ELABORAZIONE DELLE PAGHE CON HR PORTAL

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CONSULENZA DEL LAVORO E SINDACALE

Lo studio fornisce consulenza nell’ambito del lavoro e del Diritto Sindacale e industriale, seguendo e consigliando il cliente… continua

È ARRIVATO IL PORTALE CENTURION!

Autore: syrus

addizionale inail fondo vittime amianto

addizionale inail fondo vittime amianto

Spett.le clientela

NOTA PROTOCOLLO INAIL N. 60010/2011.

Oggetto: Addizionale Inail fondo vittime dell’amianto.

Sono in corso di spedizione le richieste di pagamento per l’addizionale Fondo amianto.
L’addizionale deve essere versata entro il 17 ottobre per gli anni 2010 e 2011.
Il versamento va a finanziare il nuovo fondo previsto dalla legge n. 244/2007 (protocollo Welfare), finalizzato all’erogazione di una prestazione aggiuntiva, determinata in una misura percentuale della rendita Inail già erogata, collegata alle patologie asbesto correlate per esposizione all’amianto e alla fibra “fiberfrax”.
L’onere del finanziamento, a carico delle imprese, è stato determinato in dieci milioni di euro annui per il 2008 e 2009 e in sette milioni e 330 mila euro a partire dal 2010.

Per gli anni 2008 e 2009 l’addizionale è risultata pari a 1.44% per le voci Inail e allo 0.03% per le lavorazioni dell’ex Ipsema (settore marittimo) ed è stata versata entro il 18 luglio.
Dall’anno 2010 l’addizionale è stata fissata all’1.07% per le voci di tariffa Inail e allo 0.02% per quelle dell’ex Ipsema, la misura per gli anni successivi al 2010 può essere variata con apposito decreto, entro il 30 novembre di ogni anno.
Si precisa che l’addizionale per l’anno 2010 è stata applicata al premio in consuntivo, mentre per l’anno 2011 è stata applicata ai premi di rata anticipata.
L’addizionale è stata applicata ai premi ordinari, ai premi evasi e ai premi supplementari per silicosi/asbestosi al netto dell’ex Anmil ( Associazione Nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi).
L’Inail, infine, ricorda che l’addizionale non è stata invece applicata ai premi speciali artigiani ed altri premi speciali (Pat speciali).

Cordiali saluti
(Dott.ssa Monica Melani)

Bonus assunzioni per genitori precari

Bonus assunzioni per genitori precari

Spett.le clientela

CIRCOLARE INPS N° 115 DEL 05/09/2011 IN ATTUAZIONE DEL DECRETO DEL MINISTERO DELLA GIOVENTU’ DEL 19/11/2010 (N. 301 DEL 27/12/2010).

Oggetto: Bonus per assunzioni dei giovani genitori precari con figli a carico.
Buone notizie per i giovani genitori che hanno una condizione lavorativa di precariato, infatti le aziende potranno usufruire di un bonus di 5 mila euro in caso di assunzione di questi lavoratori svantaggiati; il beneficio spetterà alle imprese private e alle società cooperative, comprese le imprese sociali previste dal DLgs24 marzo 2006 n. 155, sono invece esclusi gli enti pubblici e i datori di lavoro non qualificabili come imprenditori dal codice civile.
Le risorse a disposizione ammontano a 51 milioni di euro e le iscrizioni dei genitori – lavoratori saranno sospese solo al raggiungimento di utilizzo del fondo pari all’80%.
Il sostegno arriva nell’ambito del pacchetto di iniziative denominato "Diritto al Futuro", concepito dal ministero della Gioventù, dall’Abi e dall’Inps.
È proprio quest’ultima ad aver istituito la "Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori", a cui possono iscriversi i giovani genitori di figli minori, in cerca di un’occupazione stabile.
Le iscrizioni alla banca dati e le assunzioni che comportano il riconoscimento dell’incentivo potranno essere effettuate a partire dalla data di pubblicazione di un avviso a cura dell’INPS sulla Gazzetta Ufficiale.
Ecco i requisiti necessari per iscriversi alla banca dati:

  • età non superiore a 35 anni;
  • essere genitori di figli minori – legittimi, naturali o adottivi – ovvero affidatari di minori;
  • essere titolari di uno dei seguenti rapporti di lavoro: lavoro subordinato a tempo determinato, lavoro in somministrazione, lavoro intermittente, lavoro ripartito contratto di inserimento, collaborazione a progetto o occasionale, lavoro accessorio, collaborazione coordinata e continuativa;
  • essere disoccupati, ma iscritti presso un centro pubblico per l’impiego.
  • L’iscrizione si effettua accedendo al sito internet dell’Inps (www.inps.it) e seguendo il percorso:< al servizio del cittadino>, < autenticazione con pin >, < fascicolo previdenziale del cittadino>, <comunicazioni telematiche>, <invio comunicazioni>, <iscrizione banca dati dei giovani>.
    Per autenticarsi è necessario disporre del codice PIN rilasciato dall’Inps che è possibile richiederlo all’istituto tramite le indicazioni sul sito oppure il numero verde 803.164
    L’accesso alla banca dati può essere effettuato anche collegandosi al sito del ministero della gioventù www.gioventu.gov.it sempre tramite pin.
    All’esito positivo della procedura di compilazione della domanda e alla conseguente iscrizione alla banca dati, verrà rilasciato il codice identificativo (Ciu), che permetterà al soggetto iscritto di accedere in ogni momento alla domanda per comunicare eventuali variazioni.
    La cancellazione dalla banca dati del soggetto iscritto sarà automatica nel caso di:
    – compimento di 36 anni d’età;
    – raggiungimento della maggiore età di tutti i minori;
    – cessazione dell’affidamento del minore;
    – assunzione a tempo indeterminato (pieno o parziale).

    L’incentivo è riconosciuto per l’assunzione a tempo indeterminato, anche parziale, oppure per la trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a tempo determinato.

    Tutte le condizioni per usufruire del bonus.
    Il bonus per l’assunzione di giovani precari con figli a carico è pari a 5.000 euro e può essere goduto dalle imprese per un massimo di 5 lavoratori iscritti nella banca dati, il beneficio è cumulabile con altri incentivi previsti dalle norme vigenti.
    Le imprese e le cooperative interessate possono verificare direttamente se una persona è iscritta alla banca dati, mediante codice fiscale del lavoratore.
    Per poter usufruire del beneficio devono ricorrere diverse condizioni per il datore di lavoro e il lavoratore.
    Datore di lavoro:
    – l’assunzione non deve costituire attuazione di un obbligo, ai sensi della legge 68/1999 in favore dei disabili;
    – il datore di lavoro non deve aver effettuato nei 6 mesi precedenti licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o riduzione di personale;
    – non deve avere in atto sospensioni dal lavoro o riduzioni dell’orario di lavoro per crisi aziendale, ristrutturazione, riorganizzazione o riconversione industriale.
    Lavoratore:
    – non deve essere stato licenziato, nei sei mesi precedenti l’assunzione, dalla medesima impresa.
    Le imprese e le cooperative che assumono i giovani iscritti nella banca dati devono compilare apposita istanza online, mediante il modulo disponibile presso il cassetto previdenziale delle aziende del sito www.inps.it.
    Entro il giorno successivo all’invio, l’Inps, effettuati con esito positivo i controlli automatizzati, attribuirà automaticamente alla posizione contributiva interessata il codice di autorizzazione corrispondente all’incentivo richiesto.
    (E qui permettetemi un commento personale: in realtà, ci vogliono mesi prima che l’INPS attribuisca un codice di autorizzazione! E poi fioccano le note di rettifica!).
    La fruizione dell’incentivo avviene tramite conguaglio del relativo credito nella dichiarazione Uniemens, il bonus dovrà essere fruito, fino al raggiungimento di 5000 euro, in quote mensili non superiori alla retribuzione maturata nel singolo mese dal lavoratore; il codice di autorizzazione che identifica il beneficio e le sue modalità di esposizione saranno illustrate in un apposito messaggio da parte dell’Inps.
    Mi si permetta un’ulteriore commento personale: Non sono queste le misure che possono cambiare lo stato dell’occupazione in Italia e non sono queste le misure che possono favorire l’occupazione dei giovani!
    Non sono misure che possono essere di stimolo ad assumere giovani per un imprenditore; perché, il vero problema dell’Italia è la mancanza di lavoratori qualificati, che usciti da scuola abbiano già in mano gli strumenti per affrontare il mondo del lavoro.
    E dopo la preparazione, ma altrettanto importante, è l’etica.
    Purtroppo, ci manca l’etica del lavoro tipica dei paesi protestanti, e le giovani generazioni non fanno eccezione!

    Cordiali saluti
    (Dott.ssa Monica Melani)

    diritti malati oncologici e dei loro familiari

    diritti malati oncologici e dei loro familiari

    Spett.le clientela

    Oggetto: Malati oncologici: diritti dei malati oncologici e dei loro familiari.

    Il Servizio Sanitario Nazionale, attraverso leggi specifiche, sostiene i malati oncologici tutelando le condizioni di:
    INVALIDITA’: riduzione permanente della capacità lavorativa o, per i minori di 18 anni e gli ultrasessantacinquenni, difficoltà persistente a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
    INABILITA’: assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa.
    HANDICAP: minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa, tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
    E’ importante ottenere per tutti i malati oncologici il riconoscimento dell’invalidità civile che è il presupposto indispensabile per poter accedere ai benefici economici, assistenziali e previdenziali.
    Per il riconoscimento dell’invalidità civile e dell’handicap:
    – ritirare presso l’Ufficio Invalidi dell’ASL di appartenenza i moduli necessari per il riconoscimento dell’invalidità
    – compilare la parte dei documenti a cura del richiedente
    – richiedere al medico di famiglia (MMG) la compilazione dei documenti di sua competenza
    – allegare alla domanda la documentazione sanitaria
    – presentare all’Ufficio Invalidi la documentazione compilata per la visita medica di accertamento.
    Per accedere anche ai benefici previsti dalla legge sull’handicap, evitando di essere sottoposti a due visite medico legali, è possibile richiedere un’unica visita per l’accertamento dei requisiti previsti da entrambi le leggi (invalidità civile e handicap).
    In base alla legge 80/2006 la visita di accertamento dovrà essere effettuata entro 15 giorni dalla data di presentazione della domanda.
    Gli esiti dell’accertamento sono immediatamente produttivi dei relativi benefici.
    La legge 104/1992 garantisce anche agli ammalati oncologici, il pieno rispetto della dignità umana, infatti dà la possibilità di chiedere e ottenere:
    – riduzione di 2 ore giornaliere di lavoro (indennità per le 2 ore giornaliere a carico INPS)
    – precedenza in una eventuale scelta della sede lavorativa (per l’ammalato o per i parenti/conviventi)
    – un permesso fino a tre giorni mensili per i parenti fino al 3° grado e per i conviventi (indennità a carico INPS)
    – eventuale congedo straordinario retribuito per lavoratori dipendenti. (indennità a carico INPS)
    L’INPS, con la circolare 3 dicembre 2010, n. 155, e successivamente con Mess. 25 gennaio 2011, n. 1740 ha illustrato le novità introdotte in materia dell’art. 24, legge 4 novembre 2010, n.183.

    Soggetti beneficiari.
    L’art. 33, c. 3, legge 104/1992, come modificato dall’art. 24, c.1, legge 183/2010, prevede che il lavoratore dipendente che assista una persona in stato di handicap, ha diritto a fruire, anche in maniera continuativa, di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, a condizione che sia:
    – coniuge della persona assistita;
    – parente o affine alla persona assistita entro il secondo grado (genitori, figli, nonni, fratelli, sorelle, nipoti in linea retta, suoceri, nuore generi, cognati);
    – parenti e affini di terzo grado della persona assistita (zii, nipoti in linea collaterale, bisnonni, pronipoti in linea retta, zii acquisiti, nipoti acquisiti), soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona assistita abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, o siano anch’essi affetti da patologie invalidanti, o siano deceduti o mancanti (infatti il legislatore ha ritenuto oltremodo onerosa, se non impossibile, l’attività assistenziale svolta da familiari in età avanzata o affetti da patologia invalidante (Circ. INPS 3 dicembre 2010, n.155).
    L’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata quale divorzio, separazione legale o abbandono.
    Per patologie invalidanti si intendono quelle a carattere permanente indicate dall’art. 2 c.1, lett. d), nn. 1, 2 e 3, D.M. 21 luglio 2000, n. 278.
    Per quanto concerne le patologie invalidanti di cui siano affetti i genitori o il coniuge della persona assistita, il parente o affini entro il terzo grado, se interessato a fruire dei permessi, dovrà allegare in busta chiusa indirizzata al Centro Medico Legale territorialmente competente la documentazione sanitaria inerente lo stato di salute del coniuge e/o del/dei genitori utile e idonea a comprovare la patologia invalidante stessa.
    Gravità dell’handicap.
    Si considerano portatori di handicap grave i soggetti colpiti da una minorazione singola o plurima che abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e quella di relazione.
    La gravità deve essere accertata da apposita commissione medica costituita presso l’ASL di appartenenza.
    Sulle modalità dell’accertamento si veda quanto precisato con Circ. INPS 3 marzo 2006, n.32.
    Ricovero del disabile a tempo pieno.
    Presupposto per la concessione dei benefici è che la persona in situazione di disabilità grave non sia ricoverata a tempo pieno.
    Per ricovero a tempo pieno si intende quello per le intere ventiquattro ore presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa.
    I permessi tuttavia possono essere ugualmente fruiti dai soggetti aventi diritto:
    – nel caso di interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile grave di recarsi al di fuori della struttura sanitaria per effettuare visite o terapie appositamente certificate (Mess. INPS 28 maggio 2010, n.14480);
    – nel caso di stato vegetativo persistente del disabile grave con prognosi infausta a breve termine;
    – nel caso di un minore disabile grave per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare.
    Continuità, esclusività e convivenza.
    Per effetto del nuovo disposto normativo, che ha modificato l’art. 20, c. 1, legge 53/2000, eliminando i presupposti dell’esclusività e della continuità, possono fruire dei permessi i soggetti aventi diritto anche se non conviventi con la persona assistita e anche se l’assistenza viene prestata in modo non esclusivo e non continuativo.
    Pertanto, tra la documentazione richiesta, non dovrà più essere prodotta all’INPS la dichiarazione relativa alla sistematicità e adeguatezza dell’assistenza.
    Non può essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente la possibilità di fruire dei giorni di permesso per l’assistenza della stessa persona.
    È appena il caso di sottolineare che l’esclusività del beneficio va intesa nel senso che fruitore dei permessi può essere solo un lavoratore per la stessa persona, mentre non è escluso che vi possano essere altre persone ( lavoratori dipendenti o meno) che prestano la propria assistenza in concomitanza o in alternativa col fruitore dei permessi.
    Riproporzionamento dei permessi per assistenza a disabili.
    In caso di assistenza per periodi inferiori ad un mese, i 3 giorni di permesso mensili spettanti devono essere riproporzionati.
    Anche in caso di ridotta entità della prestazione lavorativa, come nel caso di part-time verticale o di cassa integrazione, il diritto di godimento dei tre giorni di permesso mensili è soggetto a riproporzionamento applicando un apposito algoritmo riportato nel messaggio INPS 18 novembre 2009, n. 26441, così come specificato:
    X: A= B:C
    Dove A) corrisponde al numero di giorni di lavoro effettivi, B) a quello dei tre giorni teorici, C) a quello dei giorni lavorativi.
    Lo sviluppo della predetta proporzione permette di determinare l’entità delle giornate di permesso fruibili per ciascun mese, arrotondando il risultato all’unità inferiore o superiore a secondo che la frazione sia 0.50 o superiore.
    Rendendo numerico l’esempio possiamo formulare la seguente ipotesi:
    – giorni lavorati nella settimana: 2
    – giorni lavorativi nella settimana: 5
    – giorni di permesso mensili: 3
    Sostituendo i caratteri numerici alle lettere avremo: X: 2= 3 : 5
    Il risultato 1,20 viene arrotondato a 1 e pertanto al lavoratore spetta un solo giorno di permesso.
    I tre giorni di permessi mensili possono essere usufruiti sulla base del seguente algoritmo di calcolo, da applicare alle generalità dei lavoratori con orario normale di lavoro determinato su base settimanale, ai fini della quantificazione del massimale orario mensile di permessi (Msg INPS 28 giugno 2007, n. 16866):
    orario normale di lavoro settimanale
    _____________________________ X 3 = ore mensili fruibili
    numero dei giorni lavorativi settimanali
    A titolo esemplificativo, un lavoratore con orario settimanale pari a 40 ore, articolato su 5 giorni, potrà beneficiare mensilmente di 24 ore di permesso; infatti in tal caso l’algoritmo di calcolo sarà il seguente:
    (40/5) x 3 = 24
    Scelta del luogo di lavoro.
    Il lavoratore, a cui è riconosciuto il diritto di fruire dei permessi per assistenza a persone con grave handicap, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona assistita e non può essere trasferito senza il suo consenso in altra sede (art. 33, c. 5, legge 104/1992, come modificato dall’art.24, c. 1, legge 183/2010).
    Documentazione.
    La modulistica per la presentazione della domanda e la relativa documentazione occorrente, adeguata alle nuove disposizioni, è reperibile sul sito dell’INPS:
    Modalità di fruizione dei permessi.
    In considerazione della mancanza di una specifica normativa disciplinante la modalità di fruizione dei permessi di cui all’art.33, c.3, legge 104.1996, il Ministero del Lavoro (Risp. Interpello 6 luglio2010, n.31) ha formulato indicazioni che si richiamano a principi di carattere generale, volti a contemperare la necessità di buon andamento dell’attività imprenditoriale con il diritto all’assistenza da parte del disabile.
    In tal senso, si ritiene possibile da parte del datore di lavoro richiedere una programmazione dei permessi, verosimilmente a cadenza settimanale o mensile, laddove:
    – il lavoratore che assiste il disabile sia in grado di individuare preventivamente la giornate di assenza:
    – tale programmazione non comprometta il diritto del disabile ad un’ effettiva assistenza;
    – segua criteri quanto più condivisi con i lavoratori o con le loro rappresentanze.
    I medesimi principi dovrebbero evidentemente essere osservati per quanto concerne la possibilità, per il lavoratore, di modificare la giornata in precedenza programmata per la fruizione del permesso, fermo restando che improrogabili esigenze di assistenza e quindi di tutela del disabile non possono che prevalere sulle esigenze imprenditoriali.
    Decadenza dal diritto di fruire dei permessi.
    Il richiedente i permessi si impegna, con dichiarazione di responsabilità, a comunicare entro 30 giorni dall’avvenuto cambiamento, eventuali variazioni delle notizie o delle situazioni autocertificate nel modello di richiesta.
    Fermo restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore che ha diritto alla fruizione dei permessi per assistenza a persona gravemente handicappata decade dal diritto stesso qualora il datore di lavoro o l’INPS accertino l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti (art. 7 bis, legge 104/1992, aggiunto dall’art. 24, c.1, legge 183/2010).
    Gestione transitoria delle richieste di permesso.
    Alla luce delle nuove disposizioni normative, le domande pervenute da parenti o affini di terzo grado dei soggetti in situazioni di disabilità grave nonché quelle presentate da più familiari (a meno che si tratti dei due genitori) per l’assistenza allo stesso soggetto dovranno essere riesaminate dagli uffici dell’INPS, che dovranno sospendere provvedimenti in corso al giorno precedente il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore della legge n. 183/2010), e inviare agli interessati apposite lettere, con le quali verrà richiesto di presentare dichiarazioni idonee a verificare la sussistenza dei nuovi requisiti previsti.
    Se tali dichiarazioni non perverranno alle sedi INPS entro il 31 marzo 2011, verrà inviata ai richiedenti i permessi la comunicazione di cessazione del provvedimento di autorizzazione al conguaglio.
    Trasferimento del lavoratore con familiari handicappati.
    Il diritto del genitore o del familiare lavoratore che assiste con continuità un handicappato di scegliere la sede lavorativa più vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso non si configura come un diritto assoluto e illimitato, perché detto diritto non può essere fatto valere allorquando – alla stregua della regola di un equo bilanciamento tra i diritti, tutti con rilevanza costituzionale – il suo esercizio finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive o organizzative del datore di lavoro e per essere – soprattutto nei casi in cui sia in presenza di rapporti di lavoro pubblico – in contrasto con le esigenze della collettività.
    Considerazioni, queste, la cui prova fa carico alla parte datoriale privata e su quella pubblica (Cass. 27 marzo 2008, n. 7945).
    Divieto di trasferimento del lavoratore che assiste familiare portatore di handicap. Limiti
    il diritto del lavoratore che assiste con continuità un familiare o affine portatore di handicap a non essere trasferito ad altra sede senza il proprio consenso non può essere invocato ove il lavoratore versi in situazione di incompatibilità ambientale (Cass. SS.UU. 9 luglio 2009, n. 16102).
    Congedo straordinario
    L’art. 80, c. 2, legge 388/2000, aggiungendo all’art. 4, legge 8 marzo 2000, n.53 il comma 4-bis, ha introdotto un congedo straordinario retribuito e valido ai fini pensionistici per i familiari conviventi con un soggetto portatore di handicap in situazione di gravità accertata dalla competente Commissione della Asl.
    L’art.3, c. 106, legge 350/2003, ha abrogato la condizione che imponeva, quale requisito per la concessione dei congedi retribuiti, che la persona disabile fosse in possesso del certificato di handicap grave da almeno 5 anni.
    Possono usufruire di tali permessi in via alternativa ricorrendo determinate condizioni di convivenza:
    – il coniuge;
    – i genitori;
    – fratelli e sorelle;
    – figlio convivente.
    La prestazione è riconoscibile per la durata massima complessiva, nell’arco della vita lavorativa, di due anni, che costituiscono anche il limite complessivo fruibile, tra tutti gli aventi diritto, per ogni persona handicappata, la prestazione può essere fruita anche a giorni.
    Il periodo di congedo straordinario rientra nel limite massimo globale spettante a ciascun lavoratore ai sensi dell’art.4, c.2, legge n. 53/2000 di due anni di permesso, anche non retribuito, per gravi e documentati motivi familiari.
    Trattandosi quindi di limite massimo individuale, ad un lavoratore o lavoratrice che nel tempo avesse fruito ( anche soltanto per motivi riguardanti la propria persona e non il figlio handicappato) come ad esempio se avesse fruito di un anno di permessi anche non retribuiti “per gravi e documentati motivi familiari”il congedo straordinario potrà essere riconosciuto solo nel limite di un anno; la differenza, vale a dire un anno, potrà essere invece riconosciuta all’altro genitore che non avesse mai richiesto permessi per motivi familiari.
    L’art. 42, c.5, D.Lgs. 151/2001, nel riconoscere il diritto alla liquidazione di un’indennità economica ed alla copertura figurativa del periodo di congedo, ha fissato un importo complessivo massimo annuo prevedendo che tale importo venga

    contratto dirigenti commercio

    contratto dirigenti commercio

    Spett.le clientela

    Oggetto: RINNOVO CCNL DIRIGENTI TERZIARIO.

    Il 29 settembre 2011 è stato firmato a Roma il contratto nazionale di lavoro dei dirigenti del terziario.
    Un contratto che riguarda 21mila dirigenti e più di 8mila aziende del terziario, di settori portanti dell’economia nazionale tra i quali per esempio moderna distribuzione, terziario avanzato, moda, non profit.
    Il rinnovo, prevede un aumento mensile di 390 euro lordi nel triennio 2011-2013 (100 euro dal 1 ottobre 2011; 135 euro dal 1 aprile 2012; 155 euro dal 1 luglio 2013) più ‘una tantum’ di 650 euro lordi (da pagarsi il 1 ottobre 2011) per gli arretrati del 2011.
    Il contratto punta soprattutto su un rafforzamento del welfare contrattuale a fronte del sempre più vistoso arretramento di quello pubblico.
    Quindi si rafforza con contributi a carico delle aziende il ‘Fondo sanitario integrativo Mario Besusso/Fasdac’. Notevole, a fronte di una normativa contrattuale gia’ avanzata e moderna, il rafforzamento di politiche attive per l’occupabilita’ e la competitività delle aziende, formazione e flessibilità.
    Inoltre viene facilitato ancora di più la nomina di giovani dirigenti e ora la figura del Dirigente di prima nomina (DPN), che determina per massimo un triennio una minore contribuzione alla previdenza integrativa contrattuale, è prevista per gli under 40, ma anche in casi specifici per gli under 48: questo per facilitare l’ingresso di managerialità nelle pmi.
    Nel contratto viene riproposta l’attività del Centro Formazione Management del Terziario a favore del ricollocamento dei dirigenti non occupati, finanziandola ora con un minimo contributo a carico delle aziende e dei dirigenti che globalmente mettera’ a disposizione circa 2 milioni di euro per puntare soprattutto su certificazione delle competenze e aumento della managerialità per la competitività delle pmi.

    Cordiali saluti
    (Dott.ssa Monica Melani)

    madri mansioni inferiori

    madri mansioni inferiori

    Spett.le clientela

    Oggetto: Consulenti del lavoro: risposta del Ministero del lavoro all’interpello 39/2011 sul demansionamento della lavoratrice madre.

    1° quesito Consulenti del Lavoro:
    La problematica sollevata dai consulenti del lavoro riguarda la possibilità di ritenere legittimo l’accordo tra la lavoratrice rientrante in servizio prima del compimento di un anno del figlio e il datore di lavoro, avente come oggetto l’assegnazione a mansioni inferiori e la conseguente decurtazione della retribuzione.
    Risposta del Ministero:
    A riguardo, risponde il ministero del lavoro, nell’interpello n.39/2011 precisando che, considera lecito il patto di demansionamento tra impresa e lavoratrice madre, solo se finalizzato alla conservazione del posto di lavoro e ove non sussistano soluzioni alternative e ove il contesto aziendale sia tale che, per fondate esigenze organizzative, tecniche, produttive o di riduzione dei costi, non sussistano alternative diverse.
    Invece, per quanto riguarda la soluzione della decurtazione della retribuzione, il ministero sostiene che ciò può avvenire, solo nel momento in cui sia decorso il periodo di vigenza del divieto di licenziamento.(fino a un anno d’età del figlio)
    – 2° quesito dei Consulenti del Lavoro:
    Un altro dubbio sollevato dai consulenti del lavoro, riguarda il contratto di solidarietà difensivo (la riduzione d’orario è finalizzata ad evitare la riduzione di personale, quindi il licenziamento) e cioè se è possibile continuare ad usufruire degli sgravi contributivi previsti, nell’eventualità della soppressione di un reparto o l’impossibilità di assegnazioni a mansioni equivalenti, nonché a seguito del rifiuto da parte dello stesso lavoratore a sottoscrivere un accordo per essere adibito a mansioni di grado inferiore.
    – Risposta del Ministero:
    In riferimento a questo secondo quesito, il ministero ha precisato che qualora l’azienda dovesse adottare, come ultima soluzione, il licenziamento di alcuni lavoratori in solidarietà, l’azienda rischia di perdere i benefici previsti.

    Cordiali saluti
    (Dott.ssa Monica Melani)

    lavori usuranti

    lavori usuranti





    Spett.le clientela





    Oggetto: lavori usuranti, la prima scadenza è il 31 luglio.

    Il D.lgs. 67/2011 sull’accesso anticipato alla pensione per chi svolge lavorazioni usuranti (la nuova normativa riconosce il diritto ad accedere anticipatamente alla pensione ai lavoratori che hanno svolto per almeno sette degli ultimi dieci anni e a partire dal 2018, per almeno metà della vita lavorativa alcune attività lavorative specifiche), ha stabilito l’obbligo di due nuove denunce: la prima sullo svolgimento di lavorazioni su linea a catena e la seconda sul lavoro notturno.
    La comunicazione dei dipendenti “impegnati all’interno di un processo produttivo in serie” potrà farsi entro il 31 luglio; invece per quanto riguarda la “denuncia inerente al lavoro notturno”, le scadenze sono due:
    30 settembre per comunicare i lavoratori che hanno svolto orario notturno nel 2010;
    31 marzo 2012 per quelli interessati al lavoro notturno nel 2011.
    In ogni caso si tratta di termini ordinari, quindi non è sanzionabile la ritardata presentazione; ma è sanzionabile solo l’omessa presentazione e quella con dati errati o non corrispondenti al vero; a stabilirlo è il ministero del lavoro nella circolare n. 15/2011.


    Linea a catena.


    La comunicazione va fatta alla direzione provinciale del lavoro (dpl) competente per territorio e ai competenti istituti previdenziali, entro 30 giorni dall’avvio di lavorazioni caratterizzate da linea a catena; le imprese interessate sono esclusivamente quelle in cui sono attualmente svolte attività che soddisfino i seguenti requisiti:
    applicazioni delle voci di tariffa (vedere allegato n.1) per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro individuale così come descritte nel dgls n. 67/2011;
    applicazione dei criteri di organizzazione del lavoro previsti dall’articolo 2100 del codice civile, così come disciplinati dal CCNL;
    utilizzo di un processo produttivo in serie.
    In un primo momento il dlgs n. 67/2011 aveva stabilito che la comunicazione andava fatta entro 30 giorni dalla sua entrata in vigore, (26 maggio) ossia entro il 25 giugno, ma il ministero ha poi spostato il termine al 31 luglio, con possibilità di comunicazione attraverso il modello Lav-Us, disponibile sul sito www.lavoro.gov.it.

    Lavoro notturno.
    Anche questa comunicazione va fatta alla direzione provinciale del lavoro competente per territorio e ai competenti istituti previdenziali e deve riguardare l’esecuzione di lavoro notturno svolto in maniera continuativa o compreso in regolari turni periodici.
    Il ministero fissa due appuntamenti: il primo il 30 settembre 2011, per il lavoro notturno svolto nel 2010; il secondo il 31 marzo 2012 per la comunicazione riguardante il 2011.
    Il modello da utilizzare è il “Lav-Not” che doveva essere disponibile dal 20 luglio.
    Intanto il ministero ha comunicato che la modulistica sarà disponibile solo a seguito di un decreto (previsto dall’art.4 del dlgs. n. 67/2011), con cui saranno disciplinate le modalità di effettuazione degli obblighi di comunicazione.
    Regime sanzionatorio.
    Le due comunicazioni sono accompagnate da sanzioni da 500 a 1.500 euro, in caso di omissione.
    A seguito di diffida, il trasgressore sarà tenuto al pagamento della sanzione minima (500 euro), inoltre si precisa che la sanzione si applica in ragione del numero di comunicazioni omesse.













    ALLEGATO N.1
    |========|=================================================|
    | Voce | Lavorazioni |
    |========|=================================================|
    | 1462 | Prodotti dolciari; additivi per bevande e |
    | | altri alimenti |
    |——–|————————————————-|
    | | Lavorazione e trasformazione delle resine |
    | 2197 | sintetiche e dei materiali polimerici |
    | | termoplastici e termoindurenti; produzione |
    | | di articoli finiti, etc. |
    |——–|————————————————-|
    | 6322 | Macchine per cucire e macchine rimagliatrici |
    | | per uso industriale e domestico |
    |——–|————————————————-|
    | 6411 | Costruzione di autoveicoli e di rimorchi |
    |——–|————————————————-|
    | | Apparecchi termici: di produzione di vapore, |
    | 6581 | di riscaldamento, di refrigerazione, di |
    | | condizionamento |
    |——–|————————————————-|
    | 6582 | Elettrodomestici |
    |——–|————————————————-|
    | 6590 | Altri strumenti ed apparecchi |
    |——–|————————————————-|
    | 8210 | Confezione con tessuti di articoli per |
    | | abbigliamento ed accessori; etc. |
    |——–|————————————————-|
    | | Confezione di calzature in qualsiasi |
    | 8230 | materiale, anche limitatamente a singole |
    | | fasi del ciclo produttivo |
    |========|=================================================|
    Cordiali saluti
    (Dott.ssa Monica Melani)

    Riposo non solo di domenica (2)

    Riposo non solo di domenica (2)

    Spett.le clientela

    MINISTERO DEL LAVORO. INTERPELLO N° 26/2011. RISPOSTA A CONFINDUSTRIA.

    Oggetto: Riposo, non solo di domenica.

    In risposta al quesito posto da CONFINDUSTRIA, il Ministero del lavoro ha precisato che, nell’ipotesi in cui l’azienda adotti un modello di lavoro a turni, finalizzato ad assicurare la continuità del produzione per esigenze di carattere tecnico organizzativo, è possibile per il personale coinvolto, fruire del riposo settimanale in un giorno diverso dalla domenica, in ogni caso resta fermo l’obbligo per cui il riposo settimanale va comunque goduto ogni sette giorni e può essere calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni, (in altre parole la norma impone almeno 2 giorni di riposo nell’arco di 14 giorni).
    Il ministero ha spiegato che ai sensi del D. Lgs. n.66/2003 il lavoro a turni costituisce una particolare modalità organizzativa del lavoro, attuata mediante l’avvicendamento di diverse unità lavorative nell’espletamento della medesima attività.
    In riferimento al riposo settimanale, il ministero ricorda che il principio della coincidenza del riposo settimanale con la domenica è previsto dalla legge ordinaria solo in via tendenziale, in quanto, non risulta contemplato da una norma costituzionale, infatti sia la Corte di giustizia europea (sentenza n.84/1996) che la vigente disciplina normativa dettata dall’articolo n. 9, comma 3, del dlgs. 66/2003 stabiliscono che il riposo di ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica a prescindere dal settore produttivo di appartenenza.

    IL RIPOSO SETTIMALE

    La norma stabilisce che:
    Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero.
    Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni.
    Il riposo di 24 ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare, ovvero addetto ad attività aventi particolari caratteristiche.

    Le regole fondamentali
    Il ministero del lavoro ha individuato, leggendo l’articolo 9 del dlgs n. 66/2003, i seguiti requisiti cardini per un regolare turno di riposo settimanale: la periodicità (ogni sette giorni); la durata (24 ore); la coincidenza (di regola) con la domenica; la consecutività con il riposo giornaliero (Ministero del lavoro, nota protocollo n. 2186/2005).

    Quando cade il riposo

    La durata della settimana lavorativa non si tocca (sei giorni di lavoro), ma il giorno di riposo (il settimo) può anche non essere la domenica. La deroga al principio del riposo domenicale, infatti, non implica una modifica alla cadenza di un giorno di riposo ogni sette (Ministero del lavoro, interpello n. 29 dell’ 11 ottobre 2007).

    Il riposo giornaliero e il riposo settimanale.
    Il riposo settimanale (di 24 ore) non può contenere quello giornaliero (che è di 11 ore). Entrambi, tuttavia, possono essere fruiti anche non in maniera consecutiva, dando complessivamente diritto a una sosta di 35 ore (Ministero del lavoro, interpello n. 30 dell’ 11 ottobre 2007)

    Periodo di riferimento
    Stante il disposto formativo dell’art. 4, c. 3 del D.Lgs. 66/2003, il periodo di riferimento cui si riferisce la violazione non deve essere a 4 mesi, salva diversa disposizione dei contratti collettivi, che possono in ogni caso elevare il limite fino a 6 mesi, ovvero fino a 12 mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi

    Criterio di calcolo
    La “media” costituisce criterio di calcolo dei due riposi settimanali di almeno 24 ore da usufruire nell’arco temporale di 14 giorni.
    Gli organi di vigilanza devono verificare il rispetto della citata disposizione partendo dall’ultimo giorno di riposo settimanale fruito dal lavoratore (c.d. “ dies a quo”) e procedendo a ritroso, al fine di accertare se, nei 13 giorni precedenti, il medesimo lavoratore abbia goduto almeno di un altro giorno di riposo e così via per l’intero arco temporale oggetto di controllo.

    Controlli preliminari

    – Prima di procedere a sanzionare il mancato rispetto della previsione normativa, gli organi di vigilanza devono verificare l’esistenza di eventuali deroghe introdotte dalla contrattazione collettiva
    – Gli organi di vigilanza dovranno considerare il quadro normativo accanto a quello contrattuale collettivo, anche aziendale, al fine di contestare legittimamente le violazioni riscontrate rispetto al regime giuridico vigente in azienda (Direttiva 18.09.2008 del Ministero del Lavoro).

    Regime sanzionatorio:
    Fino al 23 novembre 2010, era prevista un’unica sanzione da 130 fino a 780 euro per ciascun lavoratore e per ogni periodo di riferimento della violazione. Il Collegato lavoro (legge n. 183/2010), in vigore dal 24 novembre 2010, prevede le seguenti misure: da 100 a 750 euro; da 400 a 1.500 euro se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori o si è verificata in almeno cinque periodi di riferimento; da mille a 5 mila euro, con esclusione del pagamento ridotto, se si riferisce a più di dieci lavoratori o sì è verificata in più di cinque periodi di riferimento.

    Procedura adottata dagli organi di vigilanza.
    Verifica ispettiva:In fase di verifica, il personale ispettivo, al fine di una completezza della contestazione e per garantire il diritto di difesa del soggetto sanzionato, verificherà il rispetto della previsione normativa, seguendo una determinata procedura.
    Procedura
    Il personale ispettivo:
    .. individuerà il periodo di riferimento oggetto di accertamento;
    .. verificherà l’esistenza di eventuali deroghe introdotte dalla contrattazione collettiva applicata dall’azienda;
    .. nell’ambito del periodo individuato, verificherà il rispetto della norma che impone il godimento di almeno 2 giorni di riposo nell’ambito di 14 giorni, partendo dall’ultimo giorno di riposo settimanale fruito dal lavoratore e procedendo a ritroso, al fine di accertare se, nei 13 giorni precedenti, il medesimo lavoratore abbia goduto almeno di un altro giorno di riposo e così’ via per l’intero arco temporale oggetto di controllo;
    .. verificata la violazione della norma o più violazioni della norma con riferimento al medesimo lavoratore, la sanzione sarà sempre una sola (solo qualora i lavoratori interessati dalla violazione siano più di 1, sempre nell’ambito dello stesso periodo di riferimento, si procederà alla contestazione /notificazione di più violazioni);
    ..redigerà il verbale unico conclusivo degli accertamenti.

    Esempio: Omessa fruizione del riposo settimanale
    Datore di lavoro: La società Omega S.r.l. ha richiesto nel mese di febbraio 2010 al lavoratore Sig. Neri Paolo, in aggiunta alla normale prestazione lavorativa articolata nei giorni dal lunedì al venerdì, una prestazione lavorativa nelle giornate di sabato 20.02, domenica 21.02 e sabato 27.02.
    Libro Unico – sezione presenze – Febbraio 2010

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    L M M G V S D L M M G V S D L M M G V S D L M M G V S D
    8 8 8 8 8 88 8 8GZ GR 8 8 8 8 8 GZ GR 8 8 8 8 8 GZ GR
    Legenda GZ Giorno a zero ore GR Giorno di riposo

    Regime
    Sanzionatorio:

    • Poiché il mese di febbraio 2010 è incluso nel periodo di riferimento (11.2009 – 02.2010) preso in considerazione dal personale ispettivo per verificare la corretta applicazione della norma al fine di sanzionare eventualmente i mancati riposi settimanali e l’ultimo giorno di riposo settimanale fruito dal lavoratore Sig. Neri Paolo è il giorno 28.02 (c.d. “dies a quo”), procedendo a ritroso nei 13 gg. precedenti (15.02 – 27.02), lo stesso lavoratore non ha goduto almeno di un altro giorno di riposo; pertanto, la società Omega S.r.l. ha violato la norma e sarà soggetta a una sanzione amministrativa.
    • La società Omega S.r.l. pagherebbe la medesima sanzione amministrativa anche in presenza di più violazioni riferite al medesimo lavoratore, sempre nell’ambito dello stesso periodo di riferimento oggetto di accertamento.

    Cordiali saluti
    (Dott.ssa Monica Melani)

    mancato pagamento rol

    mancato pagamento rol

    Spett.le clientela

    CIRCOLARE INPS N° 92 DEL 08.07.2011 e messaggio n. 14605 del 13.07.2011.

    Oggetto: Mancato godimento di rol ed ex festività, ovvero pagamento dell’indennità sostitutive.

    La circolare Inps n.92 del 08.07.2011, ha stabilito le modalità operative per la gestione degli aspetti contributivi connessi al mancato godimento dei permessi per riduzione orario (c.d. ROL) e per le ex festività ovvero in caso di mancato pagamento delle relative indennità sostitutive.
    Il ministero del lavoro, infatti, in relazione al mancato godimento o pagamento dei permessi, (rol ed ex festività) è intervenuto spiegando che in presenza di un accordo nazionale, aziendale o anche individuale, che preveda il termine di fruizione dei permessi e la corresponsione di un’indennità sostitutiva, la scadenza dell’obbligazione contributiva, nonché la collocazione temporale dei contributi, coincidono con lo stesso termine contrattuale, indipendentemente dell’avvenuta corresponsione delle somme retributive.

    1. Natura e caratteristiche dei R.O.L.

    Istituto di fonte contrattuale, i permessi per riduzione di orario consentono al lavoratore di astenersi dall’espletamento della prestazione lavorativa, senza subire alcuna decurtazione nell’entità della retribuzione.
    La riduzione si attua mediante la concessione di permessi orari – la cui durata può anche coincidere con una o più giornate lavorative – fruibili sia individualmente che collettivamente; in tale ultimo caso, interessando la generalità dei lavoratori, i permessi costituiscono una forma di riduzione dell’orario di lavoro annuale, stabilita su base giornaliera o settimanale, in relazione ai diversi settori di appartenenza.
    Il termine di godimento dei permessi in argomento può essere disciplinato e fissato da clausole contrattuali di livello nazionale nonché da parte della contrattazione collettiva aziendale, o direttamente dalle parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale.
    Laddove il lavoratore, entro l’arco temporale stabilito, non riesca a godere dei permessi, è in genere prevista la possibilità che gli venga erogata una indennità sostitutiva, calcolata in base alla retribuzione corrisposta alla scadenza del termine stabilito per la fruizione.

    Riguardo alle ex festività, si osserva che, in sostituzione delle quattro ricorrenze religiose non più considerate festive agli effetti civili (S. Giuseppe, Corpus Domini, SS. Pietro e Paolo e Ascensione), la contrattazione collettiva prevede che i lavoratori abbiano diritto a fruire di permessi individuali che – secondo gli orientamenti ministeriali – costituiscono diritti disponibili, al pari dei ROL.

    2. Disciplina contributiva.
    In ordine alla problematica concernente il mancato godimento o pagamento dei permessi per riduzione di orario e per le ex festività, nonché all’insorgenza della connessa obbligazione contributiva, il predetto Dicastero ha sostenuto che, in presenza di una previsione contrattuale collettiva – sia essa nazionale che aziendale – ovvero di una pattuizione individuale, che regolamenti il termine di fruizione dei permessi per riduzione di orario (c.d. ROL) e delle ex festività, e che preveda la corresponsione di una indennità sostitutiva, la scadenza della relativa obbligazione contributiva nonché la collocazione temporale dei contributi coincidono con il predetto termine contrattuale o pattizio, indipendentemente dall’avvenuta corresponsione delle somme.

    Messaggio n. 14605 del 13/07/2011



    Oggetto: Permessi per riduzione di orario (c.d. ROL) e per ex festività. Mancato godimento, ovvero mancato pagamento delle indennità sostitutive.
    Termini e modalità di assolvimento dell’obbligazione contributiva. Circolare n. 92/2011. Integrazione alle istruzioni.

    Con circolare n. 92/2011 sono stati illustrati criteri e modalità che i datori di lavoro devono seguire nei casi di assoggettamento a contribuzione delle indennità sostitutive dei permessi per riduzione di orario (c.d. ROL) o ex Festività non godute; con il presente messaggio si integrano le istruzioni già fornite.

    In ordine alla natura della previsione che regolamenta il termine di fruizione dei permessi per riduzione di orario (c.d. ROL) e delle ex festività e che preveda la corresponsione di una indennità sostitutiva, si precisa che il riferimento può essere costituito sia dalla contrattazione collettiva nazionale sia da quella di secondo livello. Resta sempre possibile, altresì, il ricorso alla pattuizione individuale. In presenza di una siffatta previsione, l’obbligazione contributiva scadrà in coincidenza con il predetto termine. Per quanto riguarda le modalità di assolvimento della contribuzione, si rinvia a quanto precisato al punto 3 della citata circolare n. 92/2011.

    Laddove, invece, né la contrattazione né le parti stabiliscano alcun termine per il godimento dei permessi, questi ultimi possono essere liberamente gestiti, senza previsione di scadenza per la connessa obbligazione contributiva.

    Con riferimento alla contribuzione già scaduta sulle indennità sostitutive per ROL o ex Festività non godute, si precisa che la stessa potrà essere versata dai datori di lavoro – senza oneri accessori – con una delle denunce contributive aventi scadenza entro il giorno 16 del terzo mese successivo a quello di pubblicazione del presente messaggio. A tal fine, l’importo corrispondente al compenso per ROL e/o ex Festività non godute dovrà essere sommato alla retribuzione del mese in cui si effettua il pagamento.

    Cordiali saluti
    (Dott.ssa Monica Melani)

    Clausola di fidelizzazione

    Clausola di fidelizzazione

    SPETT.
    CLIENTELA

    OGGETTO: CLAUSOLE DI FIDELIZZAZIONE DEI DIPENDENTI E IL PATTO DI NON CONCORRENZA

    Spettabile clientela,
    alleghiamo alla presente un fac-simile di un patto di non concorrenza, ma Vi raccomandiamo, in caso di effettiva stipula, di fare riferimento allo studio per la redazione definitiva.
    Vi ricordo che il patto di non concorrenza viene normalmente stipulato con figure che hanno posizioni strategiche all’interno dell’azienda, in particolare gli addetti ai settori “Commerciale e sviluppo”, con i quali diventa essenziale stipulare accordi di questo tipo.
    Le aziende, infatti, hanno spesso l’esigenza di vincolare i propri dipendenti maggiormente qualificati, ovvero che ricoprono ruoli chiave all’interno della organizzazione del lavoro, in quanto il vincolo discendente dal solo contratto di lavoro non preclude la facoltà per il lavoratore di recedere dal rapporto, con l’unico obbligo di dare il preavviso.
    Gli strumenti che possiamo suggerire per rendere più forte il vincolo contrattuale, sono sostanzialmente due: le clausole di durata minima del rapporto di lavoro ed il patto di non concorrenza.
    Le clausole di durata minima sostanzialmente sono di due tipi: 1) le clausole che allungano la durata del preavviso ovvero 2) le clausole che stabiliscono una durata minima del rapporto.
    1) Esempio di clausola che allunga la durata del periodo del preavviso:
    All’interno della lettera di assunzione, si inserisce una clausola come quella che segue:

    “ In caso di cessazione del rapporto di lavoro, ad eccezione dell’ipotesi di recesso per giusta causa, la durata del preavviso è stabilita in mesi 10, anziché mesi ………….. come previsto dal CCNL………………………; si intende che il preavviso è vincolante per entrambe le parti.

    In caso di violazione della clausola di allungamento del periodo di preavviso, entrambe le parti saranno tenute al risarcimento del danno alla controparte, quantificabile sulla base della retribuzione a titolo di mancato preavviso maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria.”

    2) Esempio di clausola di durata minima “bilaterale” garantita dal contratto:

    “ Fatto salvo il caso di recesso per giusta causa, il rapporto di lavoro tra le parti, decorso il periodo di prova, avrà durata minima garantita, fino a tre anni dalla data di firma del presente contratto di assunzione.

    In caso di recesso anticipato per motivi diversi da una giusta causa, il sig. …………., dovrà versare alla società, fatto salvo l’eventuale maggior danno, le seguenti somme, a titolo di penale e parziale corrispettivo per l’insegnamento e la formazione impartiti:

    Euro ………………….. nel caso di dimissioni tra il 7° e il 12° mese;
    Euro ………………….. nel caso di dimissioni tra 13° e il 24° mese;
    Euro ………………….. nel caso di dimissioni tra il 25° e il 36° mese.

    Il patto di non concorrenza, invece, opera al momento del recesso del rapporto: il lavoratore, infatti, si obbliga a non svolgere attività potenzialmente in concorrenza con quella svolta dal precedente datore di lavoro.
    Le clausole di durata minima non hanno una specifica regolamentazione, ma trovano la loro regolamentazione secondo le norme generali in materia di contratti; il patto di non concorrenza, invece, trova la sua esplicita regolamentazione nell’art. 2125 del codice civile: “ il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo,. La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni se si tratta di dirigenti e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura indicata nel comma precedente”.

    Il fac-simile che alleghiamo alla presente, vuole essere solo un esempio; ci raccomandiamo, ancora, in fase di stipula effettiva, di fare riferimento allo studio. Cordiali saluti.
    DOTT. MONICA MELANI

    Patto di non concorrenza

    Patto di non concorrenza

    PATTO DI NON CONCORRENZA FAC – SIMILE
    Con la presente scrittura privata da valere ad ogni effetto di legge, tra l’azienda ………………………….. in persona del suo legale rappresentante sig.. ………………….. con sede in …………………………………….. via ……………………………………………
    E
    Il sig. …………………… nato a ……………….. il ……………………………., e residente in ………………………………………… via ………………………………….,
    si conviene e si stipula ad ogni effetto di legge, il seguente patto di non concorrenza ex art. 2125 C.C. per il periodo successivo alla risoluzione del rapporto di lavoro con il sig. ………………………… .
    Premessa
    Premesso che tra le parti è in corso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato avente decorrenza dal ../../…., e che il sig. ………………….riveste la qualifica di ……………………………………………….,
    Premesso che, ai sensi dell’art. 2105 del Codice Civile il prestatore di lavoro non deve trattari affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio. L’articolo 2105 del Codice civile, in merito all’obbligo di fedeltà, individua due distinti doveri: il divieto di concorrenza e l’obbligo di riservatezza. Il primo consiste nell’obbligo di astenersi dal trattare affari in concorrenza con l’imprenditore, sia per conto proprio che di terzi, mentre il secondo vieta al lavoratore di divulgare o di utilizzare, a vantaggio proprio o altrui, informazioni attinenti l’impresa, in modo da poterle arrecare danno. A differenza del divieto di concorrenza, che cessa al momento dell’estinzione del rapporto, l’obbligo di riservatezza permane intatto anche successivamente alla cessazione del rapporto, per tutto il tempo in cui resta l’interesse dell’imprenditore a tale segretezza;

    Tutto ciò premesso
    Si conviene e si stipula ad ogni effetto di legge il seguente patto di non concorrenza ex art. 2125 C.C. per il periodo successivo alla risoluzione del rapporto con il sig. …………………………………;

    PATTO DI NON CONCORRENZA

    1) DELIMITAZIONI DELL’OBBLIGO DI NON CONCORRENZA
    a) Limite di oggetto:
    Il sig. ………………….. si asterrà dal prestare opera quale dipendente, consulente o in qualsiasi altra forma( parasubordinato o autonomo, agente, amministratore, o socio) occasionalmente e saltuariamente, con o senza vincoli di subordinazione, con o senza retribuzione o profitto, presso o a favore di persone, imprese o enti, che svolgono attività identiche o similari a quelle della ns. azienda.
    Il sig. ……………………….. si asterrà, inoltre, dall’intraprendere o comunque svolgere in proprio, né per interposta persona né per conto terzi, attività identiche o similari a quelle della ns. azienda.
    b) Limite di tempo:
    Il vincolo derivante dalla firma del presente patto di non concorrenza avrà la durata massima di anni 3 (dicasi tre) a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro;
    c) Limite di luogo:
    Tutto il territorio italiano: in ogni caso, la società si riserva la facoltà di restringere o modificare detto limite, con l’unico divieto di ampliarlo quantitativamente.
    2) CORRISPETTIVO:
    La società……………….. a fronte del vincolo di cui al punto 1, verserà un corrispettivo di euro 400//00 lorde mensili a titolo di patto di non concorrenza, a decorrere dalla mensilità del ………………….. La voce indicata entrerà nelle voci fisse di paga retribuite mensilmente ed esposte nel LUL. Il pagamento, pertanto, avverrà mensilmente con la normale retribuzione.
    3) RESPONSABILITA’ PER INADEMPIENZA:
    Nel caso di inadempienza anche parziale del sig. ……………………….., delle obbligazioni assunte con il presente patto, la Società è legittimata a pretendere la restituzione delle somme eventualmente già corrisposte in esecuzione del presente patto di non concorrenza, nonché ad esigere il pagamento di una penale pari al triplo dell’intero corrispettivo, di cui al precedente punto 2), fermo restando e impregiudicato, in ogni caso, il diritto della Società di prendere il risarcimento dell’ulteriore maggior danno sofferto in conseguenza di tale inadempimento.
    4) RISOLUZIONE ANTICIPATA DEL CONTRATTO:
    Il presente patto di non concorrenza potrà essere risolto in qualsiasi momento, previo accordo delle parti, ma l’anticipata risoluzione dovrà risultare da atto scritto.
    5) EVENTUALI CONTROVERSIE:
    Per qualsiasi controversia relativa al patto di non concorrenza, sarà competente il foro di ………… che le parti indicano in via esclusiva, con esclusione di qualsiasi altro foro eventualmente competente.

    Letto, confermato e sottoscritto

    Data, ………………………..

    Firme

    Io sottoscritto sig. …………… dichiaro di approvare, ai sensi e agli effetti di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c., la clausola n. 3 (responsabilità per inadempienza).

    Firma
    ——————————————————————————————————–