi, cisterne e simili in condizioni di pericolo, devono essere provvisti di adatta cintura di sicurezza.
Maschere respiratorie
I lavoratori esposti a specifici rischi di inalazioni pericolose di gas, polveri o fumi nocivi devono avere a disposizione maschere respiratorie o altri dispositivi idonei, da conservarsi in luogo adatto facilmente accessibile e noto ai lavoratori.
Fonte: Allegato VIII dlgs n. 81/2008
LE SANZIONI
Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti con la pena dell’arresto da 3 a 6 mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro per:
· Mancato impiego dei DPI in presenza di rischi che non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Violazione degli obblighi di:
· Mantenere in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante;
· Provvedere a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo i casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
· Destinare ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
· Mancato addestramento nelle ipotesi indispensabili per legge.
Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.800 euro per:
· Mancata fornitura di istruzioni comprensibili per i lavoratori;
· Mancata fissazione delle procedure da seguire, al termine dell’utilizzo, per la riconsegna e il deposito dei DPI

DPI, DIVISE E ATTREZZATURE DI SOCCORSO ESCLUSE

Per i dispositivi di protezione individuale (denominati “Dpi”) si intende ogni attrezzatura destinata a essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. Non costituiscono Dpi: gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificatamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore; le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico, le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto; i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificatamente sportivi e non per attività lavorative; i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione; gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi di fattori nocivi. I Dpi, tra l’altro, devono essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore e alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro; devono tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore; devono poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità. In caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più Dpi, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell’uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.

Decontribuzione ridotta e per tutti

Decontribuzione ridotta e per tutti

PREMI DI RISULTATO
DECONTRIBUZIONE RIDOTTA E PER TUTTI
Lo sconto scende al 2,25% ma senza click day e graduatorie

Sconto ridotto, ma fruibile da tutte le imprese. La decontribuzione dei premi di risultato per l’anno 2009, infatti, si applicherà fino al 2,25% della retribuzione annua dei lavoratori (nel 2008 è stato del 3%); ma non ci saranno click day e graduatorie. A stabilirlo è lo schema di decreto attuativo del bonus introdotto dal protocollo welfare (legge n. 247/2007), firmato dal ministro del lavoro. Per l’ok definitivo manca la firma del ministro dell’economia e la pubblicazione in G.U.

LA NUOVA DECONTRIBUZIONE.
È in vigore dal 1° gennaio 2008 in via sperimentale per il triennio 2008/2010, nel limite di risorse economiche pari a 650 milioni di euro per ciascun anno. Introdotto dalla legge n. 247/2007 (la legge di attuazione del protocollo welfare sottoscritto a luglio 2007), il nuovo regime ha sostituito quello previsto dal dl n. 67/1997 (convertito dalla legge n. 135/1997) che prevedeva sui premi di risultato, anziché la contribuzione piena e ordinaria, un prelievo scontato al solo datore di lavoro ammettendo il pagamento di un’aliquota ridotta, detta solidarietà, in misura del 10% da versare alle gestioni pensionistiche d’iscrizione dei lavoratori fino al tetto del 3% della retribuzione imponibile percepita da ciascun lavoratore nell’anno solare di riferimento.
In base al nuovo regime, che comunque opera sui premi di risultato (cioè sulle erogazioni stabilite dai contratti di secondo livello, aziendali e/o territoriali), lo sconto è previsto sia a favore dei datori di lavoro che dei lavoratori. Ai primi, dietro esplicita richiesta, lo sgravio può essere concesso fino a un tetto massimo del 5% della retribuzione contrattuale percepita dal lavoratore in misura del 25%, mentre ai lavoratori è del 100%; ciascuno applica la riduzione con riferimento alla contribuzione propria dovuta per legge. Il nuovo regime, tuttavia, non opera automaticamente, ma occorre annualmente l’emanazione di un apposito decreto interministeriale (lavoro ed economia) che fissi le coordinate con riferimento alla misura massima (come detto non oltre il 5%) e alle specifiche modalità applicative.
Lo sgravio contributivo è relativo alla quota di retribuzione imponibile costituita delle erogazioni previste dai contratti collettivi nazionali e territoriali, ovvero di secondo livello, delle quali siano incerti la corresponsione o l’ammontare, e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo stesso alla misurazione di incrementi di produttività, qualità e altri elementi di competitività assunti come indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi risultati. Con riferimento all’anno 2008, la decontribuzione ha operato secondi i criteri stabiliti dal decreto 7 maggio. Il provvedimento ha previsto alcune condizioni a carico delle imprese (la sottoscrizione dei contratto; il Durc); ha fissato il tetto massimo al 3% e ha stabilito l’accesso allo sgravio in base ad una graduatoria formata in ragione della tempestività d’invio (telematico) della domanda di accesso al bonus, operazione resa possibile il 15 settembre 2008 (click day).
L’operatività dell’agevolazione per l’anno 2009 dovrebbe essere più semplice, anche se per uno sconto di misura ridotta. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, infatti il provvedimento di attuazione è pronto e firmato dal ministro del lavoro e attende solo la firma del ministro dell’economia. In base a tale decreto, il tetto massimo per l’applicazione dello sconto dovrebbe scendere al 2,25% della retribuzione imponibile annua dei lavoratori.
Una riduzione che servirà, secondo le stime dell’Inps, a far usufruire dello sgravio contributivo tutte le imprese, con la conseguente eliminazione del click day (la domanda resta necessaria) e della graduatoria di accesso legata alla tempestiva trasmissione online dell’istanza.

LA DECONTRIBUZIONE
LO SCONTO Consiste dello sgravio contributivo sulla retribuzione contrattuale percepita dal lavoratore come premio di risultato nelle seguenti misure:
– 25% per i datori di lavoro
– 100% per i lavoratori
L’INCENTIVO Lo sgravio si applica alla quota di retribuzione imponibile costituita dalle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero di secondo livello, dalle quali siano incerti la corresponsione o l’ammontare, e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo stesso nella misurazione di incrementi di produttività, qualità e altri elementi di competitività assunti come indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi risultati
LE REGOLE PER IL 2009 – il tetto per l’incentivo è fissato al 2,25% della retribuzione annua del lavoratore (nel 2008 è stato del 3%)
– l’ammissione al bonus avviene dietro presentazione di domanda, ma senza graduatorie né click day

TRATTO DA “ITALIA OGGI”

DOTT.SSA MONICA MELANI

Sigarette, in azienda

Sigarette, in azienda

SIGARETTE, IN AZIENDA
Per manager e preposti arresto fino a sei mesi o supermulta

Al lavoratore che trasgredisca il divieto di fumo negli ambienti di lavoro, infatti, può essere contestata la violazione del mancato rispetto delle disposizioni e delle istruzioni impartite dal datore di lavoro, da dirigenti e preposti ai fini della protezione collettiva e individuale (articolo 20 del T.u. sicurezza). Violazione per la quale è prevista, appunto, la sanzione dell’arresto fino a un mese o l’ammenda da 200 a 600 euro. Peggio può andare al datore di lavoro (e ai dirigenti e preposti): la sanzione sul mancato rispetto del divieto di fumo sui luoghi di lavoro, infatti, può arrivare all’arresto fino a sei mesi o all’ammenda fino a 6.400 euro. Ad evidenziarlo è l’Ispesl che ha pubblicato una guida per la gestione del fumo di tabacco nei luoghi di lavoro.

IL FUMO E LA LEGGE.
La normativa sul divieto di fumo prima del 2003 riguardava solo alcuni luoghi pubblici (sale corse, cinema, ospedali, scuole,…) e tutelava solo i lavoratori impiegati in particolari attività per le quali il fumare sarebbe stato pericoloso (lavoro sotterraneo, cassoni ad aria compressa, cave e miniere, esposizioni ad agenti biologici, chimici pericolosi e cancerogeni). La svolta si è avuta con la legge n. 3/2003, entrata in vigore nel 2005, quando il divieto di fumo è stato esteso a tutti i locali chiusi, con le sole eccezioni dei locali riservati a fumatori e quelli privati non aperti ad utenti e al pubblico.
Nell’accordo 16 dicembre 2004 si raccomanda ai datori di lavoro nei luoghi di lavoro pubblici e privati di fornire anche un’adeguata informazione ai lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute derivanti dal fumo di tabacco attivo e passivo, sulle misure di prevenzione del fumo adottate nel luogo di lavoro, sulle procedure previste dalla normativa vigente per la violazione del divieto e sulle modalità efficaci per smettere di fumare, avvalendosi dei servizi competenti in materia. Oltre alle sanzioni di carattere generale, per l’inosservanza del divieto di fumo nei luoghi di lavoro, altre sanzioni sono previste per i lavoratori, datori di lavoro, dirigenti e preposti dal T.u. sicurezza (il dgls n. 81/2008).

COSA DEVE FARE IL DATORE DI LAVORO .
Secondo l’Ispesl, il datore di lavoro deve dare segnali chiari ed univoci di divieto di fumo nei locali chiusi non privati ai sensi della legge n. 3/2003, sia posizionando un’idonea cartellonistica che istituendo la vigilanza del divieto. In quanto “promotore della salute”, il datore di lavoro può anche elaborare una politica di gestione del fumo di tabacco in azienda coinvolgendo i lavoratori e le altre figure della prevenzione per la salute e sicurezza in azienda. Pur non essendo obbligato, il datore di lavoro ancora può istituire nella propria azienda i locali riservati ai fumatori che devono rispondere alle caratteristiche del dpcm 23 dicembre 2003. l’Ispesl ricorda, al riguardo, che gli impianti di ventilazione non sembrano in grado di abbattere i rischi per la salute legati alla esposizione a fumo passivo. Anche l’American Society of Heating, Refrigerating and Air Conditioning Engineers (ASHRAE), un organismo internazionale di normazione in materia di qualità dell’aria interna e ventilazione, ha affermato, che il solo modo efficace di eliminare i rischi per la salute derivanti dall’esposizione al fumo passivo è quello di vietare il fumo negli ambienti interni. Il datore di lavoro, in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il medico competente e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza come previsto dal T.u. sicurezza deve informare i lavoratori sui danni del fumo attivo e passivo e sulla relazione con i rischi lavorativi. Deve, inoltre, valutare l’esposizione al fumo passivo dei lavoratori impiegati nei locali riservati ai fumatori come esposizione ad agenti chimici e cancerogeni; individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione ed elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza.
In ogni caso, il datore di lavoro è tenuto a far rispettare il divieto di fumo:
· Tutti i posti dove si impiegano prodotti infiammabili, incendiabili e esplodenti (articolo 63, Allegato IV, del dgls n. 81/2008);
· Attività in cui vi è esposizione ad agenti biologici (articolo 273, comma 2, del dgls 81/2008);
· Attività in cui si utilizzano sostanze cancerogene (articolo 237, comma 1, lettera b, e articolo 238, comma 2, del dgls n. 81/2008);
· Attività in cui si impieghino sostanze radioattive (dgls n. 241/2000);
· Attività con esposizione ad amianto (articolo 252, comma 1, lettera a, del dgls n. 81/2008);
· Lavoro nei cantieri, locali di riposo, locali di refezione (allegato XIII, punto 4, del dgls n. 81/2008);
· Locali chiusi di lavoro (legge n. 81/2008);

La soluzione migliore per eliminare i danni per la salute dovuti al fumo passivo è il divieto di fumo.

Dove ciò non fosse possibile (locali per fumatori) dovranno essere applicate tutte le misure atte a ridurre il rischio ai più bassi livelli di esposizione ed eventualmente misure di protezione individuali e sorveglianza sanitaria tenendo conto delle donne in stato di gravidanza, dei minori e della suscettibilità individuale.

LE DIECI REGOLE (1)
Cosa si deve e si può fare in azienda per il controllo del fumo
Applicare il divieto di fumo in tutti i luoghi chiusi
Vigilare sul rispetto del divieto di fumo in tutti i luoghi chiusi
Effettuare la valutazione del rischio per i lavoratori esposti a fumo passivo nei luoghi chiusi ove è consentito fumare (locali per fumatori, carceri, …)
Valutare il benessere psicofisico lavorativo riguardo al fumo
Informare sui danni da fumo attivo e passivo anche in relazione ai rischi lavorativi
Effettuare la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti al fumo passivo
Organizzare un gruppo di lavoro aziendale per la gestione del problema fumo di tabacco predisporre idonei locali/spazi/pause per i fumatori (se deciso dall’azienda)
Attuare periodicamente iniziative per la disassuefazione (corsi, facilitazioni all’accesso a strutture esterne, presenza di specialisti in azienda)
Monitorare e valutare periodicamente (6-12 mesi) la politica antifumo aziendale
(1) Fonte: Ispesl

LE SANZIONI PER IL FUMO IN AZIENDA
Per datore di lavoro e dirigenti. Al datore di lavoro che non abbia valutato il rischio di esposizione a fumo passivo e che non abbia per questo impartito delle direttive riguardo il divieto di fumo in tutti gli ambienti chiusi può essere contestata la violazione:
· Dell’articolo 223, comma1, del dgls n. 81/2008 (mancata valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici pericolosi) (arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro)
· e/o dell’articolo 236 del dgls n. 81/2008 (mancata valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni) (arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro)
· e articolo 235 del dgls n. 81/2008 (mancata implementazione di misure volte a eradicazione del rischio) (arresto da 3 mesi a 6 mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro);
Al datore di lavoro che consenta ai lavoratori di fumare (e che, quindi, non garantisca la salubrità dell’aria dei locali di lavoro) può anche essere contestata la violazione dell’articolo 64, comma 1, del dgls n. 81/2008 (arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.000 a 4.800 euro)
Al datore di lavoro che non segnali il divieto di fumare con l’apposita cartellonistica può essere contestata la violazione dell’articolo 163 del dgls n. 81/2008 (arresto da 3 mesi a 6 mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro)
Al datore di lavoro o al dirigente che non richieda il rispetto del divieto di fumare negli ambienti in cui è proibito può essere contestata la violazione dell’articolo 18, comma 1, lettera f del dgls n. 81/2008 (arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.200 a 5.200 euro)
Al datore di lavoro o al dirigente che non abbia provvisto i locali ove vi sia esposizione ad agenti cancerogeni di segnali riportanti il divieto di fumo o che non abbia previsto il divieto di fumo in dette aree può essere contestata la violazione dell’articolo 237 del dgls n. 81/2008 (arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro)
Per i preposti. Al preposto che non richieda il rispetto del divieto di fumare negli ambienti in cui ciò è proibito può essere contestata la violazione dell’articolo 19, comma 1, lettera a, del dgls n. 81/2008 (arresto fino a 2 mesi o ammenda da 400 a 1.200 euro)
Al preposto che non abbia vigilato sul rispetto del divieto di fumo in dette aree può essere contestata la violazione dell’articolo 237 del dgls n. 81/2008 (arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro)
Per i lavoratori. Al lavoratore che trasgredisca il divieto di fumo negli ambienti in cui ciò è proibito può essere contestata la violazione dell’articolo 20, comma 2, lettera b, del dgls n. 81/2008 (arresto fino a un mese o ammenda da 200 a 600 euro)
Il ruolo del medico competente.
L’Ispesl spiega che secondo la strategia europea dell’Oms del 2004 per la lotta al tabagismo, almeno 10 minuti di consulenza intensiva da parte di un medico sono il metodo più efficace per indurre un’astinenza di lungo termine e il coinvolgimento della classe medica è tra le prime dieci principali azioni antifumo. Il medico competente in azienda potrebbe rivestire un ruolo centrale nell’attività di disassuefazione del tabagismo nei confronti di soggetti sani nella fascia d’età che va dalla giovinezza alla maturità piena considerando che il 34% di tutte le cause di morte attribuibili al fumo di tabacco si verifica nella popolazione fra i 35 e i 69 anni. Egli è l’unico sanitario che, dovendo definire l’idoneità al lavoro, incontra i suoi “pazienti” nel momento in cui generalmente “stanno bene”, quindi la sua azione può raggiungere quei soggetti che, godendo buona salute, non si rivolgono ai medici di famiglia.
Le patologie causate dal fumo di tabacco possono essere causa o concausa di limitazioni, prescrizioni e idoneità per i lavoratori e ostacolare il riconoscimento di eventuali malattie professionali. L’eventuale giudizio di inidoneità può costituire un problema di ricollocamento lavorativo e un ulteriore aumento dei costi aziendali per l’acquisizione e la formazione di altro personale.
Durante le visite preventive e periodiche, il medico competente può condurre un’azione informativa sulla nocività del fumo attivo e passivo e dissuadere i fumatori cercando di intervenire nei diversi momenti delle fasi di cambiamento rispetto all’abitudine al fumo (voglia di iniziare, desiderio di smettere, ricaduta) rafforzando le motivazioni di chi ha deciso di smettere o sostenendo chi ha avuto una ricaduta.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Gli interessi legali scendono di due punti

Gli interessi legali scendono di due punti

GLI INTERESSI LEGALI SCENDONO DI DUE PUNTI

Dal 1° gennaio gli interessi legali avranno un tasso pari all’1% (due punti in meno rispetto al tasso del 3% in vigore nell’anno 2009). Si tratta di un adeguamento al ribasso stabilito dal decreto firmato il 4 dicembre dal ministro dell’economia e delle finanze e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 dicembre 2009.

La riduzione è avvenuta, come spiega il governo in una nota, in considerazione del rendimento medio annuo lordo dei titoli di stato di durata non superiore a 12 mesi e tenendo conto anche del tasso di inflazione.

Si riporta il testo del provvedimento del 4 dicembre 2009:
“il ministro dell’economia e delle finanze, visto l’art. 2, comma 185, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica che, nel fissare al 5% il saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284, comma 1, del codice civile, prevede che il ministro dell’economia e delle finanze può modificare detta misura sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno; visto il proprio decreto ministeriale 12 dicembre 2007, pubblicato nella G.U. n. 291 del 15 dicembre 2007, con il quale la misura del tasso di interesse legale è stata fissata al 3% in ragione d’anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2008; visto il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia);
tenuto conto del rendimento medio annuo lordo dei predetti titoli di stato e del tasso d’inflazione annuo registrato; decreta: Art. 1 – La misura del saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 del codice civile è fissata all’1% in ragione d’anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2010. Il presente decreto sarà pubblicato nella G.U. della repubblica italiana”.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Doni sotto l’albero senza ritenute

Doni sotto l’albero senza ritenute

DONI SOTTO L’ALBERO SENZA RITENUTE
Fisco e contributi esclusi se il valore non supera i 258 euro

Dono di natale senza tasse e contributi, se di valore inferiore ai 258,24 euro. Un centesimo in più e ai lavoratori arriva il colpo di scure: tasse e contributi sull’intero importo corrispondente al dono aziendale. Non c’è scampo a tasse e contributi, invece, quando il dono consiste di una elargizione monetaria (le cosiddette liberalità): a prescindere dall’importo erogato, fisco e istituti di previdenza esigono a percentuale intera.

GLI EXTRA IN BUSTA PAGA.
I fringe benefits rappresentano forme di remunerazione aggiuntive alla retribuzione principale del lavoratore, concesse dal datore di lavoro al dipendente. Insomma, degli extra in busta paga. Si tratta, per il fisco, di compensi in natura quantificabile (appunto ai fini fiscali e, quindi, anche contributivi) in base al loro “valore normale”.
Per “liberalità” si intendono le erogazioni concesse dai datori di lavoro in occasioni di festività o ricorrenze, oppure quei sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente: o ancora i sussidi corrisposti a dipendenti vittime dell’usura o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti al rifiuto opposto a richieste estorsive.
La disciplina fiscale e contributiva del fringe benefits e delle liberalità è mutata radicalmente l’anno scorso, dal 29 maggio 2008.
Fino tale data le due categorie di extra in busta paga avevano ciascuna una propria disciplina: la prima categoria (fringe benefit), dettata dal comma 3, dell’articolo 51 del Tuir (il dpr n. 917/1986); la seconda (liberalità) dettata dal comma 2, lettera b), del medesimo articolo 51 de Tuir.

FRINGE BENEFIT.
Rientrano nella categoria dei “fringe benefit” tutti i beni ceduti o i servizi prestati ai dipendenti dal datore di lavoro e dall’azienda. Si tratta, in sostanza, di compensi in natura quantificabili, ai fini fiscali, in base al loro “valore normale”.
Per valore normale si intende il prezzo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o di quelli simili, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione. Occorre inoltre far riferimento al tempo e al luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, al tempo o al luogo più prossimi. Per determinare il valore normale si fa riferimento, in quanto possibile ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle Camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso.
In deroga a questo criterio di valutazione, per i più diffusi fringe benefits sono previste regole specifiche di determinazione. In particolare, vi sono criteri forfettari di quantificazione del valore dei seguenti veicoli aziendali; dei prestiti; dei fabbricati concessi in locazione, uso o comodato.
La disciplina fiscale stabilisce che il fringe benefit non è soggetto a tassazione (ossia non concorre a formare il reddito dei lavoratori dipendenti ai quali sono attribuiti) se complessivamente d’importo non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 euro; se il predetto valore è superiore al citato limite, il fringe benefit concorre interamente a formare il reddito e, dunque, è soggetto per intero a tassazione.
del Tuir).

LE EROGAZIONI LIBERALI.
Rientrano nella categoria delle “liberalità” tutte le erogazioni (appunto) liberali concesse dal datore di lavoro in occasione delle festività o di ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti non superiori nel periodo d’imposta a euro 258,23, nonché i sussidi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del lavoratore dipendete e quelli corrisposti ai dipendenti vittime dell’usura (legge n. 108/1996) o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive (legge n. 172/1992).
Il dl n. 93/2008 ha cancellato tale previsione, mediante l’abrogazione della relativa disposizione di riferimento (cioè il comma 5, lettera b), dell’articolo 51 del Tuir). Per effetto di tale soppressione, ha spiegato l’Agenzia delle entrate (circolare n. 59/2008), concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente e, dunque, pagano le tasse per l’intero importo le erogazioni liberali non superiori nel periodo d’imposta a 258,23 euro concesse in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti e tutti gli altri sussidi prima esentati.
In applicazione del principio di cassa che caratterizza la tassazione dei redditi di lavoro dipendente, inoltre, l’abrogazione ha effetto con riguardo alle somme e ai valori erogati successivamente alla data di entrata in vigore del dl n. 93/2008, quindi dal 29 maggio 2008.

IL NUOVO REGIME.
In pratica, stando alla lettera della legge, le erogazioni liberali concesse in occasione di festività o di ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti non potevano essere più escluse dal reddito dei lavoratori, fino all’importo di euro 258,23 a partire dal 29 maggio 2008. tuttavia, ha evidenziato l’Agenzia delle entrate, “restano ferme le specifiche eccezioni previste nell’articolo 51 del Tuir”, il che significa la possibilità di ricorrere alle eccezioni previste a proposito dei “fringe benefit”. Infatti l’Agenzia ha comunicato (nella circolare n. 59/2008) di ritenere che la previsione dell’articolo 51, comma 3, del Tuir fornisca dei criteri che “debbano essere utilizzati anche se il benefit consiste in una erogazione liberale in natura”. Pertanto, se la liberalità è erogata in natura (sotto forma di beni o servizi o di buoni rappresentativi degli stessi) rientra nella previsione di esclusione del reddito ove risulti d’importo non superiore, nel periodo d’imposta, a euro 258,23. Non solo; ma l’esenzione ora si applica anche alla liberalità erogata a un solo dipendente non essendo più richiesto che la sua erogazione venga concessa in occasione di festività o di ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti.

I PRINCIPALI REDDITI ESENTI
Contributi obbligatori previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore
Sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari dal dipendente e quelli corrisposti a dipendenti vittime dell’usura (erogati fino al 29 maggio 2008)
Contributi versati per la previdenza complementare
Erogazioni effettuate dal datore di lavoro in conformità a contratti collettivi o accordi e regolamenti aziendali a fronte di spese sanitarie deducibili dal reddito
Il valore delle azioni offerte a tutti i dipendenti per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a 2.065,83euro, a condizione che non siano riacquisite dalla società emittente o dal datore di lavoro e cedute prima che siano trascorsi tre anni.
Indennità sostitutive vi vitto (compresi ticket restaurants) fino all’importo complessivo giornaliero di 5,29 euro
Erogazioni liberali concesse (fino al 29 maggio 2008) in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti, per un importo non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 euro
Prestazioni di servizi di trasporto collettivo in favore di tutti o di categorie di dipendenti
Contributi per assistenza sanitaria, versati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi finalità assistenziale, nel limite massimo attualmente fissato in 3.615,20
Somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per frequenza di asili nido e di colonie climatiche ds parte di familiari, nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari
Mance percepite (nella misura del 25%) dagli impiegati tecnici delle case da gioco (croupiers)

L’AUTO AZIENDALE, I PRESTITI E L’ALLOGGIO
Il più rinomato tra i fringe benefits è l’auto aziendale. Per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori utilizzati oltre che per esigenze di lavoro anche per uso privato (concessi cioè in uno promiscuo), si utilizza un criterio forfettario che prescinde dalla effettiva percorrenza e dai costi effettivamente sostenuti. Il valore del fringe benefit è pari al 30% dell’importo che corrisponde a una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri, calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile delle tabelle Aci, al netto dell’ammontare eventualmente trattenuto al dipendente per l’utilizzo del mezzo. Se il veicolo non è concesso in uso promiscuo, la suddetta regola forfettaria di valorizzazione del fringe benefit non trova applicazione. In tale ipotesi: per il veicolo concesso per uso esclusivamente personale, il valore del fringe bene è determinato secondo la regola generale del valore normale; l’utilizzo di veicoli

Riposi, sanzioni quadrimestrali

Riposi, sanzioni quadrimestrali

RIPOSI, SANZIONI QUADRIMESTRALI
La verifica delle violazioni deve considerare almeno quattro mesi.

Una pluralità di violazioni al riposo settimanale riferite al medesimo lavoratore dà luogo a una sola sanzione, se le singole violazioni ricadano in uno stesso periodo di riferimento (è il periodo che la legge fissa in quattro mesi e che il ccnl possono allungare fino dodici mesi). Lo precisa, tra l’altro, il ministero del lavoro nella nota protocollo n. 19428/2009.

RIPOSO SETTIMANALE.
Preliminarmente il ministero ricorda che, a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 133/2008 al dl n. 66/2003 (riforma orario di lavoro), il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero; e che tale periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni. Sotto l’aspetto sanzionatorio, inoltre, il ministero ricorda che, prima di procedere a sanzionare il mancato rispetto della disciplina in materia di riposi, è necessario verificare l’esistenza di eventuali deroghe introdotte dalla contrattazione collettiva. Questo perché la Direttiva Sacconi impone che l’ispezione consideri il quadro normativo accanto a quello contrattuale collettivo, anche aziendale, al fine di contestare legittimamente le violazioni riscontrate rispetto al regime giuridico vigente in azienda. E questi elementi devono compiutamente emergere dal verbale unico conclusivo degli accertamenti.
LA MEDIA QUALE CRITERIO DI CALCOLO.
Ai fini del calcolo dei due riposi settimanali di almeno 24 ore da usufruire nell’arco temporale di 14 giorni, spiega il ministero, il criterio da seguire è quello della media. Operativamente, l’ispettore deve partire dall’ultimo giorno di riposo settimanale fruito dal lavoratore (cosiddetto il dies a quo) e, procedendo a ritroso, va a verificare se nei 13 giorni precedenti il lavoratore abbia goduto di un altro giorno di riposo; e così via, la verifica dovrà riguardare l’intero arco temporale oggetto di controllo.

UNA SOLA SANZIONE.
Con riferimento alla disciplina sanzionatoria, il ministero ricorda che la violazione alle disposizioni sul riposo settimanale è punita con la sanzione amministrativa da 130 a 780 euro per ogni lavoratore, per ciascun “periodo di riferimento” cui si riferisca la violazione. Tale periodo è fissato dalla legge in misura non superiore a quattro mesi, salva diversa previsione dei contratti collettivi che possono elevarlo “fino a sei mesi ovvero fino a 12 mesi a fronte di ragioni obbiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi”. Da tanto, spiega il ministero, ne consegue che il personale ispettivo, una volta individuato il periodo di riferimento oggetto di accertamento (normalmente quattro mesi), è all’interno di detto periodo che dovrà verificare il rispetto della norma che impone il godimento di almeno due giorni di riposo nell’ambito di 14 giorni (seguendo il criterio sopra descritto). Una pluralità di violazioni riferite al medesimo lavoratore, se ricadenti nel periodo di riferimento oggetto di accertamenti, danno comunque luogo a una sola sanzione. Per maggior chiarezza, il ministero riporta questo esempio:
1. il periodo di riferimento è pari a quattro mesi: gennaio/aprile 2009;

2. nell’ambito di tale periodo il personale ispettivo dovrà provvedere, partendo dall’ultimo giorno di riposo fruito (per esempio: domenica 26 aprile), a verificare se nei 13 giorni precedenti il lavoratore ha goduto di almeno un altro giorno di riposo; la medesima procedura può essere effettuata partendo da qualsiasi giorno di riposo fruito nell’ambito del periodo di riferimento;
3. appurata la violazione o più violazioni con riferimento al medesimo lavoratore, la sanzione sarà sempre una sola (da 130 a 780 euro); soltanto qualora i lavoratori interessati dalla violazione siano più di uno (sempre nell’ambito dello stesso periodo di riferimento), si dovrà procedere alla contestazione/notificazione di più violazioni.

DOTT.SSA MONICA MELANI

Assegni familiari, cresce il reddito

Assegni familiari, cresce il reddito

ASSEGNI FAMILIARI, CRESCE IL REDDITO

I LIMITI PER IL 2010
NUCLEO
FAMILIARE
REDDITO FAMILIARE ANNUO OLTRE
IL QUALE CESSA LA CORRESPONSIONE
DEL TRATTAMENTO DI FAMIGLIA PER IL PRIMO FIGLIO
REDDITO FAMILIARE ANNUO
OLTRE IL QUALE CESSA
LA CORRESPONSIONE DI
TUTTI GLI ASSEGNI
1 persona * € 8.570,36
2 persone € 14.221,56 € 17.031,82
3 persone € 18.286,24 € 21.896,08
4 persone € 21.838,31 € 26.152,66
5 persone € 25.393,40 € 30.409,26
6 persone € 28.778,83 € 34.464,36
7 o più persone € 32.163,65 € 38.518,78
(*) L’ipotesi riguarda il soggetto maggiorenne titolare di pensione ai superstiti unico componente il nucleo familiare.

Tetto più alto per gli assegni familiari. Come l’assegno per il nucleo familiare (Anf), anche i vecchi assegni familiari, fermi ancora a 10,21 euro al mese (19.760 delle vecchie lire) sono condizionati dal reddito. I limiti da considerare sono rivalutati ogni anno in ragione del tasso d’inflazione programmato, anziché all’indice d’inflazione. Per il 2010 si registra un aumento dell’1,5%.

Con la consueta circolare di inizio anno (n. 2/2010), l’Inps ha reso noto le nuove tabelle da utilizzare. Va qui precisato che la prestazione spetta ai soli soggetti esclusi dalla normativa dell’Anf (diretta ai lavoratori dipendenti), vale a dire:
· Lavoratori autonomi, ossia coltivatori diretti, mezzadri e coloni (il cui importo mensile è fissato a 8,18 euro);
· Piccoli coltivatori diretti che integrano fino a 51 le eventuali giornate di lavoro agricolo dipendente;
· Pensionati delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori).

Occorre inoltre aggiungere che per economicità di spazio, pubblichiamo la sola tabella “base” che riguarda la generalità degli interessati. Per quanto invece attiene:
· I soggetti nella condizione di vedovo/a, divorziato/a, separato/a legalmente, abbandonato/a, celibe o nubile, occorre maggiorare i valori del 10 %;
· I soggetti nel cui nucleo familiare siano comprese persone, per le quali possono attribuirsi i trattamenti di famiglia, dichiarate totalmente inabili, i valori vanno maggiorati del 50 %;
· I soggetti nella condizione di vedovo/a, divorziato/a, separato/a legalmente, abbandonato/a, celibe o nubile, nonché nel cui nucleo familiare siano comprese persone, per le quali possono attribuirsi i trattamenti di famiglia, dichiarate totalmente inabili, occorre maggiorare i valori del 60 %;

Occorre infine ricordare che i limiti di reddito mensili da considerare ai fini dell’accertamento del carico insufficienza economica e quindi del riconoscimento del diritto agli assegni familiari per il 2010 sono fissati 649,49 euro per il coniuge, per un genitore per ciascun figlio od equiparato e 1.136,08 euro per due genitori.

DOTT.SSA MONICA MELANI